Codice di Procedura Civile art. 102 - Litisconsorzio necessario 1 .

Rosaria Giordano

Litisconsorzio necessario 1.

[I]. Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo [784; 247 1, 248 4, 2900 2 c.c.].

[II]. Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio [152 2, 153] da lui stabilito2.

 

[1] La Corte cost., con sentenza 8 febbraio 2006, n. 41 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 38 e 102 « nella parte in cui, in ipotesi di litisconsorzio necessario, consente di ritenere improduttiva di effetti l'eccezione di incompetenza territoriale derogabile proposta non da tutti i litisconsorti convenuti».

[2] In tema di rito speciale per le controversie in materia di licenziamenti, v. art. 1, commi 47-68, in particolare il comma 54, l. 28 giugno 2012, n. 92.  Per la disapplicazione delle disposizioni di cui ai commi da 48 a 68 dell'art. 1 della l. 92/2012 vedi l'art. 11 del d.lg. 23/2015, in tema di licenziamenti applicabili ai contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Inquadramento

La norma in esame è una disposizione “in bianco” che deve essere riempita in concreto individuando le ipotesi di litisconsorzio necessario, nelle quali la decisione deve essere resa nei confronti di più parti (Costantino, 3). In generale, il fondamento dell'istituto è ravvisato nell'esistenza di rapporti (o situazioni) sostanziali unici, con pluralità di soggetti (Andrioli I, 283).

Vi sono poi alcune ipotesi di litisconsorzio necessario, espressamente previste dalla legge, che la dottrina ha inquadrato, per giustificare l'integrazione del contraddittorio, nell'ambito della legittimazione straordinaria (Proto Pisani, in Comm. Allorio, 1973, 1111).

La parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio ha l'onere non soltanto di indicare le persone che debbono partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari e di provarne l'esistenza, ma anche quello di dimostrare i presupposti di fatto che giustificano l'integrazione (Cass. S.U., n. 15289/2001).

Ove non venga rispettato l'ordine di integrazione del contraddittorio, il processo si estingue.

Se in sede di gravame viene rilevato che la sentenza è stata emessa in assenza di un litisconsorte pretermesso, la causa deve essere rinviata, sia da parte del giudice d'appello che della Corte di Cassazione, in primo grado, stante la pregiudizialità assoluta del vizio di integrità del litisconsorzio necessario sul piano sostanziale (Cass. n. 1472/2018).

Il litisconsorte necessario pretermesso è legittimato a proporre opposizione di terzo , ai sensi dell' art. 404, contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva che pregiudica i suoi diritti ( Cass. n. 11185/2003 ).

Pertanto, il processo, dopo l'intervento del litisconsorte pretermesso, ricomincia nuovamente nel giudizio di primo grado, con conseguente necessità di rinnovare l'istruttoria (cfr. Cass. n. 1644/2019, con riguardo alla consulenza tecnica).

Caratteri generali dell'istituto

La norma in esame è una disposizione “in bianco” che deve essere riempita in concreto individuando le ipotesi di litisconsorzio necessario, nelle quali la decisione deve essere resa nei confronti di più parti (Costantino 3).

In dottrina il fondamento dell'istituto è individuato nell'esistenza di rapporti (o situazioni) sostanziali unici, con pluralità di soggetti (Andrioli, I, 283).

A riguardo, in giurisprudenza, è consolidato l'orientamento per il quale il litisconsorzio necessario sussiste, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, in tutte le ipotesi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti (Cass. n. 121/2005). In altri termini, il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, quando la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio debba essere necessariamente decisa, alla stregua di un accertamento da effettuarsi sulla base del petitum (e cioè in base al risultato perseguito in giudizio dall'attore), in maniera unitaria nei confronti di ogni soggetto che ne sia partecipe, onde non privare la decisione dell'utilità connessa all'esperimento dell'azione proposta indipendentemente dalla natura del provvedimento richiesto (Cass. n. 1940/2004).

Come evidenziato da risalente giurisprudenza di legittimità, in particolare, il litisconsorzio necessario ricorre, fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge, quando si invochi la tutela costitutiva, ossia si chieda il mutamento di uno stato o rapporto giuridico, riflettente più soggetti, per sua natura inscindibile, di modo che se la sentenza non fosse emessa in confronto di tutti tali soggetti, essa non avrebbe alcuna pratica utilità, mentre  ove si tenda alla dichiarazione o all'attuazione di un obbligo, la domanda può essere utilmente proposta da uno solo degli aventi diritto o contro uno solo degli obbligati, in quanto, essendo l'obbligo per sua natura individuato nella persona di ciascuno degli obbligati e degli aventi diritto, la sentenza avrebbe, in tali casi, sempre il valore di autorizzare il singolo a pretendere per suo conto o di costringerlo a tenere per suo conto una determinata condotta (Cass. n. 767/1962, per la quale, di conseguenza, l'azione di rivendicazione, importando, se accolta, l'obbligo del rilascio del bene rivendicato da parte di chi lo possiede illegittimamente, deve ritenersi bene esercitata anche contro uno solo dei compossessori abusivi, in quanto, in tale ipotesi, la sentenza produce l'effetto utile di escludere intanto dal compossesso il convenuto in giudizio).

In altri termini, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, si ha litisconsorzio necessario quando venga dedotta in giudizio una situazione plurisoggettiva unica solo allorché in ordine ad essa si chieda un provvedimento costitutivo, non già quando si chieda, in via meramente incidentale e con effetto limitato alle parti del giudizio, un accertamento che riguarda anche la parte non presente in giudizio, dal momento che tale accertamento può ben compiersi e produrre i suoi effetti riflessi tra le parti del processo, senza chiamare in giudizio il terzo, il quale non subirà alcun pregiudizio dall'accertamento incidentale, inidoneo a costituire giudicato nei suoi confronti (v., tra altre, Cass. n. 325/1985; Cass. n. 1198/1982).

Vi sono, come evidenziato, alcune ipotesi di litisconsorzio necessario, espressamente previste dalla legge, che la dottrina ha inquadrato, per giustificare l'integrazione del contraddittorio, nell'ambito della legittimazione straordinaria. Il caso tipico è quello del provvedimento giurisdizionale che, pur destinato ad incidere solo nel patrimonio di determinati soggetti, viene, tuttavia, richiesto da un terzo: invero, in tale ipotesi, poiché il provvedimento stesso è istituzionalmente destinato a produrre effetti sostanziali nei rapporti intercorrenti tra le parti originarie, queste ultime vengono considerate litisconsorti necessari del terzo istante (Proto Pisani, in Comm. Allorio, 1973, 1111).

Di recente la S.C. – ribadito che il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che per motivi processuali e nei casi espressamente previsti dalla legge, quando la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio debba essere decisa in maniera unitaria nei confronti di tutti coloro che ne siano partecipi, onde non privare la pronuncia dell'utilità connessa con l'esperimento dell'azione proposta – ha escluso che siano sufficienti esigenze probatorie, occorrendo che l’azione tenda alla costituzione o al mutamento di un rapporto plurisoggettivo unico oppure all'adempimento di una prestazione inscindibile incidente su una situazione pure inscindibile comune a più soggetti (Cass. n. 3692/2020).

Esula dall'ambito di applicazione dell'istituto in esame la diversa problematica della successione nel diritto controverso disciplinata dall'art. 111 c.p.c. In questa prospettiva, la S.C. ha ribadito che poiché, in caso di trasferimento del diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie (art. 111 c.p.c.), sono ininfluenti le vicende attinenti a posizioni giuridiche attive o passive successive all'inizio della controversia stessa. Ne deriva che l'acquirente del diritto controverso, pur potendo spiegare intervento volontario ex art. 111, non diviene litisconsorte necessario e che è validamente emessa la sentenza che non abbia disposto nei suoi confronti l'integrazione del contraddittorio. (Cass. n. 14480/2018: nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta l'instaurazione del giudizio nei confronti di colui che, al momento della notifica dell'atto di citazione, era proprietario del bene rivendicato, essendo intervenuta successivamente ad essa la trascrizione dell'atto di acquisto del suo avente causa). Per converso, il successore a titolo particolare di una delle parti nel rapporto giuridico controverso, il quale proponga impugnazione avverso la sentenza pronunciata nei confronti del suo autore, che non sia stato in precedenza estromesso e che perciò conservi la veste di litisconsorte necessario, deve chiamare nell'istituito giudizio di gravame detto suo dante causa e la mancata "vocatio in ius" di quest'ultimo, se non è sanata ai sensi dell'art. 331 c.p.c. comporta un difetto di integrità del contraddittorio rilevabile eventualmente d'ufficio anche in sede di legittimità e determina, se rilevata in tale sede, la necessità della rimessione della causa nella fase di merito in cui il vizio si è verificato ai fini della relativa eliminazione (Cass. n. 11195/1995).

Nell'ipotesi di causa già incardinata nei confronti di un soggetto deceduto nel corso della stessa sussiste litisconsorzio necessario tra gli eredi del medesimo, nei confronti del quale deve essere integrato il contraddittorio (Cass. n. 134/1966, in Giust. civ., 1966, I, 1841). In sostanza, a seguito della morte di una delle parti in causa, la sua legittimazione, attiva o passiva, si trasmette agli eredi, i quali, indipendentemente dalla scindibilità o inscindibilità del rapporto sostanziale, vengono a trovarsi, per tutta la durata del processo, in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali (cfr., tra le molte, Cass. n. 8452/1995, per la quale l'atto di prosecuzione volontaria, ancorché compiuto da alcuni soltanto degli eredi, è sufficiente a ricostituire il rapporto processuale, salvo l'obbligo del giudice di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei riguardi degli eredi che non abbiano proseguito volontariamente il processo e nei cui confronti non sia avvenuta la riassunzione; v. anche Cass. n. 790/1981, la quale ha evidenziato che, di conseguenza, in fase di appello, deve essere ordinata l'integrazione del contraddittorio, ai sensi dell'art 331, nei confronti dei coeredi pretermessi, salvo che questi ultimi si siano spontaneamente costituiti, dispiegando intervento).  E' pertanto irrilevante il successore cui sia stato eventualmente attribuito il bene oggetto della controversia (Cass. n. 5311/1995).

Peraltro, la circostanza che, nell'intestazione della sentenza o nella esposizione dello svolgimento del processo, sia omessa l'indicazione di taluni litisconsorti necessari  costituisce non una violazione delle norme sull'integrità del contraddittorio, sempreché la decisione sia stata emessa nei confronti di tutti gli interessati, bensì un mero errore materiale, che non inficia la validità della sentenza (Cass., n. 5283/1980).

 

Eccezione di non integrità del contraddittorio

La parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio ha l'onere non soltanto di indicare le persone che debbono partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari e di provarne l'esistenza, ma anche quello di dimostrare i presupposti di fatto che giustificano l'integrazione (Cass. S.U., n. 15289/2001).

In applicazione di tale generale assunto, si è recentemente evidenziato che chi deduca la mancata "vocatio in jus" di uno degli eredi del "de cuius" è tenuto a dimostrare l'avvenuta accettazione di eredità ad opera dello stesso (Cass. n. 11318/2018). Analogamente, si è affermato che qualora, a seguito di morte di una parte, il processo venga proseguito da altro soggetto nella dedotta qualità di unico erede del defunto, spetta alla controparte, che eccepisca la non integrità del contraddittorio per l'esistenza di altri coeredi, fornire la relativa prova (Cass. n. 19400/2019).

Analogamente, si è affermato che qualora, a seguito di morte di una parte, il processo venga proseguito da altro soggetto nella dedotta qualità di unico erede del defunto, spetta alla controparte, che eccepisca la non integrità del contraddittorio per l'esistenza di altri coeredi, fornire la relativa prova (Cass. n. 19400/2019).

