Codice di Procedura Civile art. 3 - [Pendenza di lite davanti a giudice straniero] 1 .

Mauro Di Marzio

[Pendenza di lite davanti a giudice straniero] 1.

 

[1] Articolo abrogato dall'art. 73 l. 31 maggio 1995, n. 218, come sostituito, da ultimo, dall'art. 10 d.l. 23 ottobre 1996, n. 542, conv., con modif., nella l. 23 dicembre 1996, n. 649. Il testo precedente recitava: «La giurisdizione italiana non è esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa o di altra con questa connessa». V. ora art. 7 l. 31 maggio 1995, n. 218.

Inquadramento

L'art. 3, nella formulazione oggi abrogata, seguendo la medesima ispirazione pubblicistica già evidenziata nel commento all'art. 2, disciplinava la litispendenza internazionale al solo fine di negarne qualunque rilevanza.

Successivamente, dopo l'introduzione di norme convenzionali di segno opposto (anzitutto l'art. 21 Convenzione di Bruxelles resa esecutiva con l. n. 804/1971), il quadro si è radicalmente modificato con l'abrogazione dell'art. 3 e l'introduzione dell'art. 7 l. n. 218/1995, di riforma del diritto internazionale privato, con il quale è stato attribuito rilievo sia alla litispendenza internazionale, ossia alla pendenza della medesima causa dinanzi ad un giudice straniero, sia alla pregiudizialità internazionale, ossia alla pendenza dinanzi al giudice straniero di una causa costituente antecedente logico-giuridico di quella pendente in Italia. Il rimedio, in tali casi, a determinate condizioni, è la sospensione del processo pendente in Italia.

La materia è stata poi ulteriormente disciplinata dal Reg. CE n. 44/2001 e quindi dal Reg. UE n. 1215/2012.

La litispendenza nella riforma del diritto internazionale privato

L'art. 7 l. n. 218/1995 (che si applica in caso di simultanea pendenza della medesima causa dinanzi al giudice italiano e straniero, ovvero di pregiudizialità, e non invece di pendenza di un arbitrato estero: Cass. n. 20688/2009), nel riconoscere rilievo alla litispendenza internazionale, addotta come strumento di soluzione del conflitto il criterio della prevenzione: in caso sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti della stessa causa dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano può sospendere il giudizio. La menzionata norma stabilisce che la prevenzione venga valutata sulla base della legge dello Stato in cui la causa è stata previamente introdotta (sul punto v. Cass. S.U., n. 7427/2009).

Va rammentato che è stata rimessa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione relativa alla qualificazione della litispendenza internazionale come ipotesi di sospensione necessaria, ovvero come questione di giurisdizione (Cass. n. 8619/2016).

