La configurazione del diritto al rimborso per l’assistenza legale del dipendente pubblico processato per fatti commessi nell'espletamento del servizio e in adempimento di obblighi di ufficio
28 Luglio 2025
Massima In tema di pubblico impiego contrattualizzato e di oneri di assistenza legale in conseguenza di fatti commessi dal dipendente di un ente locale nell'espletamento del servizio e in adempimento di obblighi di ufficio, l'amministrazione pubblica non è tenuta a rimborsarlo delle spese necessarie per assicurare la difesa legale, ove egli abbia unilateralmente provveduto alla scelta e alla nomina del legale di fiducia, senza la previa comunicazione all'amministrazione stessa, o qualora, dopo avere effettuato la nomina, si limiti a comunicarla al detto ente. Il caso La fattispecie oggetto della presente trattazione di commento trae origine dal ricorso promosso da un dipendente di un Comune siciliano, il quale aveva agito nei confronti dell'Ente per ottenere il rimborso delle spese legali relative al procedimento penale per il reato di cui all'art. 328 c.p., cui era stato sottoposto, in qualità di responsabile del settore economico-finanziario dell'Amministrazione, per le condotte poste in essere nell'esercizio delle sue funzioni e nel quale era stato assolto con sentenza di non luogo a procedere per insussistenza del fatto. Sia in primo che in secondo grado i Giudici di merito respingevano la richiesta del ricorrente, il quale, nondimeno, decideva di rivolgersi alla Suprema Corte, lamentando una serie di erroneità nei giudizi confluiti nella pronuncia di gravame. In particolare, il dipendente, ha contestato la violazione dell'art. 39 della legge Regione Sicilia n. 145 del 1980 e dell'art. 24 della legge Regione Sicilia n. 30 del 2000, in quanto la corte territoriale avrebbe errato a non considerare che queste disposizioni derogavano all'art. 67 del d.P.R. n. 268/1987 ed all'art. 28 del CCNL del 14 settembre 2000, non prescrivendo la previa comunicazione all'ente del nome del difensore e l'accordo sul nome di quest'ultimo. In secondo luogo, il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 1353,1362,1363,1366 e 1367 c.c. per quel che concerne l'interpretazione del citato art. 28, che non avrebbe potuto trovare applicazione ai dipendenti siciliani e non avrebbe potuto derogare alle norme di legge della Regione Sicilia. In tal senso, invero, si sostiene che la corte territoriale non avrebbe valutato che l'unico limite imposto al diritto al rimborso delle spese legali sarebbe stato rappresentato dalla presenza di un conflitto d'interessi, nella specie assente, attesa l'avvenuta assoluzione, oltre al fatto che, a tutto concedere, il mancato accordo sull'identità del difensore avrebbe potuto incidere solo sulla precisazione dell'entità economica dell'onere in questione ma non sulla spettanza dello stesso. Infine, viene contestata la violazione degli artt. 1719 e 1720 c.c., in quanto il giudice di appello, nel ritenere l'applicabilità dell'art. 28 del CCNL 2000, avrebbe escluso l'applicabilità di altre disposizioni, come quelle sul mandato. La questione La questione sottesa alla pronuncia in esame involge la tematica dell'obbligo, ove legislativamente imposto alle amministrazioni pubbliche, di farsi carico delle spese necessarie per assicurare la difesa legale al dipendente, nel caso in cui si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio. Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte, nel dirimere la vicenda posta al suo vaglio, prende le mosse dalla disamina del disposto normativo disciplinante la fattispecie in esame ed, in particolare, dal dettato dell'art. 39 della legge Regione Sicilia n. 145 del 1980, che prescriveva, nel testo qui rilevante, come ai dipendenti che, in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio, fossero stati soggetti a procedimenti di responsabilità civile, penale o amministrativa, doveva essere assicurata l'assistenza legale, in ogni stato e grado del giudizio, mediante rimborso, secondo le tariffe ufficiali, di tutte le spese sostenute, sempre che gli interessati fossero stati dichiarati esenti da ogni responsabilità. Tale previsione, ricorda la Corte, è stata oggetto di successivo intervenuto di puntualizzazione interpretativa ad opera dell'art. 24 della legge