Codice di Procedura Civile art. 37 - Difetto di giurisdizione 1Difetto di giurisdizione 1
[I] Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo. Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo o dei giudici speciali è rilevato anche d'ufficio nel giudizio di primo grado. Nei giudizi di impugnazione può essere rilevato solo se oggetto di specifico motivo, ma l'attore non può impugnare la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui adito.
[1] L'art. 73 l. 31 maggio 1995, n. 218, come sostituito, da ultimo, dall'art. 10 d.l. 23 ottobre 1996, n. 542, conv., con modif., nella l. 23 dicembre 1996, n. 649, ha abrogato l'originario comma 2. Il testo del comma recitava: «Il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello straniero è rilevato dal giudice d'ufficio in qualunque stato e grado del processo relativamente alle cause che hanno per oggetto beni immobili situati all'estero; in ogni altro caso è rilevato egualmente d'ufficio dal giudice se il convenuto è contumace e può essere rilevato soltanto dal convenuto costituito che non abbia accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana». V. ora art. 11 l. n. 218, cit. Successivamente articolo sostituito dall'art. 3, comma 2, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo sostituito dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Si riporta il testo anteriore alla suddetta sostituzione: «Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo ». InquadramentoLa norma in commento si riferisce espressamente al difetto di giurisdizione del giudice ordinario: a) nei confronti della pubblica amministrazione; b) nei confronti dei giudici speciali. Si ha difetto di giurisdizione del giudice ordinario quando questi manca del potere di esercitare la funzione giurisdizionale con riferimento ad una determinata controversia (Franchi, in Comm. Allorio, 1973, 363). Ogni altra questione di giurisdizione, diversa da quelle indicate dalla norma in esame (e dall'art. 11 l. n. 218/1995, che ha sostituito il comma 2 dell'art. 37), si colloca al di fuori del suo ambito di applicazione (Proto Pisani, 1999, 272). Si discorre in particolare di difetto assoluto di giurisdizione quando manchi nell'ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l'interesse dedotto in giudizio, sì che non possa individuarsi alcun giudice titolare del potere di decidere (Cass. S.U., n. 17954/2007, che ha negato tale difetto in caso di azione possessoria da parte di un Comune nei confronti di privati; Cass. S.U., n. 10375/2007; Cass. S.U., n. 19700/2010). È stato riconosciuto il difetto assoluto di giurisdizione sulla domanda di accertamento dei requisiti obiettivi di brevettabilità prima dell'esaurimento del procedimento amministrativo di brevettazione (Cass. S.U., n. 3657/1989). Ed ancora, di recente, la S.C., ritenuta l'ammissibilità in astratto del regolamento preventivo di giurisdizione con cui un ex parlamentare, dopo aver convenuto la Camera di appartenenza dinanzi al giudice ordinario, aveva chiesto, alla stregua delle deduzioni della controparte, che ne fosse definitivamente accertata la giurisdizione su una controversia avente ad oggetto la misura del vitalizio spettantegli, ha dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione, per essere la controversia medesima devoluta alla cognizione dell'organo di autodichia (Cass. S.U., n. 18266/2019). Viceversa, la giustiziabilità della pretesa dinanzi agli organi della giurisdizione statale costituisce una questione non di giurisdizione, ma di merito (Cass. S.U., n. 17929/2013, che ha giudicato inammissibile il ricorso straordinario per cassazione col quale un ex tesserato e tecnico di una federazione sportiva aveva chiesto non di individuarsi il giudice, ordinario o amministrativo, competente a conoscere della controversia, bensì se quest'ultima, originata dalla decisione della corte federale di infliggergli una determinata sanzione in relazione alla commissione di un illecito sportivo, fosse riservata all'autonomia dell'ordinamento sportivo; Cass. S.U., n. 647/2015). Concerne parimenti il merito della controversia ogni questione relativa all'idoneità di una norma di diritto a tutelare il concreto interesse affermato dalla parte in giudizio (Cass. S.U., n. 6635/2005; Cass. S.U., n. 7577/2006; Cass. S.U., n. 10375/2007). Né attiene alla giurisdizione la violazione delle disposizioni sulla ripartizione degli affari civili e penali (Cass. S.U., n. 10959/2005; Cass. S.U., n. 14696/2005, Cass. S.U., n. 18189/2013). Difetto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazioneNelle controversie nei confronti della pubblica amministrazione i diritti soggettivi vanno fatti valere dinanzi al giudice ordinario (art. 2, l. n. 2248/1865, all. E), mentre gli interessi legittimi (posizioni soggettive tutelate dalla legge solo indirettamente, in presenza di interessi pubblici e corrispondenti poteri dell'amministrazione) vanno fatti valere dinanzi al giudice amministrativo. In particolare, ai sensi del cit. art. 2, sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque possa essere interessata la pubblica amministrazione. L'inosservanza da parte della pubblica amministrazione, nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei comuni canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario sia quando tenda a conseguire la condanna ad un facere, sia quando abbia per oggetto la richiesta del risarcimento del danno patrimoniale, giacché una siffatta domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'amministrazione, ma un'attività soggetta al rispetto del principio del neminem laedere (Cass. S.U., n. 20571/2013 che ha ritenuto sussistere la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla domanda volta ad ottenere l'accertamento dell'illiceità delle immissioni acustiche provenienti dagli spazi esterni di un edificio scolastico; Cass. S.U., n. 22116/2014, sempre in tema di immissioni rumorose). La giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni da lesione di interessi pretensivi conseguente ad atti adottati da un ente pubblico non economico spetta al giudice amministrativo alla stregua di quanto disposto dall'art. 35, comma 1, d.lgs. n. 80/1998, come modificato dall'art. 7 l. n. 205/2000 (v. ora artt. 7 d.lgs. n. 104/2010 - Codice del processo amministrativo), a norma del quale, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto, e dall'art. 7 l. n. 1034/1971, come modificato dall'art. 7 l. n. 205/2000 (v. ora art. 7 d.lgs. n. 104/2010) , a norma del quale il tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, avendo il legislatore con tali disposizioni, coerenti con la piena dignità di giudice riconosciuta al Consiglio di Stato dalla Costituzione e in attuazione dell'art. 24 Cost., inteso concentrare presso il medesimo giudice, sia nell'ambito delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sia nell'ambito della giurisdizione generale di legittimità di tale giudice, anche la decisione sulla domanda di risarcimento del danno che il privato proponga congiuntamente o alternativamente a quella di annullamento dell'atto amministrativo che affermi illegittimo (Cass. S.U., n. 5078/2005). Le azioni possessorie sono esperibili davanti al giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione solo quando il suo comportamento non si ricolleghi ad un provvedimento amministrativo emesso nell'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali, ma si risolva in una mera attività materiale (v. Cass. S.U., n. 10375/2007, Giust. civ., 2008, I, 190, con nota di Costanza; Cass. S.U., n. 23561/2008; Cass. S.U., n. 10285/2012). In materia di appalti pubblici, gli artt. 6 e 7 l. n. 205/2000 hanno attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative alla procedura di affidamento dell'appalto, mentre quelle concernenti la fase di esecuzione del contratto sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, dato che concernono i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto; pertanto, appartiene alla giurisdizione ordinaria, in quanto relativa alla fase di esecuzione dell'appalto, la controversia avente ad oggetto l'incameramento della cauzione sulla base di una specifica clausola contrattuale che attribuisce alla stazione appaltante la facoltà di escutere la polizza prestata a garanzia dell'esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali, senza necessità di diffida o di provvedimento giudiziario e senza possibilità per l'appaltatore e l'istituto assicuratore di opporre eccezioni (Cass. S.U., n. 4425/2007; Cass. S.U., n. 20116/2005). È riconosciuta la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione (Cass. n. 477/2013; Cass. n. 18932/2012). La giurisdizione va verificata in ragione della posizione soggettiva dedotta (Cass. S.U., n. 11656/2008; Cass. S.U., n. 14833/2009). Difetto di giurisdizione nei confronti dei giudici specialiL'art. 1 stabilisce che la giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, è esercitata dai giudici ordinari. L'art. 102, comma 2, Cost. stabilisce che «non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali». L'art. 103 Cost. contempla però giudici speciali quali il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa (per l'ambito della giurisdizione v. la l. n. 205/2000), nonché la Corte dei conti, che ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge, ed i tribunali militari. Vi sono poi altri giudici speciali (tribunali regionali delle acque pubbliche, tribunale superiore delle acque pubbliche, commissari regionali per la liquidazione degli usi civici, commissioni tributarie di primo e secondo grado). Per giurisprudenza costante la regola di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo non si basa sul criterio del petitum formale, individuato in base all'oggetto del dispositivo che si invoca, bensì su quello del petitum sostanziale, da individuarsi con riguardo alla causa petendi ed al rapporto dedotto in giudizio, oggetto di accertamento giurisdizionale (Cass. n. 2368/2024). Le autorità garanti sono autorità amministrative e non autorità giurisdizionali. Difetto di giurisdizione nei confronti dello stranieroRinviando al commento all'art. 4, va qui rammentato che l'art. 73 l. n. 218/1995, ha abrogato l'art. 37, comma 2, mentre l'art. 11 della stessa legge stabilisce che il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. È rilevato dal giudice d'ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto è contumace, se ricorre l'ipotesi di cui all'art. 5 (processi relativi ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero), ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale. Per il combinato disposto degli artt. 4 (secondo il quale, quando non vi sia giurisdizione in base all'art. 3, essa nondimeno sussiste se il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo) e 11, l. n. 218/1995, il convenuto può eccepire il difetto di giurisdizione con il primo atto difensivo (Corsini, 295). Ciò vuol dire che il convenuto deve proporre a pena di decadenza l'eccezione nella comparsa di risposta, ma che non deve necessariamente trattarsi di comparsa tempestivamente depositata. Il rilievo officioso del difetto di giurisdizione (oltre che in caso di contumacia del convenuto e di azioni reali) è ammesso quando la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale, vuoi di natura consuetudinaria, vuoi di origine pattizia. Tra le norme consuetudinarie va rammentata quella riassunta nel principio in par parem non habet iurisdictionem, secondo cui gli Stati esteri non sono soggetti alla giurisdizione italiana, sempre che operino iure imperii per la realizzazione dei loro fini pubblici (Cass. S.U., n. 3957/1997; v. però per i crimini contro l'umanità Cass. S.U., n. 14201/2008; ma dopo l'intervento della Corte Internazionale di Giustizia 3 febbraio 2012; Cass. S.U., n. 4284/2013, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti della Repubblica Federale di Germania sulla domanda risarcitoria proposta dai parenti delle vittime delle Fosse Ardeatine). Il principio in par parem non habet iurisdictionem non opera in materia di processo esecutivo, determinando invece un vincolo di impignorabilità riguardo ai beni destinati all'esercizio di funzioni pubbliche (Cass. n. 5888/1997). Come si diceva, il principio in par parem opera quando lo Stato estero opera iure imperi: così, ad esempio, il Governo ed i Ministeri della Repubblica dell'Iraq non possono invocare alcuna immunità per le domande giudiziali di risoluzione contrattuale e risarcimento danni, proposte nei loro confronti, riguardanti una compravendita di armi (nella specie, elicotteri) che, in quanto stipulata con un'impresa commerciale italiana operante nel mercato in regime di libera offerta ad una platea indifferenziata di utenti ed acquirenti, costituisce espressione di autonomia negoziale iure privatorum (Cass. n. 23893/2015). Giurisdizione e arbitratoSi rinvia in proposito al commento all'art. 806. Eccezione e rilevazione del difetto di giurisdizioneLa norma in commento stabiliva originariamente che il difetto di giurisdizione potesse essere rilevato anche d'ufficio in qualunque stato e grado del processo. Tale previsione è stata grandemente ridimensionata dall'intervento della giurisprudenza, secondo cui l'art. 37 va interpretato alla luce dell'art. 111 Cost., nel senso che il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione, ma solo fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato interno, implicito o esplicito (Cass. S.U., n. 24883/2008, Giust. civ., 2009, I, 47, con nota di Nappi). L’indirizzo così formatosi è stato recepito dal legislatore, che, con l’art. 3 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, ha novellato la disposizione, la quale oggi prevede che il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo e dei giudici speciali è rilevato anche d’ufficio nel giudizio di primo grado, mentre nei giudizi di impugnazione può essere rilevato solo se oggetto di specifico motivo, ma l’attore non può impugnare la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui adito. A quest’ultimo riguardo potrebbe ritenersi superato l’indirizzo secondo cui il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto anche dallo stesso soggetto che ha proposto il giudizio di merito, in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito (Cass. S.U. n. 15122/2022). L'ambito applicativo della norma è dunque il seguente: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 38 (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l'affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito (Cass. S.U., n. 26019/2008; Cass. S.U., n. 25770/2008; Cass. S.U., n. 27344/2008; Cass. S.U., n. 27531/2008; Cass. S.U., n. 29523/2008; Cass. S.U., n. 9661/2009; Cass. S.U., n. 15402/2010; Cass. S.U., n. 2067/2011; Cass. S.U., n. 21703/2009; Cass. S.U., n. 12905/2011; Cass. S.U., n. 2752/2012; Cass. S.U., n. 6966/2013; Cass. S.U., n. 17056/2013; Cass. S.U., n. 4591/2014). In conclusione, ove il difetto di giurisdizione non sia stato eccepito in primo grado né sia stato oggetto di specifico motivo di appello, deve ritenersi maturato, sul punto, il giudicato implicito (Cass. S.U., n. 26497/2020, con riguardo al processo amministrativo). Le sentenze dei giudici ordinari di merito, come quelle dei giudici amministrativi, passate in giudicato, che abbiano statuito su profili sostanziali della controversia e, perciò, sia pure implicitamente, sulla giurisdizione, sono suscettibili di acquistare autorità di giudicato esterno (anche) in punto di giurisdizione, determinandone l'incontestabilità (cosiddetta efficacia panprocessuale) nei giudizi tra le stesse parti, che abbiano ad oggetto questioni identiche rispetto a quelle già esaminate e coperte dal giudicato (Cass. S.U., n. 26620/2007; Cass. S.U., n. 21065/2011). Il difetto di giurisdizione può essere fatto valere da qualsiasi parte, anche dall'attore che a tale giudice si sia rivolto erroneamente, salvo l'incidenza di questo sulla questione delle spese processuali (Cass. S.U., n. 9169/2006). Qualora una sentenza di primo grado, recante l'espressa affermazione della giurisdizione dell'adito giudice ordinario e la successiva declinatoria della sua competenza, sia stata impugnata con regolamento di competenza, da qualificarsi come facoltativo, la Corte di cassazione, non essendosi formato il giudicato sulla giurisdizione, giusta l'art. 43, comma 3, primo periodo, può rilevarne d'ufficio il difetto da parte di quel del giudice ai sensi dell'art. 37, attesi i concorrenti principi di pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto a quella di competenza, di economia processuale, di ragionevole durata del processo e l'attribuzione costituzionalmente riservata alla Suprema Corte di tutte le predette questioni, nonché il rilievo che la sua statuizione sulla sola questione di competenza risulterebbe inutiliter data se l'impugnazione riguardante la questione di giurisdizione ne sancisse la carenza per quel giudice (Cass. S.U., n. 29/2016). La translatio iudiciiIl codice di rito, nella sua originaria formulazione, faceva discendere distinte conseguenze dalle pronunce declinatorie della competenza e della giurisdizione ed altresì dalle sentenze rese dalla Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza e di giurisdizione. Nell'un caso, una volta dichiarata dal giudice la propria incompetenza, ovvero pronunciata dalla Corte di cassazione la sentenza di regolamento, la parte interessata poteva riassumere il giudizio ai sensi dell'art. 50. Nell'altro caso, quello delle pronunce declinatorie di giurisdizione ovvero delle sentenze delle Sezioni Unite dichiarative del difetto di giurisdizione, per essere dotato di giurisdizione un diverso giudice, il congegno della translatio iudici, secondo un'opinione per decenni accolta, non aveva modo di operare. Il processo, dunque, non