All’esito le S.U. (Cass. S.U., n. 30877/2017; Cass. S.U. n. 21767/2021) hanno chiarito che la decisione sulla sussistenza della litispendenza internazionale non è questione di giurisdizione, ma comporta l’applicazione del regolamento di competenza. La pronuncia ha ricordato i seri problemi interpretativi posti dalla questione dei rimedi esperibili dalle parti sia nella mera pendenza del giudizio innanzi al giudice prevenuto, sia avverso il provvedimento del giudice italiano che, successivamente adito, abbia disposto la sospensione, sia, infine, nell'ipotesi inversa di diniego della sospensione. Si è riassuntivamente rammentato che in un primo momento venne affermata l'esperibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, sul rilievo che la litispendenza internazionale opererebbe come fonte di un vero e proprio difetto di giurisdizione nei confronti della causa proposta davanti al giudice italiano (Cass. S.U., n. 6756/1988; Cass. S.U., n. 11262/1992). Intervenne poi un radicale mutamento di indirizzo: si ritenne che l'impugnazione del provvedimento di sospensione del procedimento per litispendenza internazionale non ponesse una questione di giurisdizione, essendo viceversa ammissibile il regolamento di competenza previsto dall'art. 42 c.p.c.. Si ribadì più volte che l'applicazione delle norme sulla litispendenza internazionale non costituiva una questione di giurisdizione, con conseguente inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, potendo dar luogo a un'ipotesi di sospensione necessaria del giudizio (Cass. S.U., n. 274/1999; Cass. S.U., n. 14769/2002; Cass. S.U., n. 8748/2004; Cass. S.U., n. 3364/2007; Cass. S.U., n. 11185/2007). In seguito Cass. S.U., n. 12410/2011 ha ritenuto ammissibile un ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto in relazione all'applicazione dell'art. 27 Reg. CE n. 44/2001, ed ha quindi disposto che il processo pendente davanti al giudice del merito rimanesse sospeso fino all'accertamento sulla competenza da parte del giudice tedesco preventivamente adito. È stato ritenuto che alla luce del «mutato assetto normativo, economico e culturale, in cui si avverte sempre più maggiormente l'appartenenza ad una comunità sovranazionale, il primato del suo diritto e l'esigenza di darvi pronta e fedele attuazione» il precedente indirizzo dovesse essere rimeditato, attribuendo all'art. 27 Reg. CE n. 44/2001 il senso di una disposizione sulla giurisdizione, della quale comporta una sorta di difetto temporaneo, in quanto sostanzialmente diretta a privare il giudice successivamente adito della sua potestas iudicandi per tutto il tempo necessario all'accertamento della competenza del giudice preventivamente adito. Tale orientamento è stato in seguito confermato, comportando, anzi, una serie di significativi sviluppi (v. Cass. S.U., n. 16862/2011; Cass. S.U., n. 21108/2012). Dopodiché Cass. S.U., n. 30877/2017  ha nuovamente sostenuto che il provvedimento di sospensione adottato dal giudice successivamente adito non attiene ad una questione di giurisdizione. È stata affermata dunque l'esperibilità del regolamento necessario di competenza, ai sensi dell'art. 42, inteso quale rimedio offerto alla parte al fine di verificare la legittimità di un provvedimento che, incidendo sulla durata del processo, può pregiudicare la tutela del diritto fatto valere in giudizio. Si è evidenziato come la riconducibilità dell'impugnabilità della sospensione disposta in relazione alla litispendenza internazionale nel paradigma dell'art. 42 si inserisce in un filone interpretativo tendenzialmente estensivo, inteso ad ammettere il regolamento di competenza anche in ordine a ipotesi diverse da quelle disciplinate dall'art. 295.

Quanto alla nozione di identità di cause, la giurisprudenza della S.C. tende a recepire indicazioni provenienti dalla giurisprudenza comunitaria, la quale intende detta nozione in senso più elastico rispetto all'analogo concetto ricostruito alla stregua dell'art. 39. Si trova così affermato che «devono ritenersi fondate sullo stesso titolo ed hanno il medesimo oggetto le domande che riguardano il medesimo rapporto giuridico» (Cass. n. 11185/2007), non occorrendo perciò che dette domande siano perfettamente coincidenti, conformemente all'interpretazione formatasi con riguardo alla nozione contenuta nell'art. 21 Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968. La litispendenza internazionale presuppone dunque, oltre all'identità delle parti, l'identità dei risultati pratici perseguiti dalle domande, a prescindere dall'identità del loro petitum immediato e del titolo specifico che esse fanno valere, atteso che l'art. 7 l. n. 218/1995, mira ad evitare inutili duplicazioni di attività giudiziaria e ad eliminare il rischio di conflitto tra giudicati, obiettivi che sarebbero frustrati ove il giudizio nazionale e quello straniero potessero determinare risultati pratici fra loro incompatibili (Cass. S.U., n. 21108/2012, che ha respinto il ricorso avverso il decreto di sospensione del giudizio interno sulla decadenza dalla potestà genitoriale, motivato dall'anteriore pendenza in Brasile di un giudizio sull'affidamento del minore). In tale prospettiva è stata riconosciuta la litispendenza tra una domanda di risarcimento del danno ed una speculare concernente l'accertamento negativo del danno medesimo (Cass. S.U., n. 11532/2009; C 27389/2008). La litispendenza internazionale va ancora esclusa tra la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da fatto illecito proposta dinanzi al giudice straniero, e quella di risarcimento del danno non patrimoniale derivato dal medesimo fatto illecito, proposta dinanzi al giudice italiano (Cass. n. 20841/2018).

È stata viceversa esclusa la litispendenza tra una causa di separazione e una di divorzio (Cass. S.U., n. 9884/2001; Cass. S.U., n. 9655/1996). L'art. 7 è stato ritenuto applicabile con riguardo al rapporto tra un procedimento interno di separazione personale ed uno svizzero volto alla sospensione della comunione domestica, sul rilievo che esso mira ad autorizzare i coniugi a vivere separati e conferisce al giudice il potere di regolare i rapporti economici tra le parti ed a provvedere nell'interesse dei figli (Cass. S.U., n. 16862/2011). La litispendenza è stata affermata tra un giudizio interno di decadenza dalla potestà genitoriale e uno brasiliano sull'affidamento del minore (Cass. S.U., n. 21108/2012).

