Codice di Procedura Civile art. 85 - Revoca e rinuncia alla procura.Revoca e rinuncia alla procura. [I]. La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore [301 3]. InquadramentoSecondo il comma 1 della disposizione in commento, la procura alle liti possiede un contenuto tipico stabilito direttamente dal legislatore, sul quale la parte non può intervenire, diversamente da quanto accade di regola del contratto di mandato. La volontà della parte rientrano invece in gioco con il comma 2, secondo cui il difensore non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa se non ne ha ricevuto espressamente il potere. Occorre perciò che la procura contempli espressamente il potere del difensore di transigere, conciliare, rinunciare alla lite, rilasciare quietanza, riscuotere pagamenti, ecc.. Tutti poteri spettanti al difensore presuppongono, oltre che la sua qualità di procuratore legalmente esercente (v. sub art. 82), la costituzione in giudizio: la procura alle liti, cioè, conferisce al difensore il potere di compiere o ricevere atti processuali nell'interesse della parte, solo se e dal momento in cui questa si costituisca in giudizio per mezzo del difensore medesimo (Cass. n. 4171/1983). In caso di procura conferita a più difensori (v. sub art. 82) ciascuno di essi, in difetto di una espressa ed inequivoca volontà della parte circa il carattere congiunto e non disgiunto del mandato, ha pieni poteri di rappresentanza processuale (Cass. n. 7697/2007). Il difensore, oltre che compiere direttamente gli atti del processo a lui affidati, può nominare sostituti, dotati della necessaria qualifica professionale, sotto la propria responsabilità. Può anche affidare talune attività meramente esecutive a collaboratori che non abbiano la qualifica di procuratore legalmente esercente: così per la nota di iscrizione a ruolo, della quale non è elemento essenziale l'esistenza di uno specifico mandato rilasciato, allo scopo, al procuratore che abbia ad essa apposto la propria sottoscrizione, trattandosi, nella specie, di attività meramente fiscale ed amministrativa (Cass. n. 8189/1997; Cass. n. 1467/1994); così per il deposito del fascicolo di parte (Cass. n. 7449/2001; Cass. n. 3383/1995). Attività giudiziali e stragiudizialiLa norma non fa alcun riferimento all'assistenza stragiudiziale. Tuttavia la giurisprudenza riconosce che il conferimento dell'incarico al difensore comprende anche quello di prestare assistenza stragiudiziale alla medesima parte, in relazione alle stesse vicende cui l'incarico si riferisce (Cass. n. 16016/2003). Si aggiunge, tuttavia, che la procura alle liti abilita il difensore allo svolgimento delle attività stragiudiziali « strettamente dipendenti da un mandato relativo alla difesa » (Cass. n. 5415/2009). Ciò determina ricadute anche sul piano del compenso spettante al difensore. Difatti, affinché il professionista che stia prestando assistenza giudiziale, possa avere diritto ad un distinto compenso per prestazioni stragiudiziali, occorre che tali prestazioni non siano connesse e complementari con quelle giudiziali: viceversa, ove sussista tale connessione, gli compete solo il compenso per l'assistenza giudiziale, eventualmente maggiorato (Cass. S.U., n. 17357/2009). La soluzione adottata si ricollega al complessivo tema dell'estensione dei poteri spettanti al difensore in dipendenza del contratto di patrocinio, riconducibile alla figura del mandato. La procura alle liti presuppone un contratto di mandato tra il difensore e il cliente, il cui contenuto è determinato dalla natura del rapporto controverso e dal risultato perseguito dal mandante nell'intentare la lite o nel resistere ad essa (Cass. n. 2910/1997). Trattandosi di contratto di mandato, trova applicazione la disposizione dell'art. 1708 c.c., secondo cui il mandato comprende non solo gli atti per i quali e stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento (Cass. n. 1392/1979; Cass. n. 6264/2003). Discrezionalità della difesa tecnica ed ambito dei poteri del difensoreNell'ambito dei poteri che dal mandato alle liti derivano al difensore, questi gode della massima autonomia nell'effettuazione delle scelte della difesa tecnica, quali che siano le eventuali indicazioni provenienti dal cliente. La discrezionalità tecnica spettante al difensore nell'impostazione della lite lo abilita a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio cliente, sebbene con il limite del divieto di compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa (Cass. n. 4864/2007). Il mandato ad litem attribuisce così al procuratore la facoltà di proporre tutte le domande che siano comunque ricollegabili con l'originario oggetto, restando escluse dai poteri del procuratore soltanto le domande con le quali si introduce una nuova e distinta controversia eccedente l'ambito della lite originaria (Cass. n. 15619/2005; Cass. n. 14070/2023). In quest'ottica, spetta al difensore di proporre anche le domande riconvenzionali, atteso che esse, anche quando introducono un nuovo tema di indagine e mirano all'attribuzione di un autonomo bene della vita, restano sempre fondamentalmente connotate dalla funzione difensiva di reazione alla pretesa della controparte (Cass. n. 8207/2006; Cass. n. 10168/2018; Cass. n. 4356/2000; Cass. n. 1394/1995), indipendentemente dall'atto su cui è apposta la procura, e cioè anche se in calce o a margine della copia notificata della citazione (Cass. n. 4744/1998). In tema di chiamata in causa del terzo le regole da applicare possono riassumersi in ciò, che il difensore può effettuare quelle chiamate che non determinano l'instaurazione di una nuova controversia e non eccedono i limiti della lite originaria, ma si collocano in stretto collegamento con l'oggetto in contesa già introdotto. Non occorre dunque un'apposita procura alle liti ai fini dell'integrazione necessaria del contraddittorio nei confronti di litisconosorte pretermesso (Cass. n. 1839/1979; Cass., 19223/2015). Vi è poi la chiamata — da ricondursi all'ipotesi della comunanza di cause di cui all'art. 106 — che il convenuto indirizza nei confronti del soggetto indicato come effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dall'attore: caso, quest'ultimo, che la S.C. ha ampiamente esaminato dall'angolo visuale dell'estensione della domanda dell'attore nei confronti del terzo chiamato, domanda che automaticamente si estende ad esso senza necessità di una istanza espressa, costituendo oggetto necessario del processo, nell'ambito di un rapporto oggettivamente unico, l'individuazione del soggetto effettivamente obbligato (Cass. n. 13374/2007; Cass. n. 13131/2006; Cass. n. 1522/2006; Cass. n. 254/2006; Cass. n. 3643/2004; Cass. n. 7273/2003). Anche in tale ipotesi è da ritenere che la procura alle liti conferita dal convenuto conferisca al suo difensore il potere di chiamare in causa il terzo quale esclusivo responsabile di quanto dedotto dall'attore (Cass. n. 12672/2001; Cass. n. 3998/2000). Eguale responso fornisce la giurisprudenza nell'ipotesi parzialmente diversa in cui la parte convenuta chiami in causa un terzo in qualità di coobbligato (Cass. n. 5057/2010). Maggiori difficoltà, con qualche contrasto ed incertezza della giurisprudenza, si incontrano con riguardo alla chiamata in garanzia, cui pure si riferisce il già citato art. 106. Occorre anzitutto rammentare, sull'argomento, che la giurisprudenza ha per lungo tempo mantenuto ferma la distinzione, oggi ritenuta in parte superata, tra garanzia propria e garanzia impropria, distinzione che è stata approfondita essenzialmente in relazione al dettato dell'art. 32 (al cui commento si rinvia). Volendo semplificare, per i fini che qui interessano, nell'ipotesi di garanzia propria vi sarebbe un rapporto giuridico tendenzialmente unico, quantunque complesso, mentre nell'ipotesi di garanzia