Codice di Procedura Civile art. 34 - Accertamenti incidentali.

Mauro Di Marzio

Accertamenti incidentali.

[I]. Il giudice, se per legge [124 c.c.] o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato [324; 2909 c.c.] una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore [7 ss.] alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio [152 2, 153] per la riassunzione della causa davanti a lui [50, 307 3; 125 att.].

Inquadramento

Tralasciando le importanti implicazioni sistematiche della norma in commento (le quali richiederebbero di cimentarsi con i temi dell'oggetto del processo civile e dell'estensione dei poteri di cognizione del giudice, nonché, più in generale, con i limiti del giudicato), ed il vasto dibattito che ha in proposito impegnato la dottrina, è sufficiente qui constatare (tanto più che il campo di applicazione pratica della disposizione si è ampiamente ristretto in seguito all'abolizione dell'ufficio del pretore e tenuto conto della derogabilità della competenza per materia del giudice di pace desumibile dall'art. 40, comma 7), che, come si arguisce dall'art. 34:

i) il giudice ha il potere di scrutinare qualunque questione insorga ai fini della decisione della causa, ma senza efficacia di giudicato;

ii) tale potere si estende alle questioni pregiudiziali di merito (da tenersi distinte dalle questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito, ad esempio l'eccezione di prescrizione, nonché dalle semplici questioni di fatto o di diritto), le quali sono oggetto di cognizione incidenter tantum;

iii) se, però, per volontà di legge o per effetto di una domanda di parte, è necessario pronunciare sulla questione pregiudiziale di merito con efficacia di giudicato, e le cause pregiudiziale e pregiudicata appartengono alla competenza di giudici diversi, l'ordinamento consente di adire il medesimo giudice, così derogando ai criteri di competenza ordinari (Mandrioli, 2012, 344).

È' stato chiarito che, qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, senza che, ai fini della formazione del giudicato esterno sullo stesso, sia necessaria una domanda di parte volta ad ottenere la decisione di una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato, come previsto dall'art. 34, posto che tale norma è intesa a disciplinare il profilo dell'individuazione della competenza per materia o per valore del giudice dell'intera causa in caso di pregiudizialità in senso tecnico e non già soltanto in senso logico giuridico (Cass. n. 11754/2018).

Questione pregiudiziale di merito

La questione pregiudiziale rientra nel numero delle questioni c.d. strumentali, giacché il suo esame è necessario ai fini della decisione sulla domanda, essendo come tale riconducibile alla categoria delle questioni preliminari di merito su cui, sussistendo i presupposti previsti dagli artt. 187 e 279 c.p.c. , può fondarsi la pronuncia; nondimeno, all'interno di detto numero, la questione pregiudiziale presenta specifiche connotazioni, concernendo fattispecie non già semplicemente strumentali, bensì idonee a costituire oggetto di un'autonoma domanda giudiziale. In altri termini, la questione pregiudiziale, pur essendo ricompresa nell'ambito della cognizione devoluta al giudice in funzione della domanda proposta, si colloca all'esterno dell'ambito oggettivo del giudizio e del futuro accertamento destinato al passaggio in giudicato: costituisce, cioè, un punto che il giudice deve conoscere per accertare la fondatezza della domanda, ma che, in mancanza di domanda di parte o di apposita previsione legale, non può essere oggetto di accertamento in via principale. È il caso della questione relativa all'esistenza dello status parentale rispetto alla domanda avente ad oggetto la richiesta degli alimenti; della questione relativa all'esistenza del diritto alla restituzione della somma capitale rispetto alla domanda di corresponsione degli interessi; della questione relativa alla proprietà dell'autoveicolo rispetto alla domanda di accertamento del diritto di ottenere il risarcimento dei danni subiti dal bene. In tali ipotesi sussiste un nesso di pregiudizialità-dipendenza tra la questione pregiudiziale e la domanda sottoposta all'esame del giudice.

Per questione pregiudiziale di merito deve intendersi, dunque, una questione che, oltre a collocarsi in relazione di pregiudizialità con la decisione da assumere, può costituire oggetto di un giudizio autonomo, tant'è che essa è considerata dalla norma come devoluta alla competenza di un giudice potenzialmente diverso da quello della causa pregiudicata. È, ad esempio, il caso dell'accertamento della titolarità, in capo al comodatario, di una situazione di godimento a titolo di comproprietà del bene immobile dato in comodato, rispetto alla decisione sulla domanda di restituzione della cosa comodata, introdotta ai sensi dell'art. 447-bis, potendo pregiudicare, per incompatibilità, la posizione di legittimazione passiva in tale giudizio del medesimo comodatario (Cass. n. 20149/2014).