La sospensione prevista dall'art. 7 l. n. 218/1995 è subordinata alla ricorrenza di un ulteriore presupposto, concernente lo scrutinio, da parte del giudice italiano, dell'attitudine del provvedimento straniero a produrre effetto per l'ordinamento interno. Si tratta cioè di stabilire, sulla base di una valutazione delibativa e prognostica, se il provvedimento straniero, ove pronunciato, sia suscettibile di riconoscimento in Italia. Tale valutazione «costituisce condizione imprescindibile ai fini della sospensione, poiché solo se sussiste tale eventualità si verifica un'effettiva equivalenza dell'esercizio della funzione giurisdizionale in Italia ed all'estero» (Cass I, n. 20688/2009). Occorre in tale prospettiva verificare che non vi sia stata violazione dei diritti della difesa (Cass. S.U., n. 10219/2006), sicché è stato formulato un giudizio negativo con riguardo alla sussistenza dei presupposti per la sospensione di un giudizio di separazione personale dei coniugi pendente in Italia in dipendenza di un analogo giudizio di separazione pendente in Senegal in presenza di fondati concernenti la violazione del diritto di difesa (Trib. Biella 7 gennaio 2009).

In dottrina si discute se l'eccezione sia rilevabile d'ufficio, il che sembrerebbe da escludersi stando al mero dato letterale (es. Balena, 209). È altresì dubbio il limite temporale entro cui l'eccezione deve essere formulata: ove si escluda trattarsi di eccezione rilevabile d'ufficio, sembra da credere che essa debba essere formulata dal convenuto nella comparsa di costituzione ai sensi dell'art. 167, comma 2 (De Cristofaro, Art. 3, 184).

Quanto alla forma del provvedimento, si ritiene in prevalenza che la sospensione debba essere pronunciata con ordinanza, in analogia a quanto previsto dall'art. 295. L'ordinanza, secondo la giurisprudenza, richiede adeguata motivazione (Cass. n. 20688/2009) ed è soggetta al regolamento di competenza (Cass. n. 11185/2007).

Per la riassunzione, ove il giudice straniero abbia declinato la propria giurisdizione ovvero in caso di mancato riconoscimento della sentenza straniera, sembra applicabile analogicamente la disciplina prevista dall'art. 297 (Comoglio, 95).

Il menzionato art. 7 l. n. 218/1995 si sofferma altresì sull'eventuale pregiudizialità di una causa straniera, nel qual caso il giudice italiano può sospendere il processo (si tratta in questo caso di sospensione facoltativa) se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l'ordinamento italiano.

Occorre infine osservare che l'introduzione dell'art. 33 Reg. UE n. 1215/2012, di cui si parlerà tra breve, riduce l'ambito di operatività dell'art. 7 finora esaminato, che, nel campo contemplato dal Regolamento, potrà trovare applicazione solo qualora il giudice italiano non basi la propria giurisdizione sugli artt. 4, 7 o 9 Reg. UE n. 1215/2012.

Litispendenza e connessione nella disciplina comunitaria

Sulla scia dell'art. 21 Convenzione di Bruxelles resa esecutiva con l. n. 804/1971, nonché dell'art. 21 Convenzione di Lugano resa esecutiva con l. n. 198/1992, la materia della litispendenza è stata disciplinata in ambito europeo dall'art. 27 Reg. CE n. 44/2001 (le menzionate convenzioni hanno continuato ad applicarsi nei riguardi di alcuni Stati cui il Regolamento non si applicava). Come nella riforma del diritto internazionale privato, in presenza di identità di cause è stata prevista l'applicazione del criterio della prevenzione, che il Regolamento espressamente ha regolato. Il predetto Regolamento è stato riformato dal Reg. UE n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, applicabile alle azioni proposte a partire dal 10 gennaio 2015 (v. art. 66, comma 1, Reg. UE n. 1215/2012).