Peraltro, non sussiste a carico della parte la quale eccepisca la mancata integrità del contraddittorio anche l'onere di dimostrare l'esistenza in vita di tali soggetti, la loro residenza, domicilio o dimora abituale (Cass. n. 12740/2001).

Il difetto di integrità del contraddittorio per omessa citazione di alcuni litisconsorti necessari può essere dedotto per la prima volta anche nel giudizio di cassazione, alla duplice condizione che gli elementi posti a fondamento emergano, con ogni evidenza, dagli atti già ritualmente acquisiti nel giudizio di merito (poiché nel giudizio di cassazione sono vietati lo svolgimento di ulteriori attività e l'acquisizione di nuove prove) e che sulla questione non si sia formato il giudicato implicito (Cass. n. 17581/2007).

Si è ad esempio affermato, che l'omessa notifica del ricorso e del decreto di comparizione delle parti ad uno dei contraddittori necessari nel procedimento di opposizione al decreto di liquidazione del compenso all'ausiliario del giudice determina la nullità del procedimento e della relativa decisione, rilevabile anche d'ufficio in sede di legittimità per la mancanza di integrità del contraddittorio (Cass. II, n. 14137/2016, in Ilprocessocivile.it, 22 luglio 2016, con nota di Amendolagine).

Ordine di integrazione del contraddittorio

 

L'ordine di integrazione del contraddittorio volto a superare il difetto di un presupposto processuale può essere reso dal giudice, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo. La mancata ottemperanza all'ordine in questione entro il termine indicato dal giudice determina l'estinzione immediata del processo. 

(salvo che detto ordine sia stato emesso, secondo quanto si evince dalla sentenza n. 96 del 2024 della Corte Costituzionale, con il decreto di fissazione dell’udienza ed il giudice abbia respinto la richiesta della parte onerata di fissare un’udienza ad hoc onde discutere sulla sussistenza dei presupposti dell’ordine stesso).

L'esercizio, da parte del giudice, del potere-dovere di ordinare, anche d'ufficio, l'integrazione del contraddittorio, postulando il positivo esito della preliminare indagine circa la ricorrenza dei presupposti che rendono necessaria l'integrazione stessa, comporta che siffatta indagine debba essere svolta con esclusivo riguardo al rapporto quale affermato dall'attore e, pertanto, a prescindere dalla sua reale configurazione giuridica, posto che, iscrivendosi la figura del litisconsorzio nel quadro della legitimatio ad causam, soltanto alla domanda è legittimo fare riferimento per la individuazione dei soggetti coinvolti e per accertare, di conseguenza, la regolarità del contraddittorio (Cass. n. 13435/2010).

In caso di litisconsorzio necessario, qualora l'azione giudiziaria sia stata proposta soltanto contro alcuni dei legittimati passivi, deve essere integrato il contraddittorio nei confronti degli altri, affinché la sentenza possa essere utiliter data: tuttavia ciò implica che il provvedimento d'integrazione presuppone, che il processo sia stato validamente instaurato almeno contro uno dei legittimati passivi, mentre nel caso in cui il soggetto convenuto in giudizio sia diverso da quello nei cui confronti si sarebbe dovuto agire, non si deve disporre l'integrazione del contraddittorio, ma deve essere rigettata la domanda per difetto di una delle condizioni dell'azione (Cass. n. 2886/2002).

Qualora l'ordine di integrazione del contraddittorio venga dato senza l'indicazione del termine finale per la notificazione dell'atto di integrazione, ma facendosi espresso riferimento ai «termini di legge» e fissandosi la nuova udienza ad una data tale da consentire il rispetto del termine per la comparizione, a favore del soggetto nei cui riguardi sia disposta l'integrazione, il provvedimento deve essere inteso nel senso che il termine ultimo per l'integrazione si identifica nell'ultimo giorno utile per garantire l'osservanza del termine di comparizione stesso, pena l'estinzione del processo, trattandosi di termine perentorio (Cass. n. 26401/2009).

Il termine concesso dal giudice per l'integrazione del contraddittorio nei casi previsti dall'art. 102 ha natura perentoria e non può essere né rinnovato, né prorogato ai sensi dell'art. 153, sicché, in caso di mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario, il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo emesso dal giudice ex artt. 291, comma 3, e 307, comma 3 comporta la contemporanea ed automatica estinzione del processo, anche in difetto di eccezione di parte, senza alcuna possibilità di riassunzione, trattandosi di un provvedimento che implica una pronuncia di mero rito ricognitiva dell'impossibilità di proseguire la causa in mancanza di una parte necessaria (Cass. n. 7460/2015).

Tuttavia, qualora in sede di notificazione dell'ordine di integrazione del contraddittorio risulti il decesso del destinatario (o di uno di essi), e la parte tenutavi, pur avendo tempestivamente espletato l'adempimento posto a suo carico con la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, veda, perciò, non conseguito il perfezionamento di tale notificazione, nel termine all'uopo fissato, a causa di un evento che non era tenuta a conoscere e di cui venga informata soltanto attraverso la relazione di notifica, ha diritto all'assegnazione di un ulteriore termine, perentorio, per procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi della parte defunta, dovendosi escludere, alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata, una immediata declaratoria di estinzione del giudizio, trattandosi di soluzione contrastante con gli artt. 3 e 24 Cost., sia perché equiparerebbe situazioni processuali affatto diverse (ponendo sullo stesso piano l'inerzia rispetto all'ordine di integrazione e la tempestiva esecuzione di questo, non completata per cause indipendenti dalla volontà della parte procedente e non rientranti nella normale prevedibilità), sia perché si risolverebbe in una irragionevole compressione del diritto di difesa, atteso che la detta parte si vedrebbe addebitato l'esito parzialmente intempestivo del procedimento notificatorio per un fatto in concreto sottratto ai suoi poteri d'impulso, in quanto dalla stessa non conosciuto (Cass. S.U., n. 1238/2005; Cass. n. 17473/2014).

L'ordine di integrazione del contraddittorio, emesso nei confronti di più persone, litisconsorti necessarie, non può ritenersi ottemperato ove la parte, pur avendo provveduto a depositare tempestivamente gli atti di integrazione con le relate delle notificazioni, eseguite a mezzo posta, abbia omesso di depositare l'avviso di ricevimento, relativo anche ad uno solo dei destinatari dell'ordine stesso, dovendosi ritenere non fornita la prova dell'avvenuta ottemperanza, con conseguente inammissibilità del ricorso (Cass. n. 891/2016).

Tuttavia, qualora l'ordine di integrazione del contraddittorio sia emesso in difetto dei presupposti per la sua emanazione è privo di effetti (Cass. n. 2672/2008), sicché l'eventuale inosservanza non determina l'estinzione del processo (Cass. n. 1739/2013).

In termini speculari, si è inoltre chiarito che, in caso di litisconsorzio necessario, ove non si ottemperi all'ordine di integrazione del contraddittorio, impartito dal giudice di appello, in ragione dell'intervenuta estinzione della società nel momento in cui detto ordine poteva essere eseguito, il gravame non può essere dichiarato inammissibile  (Cass. n. 2551/2019).

Per converso, l'integrazione del contraddittorio, anche se avvenuta dopo la dichiarazione della nullità della sentenza di primo grado e rimessione al primo giudice perché

provveda a norma dell'art. 102, comma 2,  ha effetti di ordine sia processuale che sostanziale, nel senso che sana l'atto introduttivo viziato da nullità, per la mancata chiamata in giudizio di tutte le parti necessarie, ma è altresì idonea ad interrompere prescrizioni e ad impedire decadenze di tipo sostanziale (nella specie, dal diritto di riscatto agrario) nei confronti anche delle parti necessarie originariamente pretermesse (Cass. n. 12295/2016).

Occorre per altro verso tener presente che occorre distinguere la situazione nella quale  il giudice, nel decidere una questione preliminare di merito circa la qualità di litisconsorte necessario di un soggetto, emette un provvedimento che è autonomamente impugnabile, da quella in cui, invece, senza affrontare in alcun modo la questione sollevata dalle parti sulla qualità di litisconsorte necessario del soggetto stesso si limita a disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti di quest'ultimo, il giudice emette un'ordinanza istruttoria insuscettibile di autonoma impugnazione, sulla base del principio enunciato dall'art. 323, che ammette l'appello solo avverso le sentenze e non anche contro le ordinanze (Cass. n. 8158/1997).

Difetto di integrità del contraddittorio rilevato in sede di gravame

È incontroverso che il difetto di integrità del contraddittorio può essere rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio. Tuttavia, l'operatività di tale regola presuppone, in sede d'impugnazione, che il giudice sia stato investito della cognizione della causa sulla base di un gravame tempestivamente proposto e tale, quindi, da impedire la formazione del giudicato (Cass. n. 256/1982).

La S.C. nel ribadire che, entro i predetti limiti, l'eccezione di difetto del contraddittorio per violazione del litisconsorzio necessario può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità, ha precisato che ciò può avvenire a condizione che l'esistenza del litisconsorzio risulti dagli atti e dai documenti del giudizio di merito e la parte che la deduca ottemperi all'onere di indicare nominativamente le persone che devono partecipare al giudizio, di provare la loro esistenza e i presupposti di fatto e di diritto che giustifichino l'integrazione del contraddittorio (Cass. n. 23634/2018).

Giudizio di appello

Nell’ambito di una controversia con pluralità di convenuti in qualità di litisconsorti necessari, la nullità dell'atto di citazione o della notifica di esso in primo grado nei confronti di uno soltanto dei litisconsorti, che non si sia costituito, costituisce un vizio dell'integrità del contraddittorio in primo grado che può essere rilevato anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio e, ove rilevato, giustifica la rimessione del giudizio al primo giudice, ex art. 354, comma 2 (Cass. n. 17519/2003).

Sul punto, la S.C. ha da ultimo chiarito che nell’ipotesi di rimessione delle parti al primo giudice a seguito della mancata partecipazione al giudizio di un litisconsorte necessario, qualora l’atto di riassunzione sia stato notificato nei termini soltanto ad uno dei litisconsorti, non ricorre alcuna invalidità del procedimento di riassunzione e il giudice deve concedere un nuovo termine per la notificazione dell’atto al litisconsorte pretermesso (Cass. n. 29222/2017).

È stato precisato, nondimeno, che nell'ipotesi in cui il giudice di appello debba rimettere, ex art. 354, la causa al giudice di primo grado per l'integrazione del contraddittorio, è comunque tenuto a pronunciarsi preliminarmente sulla questione di giurisdizione, procedendo alla rimessione solo in caso di esito positivo, atteso che, nonostante la pregiudizialità del vizio che impone la rimessione, il giudizio sull'integrità del contraddittorio non può che competere al giudice munito di giurisdizione, alla luce del rito applicabile, mentre sarebbe inutile richiederne la decisione da parte del giudice che ne è carente (Cass. S.U., n. 10462/2008).

Resta ferma che nell'ipotesi in cui il litisconsorte necessario pretermesso intervenga volontariamente in appello ed accetti la causa nello stato in cui si trova, chiedendo che sia così decisa, e nessuna delle altre parti resti privata di facoltà processuali non già altrimenti pregiudicate, il giudice di appello non può rilevare d'ufficio il difetto di contraddittorio, né è tenuto a rimettere la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell'art. 354, ma deve trattenerla e decidere sul gravame, risultando altrimenti violato il principio fondamentale della ragionevole durata del processo, il quale impone al giudice di impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione della controversia (Cass. n. 23701/2014).

Diversamente, ove il litisconsorte pretermesso in primo grado, pur intervenendo volontariamente in appello, deduca la lesione del contraddittorio e non accetti lo stato nel quale la causa si trovi, la stessa deve essere rimessa al giudice di primo grado ex art. 354 c.p.c.