La giurisprudenza si mantiene fedele al dato letterale, ritenendo che, al di fuori del caso di accertamento incidentale richiesto dalla legge, il congegno di spostamento della competenza previsto dalla norma non operi per il fatto in sé considerato che la questione sia controversa, occorrendo invece che una delle parti abbia richiesto la pronuncia con efficacia di giudicato (p. es. Cass. n. 19748/2011, concernente l'accertamento incidenter tantum dell'esistenza di un rapporto agrario in sede di retratto agrario, di competenza del tribunale ordinario e non della sezione specializzata agraria; Cass. n. 11320/2003, concernente l'accertamento incidenter tantum del canone di locazione da parte del tribunale, appartenendo all'epoca la controversia sulla determinazione del canone alla competenza per materia del pretore). Ed inoltre, nel giudizio conseguente alla proposizione di un'azione di riduzione, la questione relativa alla titolarità esclusiva, o meno, dei beni in capo al de cuius non implica la necessaria convocazione ivi anche del terzo loro preteso comproprietario: tale questione, invero, ha natura pregiudiziale - perchè funzionale alla sola decisione di quell'azione, per stabilire il relictum e, di riflesso, la quota di riserva - sicchè, giusta l'art. 34, deve essere risolta dal giudice incidenter tantum ove sia mancata la domanda di parte volta ad ottenere una statuizione con efficacia di giudicato circa il definitivo accertamento della proprietà dei predetti beni (Cass. n. 23760/2016).

Aderendo ad un indirizzo dottrinale (Menchini, Accertamenti incidentali, in Enc. giur., I, Roma, 1995, 1 ss.), si ritiene talora che l'ambito di applicazione della disposizione in commento è limitato alle pregiudiziali in senso tecnico e non anche a quelle in senso logico.

Così, ad esempio, in tema di nullità del termine apposto a un contratto di lavoro subordinato, non può dirsi formato il giudicato implicito sulla questione della validità del termine per il solo fatto che, in un precedente giudizio di impugnativa del recesso datoriale dal medesimo contratto, il giudice abbia ritenuto inapplicabile l'art. 18 st. lav. in ragione della natura a tempo determinato del contratto, atteso che può costituire oggetto di giudicato implicito soltanto la situazione di fatto che si pone come antecedente logico necessario della pronuncia resa sul fatto costitutivo fatto valere e non anche la questione pregiudiziale in senso tecnico, disciplinata dall'art. 34, che indica una situazione distinta e indipendente dal fatto costitutivo dedotto e che è oggetto, tranne che una decisione con efficacia di giudicato sia richiesta per legge o per apposita domanda di una delle parti, solo di un accertamento incidentale (Cass. n. 9409/2018).

La domanda di accertamento incidentale

La «esplicita domanda di una delle parti», occorrente, ai sensi dell'art. 34, per la trasformazione della questione pregiudiziale in causa pregiudiziale, non esige un'apposita istanza ma è pur sempre necessario che essa risulti in modo inequivoco dalle deduzioni e conclusioni della parte interessata (Cass. n. 13173/2007), pur senza richiedere formule sacramentali (Cass. n. 12753/1999).

In particolare, la richiesta del convenuto di accertamento con efficacia di giudicato ex art. 34 di un rapporto pregiudicante deve essere ritualmente formulata con la comparsa di risposta tempestivamente depositata, mentre, ove egli abbia dedotto la questione solo in via di eccezione, riservandosi la formalizzazione della domanda in caso di contestazione attorea, la domanda è tardiva (e inammissibile) in quanto, per sciogliere il nesso di subordinazione, occorre attendere la prima udienza di comparizione, nella quale l'attore potrebbe manifestare la sua contestazione (Cass. n.  3725/2015, concernente fattispecie in cui il convenuto aveva chiesto il rigetto della domanda principale di retratto agrario, eccependo l'esistenza di un contratto di affitto in suo favore e formulando solo in via subordinata, nell'eventualità in cui l'attore avesse contestato l'esistenza del detto contratto, domanda per l'accertamento del rapporto pregiudicante).