La litispendenza europea è disciplinata all'art. 29, analogamente a quanto disponeva l'art. 27 Regolamento CE n. 44/2001, con due innovazioni:

a) è previsto dall'art. 29, comma 2, Reg. UE n. 1215/2012 che il giudice adito per secondo debba comunicare a quello adito primo, su sua istanza, la data in cui è stato adito;

b) è previsto dall'art. 31, comma 2 e 3, Regolamento UE n. 1215/2012 che il giudice adito per secondo, ma munito di giurisdizione in forza di un accordo di deroga esclusiva ai sensi del precedente art. 25, non debba spogliarsi del processo, dovendo in tal caso il giudice adito per primo disporre la sospensione e quindi dichiarare la propria incompetenza; in precedenza la Corte di giustizia aveva escluso che il giudice successivamente adito potesse sottrarsi all'obbligo di applicare la norma sulla litispendenza ed affermare la propria competenza in base ad una clausola di deroga a suo favore (Cgce n. 116/2003).

Come si è già accennato, per la giurisprudenza, la nozione di identità di cause è più estesa in ambito comunitario della corrispondente nozione operante in materia di litispendenza in ambito interno (es. Cgue 6 dicembre 1994, n. 406/92, in Giur. it. 1995, I, 1, 929, con nota di Pesce; Cgue 8 dicembre 2003, n. 111/2001; Cgue 14 ottobre 2004, n. 39/2002). Sussiste infatti il requisito dell'identità quando le cause, pur concernenti pretese distinte, se valutate attraverso l'applicazione formale dei tre consueti criteri di identificazione delle domande (personae, causa petendi e petitum), hanno ad oggetto il medesimo rapporto giuridico. È stata così ritenuta la litispendenza tra causa volta alla risoluzione del contratto e causa volta all'adempimento (Cgue 8 dicembre 1987, n. 144/1986) ovvero tra causa volta al risarcimento danni e causa volta all'accertamento negativo della loro sussistenza (Cgue 6 dicembre 1994, n. 406/92; Cass. S.U., n. 11532/2009).

La nozione di prevenzione è direttamente regolata. Secondo l'art. 30 Reg. CE n. 44/2001 prima e l'art. 32 Reg. UE n. 1215/2012 poi, il giudice è adito quando l'atto introduttivo è depositato presso di lui oppure, nei procedimenti in cui la notificazione debba precedere il deposito, quando l'atto è consegnato all'autorità notificante. Nel primo caso occorre altresì che l'attore faccia quanto di sua competenza in vista della notificazione dell'atto; nel secondo caso in vista del deposito dell'atto. Non può essere dichiarata la litispendenza internazionale, ai sensi dell'art. 27 Reg. CE n. 44/2001 (nella specie applicabile ratione temporis), quando il giudizio precedentemente introdotto dinanzi al giudice straniero si sia concluso prima che il giudice italiano abbia emesso la propria decisione la quale è vincolata alla sentenza straniera per le questioni da quella già decise, e che dovessero venire in rilievo nella causa dinanzi a lui proposta (Cass. n. 20841/2018).

Si discute se e in che misura i vizi dell'atto introduttivo si riverberino sulla pendenza della causa. La giurisprudenza della S.C. ha negato rilievo ai vizi della notificazione, i quali impongono semplicemente al giudice la sua rinnovazione (Cass. S.U., n. 3364/2007).

La litispendenza è rilevabile d'ufficio (art. 27 Reg. CE n. 44/2001; art. 29 Reg. CE n. 1215/2012).

La conseguente sospensione, secondo un primo indirizzo della giurisprudenza, è necessaria, impugnabile come tale mediante regolamento di competenza (Cass. S.U., n. 3364/2007). È stato però affermato che l'art. 27 Reg. CE n. 44/2001, nel prevedere la sospensione del secondo processo, non dà luogo ad un'ipotesi di sospensione necessaria, ma pone una questione di giurisdizione, con conseguente ammissibilità del regolamento di giurisdizione (Cass. S.U., n. 12410/2011, in Riv. dir. proc. 2012, 1625, con nota di Giussani e Di Fazio; Cass. S.U., n. 16862/2011). Si è infine affermato che, in tema di litispendenza internazionale, l'ordinanza con cui il giudice successivamente adito sospende il processo finché quello adito per primo non abbia affermato la propria giurisdizione, non involge alcuna questione di giurisdizione ma, invece, si risolve nella verifica dei presupposti di natura processuale inerenti l’identità delle cause e la pendenza del giudizio instaurato preventivamente. Ne consegue, pertanto, che avverso detto provvedimento deve essere esperito non già il regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41, bensì il regolamento necessario di competenza ex art. 42 (Cass. S.U., n. 30877/2017). Il regolamento di giurisdizione è parimenti ammissibile nel caso in cui trovi applicazione dinanzi al giudice italiano l'art. 27, comma 2, Reg. CE n. 44/2001 (Cass. S.U., n. 11532/2009).