impropria ricorrerebbe una pluralità di rapporti: e dunque la chiamata in garanzia propria non eccederebbe i limiti della lite originaria, mentre il contrario accadrebbe con la chiamata in garanzia impropria. La distinzione così delineata ha trovato applicazione anche con riguardo alla delimitazione dei poteri spettanti al difensore. In quest'ottica è stato dunque affermato che la procura conferita per resistere alla domanda attrice abilita il difensore del convenuto a chiamare in causa un terzo in garanzia cosiddetta propria, o comunque per esigenze difensive, non anche ad esperire contro detto terzo azioni fondate su un titolo autonomo e distinto, implicanti un'estensione dell'ambito della lite (Cass. n. 3274/1986), il che è quanto accade per l'appunto nella garanzia impropria. In fattispecie riconducibili a quest'ultima ipotesi è stato viceversa affermato, in coerenza con la distinzione tra l'una all'altra forma di garanzia, che la chiamata in garanzia è nulla se effettuata da procuratore sfornito di apposita procura alle liti (Cass. n. 20825/2009; Cass. n. 5768/2005). E pertanto parrebbe potersi dire, guardando alle soluzioni così adottate, che la giurisprudenza riconoscesse al difensore il potere di effettuare la chiamata in garanzia propria, ma non quella impropria, salvo non si munisca allo scopo di un'apposita procura. Sul tema sono intervenute le Sezioni Unite, che hanno ribaltato l'orientamento precedente, affermando che la procura alle liti conferita in termini ampi ed omnicomprensivi («con ogni facoltà») è idonea, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale attuativa dei principi di economia processuale, di tutela del diritto di azione nonché di difesa della parte ex artt. 24 e 111 Cost., ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le iniziative atte a tutelare l'interesse del proprio assistito, ivi inclusa la chiamata del terzo in garanzia cd. impropria (Cass. S.U., n. 4909/2016). È stato più volte ribadito che sussiste il potere di effettuare la chiamata in garanzia qualora vi sia prova che la parte, nel rilasciare la procura, abbia inteso autorizzare il difensore a rappresentarla anche nel giudizio da promuovere mediante la chiamata del terzo (Cass. n. 20825/2009; Cass. n. 12241/2007; Cass. n. 5768/2005; Cass. n. 5083/1998; Cass. n. 8534/1987; Cass. n. 4923/1986; Cass. n. 5151/1983). La S.C. ha anche più volte affermato che il terzo chiamato in causa da un difensore sfornito della procura a proporre istanze eccedenti l'ambito originario della lite, il quale si costituisce in giudizio accettando il contraddittorio sul merito, non può dedurre la nullità dell'atto di chiamata (Cass. n. 12293/2001; Cass. n. 2929/1992; Cass. n. 7984/1990; Cass. n. 3274/1986). Nella stessa ottica è stato anche sostenuto che il terzo, il quale abbia accettato il contraddittorio, non possa più dedurre la nullità dell'atto di chiamata, perché qualificabile come «interventore volontario » (Cass. n. 2763/1984; Cass. n. 4680/1978; Cass. n. 1136/1977). Si tratta, però, di un indirizzo risalente, radicato in epoca in cui era in generale ritenuto che l'introduzione di domande nuove, altrimenti inammissibili, nel corso del processo non fosse sindacabile dal giudice — come è invece oggi indubbio — in caso di accettazione del contraddittorio tra le parti. Infatti, è stato affermato, diversamente, che il terzo costituitosi in giudizio può sollevare l'eccezione di nullità dell'atto di chiamata in causa per carenza di procura, anche nel caso che si sia difeso ed abbia formulato conclusioni di merito (Cass. n. 5817/2006). Deve però tenersi per fermo che l'eccezione di nullità dell'atto di chiamata in causa per mancanza di ius postulandi in capo al difensore debba essere eccepita all'atto della costituzione del terzo chiamato, ai sensi del comma 2 dell'art. 157. Il difensore, nel determinare l'assetto delle domande connesse al mandato alle liti