Codice di Procedura Civile art. 12 - Cause relative a rapporti obbligatori, a locazioni e a divisioni.Cause relative a rapporti obbligatori, a locazioni e a divisioni. [I]. Il valore delle cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio [1173 ss. c.c.] si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione. [II]. 1 Il valore delle cause per divisione [784; 713 c.c.] si determina da quello della massa attiva da dividersi.
[1] L'art. 89 l. 26 novembre 1990, n. 353 ha abrogato l'originario comma 2 Il testo recitava: «Nelle cause per finita locazione d'immobili il valore si determina in base all'ammontare del fitto o della pigione per un anno, ma se sorge controversia sulla continuazione della locazione, il valore si determina cumulando i fitti o le pigioni relativi al periodo controverso». InquadramentoIl comma 1 della disposizione in commento stabilisce il criterio da adottare per la determinazione del valore delle cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio, valore che si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione. Mentre in generale il valore si determina dunque sulla base del petitum (v. sub art. 10), l'art. 12 prende espressamente in considerazione il rapporto giuridico oggetto di contestazione (Levoni, 117; Consolo, 53). Occorre tuttavia considerare che la norma in tanto si applica, in quanto non sia applicabile l'art. 14, inteso quale disposizione di ordine generale concernente qualunque rapporto obbligatorio: solo se il convenuto effettua la contestazione prevista dall'art. 14, vincendo così la presunzione ivi stabilita, operano, a seconda dei casi, l'art. 12 o l'art. 13 (Segrè, 158). In particolare, l'ambito di applicazione dell'art. 12, comma 1, è circoscritto al caso che la domanda metta in discussione solo una parte del rapporto obbligatorio, nel qual caso il valore della causa è dato da quello della parte di esso che è in contestazione: tale ultima espressione è da intendere non già come riferita alla generica contestazione della domanda attrice spiegata dal convenuto, bensì all'esigenza che il giudice si pronunci in proposito con efficacia di giudicato (Cass. n. 2737/2012; Cass. n. 21529/2004), sia pure nelle ipotesi di accertamenti incidentali (art. 34) o domande riconvenzionali (art. 36). La S.C. ha dunque chiarito che il criterio dettato dalla norma si applica anche se il giudice deve esaminare le questioni concernenti l'esistenza e validità dell'intero rapporto obbligatorio quale mera premessa logica della decisione richiesta, senza pronunciarsi con efficacia di giudicato (Cass. n. 2737/2012; Cass. n. 13387/2011). Per converso, l'art. 12, comma 1 — secondo il quale «il valore delle cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione» — subisce deroga nell'ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all'esistenza o alla validità del rapporto che va, pertanto, interamente preso in considerazione ai fini della determinazione del valore della causa (Cass. n. 2850/2018). Il comma 2 fissa poi il criterio di determinazione del valore delle cause di divisione, valore ancorato all'entità della massa attiva da dividersi e non a quella delle singole quote. Ambito di applicazione e fattispecieCon l'espressione «rapporto giuridico obbligatorio» la norma intende riferirsi a qualunque obbligazione, indipendentemente dalla fonte, contrattuale o no. È inoltre riconosciuto, in dottrina, che l'art. 12 si applica tanto in caso di azione di condanna, quanto in caso di azione di accertamento o costitutiva (D'Onofrio, 27; Andrioli, I, 1957, 70; Segrè, 160). In particolare: i) con riguardo ai contratti ad esecuzione continuata o periodica, in caso di domanda risoluzione, la quale ha effetto solo per le prestazioni non ancora eseguite (art. 1458 c.c.), il valore si calcola in relazione a dette prestazioni (in dottrina, Luiso, I, 2011, 99; Segrè, 158; nello stesso senso la giurisprudenza: Cass. n. 1467/2008, concernente domanda di risoluzione di un rapporto di locazione per morosità); in tale prospettiva si è anche ribadito che, in tema di determinazione del valore della causa ai sensi dell'art. 12 , nel testo vigente dal 30 aprile 1995, a seguito della riforma recata dalla l. n. 353/1990, in ipotesi di domanda di risoluzione di un rapporto di locazione per morosità, il valore è rappresentato dall'ammontare dei canoni del residuo periodo della locazione che la domanda dell'attore mira a far cessare anticipatamente (Cass. n. 4921/2018); ii) con riguardo ai contratti a titolo oneroso, il valore si calcola in base a quanto risultante dall'atto, applicando l'art. 14 se il corrispettivo non è stabilito in denaro (Cass. n. 4434/1976 secondo cui ai fini della determinazione del valore di una causa concernente la validità di un contratto di assicurazione contro i danni è irrilevante l'entità della somma assicurata, la quale costituisce unicamente il limite massimo di una prestazione solo eventuale: assume invece rilevanza quell'unico elemento certo che è costituito dall'ammontare del premio pattuito, che rappresenta l'equivalente del rischio assunto dall'assicuratore ed esprime in definitiva il valore del contratto); concorda la dottrina (Gionfrida, 65; Segrè, 164). iii) con riguardo ai contratti a titolo gratuito il valore si calcola sulla base della somma che le parti avrebbero pattuito se il contratto fosse stato oneroso (Cass. n. 2136/1982, che in caso di comodato di immobile fa riferimento ai valori locativi del settore; Cass. n. 1632/1964, pure concernente comodato immobiliare); concorda