Codice di Procedura Civile art. 57 - Attività del cancelliere.

Mauro Di Marzio

Attività del cancelliere.

[I]. Il cancelliere documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attività proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti.

[II]. Egli assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato processo verbale [126, 130; 44, 46 att.].

[III]. Quando il giudice provvede per iscritto, salvo che la legge disponga altrimenti, il cancelliere stende la scrittura e vi appone la sua sottoscrizione dopo quella del giudice.

Inquadramento

Le attività del cancelliere sono elencate dagli articoli 57 e 58 c.p.c., all’interno del capo dedicato, oltre che al cancelliere, all’ufficiale giudiziario. Altre norme sono contenute nelle disposizioni di attuazione al c.p.c., agli art. 28 ss.. In forza delle disposizioni previste nel codice di rito, il cancelliere svolge un’attività di documentazione delle attività proprie, di quelle del giudice di quelle svolte dalle parti; assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato processo verbale; «stende la scrittura» dei provvedimenti del giudice e vi appone la sottoscrizione; provvede al rilascio di copie ed estratti autentici dei documenti prodotti, all’iscrizione delle cause a ruolo, alla formazione del fascicolo d’ufficio e alla conservazione di quelli delle parti, alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte dalla legge o dal giudice, nonché alle altre incombenze previste.

Si tratta di attività eterogenee, di complessivo supporto — intendendo l’espressione nel senso più lato — allo svolgimento dell’attività giudiziaria, nelle quali non è agevole individuare uno specifico tratto caratterizzante, il che ha dato luogo al fiorire di opinioni diverse in ordine alla natura delle attività di cancelleria.

Natura dell’attività del cancelliere

Pare ormai abbandonata (Segrè, 664; Punzi, 281) l'opinione che ravvisava nella figura del cancelliere un «ausiliare del giudice». E ciò per due ragioni:

-) l'una correlata alla sistematica del codice di rito, dal momento che la disciplina del cancelliere non è trattata nel capo riservato agli ausiliari del giudice, primo tra tutti gli il consulente tecnico, ai sensi degli articoli 61 ss. c.p.c.; si tratta, però, di un argomento non persuasivo se considerato isolatamente, tanto più che gli articoli delle disposizioni di attuazione attinenti al cancelliere sono contenute in un capo inserito nel titolo riguardante gli esperti e gli ausiliari del giudice;

-) l'altra, invece certamente dirimente, concernente la previsione di attribuzioni proprie del cancelliere, che non si pongono in una posizione ancillare rispetto all'attività del giudice.

Per il resto la dottrina si divide tra chi considera il cancelliere un organo amministrativo e chi lo considera un organo giurisdizionale.

Per un verso si segnala che le attività del cancelliere sono prevalentemente costituite da formazione di atti autentici e certificazioni (art. 57, comma 1; artt. 58 e 130; art. 133, comma 2; artt. 475 e 744; artt. 28-32 disp. att. c.p.c.art. 44 disp. att. stesso codice), dalle comunicazioni previste negli artt. 58 e 136, dal ricevimento in deposito degli atti e documenti di parte, exartt. 58 e artt. 72 disp. att. ss. stesso codice, dal compimento di residue attività come l'assistenza al giudice indicato nell'art. 57, comma 2, la conservazione dei fascicoli di parte, la tenuta dei registri elencati agli artt. 28 disp. att. ss., oltre ad altre attività materiali (Segrè, in Comm.  Allorio, 1973, 664).

Per altro verso viene evidenziato che il cancelliere svolge una funzione necessaria nel funzionamento complessivo dell'ufficio giudiziario, che si esplica attraverso le attività del giudice, per l'appunto nel cancelliere e nell'ufficiale giudiziario, sicché «nessuno di essi può esistere separatamente in modo indipendente e, per converso, non esiste nessun organo senza quel raggruppamento» (Redenti, 150).