ricevuto, può, secondo diverse pronunce della SC, rinunciare ad un singolo capo della domanda o ridurre le originarie domande (Cass. n. 1743/1986; Cass. n. 5859/1988; Cass. n. 7413/1991; Cass. n. 10268/1994; Cass. n. 1047/1991; Cass. n. 4283/1997; Cass. n. 3734/1998; Cass. n. 140/2002; Cass. n. 1439/2002). Viene precisato, in proposito, che simili rinunce si distinguono da quella agli atti del giudizio, la quale può invece essere fatta solo dalla parte personalmente o da un suo procuratore speciale nelle forme previste dall'art. 306 e non produce effetto senza l'accettazione della controparte. Altre volte, tuttavia, è stato affermato che la rinuncia, sia pure parziale, richiede un apposito mandato (Cass. n. 5394/1999; Cass. n. 722/1995). Ed è stato stabilito che la limitazione della domanda ad alcuni soltanto dei capi prima formulati, fatta dal procuratore costituito non munito di procura speciale in sede di precisazione delle conclusioni, non solo non costituisce valida rinuncia agli atti del giudizio ex art 306, e quindi non esclude il diritto della controparte di insistere per la pronuncia di rigetto della domanda nel merito, ma neppure può configurarsi come valida rinuncia sostanziale alla relativa pretesa, mancando nel procuratore il necessario potere dispositivo, con la conseguenza che la domanda, in ordine alla quale e stata operata la limitazione, può essere riproposta in un successivo giudizio (Cass. n. 4488/1981). Rientrano parimenti nel potere scaturente dal mandato alle liti, e sono quindi consentiti al difensore, atti come le rinuncia ad un'eccezione o il mutamento della domanda originaria, sempre che siano riconducibili alla mera scelta del mezzo tecnico più idoneo alla tutela degli interessi del cliente e non incidano sostanzialmente sul diritto controverso, determinandone la perdita o la riduzione, nel qual caso occorre un mandato speciale (Cass. n. 934/1989; Cass. n. 722/1995). Sicché, mentre esula dai poteri del difensore, incaricato di richiedere la demolizione di una costruzione in appoggio al muro di confine eseguita dal convenuto, l'adesione alla domanda riconvenzionale da questi spiegata tendente alla costituzione della comunione del muro (Cass. n. 6477/1997), egli può modificare la domanda di adempimento in quella di risoluzione (Cass. n. 1698/1993; Cass. n. 4325/1987), rinunciare ad uno dei motivi d'impugnazione (Cass. n. 10657/1990; Cass. n. 10658/1990; Cass. n. 10704/1990; Cass. n. 2196/1995; Cass. n. 11154/2006), anche nel corso della discussione orale (Cass. n. 15962/2003), rinunziare ad eccezioni concernenti la nullità della consulenza tecnica (Cass. n. 5905/2006). Il difensore, nella stessa prospettiva, può inoltre rinunciare a far valere la prescrizione dell'azione proposta ex adverso, qualora tale rinuncia discenda dalle difese svolte dal procuratore della parte, non potendo in tal caso rilevare in contrario la mancanza di potere dispositivo nel procuratore alle liti, la quale occorre per la rinuncia espressa, ma non per le conseguenze che possono derivare per implicito dalla linea difensiva adottata dal difensore, che, nell'adempimento del mandato conferitogli, come si diceva, sceglie in piena autonomia la condotta tecnico-giuridica ritenuta più confacente alla tutela del proprio cliente (Cass. n. 782/1987; Cass. n. 5226/2002). D'altro canto, proprio perché è dominus della difesa tecnica, la responsabilità professionale del difensore non è esclusa né ridotta per la circostanza che una determinata scelta difensiva sia stata sollecitata dal cliente: così, ad esempio, per la proposizione di una domanda di risarcimento dei danni per lite temeraria, ex art. 96, proposta non già dinanzi al giudice della causa temerariamente introdotta, bensì dinanzi ad altro giudice (Cass. n. 20869/2004), ovvero per la richiesta di una prova testimoniale diretta a dimostrare la stipulazione di un contratto da provarsi per iscritto (Cass. n. 3463/1988). Tra gli atti del processo che dalla legge non sono espressamente riservati alla parte, atti che il difensore può compiere avvalendosi della procura alle liti e, dunque, senza necessità di dotarsi di ulteriore apposito mandato, sono stati ricompresi, nell'ottica fino ad ora riassunta: i) l'opposizione o meno all'ammissione delle prove avversarie ovvero la deduzione della irrilevanza (Cass. n. 16057/2000; Cass. n. 3762/1979); ii) la risposta all'interpello in ordine alla volontà di avvalersi del documento contro cui sia stata proposta querela di falso (Cass. n. 7054/1992); iii) il disconoscimento della scrittura privata e la revoca del disconoscimento (Cass. n. 9829/1990; Cass. n. 9869/2000; Cass. n. 15502/2000; Cass. n. 2318/2010); iv) l'adesione alle risultanze di una delle due consulenze tecniche nel giudizio per regolamento di confini (Cass. n. 3272/1980); v) le dichiarazioni unilaterali dirette alla tutela del diritto in contesa (Cass. n. 6415/1981); vi) la rinuncia ad eccepire l'inammissibilità dell'avversa domanda nuova (Cass. n. 2145/1987); vii) la proposizione di istanza di sequestro conservativo in corso di causa (Cass. n. 17762/2003); viii) la rinuncia alla pronuncia della sentenza a seguito dell'emanazione di ordinanza anticipatoria ex art. 186 quater, non essendo tale rinuncia assimilabile alla rinuncia agli atti del giudizio (Cass. n. 13397/2001; Cass. n. 3434/2002; Cass. n. 20750/2004), non potendo d'altronde la rinuncia essere effettuata dalla parte personalmente ove essa stia in giudizio col ministero di un difensore (Cass. n. 3194/2002); ix) la notifica della sentenza ai fini del decorso del termine breve d'impugnazione (Cass. n. 6420/2003; Cass. n. 548/1996; x) la proposizione dell'appello incidentale anche nel caso in cui la procura sia stata apposta in calce alla copia notificata dell'atto di citazione in appello (Cass. n. 4206/1998; Cass. n. 2962/1999; Cass. n. 4793/2007; Cass. n. 23467/2009; Cass. S.U., n. 19510/2010); xi) l'istanza di regolamento di competenza, ove il relativo potere non sia espressamente escluso, prevalendo, sulla presunzione di conferimento della procura per un determinato grado di giudizio, stabilita dall'ultimo comma dell'art. 83, la norma speciale di cui all'art. 47, comma 1 (Cass. n. 2333/1998; Cass. n. 15754/2000); xii) la richiesta di attribuzione, nel giudizio di scioglimento della comunione, dell'intero immobile non comodamente divisibile, ex art. 720, trattandosi di modalità della divisione che non importa disposizione del diritto in contesa (Cass. n. 543/1994); xiii) l'esercizio del diritto potestativo di riscatto nei confronti dell'acquirente di quota ereditaria, previsto dall'art. 732 c.c. a favore dei coeredi (Cass. n. 9744/2010; Cass. n. 3470/2010); xiv) la dichiarazione di cui all'art. 1304 c.c., con la quale un debitore in solido dichiara di volere profittare della transazione intervenuta fra il creditore ed uno dei debitori in solido (Cass. n. 3801/1979). Inoltre, la procura speciale alle liti, conferita ai sensi dell'art. 83, comma 3, c.p.c. è idonea ad attribuire il potere di proporre querela di falso anche in via incidentale, purché dalla stessa sia desumibile l'attribuzione di detto potere e la medesima rechi l'espressa indicazione dell'attività da compiere (Cass. n. 1058/2021). Inoltre, la procura speciale alle liti, conferita ai sensi dell'art. 83, comma 3, c.p.c. è idonea ad attribuire il potere di proporre querela di falso anche in via incidentale, purché dalla stessa sia desumibile l'attribuzione di detto potere e la medesima rechi l'espressa indicazione dell'attività da compiere (Cass. n. 1058/2021). Quanto al rilievo delle dichiarazioni del difensore sfavorevoli al proprio assistito occorre distinguere. Se inserite in atti di parte, recanti anche la sottoscrizione del diretto interessato, tali dichiarazioni hanno valore di confessione giudiziale, giacché