Regione Sicilia n. 30 del 2000, con la quale è stato evidenziato come l'articolo 39 della legge regionale 29 dicembre 1980, n. 145, andava esteso, nell'applicazione, a tutti i soggetti, ivi inclusi i pubblici amministratori, che in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio siano stati sottoposti a procedimenti di responsabilità civile, penale ed amministrativa e siano stati dichiarati esenti da responsabilità. Ed in tal senso, il Giudice di legittimità ribadisce come la stessa Corte si sia più volte espressa al riguardo, chiarendo come la previsione di rimborso delle spese legali ai dipendenti regionali sottoposti a giudizio di responsabilità per atti e comportamenti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti di uffici che successivamente siano stati dichiarati esenti da responsabilità, affermata nell'art. 39 della legge reg. Sicilia n. 145 del 1980, deve intendersi estesa dall'art. 24 della legge reg. Sicilia n. 30 del 2000 sia ai dipendenti degli enti locali che ai pubblici amministratori in senso lato. Senonché, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte d'Appello non ha affatto escluso l'applicabilità, nella specie, dell'art. 39 della legge Regione Sicilia n. 145 del 1980 e dell'art. 24 della legge Regione Sicilia n. 30 del 2000, avendo, invece, evidenziato, sul punto, come la disciplina vigente in materia, anche nel regime previsto dalla normativa regionale citata, imporrebbe ai dipendenti che vogliono ottenere il rimborso in esame di comunicare previamente all'ente locale il nome del difensore di fiducia, in modo che possa esprimere il suo gradimento, in ossequio ai dettami sanciti anche dall'art. 28 CCNL 14 settembre 2000. Secondo la S.C., invero, in materia di oneri di assistenza legale in conseguenza di fatti commessi con l'espletamento del servizio e l'adempimento di obblighi di ufficio, escluso che, in ragione della specificità e della diversità delle normative del settore del lavoro pubblico, costituisca principio generale il diritto incondizionato ed assoluto del dipendente al rimborso, da parte dell'amministrazione pubblica, delle spese necessarie per assicurare la difesa legale, l'art. 28 del c.c.n.l. 14 settembre 2000 per i dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie locali va correttamente interpretato nel senso che l'obbligo del datore di lavoro ha ad oggetto l'assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall'inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento, ma non anche quello di farsi carico delle spese di difesa sostenute dal proprio dipendente che abbia unilateralmente provveduto alla scelta ed alla nomina del legale di fiducia, senza la previa comunicazione all'amministrazione stessa, o nei casi in cui il lavoratore, dopo avere provveduto alla nomina, si limiti a comunicarla all'ente. In mancanza della previa comunicazione non è configurabile, quindi, in capo all'amministrazione, l'obbligo di farsi carico delle spese di difesa sostenute dal proprio dipendente che abbia unilateralmente provveduto alla scelta e alla nomina del legale di fiducia, in quanto, agendo il datore di lavoro pubblico anche a tutela dei propri diritti ed interessi, l'Amministrazione deve essere messa in condizione di valutare ex ante la sussistenza o meno del conflitto di interessi e, ove questo venga escluso, di indicare il difensore, sul cui nominativo dovrà essere espresso il gradimento da parte del dipendente. Queste considerazioni rendono irrilevante pure il richiamo alla normativa generale in tema di mandato e, dunque, il ricorso proposto viene rigettato, in applicazione del principio di diritto per cui: “In tema di pubblico impiego contrattualizzato e di oneri di assistenza legale in conseguenza di fatti commessi dal dipendente di un ente locale nell'espletamento del servizio e in adempimento di obblighi di ufficio, l'amministrazione pubblica non è tenuta a rimborsarlo delle spese necessarie per assicurare la difesa legale, ove egli abbia unilateralmente provveduto alla scelta e alla nomina del legale di fiducia, senza la previa comunicazione all'amministrazione stessa, o qualora, dopo avere effettuato la nomina, si limiti a comunicarla al detto ente”. Osservazioni La pronuncia in esame ci consente di avanzare alcune considerazioni di sintesi