poteva che ripartire da zero. In tale quadro, la S.C., radicalmente modificando il proprio precedente indirizzo, ha affermato che la translatio iudicii trova applicazione anche in caso di dichiarazione del difetto di giurisdizione ad opera delle Sezioni Unite o di altro giudice, così consentendosi al processo, iniziato erroneamente davanti ad un giudice privo di giurisdizione, di proseguire davanti al giudice effettivamente dotato di giurisdizione, così da pervenire ad una pronuncia di merito conclusiva della controversia, comunque iniziata, realizzando in modo più sollecito ed efficiente il servizio giustizia, costituzionalmente rilevante (Cass. S.U., n. 4109/2007). Sullo stesso tema si è poco dopo pronunciata, ma in senso diverso, anche la Corte costituzionale (Corte cost. n. 77/2007). Sulla scia della pronuncia della Corte costituzionale, dunque, l'art. 59 l. n. 69/2009, ha introdotto un congegno destinato ad operare — per i soli processi «nuovi» — ogni qual volta il giudice (qualunque giudice: civile, amministrativo, contabile, tributario o speciale) dichiari il proprio difetto di giurisdizione: la norma è collocata al di fuori del codice di rito, giacché disciplina la translatio iudicii non soltanto dal giudice ordinario ad altri giudici, bensì in tutte le combinazioni astrattamente prospettabili. La translatio iudicii non può aver luogo né in caso di difetto assoluto di giurisdizione, né qualora sia dotato di giurisdizione un giudice straniero. In caso di pronuncia declinatoria della giurisdizione, occorre poi precisare che il processo, tempestivamente riassunto innanzi al giudice indicato come munito di giurisdizione, non è nuovo ma costituisce, per effetto della translatio iudicii, la naturale prosecuzione dell'unico giudizio. Ne consegue che, in applicazione dell'art. 5, assume rilievo, ai fini della determinazione del giudice territorialmente competente, la legge vigente e lo stato di fatto esistente al momento della proposizione dell'originaria domanda, senza che rilevino i mutamenti successivi (Cass. n. 4484/2013). L'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 59 l. n. 69/2009, nell'affermare che la pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione «è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo», si pone sulla scia dell'opinione giurisprudenziale secondo cui le pronunce in tema di giurisdizione pronunciate dalla Corte di cassazione possiedono un'efficacia c.d. panprocessuale (Cass. S.U., n. 16779/2005; Cass. S.U. , n. 27899/2005; Cass. S.U., n. 27893/2005), provenendo dall'organo cui spetta di regolare la giurisdizione ai sensi dell'art. 65 r.d. n. 12/1941 (ord. giud.). Anche la decisione declinatoria della giurisdizione resa dal giudice ordinario è vincolante, ma in più circoscritta misura. Ciò è detto dal secondo comma della disposizione, primo periodo, ove si afferma che, riproposta la domanda dinanzi al giudice indicato come dotato di giurisdizione entro il termine perentorio ivi previsto di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria della giurisdizione, «le parti restano vincolate a tale indicazione». La pronuncia del giudice di merito, a differenza di quella delle Sezioni Unite, è dunque vincolante solo per le parti e nel processo in cui è stata pronunciata — e sempre che vi sia stata la tempestiva riassunzione —, ma non anche per il giudice, quantunque la causa sia stata dinanzi a lui tempestivamente riproposta. Il giudice ad quem non è soggetto al vincolo, e può dunque sollevare d'ufficio la questione davanti alle Sezioni Unite. Il comma 2 dell'art. 59 l. n. 69/2009 sembra disciplinare la sola translatio iudicii c.d. orizzontale (Gioia, 476; contra Ricci, 4). Sicché, seguendo le indicazioni fornite dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. S.U., n. 4109/2007), per la riassunzione davanti al giudice di merito a seguito della decisione delle Sezioni Unite troveranno applicazione rispettivamente gli artt. 367, comma 2, e 392 secondo si tratti di pronunce resa su regolamento di giurisdizione o in sede di impugnazione. Dal secondo periodo del secondo comma della norma emerge, anzitutto, che la riproposizione della domanda dinanzi al giudice dotato di giurisdizione va effettuata non con l'atto di riassunzione previsto dall'art. 125 disp. att., ma mediante un nuovo atto introduttivo redatto in conformità alla disciplina dettata per il giudizio dinanzi al giudice ad quem. La S.C. ha affermato che, in caso di pronuncia che declini la giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario, il giudizio prosegue ritualmente innanzi a quest'ultimo qualora il relativo atto processuale contenga la trascrizione integrale del ricorso originario, con il necessario adattamento del petitum alla diversa natura del processo civile, essendo la causa petendi riconoscibile nell'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto riportati nel ricorso originario attesa l'identità della res litigiosa (Cass. n. 8088/2021). Ed ancora, in tema processo tributario, per far salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda originariamente proposta innanzi al giudice privo di giurisdizione e riproposta innanzi al giudice tributario, alla translatio iudicii deve seguire la conversione dell'azione secondo i canoni propri del processo tributario, avente natura impugnatoria-demolitoria di provvedimento (espresso o tacito) entro un termine decadenziale, con conseguente individuazione del bene della vita richiesto dall'attore sostanziale originario nei suoi termini identificativi di petitum e di causa petendi, senza che tuttavia sia necessario il rispetto di requisiti formali o temporali del rito del giudice munito di giurisdizione (Cass. n. 6118/2021). La translatio, avuto riguardo all'esordio del comma 2 dell'art. 59 l. n. 69/2009 («entro tre mesi dal passaggio in giudicato», ossa entro un termine che non inizia a decorrere se non vi è stato il passaggio in giudicato), sembra presupporre