Secondo altri, il tentativo di sussumere le attività del cancelliere, alternativamente, nell'ambito dell'amministrazione ovvero della giurisdizione è destinato, per l'eterogeneità di detta attività, a rimanere frustrato, il che rende preferibile distinguere tra le diverse incombenze gravanti sul cancelliere, alcune delle quali possiedono carattere sicuramente giurisdizionale, mentre altre attengono all'organizzazione e alla gestione dell'ufficio giudiziario nonché alla preparazione dell'attività del giudice e delle parti (Levoni, 204).

Hanno carattere senz'altro giurisdizionale, ad esempio, i compiti affidati al cancelliere al momento della iscrizione a ruolo della causa (art. 168) e della costituzione in giudizio delle parti (art. 165-166 c.p.c.), che si perfeziona prima ancora che la causa giunga dinanzi al giudice ed indipendentemente da un suo fisiologico intervento (Levoni, 206).

Da ciò discende tra l'altro la regola secondo cui le parti non possono indirizzare gli atti direttamente per posta al giudice «saltando» la fase del deposito in cancelleria (Cass. n. 1262/1999; Cass. n. 2450/1999; Cass. n. 1813/2003; Cass. n. 5667/2003).

Vengono per lo più inquadrate nell'ambito dell'esercizio della giurisdizione anche le attività di documentazione e di assistenza: e la ragione è intuitiva, dal momento che si tratta di attività di diretto supporto a quella del giudice.

Quanto alle attività di documentazione la SC ha in proposito espressamente affermato che l'art. 57 c.p.c. attribuisce ai cancellieri funzioni giurisdizionali di documentazione in relazione alle attività proprie degli organi giudiziari e delle parti. Pertanto gli atti redatti dai cancellieri, o formati con il loro concorso, nell'ambito delle funzioni attribuite e con l'osservanza delle formalità prescritte dalla legge, costituiscono atti pubblici (nella specie, si trattava del verbale e del registro di udienza e del frontespizio del fascicolo d'ufficio) (Cass. n. 2349/1988).

Eguali conclusioni sono state raggiunte nel caso dell'ordinanza, la quale configura un atto pubblico, tanto che sia pronunziata in udienza, quanto se emessa fuori udienza, munita della data e della sottoscrizione del giudice, sempre che il deposito del provvedimento sia documentato ai sensi dell'art. 57 c.p.c., atteso che questa disposizione attribuisce ai cancellieri funzioni giurisdizionali di documentazione in relazione alle attività proprie degli organi giudiziari e delle parti (Cass. S.U. 27689/2005, resa in caso di soppressione da parte del giudice di un'ordinanza, sostituita con altro provvedimento di opposto tenore, resa fuori udienza e non ancora formalmente comunicata alle parti, ma già depositata, iscritta al registro cronologico e riportata nel frontespizio del fascicolo d'ufficio).

Parimenti, partecipa dell'esercizio della funzione giurisdizionale l'attività di assistenza del cancelliere, giacché egli concorre con il giudice alla formazione degli atti per i quali occorre redigere processo verbale ed autentica con la propria sottoscrizione i provvedimenti che il giudice ha emesso per iscritto. In tale contesto, ai sensi dell'art. 130 c.p.c., si inserisce la redazione e sottoscrizione da parte del cancelliere del verbale d'udienza sotto la direzione del giudice, che pure sottoscrive. Compete al cancelliere, al riguardo, la scritturazione dell'originale dei provvedimenti del giudice, la certificazione del deposito in calce all'originale della sentenza (art. 133, comma 2, c.p.c.), l'attestazione del ritiro e deposito del fascicolo (art. 77 disp. att. c.p.c.), la certificazione del passaggio in giudicato della sentenza (art. 124 disp. att. c.p.c.). L'art. 44 disp. att. c.p.c. pone poi a carico del cancelliere la redazione di processo verbale di tutti gli atti compiuti con l'intervento di terzi interessati. In tal caso nel processo verbale devono risultare le attività compiute dal cancelliere nonché quelle delle persone intervenute all'atto con le relative dichiarazioni.

Attività giurisdizionali

Il cancelliere, come si accennava, svolge attività di natura giurisdizionale quali sono quelle di documentazione e di assistenza, previste dalla norma in esame.

