Codice di Procedura Civile art. 30 bis - Foro per le cause in cui sono parti i magistrati 12.

Mauro Di Marzio

Foro per le cause in cui sono parti i magistrati 12.

[I]. Le cause in cui sono comunque parti magistrati, che secondo le norme del presente capo sarebbero attribuite alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di corte d'appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale  3.

[II]. Se nel distretto determinato ai sensi del primo comma il magistrato è venuto ad esercitare le proprie funzioni successivamente alla sua chiamata in giudizio, è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso distretto di corte d'appello individuato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale con riferimento alla nuova destinazione.

 

[1] Articolo aggiunto dall'art. 9 l. 2 dicembre 1998, n. 420.

[2] La Corte cost., con sentenza 12 novembre 2002, n. 444 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui « si applica ai processi di esecuzione forzata promossi da o contro magistrati in servizio nel distretto di corte d'appello comprendente l'ufficio giudiziario competente ai sensi dell'art. 26 del codice di procedura civile ».

[3] La Corte cost., con sentenza 25 maggio 2004, n. 147, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma ad eccezione della parte relativa alle azioni civili concernenti le restituzioni e il risarcimento del danno da reato, di cui sia parte un magistrato nei termini di cui all'art. 11 del codice di procedura penale.

Inquadramento

La norma in commento, nell’individuare uno speciale foro per le cause nelle quali sono parte magistrati, ha un ambito applicativo ormai ridottissimo, a seguito di una pronuncia della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1 ad eccezione della parte relativa alle azioni civili concernenti le restituzioni e il risarcimento del danno da reato, di cui sia parte un magistrato nei termini di cui all'art. 11 c.p.p. (Corte cost. n. 147/2004; ed in precedenza v. già Corte cost. n 444/2002 che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui si applica ai processi di esecuzione forzata promossi da o contro magistrati in servizio nel distretto di corte d'appello comprendente l'ufficio giudiziario competente ai sensi dell'art. 26).

A seguito della dichiarazione di incostituzionalità la S.C. ha escluso l'applicabilità della norma in ipotesi di domanda di risarcimento del danno cagionato da una condotta tale da non integrare gli estremi di un reato (Cass. n. 19054/2006); di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, non essendo la condotta sanzionata equiparabile ad un reato (Cass. n. 19996/2007; Cass. n. 16081/2004); di querela di falso proposta in via principale, in cui sia parte un magistrato (Cass. n. 6851/2012). Si è detto al riguardo che la disposizione  si applica alle cause di risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie (Cass. n. 27666/2009; Cass. n. 17982/2014). Sono intervenute in argomento le sezioni unite le quali hanno affermato che un'attenzione particolare occorre prestare alla questione se ed in quali limiti dell'art. 25 c.p.c. in esame trovi applicazione nelle cause di responsabilità civile dei magistrati. È stato affermato che, nei giudizi di responsabilità civile promossi contro lo Stato, ai sensi della l. n. 117/1988 quando più giudici, di merito e di legittimità, cooperino a fatti dolosi o colposi anche diversi nell'ambito della stessa vicenda giudiziaria, la causa è necessariamente unitaria e la competenza per territorio deve essere attribuita per tutti in base al criterio di cui all'art. 11 c.p.p., richiamato dall'art. 4, comma 1, l. cit.; qualora, invece, tale giudizio abbia ad oggetto solo i comportamenti, atti o provvedimenti dei magistrati della Corte di cassazione, non applicandosi in tal caso lo spostamento di competenza previsto dal citato art. 11 c.p.p., la competenza per territorio è attribuita secondo la regola del forum commissi delicti, sicché spetta in ogni caso al tribunale di Roma, ai sensi dell'art. 25, quale foro del luogo in cui è sorta l'obbligazione (Cass. S.U., n. 14842/2018).

La competenza prevista dalla norma ha natura inderogabile e la relativa questione è rilevabile d'ufficio (Cass. n. 19290/2004; Cass. n. 7119/2002).

Nello stesso senso è orientata la dottrina (Finocchiaro, 3043).

Ciò non vuol dire, tuttavia, che la causa debba necessariamente svolgersi dinanzi al giudice individuato attraverso l'art. 11 c.p.p., ma che non può svolgersi dinanzi ad un giudice del distretto in cui il magistrato opera. La disposizione trova cioè applicazione soltanto nei casi in cui, in base alle regole generali, la competenza spetterebbe ad un giudice appartenente al distretto nel quale il magistrato esercita le sue funzioni. Pertanto, nei casi previsti dall'art. 20, l'attore è libero di esercitare l'opzione tra il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione, mentre il meccanismo di garanzia previsto dall'art. 30-bis citato opera, eventualmente, soltanto qualora, in relazione al giudice adito in base a detta norma, sussistano i presupposti per lo spostamento di competenza (Cass. n. 14761/2009).