Giudizio dinanzi alla Corte di cassazione

L'eccezione di difetto del contraddittorio per violazione del litisconsorzio necessario può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità, a condizione che l'esistenza del litisconsorzio risulti dagli atti e dai documenti del giudizio di merito e la parte che la deduca ottemperi all'onere di indicare nominativamente le persone che devono partecipare al giudizio, di provare la loro esistenza e i presupposti di fatto e di diritto che giustifichino l'integrazione del contraddittorio (Cass. n. 1143/2022).

In tema di litisconsorzio necessario, la parte che denunci per cassazione la violazione dell'art. 354 c.p.c., in relazione all'art. 102 c.p.c., ha l'onere di indicare nominativamente, nel ricorso, le persone che debbono partecipare al giudizio ai fini dell'integrità del contraddittorio, nonché di documentare i titoli che attribuiscano ai soggetti pretermessi la qualità di litisconsorti, ricadendo sul ricorrente il dubbio in ordine a questi elementi, tale da non consentire alla S.C. di ravvisare la fondatezza della dedotta violazione (Cass. n. 10168/2018).   Né, peraltro, tra i documenti che possono essere prodotti nel giudizio di cassazione, ai sensi dell'art. 372 c.p.c., non rientrano quelli con cui la parte - su cui grava il relativo onere probatorio - voglia a dimostrare l'esistenza dei presupposti di fatto di un litisconsorzio necessario, ritenuti non provati dal giudice di merito (Cass. n. 2239/1996).

La Corte di cassazione, a fronte dell'eccezione del difetto di integrità del contraddittorio o del rilievo d'ufficio della questione, può peraltro effettuare indagini limitatamente ai fatti emergenti ex actis (Cass. n. 2032/1965, in Giust. civ., 1965, I, 1729).

La violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado né da quello di appello, impone il rinvio, anche d'ufficio, della causa al giudice di prime cure a norma dell'art. 383, ultimo comma (Cass. n. 4665/2021), atteso che resta viziato l'intero processo (Cass. n. 6644/2018).

Nondimeno, qualora il giudice di appello abbia illegittimamente rimesso al giudice di primo grado la causa per omessa integrazione del contraddittorio e la Corte di cassazione rilevi detto errore commesso dal giudice di secondo grado, la causa va cassata con rinvio al medesimo giudice di appello (rinvio di tipo restitutorio), che resta investito del potere di riesaminare il merito della causa, nell'ambito di un giudizio nel quale le parti, salvi i limiti dell'impugnazione a suo tempo proposta, hanno la facoltà di svolgere tutte le difese e le argomentazioni che risultino compatibili con il rito di secondo grado, o la cui proposizione sia ammissibile in sede di gravame (Cass. n. 25250/2013).

 A quest'ultimo riguardo, è stato precisato che nel giudizio di cassazione, è ammissibile la pronuncia in camera di consiglio anche ove si imponga la necessità di annullamento con rinvio al primo giudice per pretermissione originaria di un litisconsorte necessario, ai sensi dell'art. 383, comma 3, c.p.c., ancorché si tratti di ipotesi non prevista testualmente dall'art. 375 c.p.c. (Cass.n. 1316/2012). Tale conclusione, è stato recentemente chiarito, può essere confermata anche nel vigore della novella introdotta dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197, essendo rimasti immutati i fini deflattivi di quel procedimento e non sussistendo alcuna lesione del diritto di difesa (Cass. n. 8837/2018).

Si tratta di una significativa evoluzione rispetto alla stessa giurisprudenza di legittimità più risalente che assumeva il rilievo del difetto di integrità del contradditorio quale pregiudiziale anche a quello della mancanza di giurisdizione (Cass. S.U., n. 1257/1965, in Giust. civ., 1966, I, 153).

Qualora la Corte di cassazione cassi con rinvio la sentenza d'appello per mancata integrazione del contraddittorio, il giudizio di rinvio ha carattere restitutorio — con conseguente facoltà di allegazione e di prova, nei limiti consentiti dalla fase processuale nella quale l'integrazione avviene — soltanto per i soggetti chiamati in causa indebitamente pretermessi, mentre le parti che erano già presenti in giudizio hanno la possibilità di compiere deduzioni difensive ed istruttorie solo nella misura in cui esse servano per contrastare la linea difensiva dei chiamati (Cass. n. 7996/2010).

Resta fermo che, invece, nel giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione, non può essere eccepita o rilevata di ufficio la non integrità del contraddittorio a causa di un'esigenza originaria di litisconsorzio (art. 102 c.p.c.) quando tale questione non sia stata dedotta con il ricorso per cassazione e rilevata dal giudice di legittimità, dovendosi presumere che il contraddittorio sia stato ritenuto integro in quella sede, con la conseguenza che nel giudizio di rinvio e nel successivo giudizio di legittimità possono e devono partecipare, in veste di litisconsorti necessari, soltanto coloro che furono parti nel primo giudizio davanti alla Corte di cassazione (Cass., n. 21096/2017). Peraltro, costituisce principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un'evidente ragione d'inammissibilità del ricorso o qualora questo sia "prima facie" infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un'attività processuale del tutto ininfluente sull'esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (v., tra le altre, Cass. n. 11287/2018; Cass. n. 15106/2013).

 

Giudizio di rinvio

Il giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza da parte della Cassazione deve svolgersi tra tutte le parti nei confronti delle quali vennero pronunciate la sentenza di annullamento e quella cassata, con la conseguenza che, vertendosi in tema di litisconsorzio necessario, la tempestiva riassunzione della causa nei confronti di uno solo dei litisconsorti è sufficiente ad impedire l'estinzione del processo ex art. 393 c.p.c., la quale si verificherà soltanto laddove il contraddittorio non venga successivamente integrato nel termine perentorio che il giudice è tenuto ad assegnare, a tal fine, ai sensi dell'art. 102, comma 2, c.p.c. (Cass. n. 28333/2024).

Resta fermo che, invece, nel giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione, non può essere eccepita o rilevata di ufficio la non integrità del contraddittorio a causa di un'esigenza originaria di litisconsorzio (art. 102 c.p.c.) quando tale questione non sia stata dedotta con il ricorso per cassazione e rilevata dal giudice di legittimità, dovendosi presumere che il contraddittorio sia stato ritenuto integro in quella sede, con la conseguenza che nel giudizio di rinvio e nel successivo giudizio di legittimità possono e devono partecipare, in veste di litisconsorti necessari, soltanto coloro che furono parti nel primo giudizio davanti alla Corte di cassazione (Cass. n. 21096/2017).

Occorre inoltre considerare che, secondo un orientamento affermato nella recente giurisprudenza di legittimità, in tema di incidenza dello ius superveniens sul giudizio di rinvio, il giudice di merito (di primo o di secondo grado), anche in caso di nullità del processo per mancato rispetto del litisconsorzio necessario, non deve tener conto delle modifiche processuali medio tempore intervenute, a prescindere dalla distinzione tra rinvio prosecutorio e rinvio restitutorio, che ha effetto solo descrittivo, per la determinazione dei poteri del giudice nel riesame della controversia, senza alcuna ricaduta pratica in caso di disciplina processuale sopravvenuta, trattandosi in ogni caso di una fase ulteriore dell'originario procedimento (Cass. n. 25145/2024). In tema di incidenza dello "ius superveniens" sul giudizio di rinvio, mentre nell'ipotesi di rinvio cd. prosecutorio (o proprio) ex art. 383, comma 1, c.p.c., il giudice non deve tener conto delle modifiche processuali "medio tempore" intervenute, vertendosi in una fase ulteriore dell'originario procedimento (introdotto secondo le regole in quel momento vigenti), nel caso rinvio cd. restitutorio (o improprio) ex art. 383, comma 3, c.p.c., le sopravvenienze normative incidono, invece, sul nuovo processo che si svolge dinanzi al primo giudice, cui la causa sia stata rimessa in conseguenza dell'annullamento dell'intero procedimento (Cass. n. 22407/2020).

Caratteristiche del processo litisconsortile

Secondo l'orientamento tradizionale, in tema di competenza territoriale derogabile, e con riguardo al caso di litisconsorzio necessario passivo, l'eccezione sollevata da uno soltanto dei convenuti resta priva di effetti nei confronti di tutti (ed anche dello stesso convenuto che l'ha sollevata) in ragione dell'incontestabilità della competenza "ratione loci" del giudice adito nei confronti del convenuto che non ha proposto l'eccezione, attesa la natura dispositiva di questa, ed in conseguenza del carattere inscindibile della causa (Cass. n. 19802/2004).

E' peraltro intervenuta la Corte Costituzionale che ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli artt. 38 e 102 Cost., nella parte in cui, secondo il cd. diritto vivente della S.C., in ipotesi di litisconsorzio necessario passivo, era ritenuta improduttiva di effetti l'eccezione di incompetenza territoriale ove sollevata da uno solo dei convenuti, con la conseguenza di rendere definitiva la competenza territoriale del foro scelto dall'attore. Secondo la Corte Costituzionale, infatti, tale lettura delle norme in questione contrastava con gli artt. 24 e 25 Cost., nella parte in cui rappresenti una violazione del diritto, costituzionalmente garantito in favore di chiunque, sia a potersi difendersi nel modo migliore in ogni stato e grado di qualsivoglia giudizio, sia a non essere distolto dal suo c.d. giudice naturale precostituito per legge, che in questo caso è quello indicato dai criteri di cui agli art. 18, 19, 20 e 33 (Cass. n. 41/2006).

In omaggio alla decisione della Corte Costituzionale si è ad esempio ritenuto che in tema di competenza arbitrale, l'eccezione di compromesso sollevata soltanto da alcuni dei contraenti convenuti in giudizio è produttiva di effetti nei confronti di tutti gli altri litisconsorti (Cass. n. 8595/2018).

Casistica

Ipotesi nelle quali sussiste litisconsorzio necessario

In caso di morte di una delle parti nel corso del giudizio di primo grado, gli eredi, indipendentemente dalla natura del rapporto sostanziale controverso, vengono a trovarsi per tutta la durata del processo in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali (Cass. n. 6780/2015).

Il genitore che ha riconosciuto il figlio ancora minore di sedici anni e che si oppone o comunque non dà il consenso al riconoscimento da parte dell'altro genitore, è litisconsorte necessario nel procedimento da quest'ultimo promosso per conseguire la sentenza sostitutiva del consenso mancante, senza che abbia rilievo che sia stato dichiarato decaduto dall'esercizio della potestà genitoriale, non afferendo il richiesto consenso allo esercizio di tale potestà ma soltanto allo status di genitore che abbia già effettuato il riconoscimento (cfr. Cass. n. 17277/2014). Sulla questione è stato peraltro chiarito che nello stesso giudizio, il minore non è anch'egli parte necessaria ed allo stesso quindi, non deve essere nominato un curatore speciale per il giudizio medesimo, non essendo egli considerato, a causa della sua non ancora raggiunta maturità, portatore di una posizione soggettiva autonomamente tutelata ed essendo soltanto prevista la sua audizione per ragioni istruttorie al fine di stabilire se il riconoscimento sia conforme al suo interesse. La disparità di tale trattamento rispetto ai figli ultrasedicenni non si pone in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza trovando razionale giustificazione nella presunzione, correlata all'età, del raggiungimento da parte degli ultrasedicenni di un grado di maturità da consentire un meditato giudizio sul proprio interesse al riconoscimento (Cass. n. 6470/2001).