Quanto all'attività di documentazione, merita rammentare che, secondo l'opinione giurisprudenziale prevalente, gli atti redatti dal cancelliere sono dotati di fede privilegiata. Così, ad esempio, nel rito del lavoro deve attribuirsi fede privilegiata, fino a querela di falso, al verbale di udienza redatto dal cancelliere, anche con riferimento alla parte contenente l'indicazione dell'avvenuta lettura del dispositivo in udienza; ne consegue che, ove sia mancata la proposizione della querela di falso, è irrilevante la mera deduzione in ricorso che la lettura del dispositivo in udienza in realtà non sia avvenuta (Cass. n. 26105/2014). Ancora, ai sensi dell'art. 46, comma 2, disp. att.,  le aggiunte, le soppressioni o modificazioni di atti giudiziari debbono essere fatte in calce all'atto, con nota di richiamo, senza cancellare la parte soppressa o modificata. Tale disciplina, volta a consentire un'esatta percezione della correzione e l'individuazione dell'autore della stessa, nonché, se necessario, la ricostruzione del contenuto originale dell'atto, trova applicazione anche in riferimento alla data di deposito degli atti di parte, la cui attestazione da parte del cancelliere, mediante l'apposizione del relativo timbro, fa piena prova, fino a querela di falso, dell'avvenuta ricezione dell'atto nella data indicata, ai fini e per gli effetti che la legge ricollega al deposito. La produzione di tali effetti non è tuttavia impedita dall'inosservanza della disposizione in esame, dalla quale derivi l'illeggibilità della data o la possibilità di darne letture differenti, in quanto ciò non fa venire meno l'effetto sostanziale dell'attività documentata, ma solo la possibilità di attribuire efficacia di atto pubblico alla parte così corretta, non potendosi ritenere munita di fede privilegiata un'attestazione di per sé inidonea a svolgere la funzione di accertamento cui è destinata. In tal caso, spetta pertanto al giudice di merito valutare liberamente l'atto e scegliere tra le possibili letture della parte corretta quella ritenuta maggiormente attendibile, avvalendosi dei dati obiettivi emergenti da altri documenti, certificazioni o attestazioni, da richiedere anche d'ufficio e fornendo un'adeguata motivazione al riguardo (Cass. n. 8537/2011).

Per particolare incombenze gravanti sul cancelliere v. sub artt. 130, 133, comma 2. 

Con riguardo all'attività di assistenza, è fermo il principio secondo cui la mancata assistenza del cancelliere nella formazione del processo verbale di udienza o l'omessa sottoscrizione del detto verbale da parte del cancelliere stesso non comportano l'inesistenza o la nullità dell'atto, in quanto la funzione del cancelliere ha soltanto natura integrativa di quella del giudice e le predette mancanze non incidono sull'idoneità dell'atto al concreto raggiungimento degli scopi cui è destinato (Cass. n. 9389/2007). Eguale discorso vale per la mancata partecipazione del cancelliere alle udienze.

Efficacia probatoria degli atti del cancelliere

Il cancelliere rientra tra i pubblici ufficiali autorizzati ad attribuire pubblica fede agli atti che egli redige, ai sensi dell’art. 2699 c.c., atti che, conseguentemente, posseggono efficacia fidefacente ai sensi del successivo art. 2700 c.c.

Secondo la giurisprudenza prevalente, l’efficacia probatoria di atto pubblico degli atti del cancelliere, per tutto quanto attiene a ciò che egli attesta essere avvenuto in sua presenza o da lui compiuto, può essere vinta soltanto mediante l’esperimento della querela di falso, disciplinata dagli artt. 221 ss. Non può tuttavia mancare di rammentarsi che alcune altre decisioni pongono invece l’accento sul rilievo che la proposizione della querela di falso è prevista in ipotesi di produzione documentale proveniente dalla parte, il che renderebbe inapplicabile il rimedio della querela agli atti del cancelliere, tanto in via principale quanto in corso di causa, sicché a fronte della emersione della falsità di un atto del cancelliere il giudice — sussistendone i presupposti di cui all'art. 331 c.p.p. — dovrebbe fare rapporto al pubblico ministero, sì da innescare il procedimento penale per falso, ovvero, in mancanza del rapporto, il fatto dovrebbe essere denunciato al pubblico ministero direttamente dagli interessati.