Ai fini dell'ammissibilità di detta domanda occorre avere interesse ad una decisione con efficacia di giudicato. La domanda di accertamento incidentale con efficacia di giudicato in ordine a questione pregiudiziale, ai sensi dell'art. 34, presuppone cioè, ai fini del suo accoglimento, che l'istante dimostri un interesse effettivo il quale travalichi quello relativo al giudizio in corso, e cioè che detta questione sia idonea ad influire altresì su liti diverse e di prevedibile insorgenza fra le stesse parti, o anche su altri rapporti e altri soggetti, non potendosi altrimenti turbare o ritardare il corso del processo, agli effetti dell'art. 111 Cost. (Cass. n. 8093/2013).

È dunque ad es. inammissibile per difetto di interesse ad agire l'azione tesa ad accertare, in vista di eventuali postumi indennizzabili, il nesso di causalità tra infortunio e prestazione di lavoro, atteso che il processo può essere utilizzato solo a tutela di diritti sostanziali e deve concludersi (salvo casi eccezionali) con il raggiungimento dell'effetto giuridico tipico, cioè con l'affermazione o la negazione del diritto dedotto in giudizio (Cass. n. 10039/2002; Cass. n. 17788/2003; Cass. n. 17971/2010).

Quanto alla configurabilità di un accertamento incidentale su un rapporto pregiudiziale fra una delle parti e un terzo, si ammette in giurisprudenza che il giudice possa conoscere del menzionato rapporto, e che solo in caso di domanda di accertamento con efficacia di giudicato si renda necessaria la chiamata in causa del terzo. Così l'accertamento incidentale della simulazione soggettiva per interposizione fittizia del contratto non impone l'integrazione del contraddittorio nei confronti del soggetto fittiziamente interposto, non ricorrendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario, dal momento che tale accertamento, salvo che sia richiesto con efficacia di giudicato, può compiersi e produrre i suoi effetti riflessi tra le parti del processo, senza chiamare in giudizio il terzo, al quale non deriva alcun pregiudizio da una decisione inidonea a costituire giudicato nei suoi confronti (Cass. n. 4104/1987; Cass. n. 1708/1989). In tema di condominio negli edifici, analogamente, ove un condomino, convenuto da un altro condomino che vanti il diritto di usare una cosa comune (nella specie, impianto di ascensore), proponga un'eccezione riconvenzionale di proprietà esclusiva al fine limitato di paralizzare la pretesa avversaria, non si configura un'ipotesi di litisconsorzio necessario dei restanti condomini, che si verificherebbe, invece, ove egli proponesse, ai sensi degli artt. 34 e 36, una domanda riconvenzionale diretta a conseguire la dichiarazione di proprietà esclusiva del bene, con effetti di giudicato estesi a tutti i condomini (Cass. n. 4624/2013).

La domanda di accertamento della nullità di una scrittura privata avente ad oggetto beni immobili da includere nella massa di una comunione ereditaria, ai fini dello scioglimento della stessa, non costituisce questione pregiudiziale in senso tecnico, suscettibile di cognizione incidentale ai sensi dell'art. 34, poiché il giudicato sulla divisione, attribuendo la proprietà del bene ad uno dei condividendi o ad un terzo aggiudicatario (nel caso di una eventuale vendita), esaurisce gli effetti della scrittura privata di cui si è chiesta la nullità (Cass. n.  6172/2015).

Nella controversia promossa per far valere un credito (nella specie, di lavoro), nei confronti di chi si assuma erede del debitore, le questioni attinenti alla sussistenza o meno di tale qualità di erede, in capo al convenuto, rientrano nell'ambito degli accertamenti meramente incidentali (Cass. n. 11458/2022).

La richiesta del convenuto di accertamento con efficacia di giudicato ex art. 34 di un rapporto pregiudicante deve essere ritualmente formulata con la comparsa di risposta tempestivamente depositata, mentre, ove egli abbia dedotto la questione solo in via di eccezione, riservandosi la formalizzazione della domanda in caso di contestazione attorea, la domanda è tardiva (e inammissibile) in quanto, per sciogliere il nesso di subordinazione, occorre attendere la prima udienza di comparizione, nella quale l'attore potrebbe manifestare la sua contestazione (Cass. n. 3725/2015).