vanno considerate come caratterizzate da animus confitendi ed indirizzate alla controparte, occorrendo ritenere che la parte abbia avuto la piena conoscenza di quelle ammissioni e ne abbia assunto anch'essa la titolarità (Cass. n. 4727/2001; Cass. n. 3275/1996). Deve trattarsi, tuttavia, di sottoscrizione apposta sull'atto e non semplicemente di sottoscrizione apposta sulla procura alle liti. Pur essendo vero, infatti, che le ammissioni contenute negli atti di parte, di cui all'art. 125, siccome facenti parte del processo, possono assumere il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dagli artt. 228 e 229, è tuttavia necessario che gli atti in questione, affinché possano produrre tale efficacia probatoria, siano stati sottoscritti dalla parte personalmente con modalità tali che rivelino inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli contenute nell'atto: per questo, dunque, è inidonea a tale scopo la mera sottoscrizione della procura scritta a margine o in calce che, anche quando riportata nel medesimo foglio in cui è inserita la dichiarazione ammissiva, costituisce atto giuridicamente distinto, benché collegato (Cass. n. 26686/2005; Cass. n. 10607/2010). Le dichiarazioni contenute in scritti difensivi non suscettibili di essere qualificati come « atti di parte » (memorie illustrative, comparse conclusionali, comparse di replica ecc.), come tali mancanti della sottoscrizione della parte, recando quella del solo difensore, possono essere utilizzate come elementi indiziari, valutabili ai sensi e alle condizioni dell'art. 2729 c.c., nel quadro del ragionamento presuntivo e, cioè, in considerazione complessiva e critica dell'intero materiale probatorio disponibile (Cass. n. 12830/1992; Cass. n. 4974/2000; Cass. n. 4744/2005; Cass. n. 13804/2006; Cass. n. 11720/2009). Atti che il difensore non può compiere senza apposito mandatoIl difensore non può compiere atti che incidano sostanzialmente sul diritto in contesa, determinandone la perdita o la riduzione. Un espresso conferimento del potere è dunque in linea generale necessario — in simmetria con quanto si è già accennato nel paragrafo precedente — per: i) proporre domande che introducano una nuova e distinta controversia eccedente l'ambito della lite originaria (Cass. n. 4356/2000); ii) modificare l'originaria domanda mediante il compimento di atti processuali che incidono sostanzialmente sul diritto controverso determinandone la perdita o la riduzione (Cass. n. 934/1989; Cass. n. 5661/1985); iii) rinunciare alla domanda proposta, anche se si tratta di domanda riconvenzionale (Cass. n. 9151/1987), ovvero rinunciare al ricorso per cassazione, secondo la previsione dell'art. 390, comma 2 (Cass. n. 11154/2006; Cass. n. 15962/2003; Cass. n. 3949/1998), ovvero ratificare l'operato del falsus procurator salvo che la procura alle liti conferita al difensore includa il potere di disporre del diritto in contesa, potere non desumibile dalla formula di stile secondo cui il mandato comprende «ogni più ampia facoltà di legge» (Cass. n. 12843/2024), ovvero rinunciare ad un credito riconosciuto dalla sentenza impugnata dalla controparte, neppure se la rinuncia sia limitata al diritto al rimborso delle spese processuali (Cass. n. 1922/1985), ovvero rinunciare al credito, insorto in favore della rappresentata parte vittoriosa, derivante dalla statuizione di condanna al pagamento delle spese processuali (Cass. n. 4921/1983; Cass. n. 4922/1983; Cass. n. 2664/1984; Cass. n. 407/1986; Cass. n. 419/1986), a meno che, ovviamente, il difensore non si sia dichiarato antistatario (Cass. S.U., n. 4489/1984); iv) dichiarare di non voler proseguire la causa di merito, con l'ulteriore conseguenza che la dichiarazione di cessazione della materia del contendere fondata sulle sole dichiarazioni dei rispettivi difensori è impugnabile ad opera della parte (Cass. n. 1076/1983; Cass. n. 7580/1999); v) esercitare