Secondo un orientamento, infatti, l’efficacia fidefacente degli atti del cancelliere va contrastata con la querela di falso civile. L'attestazione con la quale il cancelliere, ai sensi del secondo comma dell'art. 133, dà atto del deposito della sentenza, costituisce atto pubblico la cui efficacia probatoria, ex art. 2700 c.c., può essere posta nel nulla solo con la proposizione della querela di falso. Pertanto, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, la sentenza deve ritenersi depositata nella data attestata, sia pure erroneamente, dal cancelliere, fino a che non sia attivata, con esito positivo, la suddetta procedura di falso (Cass. n. 9622/2009; Cass. n. 17290/2009). Si è aggiunto che quando vi è coincidenza tra la composizione del collegio giudicante, risultante dal verbale dell'udienza di discussione della causa, redatto dal cancelliere, e quella indicata nell'intestazione della sentenza, sottoscritta dal presidente del collegio e dall'estensore, le risultanze di detti atti, che ex art. 2700 c.c. fanno fede, quanto alla composizione del collegio giudicante, fino a querela di falso, possono essere superate unicamente con il positivo esperimento della querela di falso medesima (Cass. n. 10282/2010).

Altre volte è stato detto che la falsificazione degli atti del cancelliere va denunciata al pubblico ministero, non essendo ammissibile la querela di falso civile In ipotesi di non rispondenza al vero di verbali di udienza redatti nel processo, per falsità materiale o ideologica, il giudice civile ha il potere-dovere di farne rapporto al procuratore della Repubblica, ai sensi dell'art. 3 c.p.p., e qualora egli ometta tale rapporto, le parti hanno facoltà di denunciare il fatto all'autorità giudiziaria competente, ma è improponibile, contro quei verbali, la querela di falso civile, perché, mentre tale querela presuppone che il documento impugnato sia prodotto dalla parte e che questa possa disporre della sua utilizzazione, invece i verbali di udienza, destinati a documentare le attività svolte dall'ufficio giudiziario e dalle parti nel processo, non possono essere da questo eliminati, né in tutto ne' in parte, a discrezione di uno dei contendenti, nessuno dei quali ha, su di essi, un qualsiasi potere dispositivo (Cass. n. 153/1990).

È stato inoltre affermato che in ipotesi di non rispondenza al vero dei verbali redatti nel processo, per falsità materiale o ideologica, il giudice civile ha il potere - dovere di farne rapporto al procuratore della Repubblica e, qualora egli ometta tale adempimento, le parti hanno facoltà di farne denuncia, ma non è proponibile contro tali atti la querela di falso civile, la cui esperibilità postula che il documento impugnato sia prodotto dalla parte e che questa possa disporre della sua utilizzazione, laddove i verbali del processo, destinati a documentare le attività in esso svolte, non possono essere dal processo eliminati, né in tutto né in parte, a discrezione delle parti, nessuna delle quali ha su di essi qualsiasi potere dispositivo (Cass. n. 395/1999)

Sebbene non risulti che il contrasto in questione sia stato mai sottoposto all'esame delle Sezioni Unite, sembra corretto ritenere che l’indirizzo meno recente, il quale esclude l’esperimento della querela di falso, sia stato stabilmente abbandonato: è difatti ormai poco meno di un ventennio che esso non viene riproposto, essendo peraltro indubbiamente preferibile l’orientamento successivo, sia perché il rapporto-denuncia in sede penale è volto ad uno scopo, quello di azionare l’istanza punitiva dello Stato, diverso dallo scopo della querela di falso civile, diretta a privare l’atto pubblico dell’efficacia probatoria sua propria, sia perché la disciplina dettata dagli artt. 221 ss. c.p.c. ben può essere applicata agli atti del cancelliere, sia pure con gli opportuni adattamenti, trattandosi di querela rivolta contro un atto non prodotto dalle parti.