Il P.M. presso la Corte d'Appello ha il potere d'impugnazione delle sentenze che dichiarano l'efficacia o l'inefficacia di pronunce straniere relative a cause matrimoniali (salvo che per quelle di separazione personale dei coniugi), ai sensi dell'art. 72, comma 4, con la conseguenza che, ove l'impugnazione sia proposta da altre parti, deve essere necessariamente notificato il ricorso per Cassazione anche al P.M. presso detto ufficio, onde porlo in grado di proporre un eventuale impugnazione incidentale, pena l'inammissibilità del ricorso stesso, nel caso di mancata integrazione del contraddittorio nel termine all'uopo stabilito dalla Corte di Cassazione (Cass. n. 1012/1995).

Nei giudizi aventi ad oggetto la limitazione o ablazione della responsabilità genitoriale, il genitore è litisconsorte necessario, munito del pieno potere di agire, contraddire e impugnare le decisioni che producano effetti provvisori o definitivi sulla titolarità o sull'esercizio della predetta responsabilità. (Cass. n. 4099/2018, la quale ha ritenuto ammissibile il reclamo proposto dal padre avverso la sentenza che lo aveva dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale).

In tema di procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, i genitori dell'adottando sono litisconsorti necessari e, ove la loro mancata partecipazione al giudizio non sia stata rilevata né dal giudice di primo grado, né da quello d'appello, l'intero giudizio è viziato, dovendosi disporre, in sede di legittimità, l'annullamento, anche d'ufficio, delle pronunce e il rinvio al giudice di primo grado, senza che  assuma rilievo che nei confronti dei genitori sia stata pronunciata la decadenza sulla potestà del figlio ai sensi dell'art. 330 c.c., stante il loro interesse ad opporsi all'adozione per evitare le più incisive e definitive conseguenze dell'adozione che comportano, oltre la perdita della potestà, il venir meno di ogni rapporto nei riguardi del figlio (Cass. n. 24482/2013). Peraltro, è stato precisato che nei giudizi d'impugnazione (ricorso in appello e per cassazione) successivi alla pronuncia da parte del tribunale per i minorenni della sentenza sull'opposizione avverso il decreto di adottabilità, assumono la qualità di litisconsorti necessari, tra i soggetti che erano legittimati all'opposizione in quanto destinatari della notificazione del decreto di adottabilità, ai sensi dell'art. 15 della l. n. 184 del 1983 (P.M., genitori, parenti entro il quarto grado, tutore), soltanto coloro che abbiano effettivamente proposto l'opposizione, poiché gli altri non hanno la legittimazione ad impugnare la sentenza del Tribunale, che spetta, ai sensi dell'art. 17 della legge citata, ai soggetti destinatari della notifica di quest'ultima, cioè al P.M., all'opponente ed al curatore (Cass. I, n. 28371/2022).

Nei giudizi riguardanti l'adozione di provvedimenti limitativi, ablativi o restitutivi della responsabilità genitoriale, riguardanti entrambi i genitori, l'art. 336, comma 4, c.c., così come modificato dall'art. 37, comma 3 l. n. 149/2001, richiede la nomina di un curatore speciale, ex art. 78 c.p.c., ove non sia stato nominato un tutore provvisorio, sussistendo un conflitto d'interessi verso entrambi i genitori. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui non si sia provveduto a tale nomina, il procedimento deve ritenersi nullo exart. 354 comma con rimessione della causa al primo giudice perché provveda all'integrazione del contraddittorio (Cass. n. 5256/2018).

Il ricorso per cassazione proposto dai genitori quali esercenti la potestà sul figlio, quando lo stesso sia già divenuto maggiorenne, impone l'integrazione del contraddittorio nei confronti di quest'ultimo, in quanto litisconsorte necessario, essendo già stato parte del giudizio nei precedenti gradi di merito in relazione ai riflessi patrimoniali e non patrimoniali della domanda a lui riferibili, sia pure per effetto della rappresentanza legale dei medesimi genitori, e risultando l'impugnazione così proposta inidonea a determinare la presenza del figlio nella fase di legittimità (Cass. S.U., n. 21670/2013, la quale ha evidenziato che, tuttavia, allorché la parte ormai maggiorenne sia comunque intervenuta nel giudizio davanti alla Corte, aderendo alle censure proposte dai genitori nel ricorso, senza però notificare alle altri parti tale atto d'intervento, la fissazione del termine exart. 331, in forza del principio della ragionevole durata del processo, può ritenersi anche superflua ove il gravame appaia prima facie infondato, e l'integrazione del contraddittorio si riveli, perciò, attività del tutto ininfluente sull'esito del procedimento).

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, pur ribadendo che nel giudizio volto ad ottenere il riconoscimento dell'efficacia ex art. 67 della l. n. 218 del 1995 del provvedimento straniero di adozione piena di un minore, gli adottanti sono litisconsorti necessari, poiché l'atto reca l'inscindibile riconoscimento dello “status” genitoriale di entrambi, hanno chiarito che, tuttavia, ove l'azione sia esperita da uno solo di essi, ma l'altro intervenga volontariamente nel giudizio di cassazione e aderisca in pieno alle difese del primo, consentendo di verificare l'assenza di alcun pregiudizio alle facoltà processuali delle parti, il giudice di legittimità non può rilevare il difetto del contraddittorio, né procedere alla rimessione della causa davanti al giudice di merito, ma è chiamato ad esaminare il ricorso e a deciderlo, dovendo dare preminenza al principio di effettività nel valutare l'esercizio e la lesione del diritto di difesa (Cass. S.U., n. 9006/2021).

Nelle cause aventi ad oggetto l'impugnazione di un testamento olografo per nullità, in considerazione dell'unità del rapporto dedotto in giudizio, sussiste litisconsorzio necessario anche nei confronti di tutti gli eredi legittimi, in quanto l'eventuale accoglimento della domanda porterebbe alla dichiarazione di invalidità del testamento ed alla conseguente apertura della successione legittima (Cass. n. 474/2010).

Invero,  in caso di impugnazione del testamento correlata alla falsità del medesimo, rivestono la qualità di litisconsorti necessari non solo tutti coloro che, una volta appurata la nullità dello stesso, potrebbero vantare diritti sulla successione in qualità di eredi legittimi (Cass. n. 8575/2019), ma anche tutti i beneficiari delle disposizioni a titolo universale o particolare contenute nella scheda testamentaria, non essendo concepibile che, all'esito dello stesso processo, un testamento possa essere ritenuto valido (o invalido) nei confronti dell'erede istituito e invalido (o valido) nei confronti del legatario (Cass. n. 28043/2023).

In tutti i procedimenti relativi all'attribuzione del cognome al figlio, entrambi i genitori sono parti necessarie, pertanto l'assenza di uno dei due determina la nullità del provvedimento finale del Tribunale per violazione delle norme processuali in tema di litisconsorzio necessario e di contraddittorio, con la conseguente rimessione degli atti al giudice del primo grado (App. Roma, 10 luglio 2006).

L'acquisto, da parte di uno dei coniugi in regime di comunione legale, di un bene successivamente oggetto di una azione di riscatto da parte di un terzo, deve ritenersi ipso iure esteso, con efficacia ex tunc, anche all'altro coniuge, con conseguente determinazione di una situazione di titolarità, rispetto alla cosa, dal carattere unitario ed inscindibile, sulla quale andrà, per l'effetto, ad incidere l'esercizio del riscatto, così che la relativa domanda giudiziale non potrà dirsi legittimamente proposta se non nei confronti di entrambi i coniugi, secondo i principi propri del litisconsorzio necessario, senza che a tanto osti la natura meramente dichiarativa dell'azione di riscatto, astrattamente non incompatibile con l'istituto di cui all'art. 102, implicando il rapporto dedotto in giudizio una situazione sostanziale di tipo plurisoggettivo tanto sul piano genetico quanto su quello funzionale, il cui accertamento, la cui modificazione e la cui estinzione non possono operare che nei confronti di tutti i soggetti che ne partecipano (Cass. S.U., n. 9523/2010).

Sussiste il litisconsorzio necessario del coniuge in regime di comunione legale dei beni nel caso in cui venga contestato da un terzo l'acquisto per usucapione di una porzione immobiliare da parte dell'altro coniuge, perfezionatasi dopo l'entrata in vigore del nuovo regime giuridico del diritto di famiglia, rilevando ai fini dell'applicabilità del regime della comunione legale soltanto la data di acquisto della proprietà per usucapione e non la precedente perdita del possesso da parte del precedente proprietario (Cass. n. 19984/2008).

Il coniuge in comunione legale dei beni è litisconsorte necessario nel giudizio relativo alla natura giuridica, l'efficacia e l'esecuzione di un contratto, definito «compromesso divisionale», relativo ad immobili appartenenti in comproprietà con terzi all'altro coniuge (Cass. n. 12849/2008).

In tema di successione ereditaria, il rilascio dei beni da parte dell'erede beneficiato, ai sensi dell'art. 507 c.c., non comporta il trasferimento della relativa proprietà ai creditori o al curatore nominato ai sensi dell'art. 508 c.c., verificandosi un'ipotesi di semplice abbandono, da parte dell'erede stesso, dei poteri di amministrazione e disposizione a lui riconosciuti, con subingresso del curatore quale titolare dell'ufficio di liquidazione. Ne consegue che, nei giudizi in cui si controverta della proprietà dei beni ereditari, è necessaria la partecipazione non soltanto del curatore, ma anche dell'erede beneficiato, risultando inutiliter data una sentenza eventualmente pronunciata in sua assenza (Cass. n. 15038/2013).

A norma dell'ultimo comma dell'art 2900 c.c., il creditore che esercita l'azione surrogatoria deve chiamare in giudizio il proprio debitore, il quale deve, quindi, partecipare alla lite in veste di litisconsorte necessario, onde nei suoi confronti deve essere integrato il contraddittorio qualora fin dall'inizio il gravame non sia stato proposto anche nei suoi riguardi, non essendo configurabile la possibilità di pronunce autonome e separate in cospetto di un rapporto che sostanzialmente unico, dato che il creditore agisce 'utendo iuribus' del proprio debitore (Cass. n. 628/1962, in Giust. civ., 1962, I, 1736 ed in Foro pad., 1963, I, 1369, con nota di Stolfi).

In un giudizio introdotto con azione revocatoria ai sensi dell'art. 2901 c.c. sussiste un rapporto di litisconsorzio necessario tra il debitore ed il terzo acquirente convenuti in giudizio dal creditore (Cass. n. 23068/2011).

In tema di azione revocatoria della costituzione del fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia, la natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo implica la necessità che la sentenza di revoca faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il vincolo stesso è stato costituito: pertanto, nel giudizio promosso dal creditore personale al fine di revocare l'atto costitutivo del fondo al quale abbiano preso parte entrambi i coniugi, divenendo comproprietari dei beni vincolati, sussiste il litisconsorzio necessario dei suddetti stipulanti (Cass. n. 21494/2011).

Nell'azione prevista dall'art. 2932 c.c. promossa dal promissario acquirente, per l'adempimento in forma specifica o per i danni da inadempimento contrattuale, nei confronti del promittente venditore che, coniugato in regime di comunione dei beni, abbia stipulato il preliminare senza il consenso dell'altro coniuge, quest'ultimo deve considerarsi litisconsorte necessario del relativo giudizio, con la conseguenza che, qualora non sia stato integrato il contraddittorio nei suoi confronti, il processo svoltosi è da ritenersi nullo e deve essere nuovamente celebrato a contraddittorio integro (Cass. S.U., n. 17952/2007; conf. Cass. n. 8040/2019).