il passaggio in giudicato della decisione declinatoria della giurisdizione Il comma 2 dell'art. 59 l. n. 69/2009, nel primo periodo, stabilisce che, riproposta tempestivamente la domanda, «nel successivo processo... sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall'instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute». Con tale formulazione, dunque, il legislatore ha voluto prestare ossequio all'invito della Corte costituzionale a fare applicazione del principio di conservazione degli effetti della domanda giudiziale, principio inteso, in conformità ad un orientamento dottrinale, quale produzione retroattiva degli effetti dell'introduzione del processo dinanzi al giudice ad quem. In mancanza di tempestiva riassunzione o prosecuzione del giudizio, ai sensi del comma 4 del citato art. 59 l. n. 69/2009, si ha l'estinzione del processo. CasisticaNel giudizio amministrativo, la proposizione in appello dell'eccezione di difetto di giurisdizione non sollevata in primo grado, né con la costituzione in sede di gravame tramite impugnazione incidentale, è preclusa, per il giudicato implicito formatosi sulla giurisdizione e senza che il giudice possa rilevarne d'ufficio l'eventuale carenza, ove tale proposizione sia avvenuta successivamente all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, attesi i principi del tempus regit actum e di non ultrattività delle disposizioni di legge dopo la loro abrogazione, implicita o esplicita, avendo quel codice lasciato ampio spazio temporale alle parti, nella volutamente estesa sua vacatio legis, per formulare quelle eccezioni e compiere quegli atti che, vigente la precedente legislazione, potevano ritenersi consentiti seppure alla stregua di interpretazioni giurisprudenziali non univoche (Cass. S.U., n. 19912/2016). In tema di tutela del credito da danno erariale, la spettanza al P.M. contabile dell'esercizio dell'azione revocatoria innanzi alla Corte di conti, ex art. 1, comma 174, l. n. 266/2005, non esclude la sussistenza della legittimazione dell'amministrazione danneggiata, come per qualsiasi altro creditore, ad esperire l'omologa azione davanti al giudice ordinario, ancorché sulla base della stessa situazione creditoria legittimante l'azione del P.M. contabile, ed i problemi di coordinamento nascenti da tale fenomeno di co-legittimazione all'esercizio di quell'azione a due soggetti diversi e davanti a distinte giurisdizioni vanno esaminati e risolti, da ciascuna delle giurisdizioni eventualmente investite, nell'ambito dei poteri interni ad ognuna di esse, non riguardando una questione di individuazione della giurisdizione stessa (Cass. S.U., n. 14792/2016). In tema di pubblico impiego contrattualizzato, qualora il lavoratore deduca un inadempimento dell'amministrazione espressione di un fenomeno unitario, la protrazione della fattispecie oltre il discrimine temporale del 30 giugno 1998 radica la giurisdizione presso il giudice ordinario anche per il periodo anteriore a tale data, dovendo essere egualmente unitario il giudizio sul danno conseguente. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario anche sulla domanda di risarcimento del danno per patologie manifestatasi prima del 30 giugno 1998, ma dipendenti da un'unica causa, individuata nella esposizione professionale a radiazione ionizzanti) (Cass. S.U., n. 11851/2016). La controversia relativa al diritto al riscatto degli anni del corso di laurea, ed al ricongiungimento di tale periodo ai fini del trattamento pensionistico, rientra nella giurisdizione esclusiva della Corte dei conti che ricomprende tutte le controversie funzionali e connesse al diritto alla pensione dei pubblici dipendenti (Cass. S.U., n. 11849/2016). L'espressione «motivi attinenti alla giurisdizione» ex art. 360, n. 1, richiamata dall'art. 374 per delineare un ambito di competenza delle Sezioni Unite, comprende l'ipotesi in cui il problema del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo sorga in funzione dell'accertamento della compromettibilità ad arbitri e, quindi, della validità del compromesso o della clausola compromissoria, nel qual caso è ammissibile la questione di giurisdizione sollevata col ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte d'appello sull'impugnazione per nullità del lodo (Cass. S.U., n. 1514/2016). Peraltro, il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in conseguenza di una clausola compromissoria per arbitrato estero, non è rilevabile d'ufficio, stante l'imprescindibile carattere volontario dell'arbitrato in forza del quale le parti, pur in presenza di una clausola compromissoria, possono sempre concordemente optare per una decisione da parte del giudice ordinario, anche tacitamente, mediante l'introduzione del giudizio in via ordinaria alla quale faccia riscontro la mancata proposizione dell'eccezione di compromesso, né, in caso di contumacia del convenuto, risulta applicabile l'art. 11 della l. n. 218 del 1995, che non contempla espressamente l'ipotesi in cui alla base del difetto di giurisdizione vi sia una convenzione di arbitrato estero (Cass. S.U. n. 17244/2022). Presupposto del processo di esecuzione civile è l'esistenza di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile, senza che possano venire in rilievo profili cognitori di accertamento dell'obbligazione, sicché, in punto di giurisdizione, non può individuarsi altro giudice competente sulla materia; l'intimato al rilascio non può eccepire, quindi, con l'opposizione al precetto, il difetto della giurisdizione ordinaria connesso alla legittimazione e affrancazione del terreno, che egli assuma gravato da usi civici (Cass. S.U., n. 65/2016). Nel caso in cui avverso una sentenza (di primo grado) - con la quale il giudice ordinario adito abbia esaminato e deciso sia una questione di giurisdizione, dichiarando espressamente la giurisdizione del giudice ordinario, sia una questione di competenza, declinando la propria competenza ed indicando il