Codice di Procedura Civile art. 81 - Sostituzione processuale.InquadramentoLa disposizione in commento, laddove afferma che nessuno, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge, può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui, consente anzitutto di ricavare a contrario la nozione di legittimazione ad agire (o legitimatio ad causam) ordinaria, la quale compete a colui che si afferma titolare del diritto sostanziale per cui chiede la tutela, mentre è legittimato a contraddire colui che l'attore afferma titolare del dovere contrapposto al diritto fatto valere (Picardi, 2013, 153). La legitimatio ad causamLa legitimatio ad causam, attiva e passiva, dunque, consiste nella titolarità del potere, commisurato alla prospettazione proveniente dall'attore ed indipendentemente dall'effettiva titolarità della situazione sostanziale dedotta in giudizio, di chiedere e ottenere in proposito un provvedimento del giudice, nonché del contrapposto dovere del convenuto di subire tale eventuale provvedimento. Lo scrutinio del giudice, in punto di legittimazione ad agire ed a contraddire, si risolve allora nel verificare se, sulla base della prospettazione avanzata dall'attore, egli ed il convenuto assumano ciascuno la veste di chi può chiedere e deve subire la pronuncia giurisdizionale. Dalla legittimazione ad agire va perciò tenuta distinta l'effettiva titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, che concerne il merito della controversia. Si ritiene in prevalenza che la legittimazione ad agire costituisca condizione dell'azione (Liebman, 147). Anche la giurisprudenza afferma che la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'attore, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Ad esempio, nelle società in accomandita semplice, il socio accomandante può far valere il suo interesse al potenziamento ed alla conservazione del patrimonio sociale esclusivamente con strumenti interni, quali l'azione di responsabilità contro il socio accomandatario, la richiesta di estromissione di quest'ultimo per gravi inadempienze, l'impugnativa del rendiconto, o la revoca per giusta causa dell'amministratore, mentre non è legittimato ad agire nei confronti dei terzi per far annullare o dichiarare nulli i negozi intercorsi fra questi ultimi e la società, non sussistendo un interesse proprio del socio accomandante, autonomo e distinto rispetto a quello della società (Cass. n. 17691/2016). Da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d'ufficio, poiché la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata. L'eccezione di difetto di titolarità attiva del diritto controverso non attiene dunque alla carenza di legittimazione attiva, bensì al merito della controversia (Cass. n. 32814/2023). Fondandosi, quindi, la legittimazione ad agire o a contraddire, quale condizione all'azione, sulla mera allegazione fatta in domanda, una concreta ed autonoma questione intorno ad essa si delinea solo quando l'attore faccia valere un diritto altrui, prospettandolo come proprio, ovvero pretenda di ottenere una pronunzia contro il convenuto pur deducendone la relativa estraneità al rapporto sostanziale controverso (Cass. n. 14468/2008; Cass. n. 24791/2008; Cass. n. 11284/2010;Cass. n. 14177/2011). La norma in esame attiene al contraddittorio e mira a prevenire una sentenza inutiliter data, imponendo la verifica, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo (col solo limite della formazione del giudicato interno), in via preliminare al merito, della coincidenza dell'attore e del convenuto con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta (Cass. n. 14243/2012; Cass.S.U. , n. 1978/2012;Cass. n. 24457/2005). Né in proposito può operare il principio di non contestazione (Cass. n. 21176/2015). Vale al riguardo osservare che la giurisprudenza di legittimità non era unanime in materia di contestazione della reale titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio. La tesi minoritaria (Cass. n.15759/2014; Cass. n.10843/1997; Cass. n.15832/2011) sosteneva che essa costituisse una mera difesa, con le ovvie conseguenze, tra le quali quella che incombe alla parte, la cui titolarità è contestata, fornire la prova di possederla. L'orientamento maggioritario (Cass. n. 14177/2011; Cass. n. 11284/2010;Cass. n. 23670/2008; Cass. n. 20819/2007; Cass. n. 15537/2000), invece, affermava che la contestazione della reale titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio costituisce un'eccezione in senso tecnico, che deve essere introdotta nei tempi e nei modi previsti per le eccezioni di parte, con l'ulteriore conseguenza che spetta alla parte che prospetta tale eccezione l'onere di provare la propria affermazione. A composizione del contrasto è stato stabilito che la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto (Cass. S.U., n. 2951/2016). Sulla scia di tale decisione si è precisato che la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa (Cass. n. 11744/2018, che, innanzi ad un contratto di trasporto di cose, ha ritenuto che l'eccezione exart. 