Una volta stabilito che l’efficacia probatoria degli atti del cancelliere può essere attaccata mediante la querela di falso civile, occorre parimenti concludere che, in mancanza di essa, l’efficacia fidefacente di detti atti non può — salvo eccezioni — essere contestata. Così, ad esempio, se dal verbale di udienza redatto dal cancelliere, nel rito del lavoro, risulta la lettura in udienza del dispositivo, le parti interessate non possono dimostrare altrimenti che, in effetti, la lettura non vi è stata (da ult. Cass. n. 26105/2014). Ed ancora, la certificazione, sottoscritta dal cancelliere, a norma dell'art. 74, ultimo comma, disp. att., in calce all'indice dei documenti inseriti nel fascicolo di parte, fa fede fino a querela di falso, a nulla rilevando altri accertamenti in fatto attestanti circostanze contrastanti con detta certificazione, quali, nella specie, la posteriorità della data apposta al medesimo documento (Cass. n. 8217/2006).

In taluni casi, tuttavia, la querela di falso non occorre.

In particolare, la SC ha chiarito che, ai sensi dell'art. 46, comma 2, disp. att., le aggiunte, le soppressioni o modificazioni di atti giudiziari debbono essere fatte in calce all'atto, con nota di richiamo, senza cancellare la parte soppressa o modificata. Tale disciplina, volta a consentire un'esatta percezione della correzione e l'individuazione dell'autore della stessa, nonché, se necessario, la ricostruzione del contenuto originale dell' atto, trova applicazione anche in riferimento alla data di deposito degli atti di parte, la cui attestazione da parte del cancelliere, mediante l'apposizione del relativo timbro, fa piena prova, fino a querela di falso, dell'avvenuta ricezione dell' atto nella data indicata, ai fini e per gli effetti che la legge ricollega al deposito. La produzione di tali effetti non è tuttavia impedita dall'inosservanza della disposizione in esame, dalla quale derivi l'illeggibilità della data o la possibilità di darne letture differenti, in quanto ciò non fa venire meno l'effetto sostanziale dell'attività documentata, ma solo la possibilità di attribuire efficacia di atto pubblico alla parte così corretta, non potendosi ritenere munita di fede privilegiata un'attestazione di per sé inidonea a svolgere la funzione di accertamento cui è destinata. In tal caso, spetta pertanto al giudice di merito valutare liberamente l'atto e scegliere tra le possibili letture della parte corretta quella ritenuta maggiormente attendibile, avvalendosi dei dati obiettivi emergenti da altri documenti, certificazioni o attestazioni, da richiedere anche d'ufficio e fornendo un'adeguata motivazione al riguardo (Cass. n.  8537/2011). È stato anche detto che il riscontro di un eventuale errore materiale del cancelliere, in ordine alla certificazione della data di deposito di un documento di parte (nella specie, lista dei testimoni), non richiede la proposizione di querela di falso, ma deve essere direttamente effettuato dal giudice investito della decisione della causa, il quale può a tal fine avvalersi, oltre che di obiettivi dati emergenti da altri atti o documenti, anche di dichiarazioni od attestazioni di rettifica provenienti dallo stesso personale di cancelleria (Cass. n.  621/1983).

Il deposito degli atti

Fondamentale importanza, tra le attività del cancelliere, aveva la ricezione del deposito degli atti di parte e dei documenti (questi ultimi suscettibili, oltre che di deposito in cancelleria, di produzione in udienza, a mente dell'art. 87 disp. att.), al quale si riferiscono gli artt. 57-58 e 74 disp. att. Tutta la materia, a seguito del c.d. Correttivo alla c.d. Riforma Cartabia (d.lgs. n. 164/2024), è stata ridefinita , con la soppressione di una pluralità di ipotesi normative che contemplavano il deposito «in cancelleria», deposito che oggi ha luogo direttamente per via telematica. Nondimeno è tuttora utile rammentare i termini dell'assetto precedente.