diverso giudice ritenuto competente - sia stato proposto regolamento di competenza, da qualificarsi come «facoltativo», la Corte di cassazione, non essendosi formato il giudicato sulla giurisdizione secondo il disposto di cui all'art. 43, comma 3, primo periodo, può rilevare d'ufficio il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito ai sensi dell'art. 37, in forza dei concorrenti principi di pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto alla questione di competenza, di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di attribuzione costituzionalmente riservata alla Corte di cassazione di tutte le questioni di giurisdizione e di competenza, nonchè del rilievo che la statuizione sulla sola questione di competenza potrebbe risultare inutiliter data a seguito di un esito del processo d'impugnazione sulla questione di giurisdizione nel senso del difetto di giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U., n. 29/2016). Nel giudizio elettorale regolato dall'art. 22 d.lgs. n. 150/2011 il pubblico ministero è parte necessaria, sicché, ove il regolamento preventivo di giurisdizione non risulti ad esso notificato, va disposta l'integrazione del contraddittorio, a meno che, in applicazione del principio della "ragione più liquida", il ricorso non risulti, in evidenza, inammissibile, traducendosi, in tal caso, in una attività processuale del tutto ininfluente sull'esito del giudizio e lesiva del principio della ragionevole durata del processo (Cass. S.U., n. 23542/2015). È inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione che si fondi sull'asserito eccesso di potere giurisdizionale del giudice di primo grado per aver questi adottato un provvedimento d'urgenza exart. 700 (nella specie, a tutela del ricorrente nelle more di un giudizio di costituzionalità contestualmente sollevato), assumendo che, nella specifica materia, la tutela cautelare sia preclusa ex lege, e, inoltre, per non aver applicato la norma della cui legittimità dubitava, trattandosi di questioni non identificabili come di giurisdizione ai sensi degli artt. 37 e 41, che la Corte di cassazione, a sezioni unite, possa essere chiamata a risolvere. (Nella specie, impugnato e sospeso dal giudice il d.P.C.M. con cui era stata disposta la sospensione dalla carica del presidente della regione Campania ex art. 22 d.lgs. n. 150/2011, la S.C, nell'affermare l'enunciato principio di diritto, ha peraltro osservato che, eventualmente, un conflitto di attribuzioni avrebbe potuto essere sollevato dal Governo in quanto autore del contestato d.P.C.M.) (Cass. S.U., n. 23542/2015). La parte risultata vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado, al fine di evitare la preclusione della questione di giurisdizione risolta in senso a essa sfavorevole, è tenuta a proporre appello incidentale, non essendo sufficiente a impedire la formazione del giudicato sul punto la mera riproposizione della questione, ai sensi dell'art. 346, in sede di costituzione in appello, stante l'inapplicabilità del principio di rilevabilità d'ufficio nel caso di espressa decisione sulla giurisdizione e la non applicabilità dell'art. 346 (riferibile, invece, a domande o eccezioni autonome sulle quali non vi sia stata decisione o non autonome e interne al capo di domande deciso) a domande o eccezioni autonome espressamente e motivatamente respinte, rispetto alle quali rileva la previsione dell'art. 329 c.p.c., comma 2, per cui in assenza di puntuale impugnazione opera su di esse la presunzione di acquiescenza (Cass. n. 21926/2015). Le sentenze dei giudici ordinari di merito, o dei giudici amministrativi, che statuiscano sulla sola giurisdizione - diversamente da quelle delle sezioni unite della Suprema Corte, alla quale, per la funzione istituzionale di organo regolatore della giurisdizione, spetta il potere di adottare decisioni dotate di efficacia esterna -, non sono idonee ad acquistare autorità di cosa giudicata in senso sostanziale ed a spiegare, perciò, effetti al di fuori del processo nel quale siano state rese, salvo che la decisione, sia pur implicita, sulla giurisdizione si rapporti con una statuizione di merito (Cass. S.U., n. 15208/2015). Il giudice di primo grado, cui il giudice d'appello abbia rimesso la causa ai sensi dell'art. 353 per averne riformato la declinatoria di giurisdizione, non può proporre regolamento di giurisdizione d'ufficio, essendo tenuto a statuire sulla domanda (Cass. S.U., n. 3025/2015). L'interpretazione dell'art. 37, secondo cui il difetto di giurisdizione è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo («asse portante della nuova lettura della norma»), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell'affievolirsi dell'idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All'esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l'ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 38 (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l'affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad esempio, per manifesta infondatezza della pretesa) e abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito (Cass. n. 1675/2015). La giustiziabilità della pretesa dinanzi agli organi della giurisdizione statale costituisce una questione di merito e non di giurisdizione, sicché è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale un'associazione sportiva calcistica impugni la sentenza del Consiglio di Stato che ha dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione (ritenendo la questione rimessa agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo) rispetto alla domanda, proposta dall'associazione stessa, di annullamento del provvedimento con il quale con la commissione disciplinare della Federazione Italiana Gioco Calcio abbia disposto la penalizzazione del punteggio conseguito nel corso del campionato (Cass. S.U., n. 647/2015). Il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicché non può validamente prospettarsi