Nel caso in cui, a seguito della stipulazione di un contratto preliminare di compravendita per persona da nominare, l'electio amici sia stata compiuta da uno solo dei promissari acquirenti dopo la morte dell'altro, nella causa promossa da uno degli eredi del de cuius, contro i terzi nominati, per la restituzione della caparra versata all'atto del preliminare (e imputata a prezzo della vendita), sono litisconsorti necessari gli altri coeredi del promissario acquirente defunto e l'altro stipulante, inerendo la causa petendi della domanda all'accertamento, da un lato, delle modalità di svolgimento, da parte di quest'ultimo, di un potere di rappresentanza degli eredi suddetti, e dall'altro della causa (gratuita od onerosa) del negozio sottostante all'atto di nomina degli acquirenti (Cass. n 9008/2022).

La domanda diretta a far accertare l'avvenuta usucapione di un bene richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l'usucapione si sarebbe verificata, poiché, in tale ipotesi, risulta dedotta una situazione giuridica (usucapione e proprietà esclusiva) confliggente con quella preesistente (comproprietà), della quale il giudice non può conoscere se non in contraddittorio di tutti gli interessati (Cass. n. 21136/1997;Cass. n. 5478/1981).

Nel caso di actio negatoria servitutis da cui consegua la modificazione del bene costituente fondo dominante appartenente a più soggetti, sussiste litisconsorzio necessario tra tutti i comproprietari dello stesso (Cass. n. 10205/2015; per l'affermazione del medesimo principio con riguardo all'actio confessoria servitutis v. Cass. n. 2449/1981).

Qualora la costituzione di una servitù di passaggio coattiva sia richiesta a carico di un fondo appartenente pro indiviso a più condomini la domanda deve essere proposta nei confronti di tutti, versandosi in un'ipotesi di litisconsorzio necessario, il difetto di contraddittorio al riguardo e rilevabile in ogni stato e grado del processo – quindi per la prima volta in sede di legittimità, anche d'ufficio ( Cass. n. 5222/1980 ).

La domanda di demolizione di corpi di fabbrica abusivamente costruiti su un immobile appartenente a più comproprietari deve essere proposta nei confronti di tutti i comproprietari stessi, in qualità di litisconsorti necessari, trattandosi di azione reale, che prescinde, perciò, dall'individuazione dell'autore materiale dei lamentati abusi edilizi; ne consegue che l'eventuale violazione del contraddittorio è deducibile e dichiarabile anche per la prima volta in sede di legittimità, se risultante dagli atti e non preclusa dal giudicato sulla questione (Cass. n. 9902/2010).

L'azione con la quale il comproprietario di un immobile chiede, nei confronti degli altri comproprietari, il ripristino dello stato dei luoghi con la rimozione delle opere che si assuma abusivamente realizzate da uno di loro , dà luogo a un litisconsorzio necessario passivo: infatti, la modifica dei luoghi, necessaria per il ripristino, rende necessaria la partecipazione di tutti i comunisti, in quanto la sentenza sarebbe altrimenti inutiliter data (Cass. n. 8032/2014). In sostanza, nel giudizio promosso per conseguire la rimozione di una costruzione, illegittimamente realizzata in un'unità immobiliare in danno delle parti comuni di un edificio condominiale, sono litisconsorti necessari tutti i comproprietari di tale unità, indipendentemente dal fatto che solo uno od alcuni di essi ne siano stati gli autori materiali (Cass. n. 4685/2018).

In tema di condominio degli edifici, ove alcuni condomini, convenuti per l'accertamento della proprietà comune di un bene, propongano domanda riconvenzionale di accertamento della proprietà esclusiva, in base ai titoli o per intervenuta usucapione, deve essere disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, configurandosi un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in quanto viene dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico ed inscindibile (Cass. n. 5762/2013; ciò non avviene, per converso, ove venga proposta solo una eccezione riconvenzionale in tal senso: Cass. n. 10745/2019). 

La domanda di revisione delle tabelle millesimali, allegate ad un regolamento di condominio avente natura contrattuale, esorbita dall'ambito delle attribuzioni dell'amministratore e va proposta in contraddittorio di tutti i condomini, riguardando la modifica dei diritti riconosciuti ai singoli da tale regolamento (Cass. n. 22464/2014).

In materia di condominio, se la decisione viene resa nei confronti di più condomini, che abbiano agito in uno stesso processo, tutti sono parti necessarie nei successivi giudici di impugnazione, poiché per tutti deve potere fare stato soltanto la pronuncia finale, dandosi altrimenti luogo all'eventualità di giudicati contrastanti, con l'affermazione della legittimità della deliberazione per alcuni e della sua invalidità per altri (Cass. n. 8727/2014).

La domanda di un terzo estraneo al condominio, volta all'accertamento, con efficacia di giudicato, della proprietà esclusiva su di un bene condominiale ed al conseguente rilascio dello stesso in proprio favore, si deve svolgere in contraddittorio con tutti i condomini, stante la loro condizione di comproprietari dei beni comuni e la portata delle azioni reali, che incidono sul diritto “pro quota” o esclusivo di ciascun condomino, avente pertanto reale interesse a contraddire (Cass. n. 3275/2018).

L'azione diretta alla demolizione di un bene comune a più persone, dovendo necessariamente essere proposta nei confronti di tutte queste da vita ad una causa inscindibile per ragioni sostanziali, sicché la mancata partecipazione di uno di tali comproprietari al giudizio di appello va rilevata di ufficio dalla Corte di Cassazione, con la conseguente Cassazione della sentenza ed il rinvio al giudice di appello per l'integrazione del contraddittorio (Cass. n. 1548/1981).

Analogamente, più di recente, si è evidenziato che, in tema di tutela possessoria, qualora la reintegrazione o la manutenzione del possesso richieda, per il ripristino dello stato dei luoghi, la demolizione di un'opera in proprietà di più persone, il comproprietario non autore dello spoglio è litisconsorte necessario, in quanto è comunque destinatario del provvedimento di tutela ripristinatoria (Cass. n. 22694/2015). 

Quando la domanda di rilascio immobiliare presuppone l'accertamento del legittimo esercizio del diritto potestativo del fallimento di sciogliersi da un preliminare di vendita ad effetti anticipati, ai sensi dell'art. 72 l. fall. (per la nuova disciplina v. art. 172 d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), ricorre il litisconsorzio necessario fra tutti i promissari acquirenti, detentori dell'immobile, non potendo lo scioglimento contrattuale essere limitato ad uno solo di essi, tenuto conto dell'inscindibilità della prestazione traslativa dedotta nel preliminare (Cass. n. 16633/2013).

Deve essere integrato il contraddittorio nei confronti del Comune interessato, allorché si controverta fra privati circa la natura pubblica o privata di alcune strade, quando l'accertamento relativo rappresenti il fatto costitutivo della domanda proposta e, quindi, la controversia sia potenzialmente idonea a produrre effetti con riguardo al regime giuridico delle medesime (Cass. n. 18127/2013, la quale al fine di completare le opere oggetto di convenzione di lottizzazione, era stata conclusa una convenzione fra privati, in mancanza del trasferimento formale delle stesse al demanio, ma, alla luce di indici conformativi adottati nel tempo dall'ente territoriale, era necessario accertare se le aree in questione potessero dirsi acquisite, per fatti concludenti o atti autoritativi, al demanio, ed al riguardo era stata formulata espressa domanda dall'attore in primo grado).

La domanda di condanna all'adempimento di un obbligo positivo inerente a diritti reali (demolizione di una costruzione e riduzione in pristino) va proposta nei confronti di tutti i contitolari poiché, in caso contrario, la pronunzia, destinata per sua natura ad incidere in situazioni irrimediabilmente comuni a tutti gli aventi diritto, risulterebbe priva di effetti anche nei confronti delle parti non pretermesse (Cass. n. 394/1966, in Giust. civ., 1966, I, 652).

Quando un fondo appartiene a più persone, succedute mortis causa ad un unico proprietario locatore, il contratto d'affitto stipulato da quest'ultimo rimasto in vigore dopo la sua morte, deve considerarsi indivisibile (a differenza di quanto avviene ove l'originario locatore alieni inter vivos, per parti distinte, la proprietà della res locata) con la conseguenza che ogni controversia, relativa a tale rapporto, va promossa da o contro tutti i predetti comproprietari, perché l'unità del rapporto giuridico dà luogo ad un litisconsorzio necessario (Cass. n. 2725/1960, in Giur. it., 1961, I, 406, con nota di Orengo).

La domanda diretta ad ottenere la risoluzione per inadempimento di un contratto con pluralità di parti deve essere proposta nei confronti di tutti i contraenti, non potendo un contratto unico essere risolto nei confronti soltanto di uno dei soggetti che vi hanno partecipato e rimanere in vita per l'altro o gli altri stipulanti (Cass. n. 9042/2016).

Qualora un immobile venga unitamente concesso in locazione con unico contratto a più persone deve ravvisarsi sotto il profilo processuale una ipotesi di litisconsorzio necessario, con la conseguente partecipazione ai giudizi relativi alla pretesa cessazione del rapporto locativo di tutti i conduttori, dal momento che l'eventuale pronuncia richiesta al giudice non può essere utilmente resa nei confronti di alcuni soltanto dei conduttori medesimi (Cass. n. 5008/1996).

Qualora soggetti del rapporto di sublocazione siano più subconduttori, la controversia relativa alla risoluzione del contratto va promossa nei confronti di tutti controvertendosi in ipotesi di litisconsorzio necessario, con la conseguenza che – ove il giudizio si svolgesse soltanto nei confronti di alcuni di essi – la sentenza sarebbe inutiliter data (Cass. n. 1946/1981).

Nella controversia promossa dal concedente per la risoluzione di un contratto di affitto di un unico fondo rustico stipulato con due o più affittuari, tutti costoro rivestono la qualità, fondata su ragioni di diritto sostanziale, di litisconsorti necessari, non potendo la risoluzione contrattuale essere utilmente pronunciata se non nei confronti di tutte la parti dell'unico rapporto in contestazione, con la conseguenza che, instauratosi il giudizio relativo alla controversia agraria in grado di appello, sorge la necessità di integrazione del contraddittorio, in quella sede, nei confronti di tutti gli affittuari, già parti nel processo di primo grado, e codestinatari della pronuncia emanata al termine di questo (Cass. n. 203/2003).

Nel giudizio di riscatto promosso dal conduttore di un immobile destinato ad uso non abitativo ai sensi dell'art. 39 l. n. 392/1978, nei confronti di colui che dall'atto di vendita risulti acquirente dell'immobile stesso, è litisconsorte necessario il coniuge del predetto acquirente, qualora tra i coniugi sussista il regime di comunione legale dei beni, poiché gli acquisti compiuti da uno di essi anche separatamente operano a vantaggio dell'altro, il quale diventa automaticamente proprietario del bene acquistato in ragione della metà, con la conseguenza che tutte le azioni di natura reale aventi per oggetto il bene stesso e quindi anche quelle di riscatto con le quali si tende ad ottenere una sentenza che riconosca il diritto di proprietà dell'immobile locato al conduttore con effetti reali erga omnes (ed in particolare nei confronti di tutti gli acquirenti dello stesso immobile) debbono essere proposte nei confronti di entrambi i coniugi, giacché in mancanza la sentenza, non potendo spiegare effetti nei confronti del coniuge che non abbia partecipato al giudizio, risulterebbe inutiliter data (Cass. n. 6299/1995).

L'esercizio dell'azione di annullamento del contratto per incapacità di intendere e volere di uno dei contraenti, che sia successivamente deceduto, sebbene possa compiersi da parte di uno solo dei coeredi, anche in contrasto con gli altri, implica comunque il litisconsorzio necessario di tutti, giacché, come la sentenza di annullamento deve investire l'atto negoziale non limitatamente ad un soggetto, l'atto negoziale non limitatamente ad un soggetto, ma nella sua interezza, posto che esso non può essere contemporaneamente valido per un soggetto e invalido per un altro, così anche l'eventuale restituzione non può avvenire pro quota (Cass. n. 25810/2013).