Pregiudizialità per legge

Con riguardo ai casi in cui è necessario per legge decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale, vanno ricordate la questione della validità del matrimonio precedente in sede di impugnazione per bigamia del secondo matrimonio ex art. 124 c.c., nonché la questione della esistenza del credito eccepito in compensazione (v. art. 35). Il problema dell'applicabilità della disposizione si pone in particolare con riguardo alle questioni di stato. Se una questione di stato e proposta dinanzi ad un giudice diverso da quello competente, indicato nell'art. 9, comma 2, dovrà applicarsi il principio di ordine generale dell'art. 34, per cui il giudice adito non potrà deciderla incidenter tantum rientrando la questione di stato tra quelle questioni pregiudiziali che, per legge, non possono decidersi che con effetto di giudicato. Eccezioni al sistema, per particolari esigenze, possono essere stabilite soltanto dalla legge, pertanto esula dalla giurisdizione della corte dei conti il potere di decidere, sia pure in via incidentale, le questioni di stato delle persone (Cass. S.U., n. 1615/1969). Difatti, nel vigente ordinamento non e consentito, l'accertamento incidentale - senza efficacia di giudicato e con effetti limitati alla controversia principale - su una questione pregiudiziale di stato delle persone, specialmente se la controversia verta fra persone non legittimate attivamente e passivamente alle azioni di stato. ne consegue che, qualora la questione si presenti dinanzi al giudice civile, dovrà farsi applicazione dell'art. 34, rientrando tale questione tra quelle pregiudiziali che, per legge, non possono decidersi se non con efficacia di giudicato. in particolare, il giudice adito, nel caso in cui sussistano la sua competenza anche per le azioni di stato e le condizioni soggettive (legittimazione attiva e passiva) ed oggettive perché si possa pronunziare su di esse, può giudicare anche sulla questione di stato e la decisione avrà carattere principale ed efficacia di giudicato (Cass. n. 2220/1980).

Gli effetti sulla competenza

La disposizione menziona espressamente la sola competenza per materia e valore e prevede la rimessione dell'intera causa solo in favore del giudice superiore competente per la pregiudiziale.

Secondo la giurisprudenza, tuttavia, la norma consente implicitamente che il giudice adito trattenga la decisione sulla causa pregiudiziale se essa spetta alla competenza di un giudice inferiore ratione valoris (Cass. n. 343/1992). L'art. 34 prevede cioè espressamente l'ipotesi dello spostamento di tutta la causa in favore del giudice superiore e non quello dello spostamento della competenza da giudice superiore a giudice inferiore: ne consegue che quando la competenza in ordine alla causa pregiudiziale è determinata per valore, non si attua lo spostamento di tutta la causa dal giudice superiore al giudice inferiore che sia competente, né s'impone la sospensione della causa principale ma al contrario il giudice superiore trattiene e decide tutta la causa (anche pertanto la causa pregiudiziale), attuandosi così il simultaneus processus, che costituisce appunto lo scopo dell'art. 34.

Se, invece, la causa pregiudiziale appartiene alla competenza per materia del giudice inferiore e la causa dipendente appartiene alla competenza per valore del giudice superiore il simultaneus processus non può realizzarsi ed occorre quindi provvedere con lo strumento della sospensione necessaria (art. 295).

Perciò, poiché in tema di opposizione a decreto ingiuntivo la competenza ha carattere funzionale e inderogabile, se al giudice di pace vengono proposte contestualmente una opposizione a decreto ingiuntivo ed una questione pregiudiziale che supera la sua competenza per valore, chiedendosene la decisione con efficacia di giudicato, è corretta la decisione del giudice di pace che rimetta al giudice dotato di competenza per valore più elevata solo la parte della controversia relativa alla decisione sulla questione pregiudiziale (Cass. n. 8165/2003).

In tema di procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace, poiché la competenza per l'opposizione, attribuita dall'articolo 645 all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere funzionale e inderogabile — stante l'assimilabilità del giudizio di opposizione a quello di impugnazione —, nel caso in cui sia proposta dall'opponente domanda riconvenzionale eccedente i limiti di valore della competenza del giudice di pace, questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella relativa all'opposizione e rimettendo l'altra al tribunale (Cass. n. 24743/2006; Cass. n. 3870/2014).

Bibliografia

Balbi, Connessione e continenza nel diritto processuale civile, in Dig. civ., III, Torino 1988, 457; De Petris, Connessione (diritto processuale civile), in Enc. dir., IX, Milano 1961, 10; Fabbrini, Connessione (diritto processuale civile), in Enc. giur., VIII, Roma, 1988.

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