In particolare, il cancelliere «dopo aver controllato la regolarità anche fiscale degli atti e dei documenti, sottoscrive l'indice del fascicolo ogni volta che viene inserito in esso un atto o un documento» (art. 74, u.c., disp. att.). Una volta depositati, gli atti e documenti devono essere inseriti nel fascicolo di ufficio e devono rimanere custoditi presso la cancelleria e non possono essere restituiti alle parti, che hanno facoltà di richiederne al cancelliere copie o estratti autentici (ex artt. 58 e 743 ss.). Il deposito e la custodia dell'atto hanno lo scopo di garantirne la conservazione e di impedirne qualsiasi alterazione successiva al deposito (Cass. n.  2919/2000).

Discende dalla disciplina concernente il deposito in cancelleria che la produzione avvenuta in violazione della pertinente normativa si ha per non effettuata, salvo che la controparte non abbia accettato il deposito.

Ai sensi degli artt. 74 e 87 disp. att., gli atti e i documenti prodotti prima della costituzione in giudizio devono essere elencati nell'indice del fascicolo e sottoscritti dal cancelliere, mentre quelli prodotti dopo la costituzione vanno depositati in cancelleria con la comunicazione del loro elenco alle altre parti (oppure, se esibiti in udienza, devono essere elencati nel relativo verbale, sottoscritto, del pari, dal cancelliere). Deriva da quanto precede, pertanto che la inosservanza di tali adempimenti, rendendo irrituale la compiuta produzione, preclude alla parte la possibilità di utilizzarli come fonte di prova, e al giudice di merito di esaminarli, sempreché la controparte legittimata a far valere le irregolarità non abbia, pur avendone preso conoscenza, accettato, anche implicitamente, il deposito della documentazione, giacché, ove non sussista alcuna tempestiva opposizione alla produzione irrituale (da effettuarsi nella prima istanza o difesa successive all'atto o alla notizia di esso), non è dato apprezzare la violazione del principio del contraddittorio, che le anzidette norme sono dirette ad assicurare (Cass. n. 7258/2015)

D'altro canto, allorquando la data del deposito di un atto in cancelleria deve risultare da annotazione del cancelliere sull'atto medesimo (e dal suo inserimento nell'apposito registro cronologico), la eventuale omissione o assoluta incertezza sull'esteriorità di tale annotazione (e del suo inserimento nel richiamato registro), non può tradursi in prova della inosservanza del termine stabilito per detto deposito, perché questa omissione costituisce una irregolarità imputabile unicamente al cancelliere, dalla quale non si può dedurre la tardività del deposito stesso, non potendosi escludere che, nonostante l'anzidetta omissione, la parte abbia provveduto a depositare l'atto nel termine stabilito qualora quest'ultima circostanza sia comunque avvalorata da emergenze documentali oggettive riconducibili all'ufficio giudiziario e riferibili allo specifico processo (Cass. n. 10389/2011, la quale ha affermato che la data risultante dalla copertina del fascicolo di ufficio della S.C., essendo quella in cui l'Ufficio depositi ha inserito gli estremi del ricorso nel programma informatico della Corte, può essere sufficiente a dimostrare la tempestività del ricorso, nonostante la mancata attestazione di deposito, firmata dal cancelliere; Cass. n. 19019/2011; Cass. n.  21704/2011).

L'accettazione, da parte del cancelliere, degli atti depositati dalla parte che si costituisce, senza l'annotazione di alcun rilievo formale riconducibile all'esercizio dei poteri di controllo affidatigli dall'art. 74 disp. att., fa presumere la regolarità degli atti medesimi e quindi anche la tempestività del rilascio della procura alle liti, tranne che il contrario risulti da altre emergenze processuali (Cass. n.  5028/1993).