l'insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all'esito del giudizio di secondo grado, perché tale questione non dipende dall'esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal petitum sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice (Cass. S.U., n. 10265/2018, che ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione nei confronti di una pronuncia del giudice contabile, ove la parte ricorrente aveva allegato che la questione sulla giurisdizione era insorta solo con la sentenza di secondo grado, ritenuta viziata da eccesso di potere giurisdizionale). Le sentenze di merito che statuiscono sulla giurisdizione sono suscettibili di acquistare autorità di giudicato esterno, sì da spiegare i propri effetti anche al di fuori del processo nel quale siano state rese, solo in quanto in esse la pronuncia sulla giurisdizione, sia pure implicita, si coniughi con una di merito, fermo restando che tale efficacia presuppone il passaggio in giudicato formale delle sentenze stesse ed è limitata a quei processi che abbiano per oggetto cause identiche, non solo soggettivamente ma anche oggettivamente, a quelle in cui si è formato il giudicato esterno (anche sulla giurisdizione), il quale costituisce oggetto di eccezione in senso proprio (Cass. S.U., n. 4997/2018, che ha escluso che la sentenza del T.A.R., con la quale era stato dichiarato inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso proposto dal privato avverso provvedimento comunale di autorizzazione al compimento di opere carrabili, avesse determinato un giudicato esterno implicito sulla giurisdizione, non risultandone l'avvenuto passaggio in giudicato, difettando una statuizione di merito e non essendovi identità delle cause). La decisione sulla competenza presuppone l'affermazione, quantomeno implicita, da parte del giudice investito della causa, della propria giurisdizione, sicché, attribuita la competenza, in sede di regolamento, ad un giudice, quest'ultimo non può successivamente declinare la sua giurisdizione. (Cass. S.U., n. 4361/2018, che ha riformato la decisione della corte territoriale, di conferma della declinatoria di giurisdizione adottata dal tribunale in favore del g.a., sulla base di una differente e successiva - rispetto alla decisione sul regolamento di competenza - qualificazione della domanda, e ha, quindi, rimesso la causa allo stesso tribunale, in diversa composizione). Il regolamento preventivo di giurisdizione è ammissibile anche in un giudizio che si svolga tra privati, in quanto la mera qualità soggettiva delle parti non è più criterio discriminante assoluto al fine di stabilire se il ricorso per regolamento preventivo sia ammissibile, dovendosi esaminare, al fine di verificare se il ricorso sia proponibile, se il petitum e la causa petendi, così come prospettate in giudizio possano, effettivamente ed in concreto, porre il dubbio sulla giurisdizione (Cass. S.U., n. 4235/2018). Allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione, la parte che intende contestare tale riconoscimento è tenuta a proporre appello sul punto, eventualmente in via incidentale condizionata, trattandosi di parte vittoriosa; diversamente, l'esame della relativa questione è preclusa in sede di legittimità, essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione (Cass. n. 2605/2018). Il giudicato interno sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte in cui il giudice ha pronunciato nel merito, affermando così implicitamente la propria giurisdizione, e dunque con esclusione per le sole statuizioni che non la implicano, come nel caso in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o quando, dalla motivazione della sentenza, risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum (Cass. S.U., n. 28503/2017, che ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso decisione di appello della corte dei conti, proposto per motivo di giurisdizione, sul rilievo che nel giudizio di appello non era stata impugnata la decisione resa sul punto dal giudice di primo grado, con conseguente formazione del giudicato implicito, preclusivo dell'eventuale rilievo del difetto di giurisdizione anche in sede di legittimità). La S.C. conferma l'orientamento, inaugurato dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 24883/2008, per il quale l'interpretazione dell'art. 37, secondo cui il difetto di giurisdizione «è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo», deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo («asse portante della nuova lettura della norma»), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell'affievolirsi dell'idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. Invero, all'esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l'ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 38 (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l'affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito. Deriva da tale impostazione, evidenzia la Suprema Corte nella decisione citata, che se il giudice di primo grado si è pronunciato sul merito, decidendo così implicitamente sulla questione di giurisdizione, ove la parte non appelli la sentenza sul capo concernente detta questione, si forma giudicato implicito, con conseguente inammissibilità sia del motivo di ricorso per cassazione fondato sulla medesima questione di giurisdizione che del rilievo d'ufficio da parte della Corte dell'eventuale difetto di giurisdizione (Giordano, La portata del giudicato implicito sulla giurisdizione, in Ilprocessocivile.it, 15 febbraio 2018). Salvo deroghe normative espresse, vige nell'ordinamento processuale il principio generale dell'inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione, potendosi risolvere i problemi di coordinamento posti dalla concomitante operatività della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa su rapporti diversi, ma interdipendenti, secondo le regole della sospensione del procedimento