Nel complesso il meccanismo previsto tanto dall'art. 27 Reg. CE n. 44/2001 quanto dall'art. 29 Reg. CE n. 1215/2012 si articola in tre fasi: i) un accertamento (verifica della prevenzione); ii) un provvedimento provvisorio (sospensione del procedimento da parte del giudice prevenuto); iii) un provvedimento definitivo (declinatoria della competenza in favore del giudice preventivamente adito nel caso in cui lo stesso accerti la propria competenza). In particolare, il giudice successivamente adito deve assumere il provvedimento di sospensione, che ha come limite temporale la verifica della competenza da parte del giudice preventivamente adito, ed emettere pronuncia di incompetenza se questo giudice si ritiene competente; conseguentemente è la competenza del giudice preventivamente adito che determina l'incompetenza di quello successivamente adito, mentre se il primo giudice si dichiara incompetente viene rimosso l'ostacolo della litispendenza con l'effetto di consentire la prosecuzione del processo innanzi al secondo giudice (in questi termini Cass. S.U., n. 3364/2007). Non si può derogare alla previsione allorché la durata dei procedimenti dinanzi agli organi giurisdizionali dello stato contraente in cui ha sede il giudice preventivamente adito sia eccessivamente lunga (Cgue 9 dicembre 2003, n. 116/2002).

La normativa comunitaria attribuisce rilevanza alla connessione, da interpretarsi in senso ampio ed estensivo (Cgue 6 dicembre 1994, n. 406/1992) in relazione a controversie che siano legate da un nesso di reciproca dipendenza, tale da rendere necessaria o anche solo opportuna la trattazione congiunta al fine di evitare contrasti tra giudicati (v. art. 28, comma 3, Reg. CE n. 44/2001; Cgue 6 dicembre 1994, n. 406/1992; Cgue 11 ottobre 2007, n. 98/2006; Cgce 27 novembre 1988, n. 189/1987).

L'art. 28 Reg. CE n. 44/2001 (sulla linea tracciata dall'art. 22 Convenzione di Bruxelles), stabilisce in particolare, come l'art. 30 Reg. UE n. 1215/2012, che:

i) in caso di pendenza di controversie connesse dinanzi a giudici di Stati diversi, il giudice successivamente adito possa sospendere il procedimento (Cgce 6 dicembre 1994, n. 406/1992; Cass. S.U., 11363/1990);

ii) se tali cause sono pendenti in primo grado, il giudice successivamente adito possa inoltre dichiarare la propria incompetenza su richiesta di una delle parti, a condizione che il giudice precedentemente adito sia competente a conoscere delle domande proposte e la sua legge consenta la riunione dei procedimenti.

L'art. 34 Reg. UE n. 1215/2012 ha disciplinato la connessione con Stati terzi.

Sulla giurisdizione ed il riconoscimento delle procedure concorsuali v. il Reg. CE n. 1346/2000. In materia matrimoniale e di potestà dei genitori e in materia di potestà dei genitori occorre far riferimento al Reg. CE n. 2201/2003.

Tale regolamento si applica solo alle diverse giurisdizioni degli stati dell'Unione Europea, non anche alla giurisdizione degli stati esterni all'Unione, per la quale, anche se la causa verte tra cittadini dell'Unione, si applica l'art. 7 l. n. 218/1995, con eventuale sospensione del giudizio interno sino alla definizione del previo giudizio estero (Cass. S.U., 5420/2016).

In materia di obbligazioni alimentari, la disciplina in tema di litispendenza e connessione è contenuta nell'art. 12 del Reg. CE n. 4/2009, che reca una disciplina sovrapponibile a quella del Regolamento CE n. 44/2001. Per la materia successoria si applica (a partire dal 17 agosto 2015) l'art. 18 Reg. UE n. 650/2012, che reca anch'esso una disciplina sovrapponibile a quella del Reg. CE n. 44/2001.

Bibliografia

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