Casistica

Quando la data del deposito di un atto in cancelleria deve risultare dall'annotazione del cancelliere sull'atto medesimo e dal suo inserimento nell'apposito registro cronologico, l'eventuale omissione o assoluta incertezza di tali annotazioni non può tradursi in prova del mancato o tardivo deposito, non potendosi escludere che, nonostante la menzionata omissione o incertezza, la parte abbia provveduto a depositare l'atto nel termine stabilito qualora quest'ultima circostanza risulti avvalorata da emergenze documentali oggettive (Cass. n. 21704/2011Cass. n. 10389/2011Cass. n. 26010/2010).

La mancata assistenza del cancelliere nella formazione del processo verbale di udienza o l'omessa sottoscrizione del detto verbale da parte del cancelliere stesso non comportano l'inesistenza o la nullità dell'atto, in quanto la funzione del cancelliere ha soltanto natura integrativa di quella del giudice e le predette mancanze non incidono sull'idoneità dell'atto al concreto raggiungimento degli scopi cui è destinato (Cass. n. 9389/2007Cass. n. 4849/1996). In carenza di una specifica comminatoria di nullità, il mancato rispetto delle norme relative alla dettatura e alla redazione del processo verbale (artt. 57 e 130) non vizia l'udienza civile e non rende gli atti in essa compiuti inidonei al raggiungimento del loro scopo, tenuto conto, altresì, che con la sottoscrizione del giudice viene ugualmente soddisfatta la finalità sostanziale di attribuire pubblica fede a quanto documentato nel verbale medesimo (Cass. n. 22841/2006).

L'ordinanza (nella specie, resa in un procedimento di opposizione all'esecuzione ex art. 615) configura un atto pubblico, tanto che sia pronunziata in udienza, quanto se emessa fuori udienza, munita della data e della sottoscrizione del giudice, sempre che il deposito del provvedimento sia documentato ai sensi dell'art. 57, atteso che questa disposizione attribuisce ai cancellieri funzioni giurisdizionali di documentazione in relazione alle attività proprie degli organi giudiziari e delle parti. Ne consegue che le comunicazioni che devono seguire le ordinanze pronunziate fuori udienza (art. 134) sono meri strumenti conoscitivi che non incidono sull'esistenza e validità di tali provvedimenti (Cass. n. 27689/2005).

Allorquando l'osservanza del termine perentorio stabilito per il deposito di un atto di parte in cancelleria deve essere documentata necessariamente attraverso l'attestazione ufficiale del cancelliere, incombe alla parte, su cui grava l'onere di provare la tempestività dell'adempimento, di controllare l'effettiva apposizione della attestazione; poiché l'eventuale omissione comporta l'impossibilità di verificare il tempo dell'avvenuto deposito è presunta la non tempestività dell'atto (Cass. n. 8261/1999). In ipotesi di non rispondenza al vero dei verbali redatti nel processo, per falsità materiale o ideologica, il giudice civile ha il potere-dovere di farne rapporto al procuratore della Repubblica e, qualora egli ometta tale adempimento, le parti hanno facoltà di farne denuncia, ma non è proponibile contro tali atti la querela di falso civile, la cui esperibilità postula che il documento impugnato sia prodotto dalla parte e che questa possa disporre della sua utilizzazione, laddove i verbali del processo, destinati a documentare le attività in esso svolte, non possono essere dal processo eliminati, né in tutto né in parte, a discrezione delle parti, nessuna delle quali ha su di essi qualsiasi potere dispositivo (Cass. n. 395/1999).

La mancata sottoscrizione da parte del cancelliere del processo verbale della domanda proposta oralmente davanti al giudice di pace a norma dell'art. 316 non comporta l'inesistenza o la nullità dell'atto, ma una semplice irregolarità, non vertendosi in un'ipotesi di mancanza di un requisito di forma indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto (vocatio in ius), una volta che questo sia stato conseguito con la notifica del verbale alla controparte (Cass. n. 4033/1998).

L'accettazione, da parte del cancelliere, degli atti depositati dalla parte che si costituisce, senza l'annotazione di alcun rilievo formale riconducibile all'esercizio dei poteri di controllo affidatigli dall'art. 74 disp. att., fa presumere la regolarità degli atti medesimi e quindi anche la tempestività del rilascio della procura alle liti, tranne che il contrario risulti da altre emergenze processuali (Cass. n. 5028/1993).