Qualora sia chiesta la risoluzione per inadempimento di una transazione con pluralità di parti, avente ad oggetto i beni comuni dell'edificio condominiale e il diritto d'uso di ciascun condomino, sorge la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i contraenti, in quanto – configurando il negozio de quo un accordo unico plurisoggettivo e non un insieme di distinti ed autonomi accordi – il rapporto dedotto in giudizio, per la sua unicità, non può essere risolto nei confronti di alcuni e rimanere vincolante ed efficace per gli altri; diversamente, non ricorre l'ipotesi del litisconsorzio necessario quando una questione coinvolgente un rapporto plurisoggettivo unico debba essere decisa in via incidentale, senza efficacia di giudicato, con valore strumentale rispetto alla decisione della domanda principale (Cass. n. 3105/2005).

Nel giudizio avente ad oggetto l'azione di simulazione (assoluta o relativa) di una vendita sussiste il litisconsorzio necessario fra tutti i partecipi dell'accordo simulatorio, giacché l'accertamento da svolgere comporta il mutamento della situazione giuridica unica e necessariamente comune a tutti i soggetti che hanno concorso a realizzare la situazione di apparenza contrattuale e nei confronti dei quali la sentenza che accerta la simulazione è destinata a spiegare i suoi effetti (Cass. n. 22054/2004cfr., in termini sostanzialmente analoghi, Cass. n. 2427/1962, in Giust. civ., 1963, n. 1, 574, la quale ha chiarito che nel giudizio di simulazione relativa di un contratto di vendita immobiliare che si assume dissimulare una donazione, non può ritenersi esclusa la necessita del litisconsorzio nei confronti degli eredi del venditore per mancanza d'interesse, in quanto l'accertamento della realtà della donazione importa la sostituzione dei diritti ed obblighi derivanti dal contratto di vendita al venditore (e per esso ai suoi eredi) con i diritti ed obblighi attribuiti al donante).

Il giudizio di simulazione di un contratto deve necessariamente svolgersi nel contraddittorio di tutti coloro che furono parti del negozio impugnato nonché dei loro eredi quando una delle parti sia deceduta prima dell'inizio dell'azione (Cass. n. 2427/1962, in Giust. civ., 1963, n. 1, 574).

Il contraddittorio nel giudizio tra tutti i partecipanti, od i loro eredi, all'atto impugnato per simulazione è necessario solo quando la nullità che ne deriva all'atto venga posta a fondamento dell'azione e non già quando il suo accertamento formi oggetto di una mera eccezione e debba essere effettuato in via incidentale e senza efficacia di giudicato (Cass. n. 3474/2008 Cass. n. 5592/1980 ).

Con riguardo all'azione diretta a far dichiarare la simulazione di un atto di conferimento di potere rappresentativo in quanto dissimulante una vendita di immobile all'apparente procuratore, la pluralità dei comproprietari dell'immobile conferenti la procura impone la presenza di tutti in giudizio quali litisconsorti necessari allorquando la domanda miri a far accertare l'esistenza di un contratto dissimulato avente ad oggetto la vendita congiunta del bene loro appartenente pro indiviso, unitariamente considerato, e non anche nell'ipotesi in cui, venendo dedotta la simulazione quale presupposto della dichiarazione di inefficacia (contestualmente richiesta) nei confronti dell'attore del trasferimento della sola quota di uno dei comproprietari, la relativa domanda abbia ad oggetto, secondo l'incensurabile apprezzamento del giudice di merito, l'accertamento dell'esistenza di distinte seppur contestuali alienazioni delle quote di proprietà, giacché essa in tale ipotesi sotto il profilo oggettivo non si estende alla quota dell'altro comproprietario e non coinvolge quest'ultimo sotto il profilo soggettivo (Cass. n. 5540/1997; nella specie si trattava di un'azione di simulazione proposta dal curatore del fallimento di uno dei conferenti la procura, contestualmente all'azione revocatoria relativa alla quota dell'immobile spettante al fallito).

Il giudizio avente a oggetto l'accertamento di una invocata interposizione fittizia di persone e che costituisce una ipotesi di simulazione relativa, deve svolgersi, a pena di nullità, nel contraddittorio dell'interposto, dell'interponente e del terzo, essendo la declaratoria della simulazione destinata a produrre effetti nei confronti di tutti i soggetti che nel negozio impugnato abbiano la sua fonte (Cass. n. 4787/2008 contra, nella giurisprudenza più risalente, Cass. n. 3100/1963, in Giust. civ., 1964, I, 1, 294). Tuttavia, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno poi chiarito che nel giudizio avente ad oggetto la simulazione relativa di una compravendita per interposizione fittizia dell'acquirente, l'alienante non riveste la qualità di litisconsorte necessario, se nei suoi confronti il contratto sia stato integralmente eseguito, mediante adempimento degli obblighi tipici di trasferimento del bene e di pagamento del prezzo, e non venga dedotto ed allegato l'interesse dello stesso ad essere parte del processo, ovvero la consapevolezza e volontà del venditore di aderire all'accordo simulatorio, rimanendo, di regola, irrilevante per chi vende la modifica soggettiva della parte venditrice e perciò integralmente efficace l'accertamento giudiziale compiuto nei soli confronti dell'interposto e dell'interponente, evidenziando che l'attuazione dei principi del giusto processo, di cui all'art. 111 Cost., impone un contemperamento tra le esigenze di natura pubblicistica del litisconsorzio necessario ed il dovere del giudice di verificare preliminarmente la sussistenza di un reale interesse a contraddire in capo al soggetto pretermesso (Cass. S.U., n. 11523/2013).

In applicazione del richiamato e più generale assunto per il quale, ove la simulazione sia dedotta mediante azione, anche se in via riconvenzionale, e non opposta soltanto in via di eccezione, il giudizio di accertamento non può avvenire incidenter tantum e richiede necessariamente il contraddittorio di tutti i soggetti che sono stati partecipi dell'accordo simulatorio, si è ritenuto che nel caso di contratto di locazione, ove il conduttore convenuto in risoluzione per inadempimento non si limiti a chiedere il rigetto della domanda ma chieda il positivo accertamento della propria posizione di contraente fittiziamente interposto, nel relativo giudizio è contraddittore necessario anche l'indicato titolare effettivo del rapporto locativo (Cass. n. 5626/1986).

In materia di risoluzione del contratto di compravendita immobiliare avente parte venditrice complessa in quanto composta da più soggetti costituenti un unico centro di interessi, la domanda di risoluzione deve essere proposta nei confronti di tutti i contraenti ed il componente della parte complessa contrario allo scioglimento del contratto ed inteso ad ottenerne l'esecuzione, deve manifestare tale volontà costituendosi nel processo, essendo il giudice comunque tenuto, laddove costui rimanga contumace, ad esaminare la domanda di risoluzione, producendo l'eventuale sentenza di scioglimento del contratto efficacia anche nei suoi confronti (Cass. n. 26546/2024).

Nella società a responsabilità limitata, il singolo socio è legittimato, giusta l'art. 2476, comma 3, c.c., ad esercitare, come sostituto processuale, l'azione di responsabilità spettante alla società, nei cui confronti, pertanto, deve essere integrato il contraddittorio, quale litisconsorte necessaria (Cass. n. 10936/2016).

La controversia, diretta al riconoscimento della qualità di socio di una società di persone, coinvolge la distribuzione delle quote sociali e la composizione stessa del gruppo sociale, di talché, nel relativo processo, sono litisconsorti necessari la società ed i soci (Cass. n. 5119/2004).

Nel giudizio in cui il contraente domandi l'annullamento, per dolo del terzo, della clausola di rinuncia al potere di revoca dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita è litisconsorte necessario l'altro contraente, tenuto all'erogazione dell'indennizzo (Cass. n. 28761/2024).

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, qualora il danneggiato agisca direttamente contro l'assicuratore, la domanda deve essere proposta anche contro il responsabile del danno, che assume la veste di litisconsorte necessario del primo in sede processuale (Cass. n. 18724/2003).

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, nel giudizio promosso dal terzo trasportato nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo a bordo del quale si trovava al momento del sinistro è litisconsorte necessario il proprietario del veicolo (Cass. III, n. 27078/2022).

In materia di assicurazione obbligatoria per responsabilità civile da circolazione di veicoli a motore, allorché l'assicuratore proponga appello, sia pure limitato al quantum debeatur, nei confronti del solo danneggiato, che aveva promosso azione diretta, si impone sempre il litisconsorzio necessario del proprietario del veicolo assicurato, essendo evidente l'interesse di questo a prendere parte al processo allo scopo di influire sulla concreta entità del danno, di cui egli potrebbe rispondere in via di rivalsa verso il medesimo assicuratore (Cass. n. 9112/2014).

Nell'ipotesi in cui un convenuto chiami in causa un terzo per ottenere la declaratoria della sua esclusiva responsabilità e la propria liberazione dalla pretesa dell'attore, la causa è unica ed inscindibile, potendo la responsabilità dell'uno comportare l'esclusione di quella dell'altro, ovvero, nel caso di coesistenza di diverse, autonome responsabilità, ponendosi l'una come limite dell'altra, sicché si determina una situazione di litisconsorzio processuale che, pur ove non sia configurabile anche un litisconsorzio di carattere sostanziale, dà luogo alla formazione di un rapporto che, nel giudizio di gravame, soggiace alla disciplina propria delle cause inscindibili (Cass. n. 8486/2016).

In tema di controversie sulla distribuzione del ricavato di una espropriazione forzata, ove la controversia tragga origine dalla contestazione sollevata da un creditore in ordine alla esistenza o al grado della causa di prelazione di altro creditore, il debitore è parte necessaria del giudizio (Cass. n. 7284/2003).

In caso di espropriazione contro il terzo proprietario, ai sensi degli artt. 602 e ss., il debitore originario o diretto è litisconsorte necessario nella controversia distributiva di cui all'art. 512, essendo il soggetto nei cui confronti l'accertamento della sussistenza e dell'entità dei crediti e dei privilegi posti a base dell'azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti, sicché, ove egli non sia stato evocato in giudizio, la sentenza resa nella controversia distributiva è inutiliter data e la conseguente nullità, se non precedentemente rilevata in sede di merito, deve essere rilevata d'ufficio dal giudice di legittimità con rimessione della causa al giudice di primo grado (Cass. n. 8891/2015).

In tema di espropriazione presso terzi, il terzo è interessato alle vicende processuali che riguardano la legittimità o validità del pignoramento nei limiti in cui possono comportare o meno la liberazione dal relativo vincolo e, pertanto, è parte necessaria nei processi di opposizione agli atti esecutivi in cui si contesti la validità di tale primo atto di esecuzione, proprio in quanto può comportare la suddetta liberazione, con la conseguenza che egli deve essere necessariamente chiamato in causa dall'opponente e, in mancanza, il giudice è tenuto ad ordinare l'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti (Cass. n. 5342/2009).

In tema di espropriazione presso terzi, nel giudizio di reclamo avverso l'estinzione del processo esecutivo, al pari di quanto accade nei giudizi di opposizione esecutiva, si configura sempre il litisconsorzio necessario tra il creditore, il debitore e il terzo pignorato (Cass. n. 32445/2022).

Nelle opposizioni agli atti esecutivi sono litisconsorti necessari tutti i creditori, compresi gli intervenuti, atteso il loro evidente interesse alla regolarità di ciascun atto esecutivo, in quanto idoneo a determinare un diverso esito della procedura, sia in ordine alla sua conclusione, sia con riferimento alla distribuzione della somma ricavata (Cass. n. 4503/2011). 

