Codice di Procedura Civile art. 65 - Custode.

Antonio Scarpa

Custode.

[I]. La conservazione e l'amministrazione dei beni pignorati o sequestrati sono affidate a un custode, quando la legge non dispone altrimenti [520, 546, 559, 676 ss.; 166 att.].

[II]. Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal giudice dell'esecuzione nel caso di nomina fatta dall'ufficiale giudiziario [522], e in ogni altro caso dal giudice che l'ha nominato [52, 53 att.] 1.

[1] Comma così sostituito dall'art. 58 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999. Il testo precedente recitava: «Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal pretore nel caso di nomina fatta dall'ufficiale giudiziario, e in ogni altro caso dal giudice che l'ha nominato».

Inquadramento.

Il custode di beni sottoposti a pignoramento o a sequestro ha una funzione limitata alla conservazione e all'amministrazione di tali beni, in relazione alla quale gli va riconosciuta la legittimazione processuale attiva e passiva, come rappresentante di ufficio di un patrimonio separato, esclusivamente rispetto alle azioni relative a tale funzione, ovvero alle situazioni sorte nel corso della sua amministrazione e ricollegabili ad atti da lui posti in essere in tale qualità (Cass. III, n. 11377/2011).

Poteri del custode

Si intende che la posizione processuale del custode dei beni sottoposti a sequestro o pignoramento, il quale agisca a tutela della conservazione del valore del patrimonio affidatogli, equivale a quella di un sostituto processuale; pertanto, l'eventuale cessazione del suo potere di stare in giudizio per conto di altri non fa venir meno automaticamente la legittimazione sostitutiva, né, conseguentemente, i relativi poteri d'impulso processuale conferiti al suo difensore (Cass. I, n. 7693/2006).

Il complesso dei beni sottoposti a sequestro, in particolare, viene considerato come un patrimonio separato, in quanto tale centro di imputazione di rapporti giuridici, sicché la legittimazione ad causam, attiva o passiva, compete, appunto, al patrimonio separato, ad esso facendo capo le situazioni sostanziali di diritto o di obbligo, mentre compete al custode (quale amministratore del patrimonio separato) non la legittimazione ad causam, ma la legittimazione ad processum, cioè il potere di stare in giudizio in rappresentanza del centro di imputazione giuridica di cui si è detto; tale legittimazione ad processum si lega strettamente al rivestimento della carica, venendo meno allorquando, per iniziativa del custode stesso o per altra ragione, l'investitura venga meno. Resta, però ferma la personale legittimazione ad causam del custode quando vengano dedotte in lite violazioni, colpose o dolose, dei doveri inerenti alla custodia, idonee ad impegnarlo personalmente e direttamente verso i terzi (Cass. I, n. 8146/1997).

Si è affermato che dopo il pignoramento di un immobile che era stato già dato in locazione, il locatore-proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni, sia ad accettarli, spettando tale legittimazione in via esclusiva al custode, fino al decreto di trasferimento del bene (Cass. VI, n. 7748/2018).

Anche per il custode dei beni pignorati o sequestrati vige il divieto di comprare stabilito dall'art. 1471 n. 2 c.c., il quale colpisce tutti coloro i quali, nell'esercizio di una pubblica funzione, prendono parte alla procedura relativa al trasferimento coattivo di un bene da un soggetto ad un altro soggetto. Il custode, pur non essendo espressamente menzionato, è inquadrabile nella più generale categoria contemplata al n. 2 di tale norma poiché, essendo un soggetto al quale viene affidato l'esercizio di una funzione pubblica temporanea da svolgere quale longa manus degli organi giudiziari, proprio in tale veste partecipa alla procedura esecutiva, provvedendo alla conservazione dei beni sottoposti a vincolo ed alla relativa amministrazione, eventualmente necessaria (Cass. III, n. 4464/1985).

Il compenso

La competenza a liquidare il compenso al custode di beni sottoposti a pignoramento o sequestro appartiene funzionalmente ed inderogabilmente, ai sensi dell'art. 65, al giudice che lo ha nominato, mentre, se si tratti di custode nominato dall'ufficiale giudiziario, rientra tra le attribuzioni del giudice dell'esecuzione; in ogni caso, la liquidazione del compenso spettante al custode può essere richiesta con autonoma domanda dal custode stesso, in quanto ausiliario del giudice, nei confronti della parte che abbia richiesto ed ottenuto il provvedimento di sequestro, qualora nella fase cautelare non si sia provveduto a tale adempimento (Cass. III, n. 5084/2010).

Il provvedimento di liquidazione del compenso del custode trova la propria disciplina negli artt. 168 e 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e nell'art. 15 del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150.

Sui criteri di liquidazione dell'indennità spettante al custode, Cass. VI-2, n. 2507/2022.

Bibliografia

Andrioli, La scientificità della prova con particolare riferimento alla perizia e al libero apprezzamento del giudice, in Dir. e giur. 1971, 802 ss.; Cataldi, La nomina del C.T.U., in Giur. mer. 2007, 11, 2799 ss.; Carnelutti, Lezioni di diritto processuale civile,  III, Padova, 1931; FranchiLa perizia civile, Padova, 1959; Giudiceandrea, voce  Consulente tecnico – diritto processuale civile, in Enc.. dir. IX, Milano, 1961, 531 ss.;  Salomone, Sulla motivazione con riferimento alla consulenza tecnica d'ufficio, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2002, 3, 1017 ss.; Satta, Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1959; Taruffo, La prova scientifica nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2005, 4, 1079 ss.

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