La pubblicazione della sentenza mediante il deposito della stessa nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata, ai sensi dell'art. 133  comma 1, deposito consistente nella consegna ufficiale al cancelliere dell'originale della decisione sottoscritto dal Giudice, costituisce un elemento essenziale per l'esistenza giuridica dell'atto; al contrario la certificazione che del compimento di tali attività deve essere eseguita dal cancelliere, a norma del secondo comma dello stesso art. 133, è estrinseca all'atto e non incide sull'esistenza, sulla regolarità e sull'eseguibilità di esso. Nè la mancanza della sottoscrizione della sentenza da parte del cancelliere è causa di nullità, essendo prevista tale sanzione esclusivamente rispetto al difetto della sottoscrizione del giudice (art. 161), mentre la funzione autenticatrice assolta dalla firma del cancelliere trova un efficace surrogato nell'annotazione della sentenza completa dei requisiti previsti dall'art. 132 nei registri di cancelleria (Cass. n. 2084/1992).

L'art. 57 attribuisce ai cancellieri funzioni giurisdizionali di documentazione in relazione alle attività proprie degli organi giudiziari e delle parti. Pertanto gli Atti redatti dai cancellieri, o formati con il loro concorso, nell'ambito delle funzioni attribuite e con l'osservanza delle formalità prescritte dalla legge, costituiscono atti pubblici, la cui falsificazione deve essere fatta valere mediante querela di falso (Cass. n. 2349/1988).

Nel caso di atto giudiziale che, in una parte essenziale come la data, rechi una correzione non effettuata secondo quanto disposto dall'art. 46 disp. att., bensì tale da consentirne la lettura in due modi differenti, di diversa Rilevanza ed efficacia, tale atto pubblico, fermo restando l'effetto sostanziale della attività documentata, non può ritenersi fornito di fede privilegiata nella parte che risulta così corretta in modo ambiguo. In tale ipotesi, pertanto, spetta al giudice del merito valutare liberamente l'atto e — avvalendosi di dati obiettivi emergenti da altri documenti o certificazioni o attestazioni, da richiedere anche d'ufficio — scegliere, sulla base di adeguata motivazione, fra le possibili letture della parte corretta, tenendo presente che la scelta della lettura del testo come risultante dalla correzione non può ritenersi giustificata dalla sola considerazione della posteriorità della correzione stessa, ove non si accerti che anche questa provenga dal pubblico ufficiale redattore dell'atto, o dal solo rilievo che dell'atto medesimo, nel testo risultante dalla correzione, siano state rilasciate copie, essendo ovvio che i difetti dell'atto originale si riflettono nell'atto riprodotto (Nella specie, nell'annotazione dell'avvenuto deposito di un atto di opposizione a decreto del pretore, emanato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori, la data a timbro di tale deposito, «12 ottobre 1979», era stata corretta a penna, con la trasformazione del 2 in 5) (Cass. n. 3927/1985). Il verbale d'udienza fa fede sino a querela di falso, senza che l'eventuale mancata assistenza del cancelliere nella formazione di esso ovvero il difetto di sottoscrizione da parte dello stesso incida sul concreto raggiungimento degli scopi cui l'atto è destinato e comporti inesistenza o nullità dello stesso (Cass. n. 1639/1984). Il riscontro di un eventuale errore materiale del cancelliere, in ordine alla certificazione della data di deposito di un documento di parte (nella specie, lista dei testimoni), non richiede la proposizione di querela di falso, ma deve essere direttamente effettuato dal giudice investito della decisione della causa, il quale può a tal fine avvalersi, oltre che di obiettivi dati emergenti da altri atti o documenti, anche di dichiarazioni od attestazioni di rettifica provenienti dallo stesso personale di cancelleria (Cass. n. 621/1983).

Bibliografia

Punzi, Il processo civile, sistema e problematiche, I, Torino, 2010; Tedoldi, Ufficiale giudiziario, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999.

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