Peraltro, la necessità di integrare il contraddittorio nell'opposizione agli atti esecutivi deve essere valutata tenendo conto del momento di proposizione della domanda (Cass. n. 17441/2019).Nel giudizio instaurato a seguito di opposizione di terzo all'esecuzione, il debitore riveste la qualità di parte necessaria, in quanto la relativa sentenza non tende al solo accertamento dell'illegittimità dell'esecuzione in rapporto al suo oggetto, ma ha, per contenuto, l'accertamento, con efficacia di giudicato, della provenienza del diritto spettante all'opponente sul bene del quale il creditore procedente assume l'appartenenza esclusiva al debitore, con conseguente necessità di vocatio in ius di quest'ultimo, ex art. 102 (risultando, peraltro, all'uopo sufficiente che la sua partecipazione, se pretermessa all'inizio del procedimento, si spieghi successivamente, in modo che la decisione finale risulti emessa nei confronti di tutte le parti cosiddette “necessarie”). La mancata notifica dell'opposizione di terzo al debitore, ove impeditiva del sorgere del regolare contraddittorio consortile, può, pertanto, essere rilevata d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo, salvo che il debitore sia stato, comunque, posto, aliunde, in grado di interloquire tempestivamente (espropriativa, i due procedimenti vengano riuniti dal giudice competente, rendendo, per l'effetto, il predetto debitore parte rituale dell'unico giudizio così determinatosi: Cass. n. 7413/1997).

L'opposizione all'esecuzione, che sia fondata sull'estinzione del processo esecutivo , comporta il litisconsorzio necessario – anche ai fini dell'impugnazione (art. 331 c.p.c.) – di tutti i creditori presenti nel processo stesso, in quanto producendosi in seguito alla declaratoria di estinzione effetti sostanziali definitivi nei confronti di tutti costoro, e cioé, con l'inefficacia degli atti compiuti, la liberazione del bene pignorato, o, se l'estinzione avviene dopo l'aggiudicazione o l'assegnazione, la consegna della somma ricavata al debitore, la relativa pronuncia non può essere emessa che nei confronti di tutti quei creditori, che per essere presenti nel processo esecutivo ne debbono subire le eventuali statuizioni e le correlative conseguenze (Cass. n.  806/1981).

Nel giudizio in cui sia stata esercitata l'azione revocatoria, il debitore alienante è litisconsorte necessario del convenuto terzo acquirente, poiché l'accoglimento della domanda comporta, per effetto dell'assoggettamento del terzo alle azioni esecutive sul bene oggetto dell'atto di disposizione impugnato, l'acquisto da parte di costui di ragioni di credito verso l'alienante, nonché, oltre ad altri effetti immediati e diretti (quali l'obbligo della restituzione di prezzo a seguito della evizione della cosa), postula nei confronti del debitore l'accertamento della sua frode e dell'esistenza del credito (Cass. n. 29032/2008).

I creditori istanti del primo fallimento risultano litisconsorti necessari anche nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento proposto dal socio illimitatamente responsabile cui è stato allargato il fallimento: l'estensione proposta dal curatore (o da altri creditori) costituisce comunque lo sviluppo di un'iniziativa dell'istante originario (Cass. n. 7152/2010).

Nella procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, diversamente da quanto si verifica nel fallimento, il debitore è l'unico legittimato passivo rispetto alla domanda di accertamento di crediti proposta dopo la sua omologazione, sussistendo la legittimazione del liquidatore solo nelle controversie che investono lo scopo liquidatorio della citata procedura; tuttavia, pur non essendo il liquidatore legittimato passivo, né litisconsorte necessario del debitore nei suddetti giudizi di accertamento, ove egli vi intervenga, (trattandosi di interventore adesivo che si inserisce nel processo tra altre persone lasciando invariato l'oggetto della lite nonostante l'ampliamento del numero dei partecipanti) deve necessariamente ipotizzarsi un litisconsorzio processuale nei successivi gradi di giudizio, non esaurendosi in un solo grado l'interesse dell'interventore ad influire con la propria difesa sull'esito dello stesso e configurandosi, diversamente, il rischio di un conflitto di giudicati per effetto della definitività della sentenza resa nei confronti dell'interventore rimasto estraneo ai successivi gradi di giudizio (Cass. n. 8102/2013). Il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, allorquando la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio deve essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di tutti i soggetti che ne sono partecipi, onde non privare la decisione dell'utilità connessa all'esperimento della azione proposta; ne consegue che l'azione volta alla rideterminazione del fondo per la retribuzione di risultato di cui all'art. 61 del C.C.N.L. del 1996 per i dirigenti non medici del comparto Sanità deve essere proposta nei confronti di tutti i dirigenti professionali, tecnici, amministrativi perché la variazione in aumento chiesta da alcuni determina di necessità la riduzione del “quantum” spettante ad altri, atteso che l'ammontare complessivo del fondo rappresenta il limite massimo non superabile dall'azienda sanitaria (Cass. n. 15521/2018).

Segue . Ipotesi nelle quali non sussiste litisconsorzio necessario

Al di fuori dei casi in cui la legge espressamente impone la partecipazione di più soggetti al giudizio instaurato nei confronti di taluno di essi, ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario allorché l'azione, tenda alla costituzione o al mutamento di un rapporto plurisoggettivo unico oppure all'adempimento di una prestazione inscindibile, incidenti su una situazione giuridica inscindibilmente comune a più soggetti, sì da escludere che, senza il contraddittorio di tutte le parti interessate all'esito del giudizio, l'emenda sentenza possa avere alcuna pratica utilità per alcuna di esse: resta quindi estraneo a tale ipotesi il caso in cui il convenuto, chiamando in causa il terzo, tenda ad ottenere una declaratoria di responsabilità esclusiva del medesimo e la propria liberazione dalla pretesa dell'attore (Cass. n 1093/1995; tuttavia, quando il convenuto chiami in causa un terzo per ottenere la declaratoria della sua esclusiva responsabilità e la propria liberazione dalla pretesa dell'attore la causa è unica ed inscindibile, potendo la responsabilità dell'uno comportare l'esclusione di quella dell'altro, ovvero, nella ipotesi di coesistenza di diverse autonome responsabilità, ponendosi l'una come limite dell'altra; e pure ove l'attore non estenda la propria domanda contro il chiamato, la domanda stessa si intende automaticamente riferita anche al terzo, trattandosi di individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario. Ne consegue che non è possibile procedere alla separazione del giudizio principale da quello instaurato con la chiamata in causa del terzo senza incorrere nella violazione del principio del contraddittorio e quindi nella sanzione di nullità di tutte le successive attività processuali ed altresì che i due giudizi devono rimanere uniti anche nelle fasi di impugnazione: Cass. n. 4259/1995). Non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario quando la causa ha ad oggetto un'obbligazione solidale, poiché la struttura del rapporto consente ad ogni creditore di esigere — e obbliga ciascun debitore a corrispondere — l'intero (Cass. n. 14844/2007). L'obbligazione solidale passiva non comporta, sul piano processuale, l'inscindibilità delle cause e non dà luogo a litisconsorzio necessario in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per l'intero nei confronti del debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto contrattuale il quale può svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati (Cass. n. 2854/2016).

Il principio secondo cui la sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori è applicabile anche all'obbligazione solidale fideiussoria, tanto più che nella solidarietà fideiussoria l'interesse passivo non è collettivo, come nell'ordinaria solidarietà, ma è individuale di ciascuno dei coobbligati ed eterogeneo, sicché appare di maggiore evidenza l'autonomia della posizione del fideiussore rispetto al rapporto fra creditore e debitore principale e, dunque, l'autonomia delle azioni esperibili contro i coobbligati. E proprio perché il creditore può utilmente ed efficacemente agire contro uno solo dei coobbligati per sentirlo condannare alla prestazione dovuta, a norma dell'art. 1306 c.c., non ricorre alcuna delle ipotesi di litisconsorzio necessario e la relativa sentenza non ha effetto contro gli altri debitori che non hanno partecipato al giudizio (Cass. n. 23422/2016).

In caso di successione "mortis causa" di una pluralità di eredi nel lato passivo del rapporto obbligatorio, il debito del "de cuius" si fraziona "pro quota" tra gli aventi causa, sicché il rapporto che ne deriva non è unico e inscindibile e, in caso di giudizio instaurato per il pagamento del debito ereditario, non sussiste, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause, litisconsorzio necessario tra gli eredi del defunto, né in primo grado, né nella fase di gravame (Cass. n. 8487/2016).

L'obbligazione risarcitoria — derivante da un fatto unico dannoso imputabile a più soggetti — è solidale, non cumulativa, e, perciò, non dà luogo a litisconsorzio necessario passivo e non impone, di conseguenza, il simultaneus processus, incontrando tale regola una deroga, in via eccezionale, soltanto nei casi in cui la responsabilità, in capo ad uno dei danneggianti, si ponga in rapporto di dipendenza con la responsabilità di altri danneggianti, ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione, alla stregua della loro stretta subordinazione, anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell'uno presupponga la responsabilità dell'altro, nonché nell'ipotesi in cui sia la legge stessa che — presupponendo, e derogando a detto principio — imponga esplicitamente, sempre in via eccezionale, il litisconsorzio necessario tra coobbligati solidali (Cass. n. 7501/2007).

L'obbligazione solidale passiva — quale è quella che sussiste tra i corresponsabili di un incidente stradale (e le rispettive società assicuratrici) — non comporta, sul piano processuale, l'inscindibilità delle cause e non dà luogo a litisconsorzio necessario in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per l'intero nei confronti di ogni debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati (Cass. n. 17249/2003).

L'actio confessoria o negatoria servitutis dà luogo a litisconsorzio necessario passivo solo se, appartenendo il fondo servente pro indiviso a più proprietari, l'azione è diretta anche ad una modificazione della cosa comune che altrimenti non potrebbe essere disposta od attuata pro quota in assenza di uno dei contitolari del diritto dominicale, mentre, se l'azione è diretta soltanto a far dichiarare, nei confronti di chi ne contesta o ne impedisce l'esercizio, l'esistenza della servitù o a conseguire la cessazione delle molestie, non è configurabile un litisconsorzio necessario, né dal lato attivo, né da quello passivo (Cass. n. 22835/2024).

Nel giudizio di risarcimento del danno proposto dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell'assicuratore del responsabile, non sussiste litisconsorzio necessario ai sensi dell'art. 18 l. n. 990/1969 (oggi art. 144 d.lgs. n. 209/2005) con lo stipulante il contratto di assicurazione che sia persona diversa tanto dal proprietario quanto dal conducente del veicolo (Cass. n. 25421/2014).

Non sussiste litisconsorzio necessario, ne', pertanto, ricorre il caso di causa inscindibile quando la responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. per i danni cagionati dalle cose in custodia risalga a più soggetti cui la custodia faccia capo, a pari titolo o per titoli diversi, implicanti tutti l'attuale esistenza di poteri d'uso, gestione od ingerenza sulla cosa, poiché anche in tal caso (sempre che l'evento lesivo non sia da attribuire alla sfera di vigilanza di uno soltanto di detti soggetti, con esclusione degli altri) trattasi di una particolare ipotesi di responsabilità extracontrattuale che, in relazione alla natura personale del relativo rapporto e degli effetti che ne derivano, è suscettibile di essere accertata e di essere fatta valere, secondo i principi regolanti le obbligazioni solidali, pure nei confronti di alcuni o di uno soltanto dei presunti responsabili. Invero, in detta ipotesi, la prestazione alla quale sono tenuti per legge i vari coobbligati, avuto riguardo ai poteri di uso, di gestione e di ingerenza a ciascuno spettanti sulla cosa ed in conseguenza della violazione dei connessi obblighi di custodia posti per legge a loro carico a tutela del terzo danneggiato, non può – di regola – considerarsi indivisibile (Cass. n. 2320/1982).