1692 c.c., sollevata per la prima volta in sede di gravame dal mittente per contestare la titolarità passiva dell'obbligazione relativa al costo del servizio svolto dal vettore, costituisse una mera difesa, in quanto tale non preclusa neppure in appello e rilevabile anche d'ufficio, non implicando un ulteriore accertamento di fatto - ossia quello della differenza tra la persona del mittente e quella del destinatario del trasporto presupposta dalla norma - atteso che nella specie quest'ultimo profilo risultava inequivocabilmente ammesso dalla controparte, laddove aveva qualificato il rapporto come contratto a favore di terzo). La legitimatio ad causam, dunque, si ricollega al principio dettato dall'art. 81, secondo il quale nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, e, trattandosi di materia attinente al contraddittorio e mirandosi a prevenire una sentenza inutiliter data, comporta la verifica, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo (col solo limite della formazione del giudicato interno), in via preliminare al merito, della coincidenza dell'attore e del convenuto con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta. (Cass. n. 29505/2020, che ha escluso che la disponente potesse far valere motivi di impugnazione personali del trustee, rimasto intimato, ritenuto dalla C.T.R. responsabile solidale dell'imposta di donazione e successione relativa al conferimento di capitali in un trust). Legittimazione ad agire straordinariaLa stessa norma disciplina altresì il fenomeno della legittimazione ad agire straordinaria, ivi definita come sostituzione processuale. Nel numero dei casi espressamente previsti dalla legge, in cui è consentito far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui, possano comprendersi: l'opposizione al matrimonio exartt. 102 e 103 c.c.; l'impugnazione del matrimonio ex art. 117 c.c. (Picardi, 2013, 154); l'azione di contestazione dello stato di figlio ex art. 248 c.c.; le azioni a tutela della servitù da parte dell'usufruttuario ex art. 1012 c.c.; l'azione di nullità di un contratto proponibile da soggetti diversi dai contraenti ex art. 1421 c.c. (Picardi, 2013, 154); l'azione del locatore ex art. 1595 c.c. (Picardi, 2013, 154); l'azione del mandante ex art. 1705, comma 2, c.c. (Picardi, 2013, 154); l'azione di rivendica da parte del creditore pignoratizio exart. 2789; l'azione surrogatoria ex art. 2900 c.c. (Picardi, 2013, 153); le azioni popolari (Picardi, 2013, 154). Ipotesi di sostituzione processuale sono dettate dagli artt. 108 (estromissione del garantito) e 111 (successione a titolo particolare nel diritto controverso), ai cui rispettivi commenti si rinvia. In giurisprudenza il fenomeno della sostituzione processuale è stato ravvisato nei riguardi del concessionario del servizio di riscossione dei crediti fiscali (Cass. n. 1776/2012). Parimenti la posizione processuale del custode dei beni sottoposti a sequestro giudiziario, il quale agisca a tutela della conservazione del valore del patrimonio affidatogli, equivale a quella di un sostituto processuale (Cass. n. 7693/2006). Nelle controversie di assistenza sociale il disposto dell'art. 37, comma 5, della l. n. 448/1998, nel riconoscere la legittimazione passiva del Ministero dell'Economia e delle Finanze, ha finito per derogare al principio generale della corrispondenza tra titolare del diritto e soggetto abilitato a farlo valere, introducendo una forma di sostituzione processuale ex art. 81 dell'obbligato sostanziale che continua a rimanere l'Inps alla stregua dell'art. 130, comma 1, del d.lgs. n. 112/ 1998 (Cass. n. 3595/2006). L'art. 273 c.c. che consente al genitore esercente la potestà o al tutore di promuovere, nell'interesse del minore, l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, prevede un'ipotesi di sostituzione processuale, con il conferimento di un potere di azione a soggetto diverso dal titolare del diritto, in vista di un suo personale interesse allo esercizio della funzione processuale, ed al predetto fine non è necessario che il genitore dichiari espressamente di agire nell'interesse del figlio, quando dal contesto dello atto risulti la volontà di agire nell'interesse del minore stesso (Cass. n. 12723/1992). Nel caso di fallimento di una s.r.l., ai sensi dell'art. 146, comma 2, lett. a), l.fall., il curatore è l'unico soggetto legittimato a proseguire l'azione di responsabilità sociale già promossa dal socio nella qualità di sostituto processuale della società ex art. 2476, comma 3, c.c., sicché ove, in pendenza del giudizio, il curatore non manifesti l'intento di proseguire l'azione originariamente promossa, la domanda deve essere dichiarata improcedibile per il sopravvenuto difetto di legittimazione attiva del socio (Cass. n. 20180/2022). Si è affermato che l'art. 93, nel prevedere che il difensore con procura può chiedere che il giudice distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipato, contempla un caso di sostituzione processuale, agendo il difensore che chiede la distrazione anche per gli altri difensori dello stesso cliente in nome e per conto proprio, quanto agli onorari e le spese che gli spettano, ed in nome proprio e per conto altrui, per gli onorari e le spese degli altri difensori; tuttavia, la distrazione può essere disposta se sia stata chiesta all'interno del singolo grado, dovendosi escludere che la distrazione delle spese di un determinato grado sia domandata per la prima volta in un grado successivo (Cass. n. 16244/2019, che ha respinto la domanda di distrazione avanzata in sede di legittimità dal difensore con riguardo all'attività prestata dal precedente difensore nei gradi di merito, nei quali la distrazione non risultava essere stata richiesta). È stata invece esclusa la qualità della Banca d'Italia di sostituto processuale della Banca Centrale Europea (Cass. S.U., n. 16751/2006). BibliografiaLiebman, Manuale di diritto processuale civile. Principi, Milano, 2007, 147; Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006. |