Il comma 2 disciplina l'ipotesi del trasferimento del magistrato nel distretto in cui si è in precedenza radicata la competenza territoriale ai sensi del comma precedente.

Ambito di applicazione

La norma trova applicazione ove il magistrato eserciti le sue funzioni in un ufficio giudiziario del Distretto di corte d'appello entro il quale sia collocato l'ufficio giudiziario che sarebbe competente secondo le regole ordinarie.

I magistrati cui la norma si riferisce sono i magistrati appartenenti al comparto della giurisdizione ordinaria (con esclusione, cioè, della giurisdizione amministrativa, contabile o tributaria), ivi compresi i pubblici ministeri e i giudici onorari (Finocchiaro, 3043), fatta eccezione per i soli giudici popolari di corte d'assise e assise d'appello.

In giurisprudenza, v. con riguardo all'art. 11 c.p.p., Cass. pen. S.U., n. 292/2004.

Cause in cui sono comunque parti magistrati sono quelle in cui il magistrato abbia acquistato la veste di parte in senso formale del processo: egli deve cioè essere attore, convenuto o interveniente (Finocchiaro, 3043), non già semplicemente interessato all'esito del giudizio.

Va ricordato che la disposizione è stata tuttavia applicata anche nei riguardi di un condominio che aveva tra i condomini un magistrato (Cass. n. 7119/2002).

La S.C. ha precisato che l'art. 30-bis è applicabile anche ai procedimenti di c.d. volontaria giurisdizione contenziosi (Cass. n. 8318/2002, sulla regolamentazione del diritto di visita dei genitori di figlio olim naturale).

La norma non si applica ai magistrati della Corte di cassazione (Cass. n. 5146/2001; Cass. n. 27666/2009).

Incompetenza sopravvenuta

La norma contempla al comma 2 un'eccezionale ipotesi di incompetenza sopravvenuta, in deroga alla regola generale stabilita dall'art. 5: se il magistrato viene trasferito in ufficio collocato nel distretto presso cui si è radicata la causa, ai sensi del comma 1, si determina l'incompetenza del giudice già regolarmente adito, e competente è nuovamente il giudice individuato ai sensi dell'art. 11 c.p.p.

Qualora un magistrato parte di una controversia soggetta alla regola di competenza di cui all'art. 30-bis si trasferisca su sua domanda nel distretto in cui la causa è stata a suo tempo legittimamente radicata, l'incompetenza sopravvenuta ai sensi di detta norma può essere rilevata d'ufficio o su istanza della controparte del magistrato nella prima udienza successiva all'acquisizione di conoscenza del trasferimento risultante nella causa, mentre, per il principio desumibile dall'art. 157, comma 3 — non può essere rilevata dallo stesso magistrato, che può solo allegare il trasferimento come ragione che giustificherebbe il trasferimento della causa al foro divenuto competente ai sensi dell''art. 30-bis.

Ne consegue che, se il giudice e la controparte, acquisita detta conoscenza, non rilevano la sopravvenuta incompetenza entro il detto termine di preclusione oppure il giudice, in mancanza di eccezione della controparte ed a seguito di una sollecitazione dello stesso magistrato a spogliarsi della competenza, la neghi con pronuncia delibatoria assunta entro tale termine, la relativa questione resta definitivamente preclusa per la controparte in ogni caso e, nella seconda ipotesi può essere suscettibile di una diversa valutazione soltanto da parte del giudice in sede di decisione (Cass. n. 19972/2010).

Se il trasferimento del magistrato si realizzi nella pendenza del termine per l'impugnazione, dove trova applicazione l'art. 38 e l'eccezione di parte o la rilevazione d'ufficio deve essere sollevata nella prima udienza di trattazione del giudizio di impugnazione (Cass. n. 17982/2014).

Bibliografia

Acone e Santulli, Competenza (dir. proc. civ.), in Enc. giur. VII, Roma 1988; D'Onofrio, Commento al codice di procedura civile, I-II, Torino, 1957; Finocchiaro, La competenza inderogabile che deroga alle competenze inderogabili: l'art. 30-bis c.p.c., in Giust. civ. 2002, I, 3043; Levoni, Competenza, in Dig. civ., Torino, 1988.

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