il diritto potestativo di riscatto nei confronti dell'acquirente di fondo rustico, previsto dall'art. 8 l. n. 590/1965 a favore del titolare del diritto di prelazione pretermesso, a meno che tale manifestazione di volontà sia riconducibile al titolare del potere attraverso la sua sottoscrizione dell'atto processuale in cui essa è contenuta ovvero anche alla procura alle liti (Cass. n. 20948/2006; Cass. n. 10218/2001); vi) esercitare il diritto di precedenza spettante al lavoratore nell'assunzione con la medesima qualifica presso la stessa azienda in applicazione dell'art. 8-bis, comma 1, d.l. 29 gennaio 1983, n. 17 (Cass. n. 2473/1989); vii) effettuare, nel corso di un giudizio per l'esecuzione di forma specifica ex art. 2932 c.c. di un contratto preliminare di compravendita immobiliare per persona da nominare, l'electio amici, la quale, ove sia stata formulata dal solo procuratore e difensore munito di una semplice procura alle liti rilasciata ex art. 83, idonea ad abilitare al compimento dei soli atti processuali e non anche a disporre, sul piano sostanziale, del diritto in contesa, fa sì che l'atto resti privo di efficacia in assenza di una chiara ed univoca manifestazione di volontà del dominus (Cass. n. 2572/2011); viii ) rinunciare all'azione; difatti la rinuncia all'azione, ovvero all'intera pretesa azionata dall'attore nei confronti del convenuto, costituisce un atto di disposizione del diritto in contesa e richiede, in capo al difensore, un mandato ad hoc, senza che sia a tal fine sufficiente quello ad litem, in ciò differenziandosi dalla rinuncia ad una parte dell'originaria domanda, che rientra fra i poteri del difensore quale espressione della facoltà di modificare le domande e le conclusioni precedentemente formulate (Cass. n. 4837/2019; Cass. n. 13636/2024). La presenza in giudizio di più difensori della stessa parte non autorizza i medesimi a moltiplicare gli atti tipici previsti dalla legge per la difesa dell'assistito, in quanto il potere di compiere l'atto si riferisce al diritto della parte di difendersi e contraddire, che è unico anche se la parte è assistita da più avvocati (Cass. n. 14172/2024, che ha considerato validamente espressa la rinuncia agli atti formulata da uno solo dei difensori della parte ricorrente). Occorre un apposito mandato, naturalmente, per la conciliazione giudiziale, la quale esula dai poteri del difensore e, incidendo direttamente sul diritto controverso, può validamente essere compiuto dalla parte senza il ministero del difensore stesso: di guisa che il verbale di conciliazione è valido ed efficace anche quando non sia sottoscritto dal difensore, né questi abbia partecipato all'udienza nella quale le parti si sono conciliate (Cass. n. 20236/2009). Regole diverse si applicano nel procedimento davanti al giudice di pace, giacché, ai sensi dell'art. 317, comma 2, il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a conciliare. Se la parte, nel conferire la procura alle liti al difensore, gli conferisce anche il potere di transigere la controversia, l'estensione dei conseguenti poteri dispositivi va valutata, con accertamento di fatto che si sottrae al giudizio di legittimità, se congruamente motivato, non solo in relazione alla controversia in atto, ma anche in prevenzione di una lite futura avuto riguardo al disposto dell'art. 1965 c.c. (Cass. n. 2910/1997). BibliografiaCalamandrei, Istituzioni di diritto processuale civile, II, Padova, 1943, 258; Caponi, Rinuncia del difensore al mandato e rimessione in termini della parte, in Foro it. 1998, I, 2517; Della Pietra, Art. 82, in Vaccarella-Verde, Codice di procedura civile commentato, I, Torino, 1997; Liebman, Manuale di diritto processuale civile, I, Milano, 1992, 89; Mazzarella, Avvocato e procuratore, in Enc. giur., IV, Roma, 1988; Punzi, La difesa nel processo civile e l'assetto dell'avvocatura in Italia, in Riv. dir. proc. 2006, 814 |