in merito alla tematica dell'obbligo legislativamente imposto alle amministrazioni pubbliche di farsi carico delle spese necessarie per assicurare la difesa legale al dipendente, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio. L'art. 28 del CCNL 14.9.2000 per i dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie locali, applicabile alla fattispecie ratione temporis, ex art. 69 d.lgs. n. 165/2001, nel ricalcare la disciplina già dettata dall'art. 67, d.P.R. n. 268/1987, prevede invero che l'Ente, in tali ipotesi ed anche a tutela dei propri diritti ed interessi, assumerà a proprio carico l'onere di difesa sin dall'apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. Eppure, tale obbligo delle amministrazioni pubbliche di farsi carico delle spese necessarie per assicurare la difesa legale al dipendente, pur se espressione della regola civilistica generale di cui all'art. 1720, comma 2, c.c., non è incondizionato e non sorge per il solo fatto che il procedimento di responsabilità civile o penale riguardi attività poste in essere nell'adempimento di compiti di ufficio. Infatti, il legislatore e le parti collettive, nel porre a carico dell'erario una spesa aggiuntiva, hanno dovuto contemperare le esigenze economiche dei dipendenti coinvolti, per ragioni di servizio, in un procedimento penale, con quelle di limitazione degli oneri posti a carico dell'amministrazione. Ed in tal senso, la necessità di realizzare un giusto equilibrio fra detti opposti interessi ha ispirato le diverse discipline dettate per ciascun tipo di rapporto e di giudizio, sicché è stato affermato, e va qui ribadito, che in ragione della specificità e della diversità delle normative, si deve escludere che nel settore del lavoro pubblico costituisca principio generale il diritto incondizionato ed assoluto al rimborso delle spese legali. Non è, infatti, sufficiente che il dipendente sia stato sottoposto a procedimento per fatti commessi nell'esercizio delle sue funzioni e sia stata accertata l'assenza di responsabilità, dovendo essere di volta in volta verificata anche la ricorrenza delle ulteriori condizioni alle quali è stato subordinato dal legislatore o dalle parti collettive il diritto all'assistenza legale o al rimborso delle spese sostenute. Ecco che, allora, si deve ritenere che il menzionato art. 28 sia strutturato nel senso che l'obbligo del datore di lavoro ha ad oggetto non già il rimborso al dipendente dell'onorario corrisposto ad un difensore di sua fiducia, ma l'assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall'inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento. Ma non è tutto. Detto obbligo, infatti, è inoltre subordinato all'esistenza di ulteriori condizioni, perché l'assunzione diretta della difesa del dipendente è imposta all'ente locale solo nei casi in cui, non essendo ipotizzabile un conflitto di interessi, attraverso la difesa del dipendente incolpato il datore di lavoro pubblico agisca anche a tutela dei propri diritti ed interessi. Sebbene la norma contrattuale non preveda espressamente un obbligo a carico del lavoratore di immediata comunicazione della pendenza del procedimento e della volontà di volersi avvalere del patrocinio legale a carico dell'ente, tuttavia, come affermato dalla Suprema Corte, la disciplina postula una necessaria valutazione ex ante da parte dell'Amministrazione, che deve essere messa in condizione di valutare la sussistenza o meno del conflitto di interessi e, ove questo venga escluso, di indicare il difensore, sul cui nominativo dovrà essere espresso il gradimento da parte del dipendente. In mancanza della previa comunicazione non è configurabile, quindi, in capo all'amministrazione, l'obbligo di farsi carico delle spese di difesa sostenute dal proprio dipendente che abbia unilateralmente provveduto alla scelta ed alla nomina del legale di fiducia. Parimenti, siffatto obbligo non sussiste nei casi in cui il lavoratore, dopo avere provveduto alla nomina, si limiti a comunicarla all'ente, poiché la disposizione pone a carico dell'amministrazione le spese in caso di scelta di un legale "di comune gradimento" e ciò in considerazione del fatto che il difensore nel processo dovrà farsi carico della necessaria tutela non del solo dipendente, ma anche degli interessi dell'ente. |