pregiudicato (Cass. S.U., n. 26150/2017). Il motivo di ricorso per cassazione con il quale venga denunciato, per la prima volta, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, è inammissibile qualora sul punto si sia formato il giudicato esplicito o implicito, ricorrendo quest'ultimo tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito (escluse le sole decisioni che non implichino l'affermazione della giurisdizione) e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la sentenza sotto tale profilo (Cass. n. 19498/2017). Ai fini dell'individuazione di quale sia il giudice munito di giurisdizione in relazione alle controversie concernenti il diritto all'inserimento in una graduatoria ad esaurimento (già permanente), occorre avere riguardo al petitum sostanziale dedotto in giudizio. Se oggetto di tale domanda è la richiesta di annullamento dell'atto amministrativo generale o normativo, e solo quale effetto della rimozione di tale atto – di per sé preclusivo del soddisfacimento della pretesa del docente all'inserimento in una graduatoria – l'accertamento del diritto del ricorrente all'inserimento in quella graduatoria, la giurisdizione non potrà che essere devoluta al giudice amministrativo, essendo proposta in via diretta una domanda di annullamento di un atto amministrativo. Se, viceversa, la domanda rivolta al giudice è specificamente diretta all'accertamento del diritto del singolo docente all'inserimento nella graduatoria, ritenendo che tale diritto scaturisca direttamente dalla normazione primaria, eventualmente previa disapplicazione dell'atto amministrativo che detto inserimento potrebbe precludere, la giurisdizione va attribuita al giudice ordinario (Cass. S.U., n. 25837/2016). È devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario - siccome avente ad oggetto diritti soggettivi - la controversia instaurata da un privato che, contestando la natura demaniale di un'area da lui occupata, impugni l'ordinanza con la quale gli sia stato ingiunto di porre termine all'occupazione stessa, in quanto in tale ipotesi la parte chiede una pronuncia sulla proprietà, pubblica o privata, di quel suolo, e la domanda proposta ha ad oggetto non già l'annullamento del provvedimento amministrativo, bensì la contestazione dell'esistenza del potere amministrativo esercitato (Cass. S.U., n. 22575/2019). In tema di trasporto aereo internazionale, la giurisdizione in ordine alla domanda di risarcimento dei danni, proposta da due passeggeri (nella specie, cittadini italiani) nei confronti di una compagnia aerea extraeuropea, a causa di disservizi conseguenti all'acquisto di titoli di viaggio avvenuto interamente on line, può radicarsi nel domicilio degli acquirenti - quale luogo nel quale gli stessi siano venuti a conoscenza dell'accettazione della proposta formulata con l'invio telematico dell'ordine e del pagamento del corrispettivo - così dovendosi interpretare il criterio di collegamento, individuato dall'art. 33, comma 1, della Convenzione di Montreal del 1999 (ratificata e resa esecutiva in Italia con l. n. 12/2004), del luogo ove è sito lo stabilimento del vettore che cura la conclusione del contratto, trattandosi di criterio concorrente con quelli del domicilio del vettore e del luogo di destinazione del viaggio (Cass. S.U., n. 18257/2019). Avuto riguardo al rilievo che nel quadro della struttura pluralista della Costituzione, orientata all'apertura dell'ordinamento dello Stato ad altri ordinamenti, assume, alla luce delle pronunce della Corte cost.n. 49/2011 e Corte cost. . 160/2019, il sistema dell'organizzazione sportiva, il quale trova protezione nelle previsioni costituzionali che riconoscono e garantiscono i diritti inviolabili dell'individuo, come singolo e nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, nonché nel diritto di associarsi liberamente per fini non vietati ai singoli dalla legge penale (art. 18 Cost.), deve ritenersi che le regole dell'ordinamento sportivo, disciplinanti l'osservanza e l'applicazione di norme regolamentari, organizzative e statutarie dirette a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive (ccdd. "regole tecniche"), nonché i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione delle relative sanzioni, costituiscono espressione dell'autonomia interna delle Federazioni e restano irrilevanti per l'ordinamento giuridico dello Stato, con il limite del rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona; pertanto, ogniqualvolta dalla violazione delle suddette regole si originino controversie tecniche, riguardanti cioè il corretto svolgimento della prestazione agonistica e la regolarità della competizione, ovvero controversie disciplinari, concernenti l'irrogazione di provvedimenti di carattere punitivo, sussiste il difetto assoluto di tutela giurisdizionale statale e le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati - quali soggetti dell'ordinamento sportivo - sono tenuti, secondo le previsioni e i regolamenti del Coni e delle singole Federazioni, ad adire gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo (Cass. S.U., n. 12149/2021). BibliografiaBove, Giurisdizione e competenza nella recente riforma del processo civile (legge 18 giugno 2009 n. 69), in Riv. dir. proc. 2009, 1295; Corsini, Il difetto di giurisdizione italiana: modi e tempi di proposizione dell'eccezione dopo la legge n. 218/1995, in Giur. it. 1999, 295; Gioia, Decisione delle questioni di giurisdizione, in Consolo e De Cristofaro (a cura di), La riforma del 2009, Milano, 2009; Merlin, Su alcune ricorrenti questioni in tema di procedimento monitorio, continenza e azione in prevenzione del debitore, in Giur. it. 1989, I, 2; Ricci, La riforma del processo civile, Torino, 2009; Ronco, I mutamenti nel sistema della competenza, in Giur. it. 2009, 1570; Sorace, Litispendenza (diritto processuale civile), in Enc. dir., XXIV, Milano 1974, 840; Tarzia, Lineamenti del processo civile di cognizione, Milano, 2009. |