la dottrina (Gionfrida, 65; Segrè, 168); iv) con riguardo alla domanda di simulazione assoluta il valore va determinato in base al prezzo indicato nell'atto che si assume simulato e non dal valore effettivo del bene oggetto dello stesso (Cass. n. 1341/1963; Cass. n. 983/1972; Cass. n. 713/1980); concorda la dottrina (Gionfrida, 227). v) con riguardo alla domanda di simulazione relativa il valore va determinato in base al valore del bene e non al corrispettivo indicato nel contratto simulato (Cass. n. 12011/1992, ove si precisa che tale valore rileva anche ai fini della liquidazione del compenso al difensore della parte vittoriosa); in dottrina si fa invece riferimento al corrispettivo indicato nel contratto apparente (Gionfrida, 65; Segrè, 167); vi) con riguardo alle azioni revocatoria e surrogatoria il valore va determinato sulla base dell'ammontare del credito a tutela del quale si agisce, pur se il valore dei beni alienati risulti superiore (Cass. n. 3697/2020; Cass. n. 18348/2004; Cass. n. 2307/1988); concorda la dottrina prevalente (Luiso, 99; Segrè, 161); vii) Nell'azione di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea di condominio, che sia volta ad ottenere una sentenza di annullamento avente effetto nei confronti di tutti i condomini, il valore della causa deve essere determinato sulla base dell'atto impugnato, e non sulla base dell'importo del contributo alle spese dovuto dall'attore in base allo stato di ripartizione, non operando la pronuncia solo nei confronti dell'istante e nei limiti della sua ragione di debito (Cass. n. 9068/2022). DivisioneIl comma 2 della disposizione in commento, secondo cui il valore delle cause di divisione si determina in base alla massa da dividere, va letta in combinato disposto con l'art. 14 (se la massa è costituita da denaro o beni mobili) e con l'art. 15 [se si tratta di immobili (Cass. n. 2176/1978)]. Nello stesso senso concorda la dottrina, v. D'Onofrio, 31; Gionfrida, 66. Deve a tal fine tenersi conto di tutti i beni che concorrono a formare la massa sicché, qualora, richiesta la divisione di un immobile, si domandi altresì al condividente convenuto il rendimento dei conti e la restituzione dei frutti percepiti, il valore della controversia deve essere determinato considerato, congiuntamente al valore dell'immobile di cui e stata chiesta la divisione, calcolato secondo i criteri stabiliti dall'art. 15, anche il valore dei frutti in base al criterio di cui all'art. 14 (Cass. n. 1686/1964). Le cause di riduzione per lesione di legittima sono assimilabili alle cause di divisione, ai fini della competenza per valore, perché anch'esse postulano l'accertamento della consistenza dell'intero asse ereditario. Il loro valore deve essere perciò determinato con i criteri stabiliti dagli artt. 14 e 15, secondo la natura, mobiliare od immobiliare, dei beni che costituiscano il patrimonio ereditario (Cass. n. 3970/1975). Ai fini della liquidazione degli onorari spettanti ai difensori, è stato stabilito che il valore della causa di divisione non si determina in base alla regola di competenza posta dall'art. 12 (in riferimento all'entità della massa dividendo), bensì in riferimento al valore della quota in contestazione, dal momento che la disposizione in proposito dettata dalla tariffa è diretta a collegare il valore della causa all'interesse in concreto perseguito dalla parte; tale regola è applicabile analogicamente anche per la liquidazione degli onorari dovuti dal cliente in relazione all'azione di riduzione (Cass. n. 6765/2012; Cass. n. 11222/1997). Nei giudizi di divisione, il valore della causa, ai fini della liquidazione del compenso dell'avvocato, è stabilito ai sensi del c.p.c., avendo riguardo non a quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma alla quota o ai supplementi di quota in contestazione. In particolare quando l'attore abbia richiesto la collazione, nella massa ereditaria, dei beni donati al convenuto, l'interesse perseguito si incentra proprio sul donatum che, pertanto, va considerato nella determinazione del valore della controversia, a prescindere dal fatto che il suddetto attore abbia proposto azione di riduzione (Cass. n. 195/2020; Cass. n. 22016/2018). È stato ribadito che il valore della causa, ai fini della liquidazione del compenso ai difensori, si determina nei giudizi divisori in base alla massa da dividere, se la controversia riguarda la sua entità, ed in base alla quota se la contestazione riguardi solo quest'ultima (Cass. n. 20126/2014). Anche le cause di petizione dell'eredità e di annullamento del testamento sono assimilabili alle cause di divisione ai fini della competenza per valore, anche ai fini del calcolo degli onorari di avvocato e procuratore, poiché anch'esse postulano l'accertamento della consistenza dell'intero asse ereditario (Cass. n. 5579/1991). BibliografiaAsprella, Articolo 7, in Comoglio, Consolo, Sassani e Vaccarella (a cura di), Commentario del codice di procedura civile, I, Torino, 2012; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 2, Padova, 2004; D'Onofrio, Commento al codice di procedura civile, I, Torino, 1953; Gionfrida, Competenza in materia civile, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961; Levoni, Competenza nel diritto processuale civile, in Dig. civ. III, Torino, 1988, 110; Segrè, Della competenza per materia e valore, in Comm. c.p.c. Allorio, I, 1, Torino, 1973; Trisorio Liuzzi, Le novità in tema di competenza, litispendenza, continenza e connessione, in Foro it. 2009, 255 ss. |