L'azione diretta alla coattiva esecuzione in forma specifica dell'obbligo di stipulare una vendita, ai sensi dell'art. 2932 c.c., non ha natura reale, ma personale, siccome diretta a far valere un diritto di obbligazione nascente da un contratto al fine di conseguire una pronuncia che disponga il trasferimento del bene (o della quota del bene) di pertinenza del promittente alienante, onde tale azione deve essere sperimentata soltanto nei confronti di chi ha assunto una simile obbligazione, senza che detto principio trovi deroga per il caso in cui si tratti di immobile oggetto di comunione ordinaria e senza, quindi, che i comproprietari del promittente alienante siano contraddittori necessari nella causa instaurata dal promissario acquirente, a nulla rilevando il fatto che il contratto preliminare racchiuda altresì obbligazioni a «sfondo» reale, quale quella di accendere un mutuo ipotecario a carico del promissario acquirente (Cass. n. 18149/2002).

Il giudizio sulla nullità di un negozio giuridico non deve necessariamente svolgersi nel contraddittorio di tutti i soggetti di esso, in quanto la pronunzia di nullita e meramente dichiarativa dell'inidoneità del negozio a produrre effetti nei rapporti fra litiganti e, come tale, e suscettibile di attuazione nell'ambito di tali rapporti anche se non può far stato, ad altri effetti, nei confronti di soggetti che, sebbene partecipi del negozio, sono rimasti estranei al giudizio (Cass. n. 1125/1966, in  Giust. civ., 1966, I, 1714). Nella giurisprudenza più recente, peraltro, si è osservato, sull'assunto per il quale il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, allorquando la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio debba essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di tutti i soggetti che ne siano partecipi, onde non privare la decisione dell'utilità connessa all'esperimento dell'azione proposta, e ciò indipendentemente dalla natura del provvedimento richiesto, non rilevando, di per sé, il fatto che la parte istante abbia richiesto una sentenza costitutiva, di condanna o meramente dichiarativa, che, ove venga dedotta la nullità di un contratto con pluralità di parti, il litisconsorzio suddetto non è configurabile quando la domanda di nullità, avente natura dichiarativa, sia stata proposta da uno dei contraenti nei confronti di uno solo degli altri, mentre è ravvisabile se la medesima azione sia stata esercitata da un terzo che assuma l'invalidità e l'inefficacia del contratto stipulato "inter alios" (Cass. n. 19804/2016). Nel giudizio di simulazione assoluta volto a far dichiarare l'inefficacia, fra le parti, di un negozio di trasferimento di quote sociali, litisconsorti necessari sono tutti i soggetti dell'atto impugnato, non anche la società la cui quota ne è stata oggetto, atteso che gli effetti del relativo accertamento operano esclusivamente fra i primi (Cass. n. 25321/2015).

La fattispecie della simulazione, sia essa assoluta o relativa, integra una ipotesi di litisconsorzio necessario tra le parti del contratto solamente nel caso in cui il relativo accertamento risulti proposto in via principale, e non anche quando ad esso si proceda in via meramente incidentale, nell'ambito di un altro e diverso procedimento volto ad una pronuncia che non incida direttamente sul patrimonio del contraente pretermesso, ma sia destinata a produrre i suoi effetti unicamente tra le parti del processo (Cass. n. 9618/2014).

Nella controversia concernente la simulazione assoluta di un contratto non è litisconsorte necessario il soggetto che tale negozio abbia stipulato in rappresentanza diretta di una delle parti (Cass. n. 5289/1980).

Nel giudizio promosso sia nei confronti di un'associazione non riconosciuta che di coloro che hanno agito in nome e per conto dell'ente, ai sensi dell'art. 38 c.c., tra l'associazione ed il suo rappresentante non si determina una situazione di litisconsorzio necessario, neppure in fase di impugnazione, in quanto, vertendosi in un'ipotesi di obbligazione solidale, dal lato passivo, i rapporti giuridici restano distinti, anche se fra loro connessi, rimanendo perciò sempre possibile la scissione del rapporto processuale (Cass. n. 4065/2024).

Il coniuge dell'acquirente di un immobile, che sia rimasto estraneo alla stipulazione dell'atto di compravendita, non è litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal venditore per l'accertamento della simulazione del contratto, perché l'inclusione del bene nella comunione legale ai sensi del'art. 177 c.c. costituisce un effetto "ope legis" dell'efficacia e validità del titolo di acquisto. (cfr., ex ceteris, Cass. n. 11033/2018; Cass. n. 11428/1992).

Nel giudizio proposto dal figlio maggiorenne nei confronti di uno solo dei genitori per il proprio mantenimento, l'altro genitore non è litisconsorte necessario, non essendo l'obbligazione dedotta in giudizio obbligazione solidale. Tuttavia, una volta individuata la misura dell'assegno, il carico non può che ripartirsi fra i genitori in proporzione delle rispettive sostanze e possibilità: ne consegue che il giudice del merito è tenuto ad accertare, sia pure incidentalmente e senza forza di giudicato, i redditi di entrambi i genitori, per ripartire il peso dell'assegno a carico di ciascuno (Cass. n. 18451/2022).

Nell'azione, intrapresa da un terzo interessato, di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, già maggiorenne ed economicamente indipendente al momento della instaurazione del giudizio, l'altro genitore non è un litisconsorte necessario, perché l'eventuale pronuncia caducatoria dello status filiationis del soggetto maggiorenne non produce effetti rilevanti di alcun genere nei confronti del primo, sotto il profilo della responsabilità genitoriale, come pure degli obblighi morali di crescita, educazione ed istruzione e di quelli materiali al mantenimento del figlio, ormai non più ipotizzabili; tale genitore, comunque, può intervenire volontariamente nel processo, ove intenda tutelare eventuali propri diritti e/o interessi, o esservi chiamato dal figlio stesso, laddove quest'ultimo voglia giovarsi della sua partecipazione alla lite (Cass. n. 3252/2022).

L'ipotesi del litisconsorzio necessario, che ai sensi dell'art. 102 rende necessaria l'integrazione del contraddittorio, ricorre quando, trattandosi di un rapporto giuridico inscindibilmente comune a più persone, la sentenza pronunciata nei confronti di alcune soltanto di esse sarebbe inutiliter data: pertanto nel caso in cui, fra il concessionario e la società petrolifera concedente, si discuta dell'efficacia di un contratto di gestione di un impianto di distribuzione di carburante, che abbia formato oggetto di concessione anche ad un terzo, quest'ultimo, attese l'autonomia e la distinzione dei due rapporti, non è litisconsorte necessario, pur avendo un interesse riflesso in relazione all'oggetto della controversia e sebbene il contraente che è parte del giudizio debba eventualmente agire anche nei suoi confronti per ottenere la pratica attuazione del suo diritto (Cass. n. 5934/1981).

La rappresentanza in giudizio per gli atti relativi all'amministrazione dei beni facenti parte della comunione legale spetta, a norma dell'art. 180 c.d., ad entrambi i coniugi e, quindi, ciascuno di essi è legittimato ad esperire qualsiasi azione, non solo le azioni di carattere reale o con effetti reali, dirette alla tutela della proprietà o del godimento della cosa comune, ma anche, e a maggior ragione, le azioni relative ai diritti di obbligazione, senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio dell'altro coniuge (Cass. n. 18123/2013).

|In tema di comunione legale tra coniugi, qualora l'alienante eserciti l'azione di risoluzione della compravendita per inadempimento dell'acquirente, il coniuge di quest'ultimo, rimasto estraneo alla stipulazione del contratto, non è litisconsorte necessario, trattandosi di un'azione che verte sull'inadempimento dello stipulante ed incide direttamente sull'atto, pur potendosi ripercuotere sull'acquisto del coniuge non stipulante, avvenuto "ope legis", ai sensi dell'art. 177, comma 1, lett. a), c.c. (Cass. n. 16559/2013).

Non si pone la necessità di litisconsorzio nei confronti del coniuge ove venga proposta azione revocatoria fallimentare relativamente a immobile acquistato dall'altro coniuge in regime di comunione legale (o a esso assegnato da cooperativa edilizia), e ciò perché l'accoglimento dell'azione revocatoria in materia fallimentare in favore del disponente fallito non determina alcun effetto restitutorio né tanto meno un effetto traslativo a favore della massa dei creditori, ma comporta l'inefficacia relativa dell'atto rispetto alla massa dei creditori, rendendo il bene trasferito assoggettabile all'esecuzione concorsuale, senza peraltro caducare, a ogni altro effetto, l'atto di alienazione nei confronti dell'acquirente (Cass.  S.U., n. 9660/2009).

Poiché l'estensione del litisconsorzio necessario è proiezione degli elementi costitutivi della fattispecie, nell'azione revocatoria ordinaria avente ad oggetto l'atto di dotazione di un bene in "trust" il beneficiario è litisconsorte necessario soltanto nel caso in cui tale atto sia stato posto in essere a titolo oneroso, dal momento che solo in questo caso lo stato soggettivo del terzo, beneficiario degli effetti dell'atto, rileva quale elemento costitutivo della fattispecie (Cass. n. 13388/2018). Nella diffusa motivazione, la S.C. ha disatteso l'impostazione dei ricorrenti per i quali, invece, se si considera il trustee un mero schermo in un atto che produce i suoi effetti tra disponente e beneficiari, questi ultimi, i quali godono di benefici assolutamente certi e non dipendenti dalla discrezionalità del trust, sono litisconsorti necessari nel processo avente ad oggetto l'inefficacia dell'atto di dotazione di trust, con conseguente nullità della sentenza. Secondo la Corte di legittimità, invero, l'indagine in ordine ai presupposti dell'azione revocatoria  ordinaria, se posta in relazione al trust, risente delle peculiarità di quest'ultimo istituto, figura giuridica proveniente da una tradizione, quale quella di common law, estranea alle caratteristiche proprie del codice civile italiano. Ne deriva che le nozioni di atto di disposizione patrimoniale e di terzo,contenute nell'art. 2901 c.c., vanno parametrate alle peculiarità di un istituto che attribuisce alla disposizione del patrimonio un contenuto differente dalla tradizionale visione della circolazione dei beni. In particolare, l'istituto del trust, per come recepito nell'ordinamento italiano nei limiti della l. 16 ottobre 1989, n. 364 («Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L'Aja il 10 luglio 1985»), resta regolato dalla legge scelta dal costituente ed ha il proprio fulcro nel rapporto istituito dal costituente stesso in base al quale i beni vengono posti sotto il controllo di un trustee nell'interesse del beneficiario o per un fine specifico. I beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee, pur essendo intestati al nome di costui, ed il trustee deve amministrarli e disporne secondo il programma del trust. Oggetto di regolamentazione della legge applicabile al trust sono anche «i rapporti tra il trustee ed i beneficiari, ivi compresa la responsabilità personale del trustee verso i beneficiari». Atteso che l'interesse del beneficiario (o altro fine specifico) integra la ragione della costituzione del trust, l'effetto dell'atto di disposizione patrimoniale è rappresentato dalla dissociazione fra intestazione dei beni al nome del trustee e titolarità dell'interesse al bene, che è quello del beneficiario e non del trustee. Ai fini dell'azione revocatoria, il cui esercizio a protezione dei creditori trova fondamento nella stessa legge di ratifica ed esecuzione della convenzione sul trust (art. 15 lett. e), il profilo dell'intestazione del bene comporta la legittimazione passiva del trustee, in quanto titolare del diritto ceduto in base all'atto dispositivo e del quale si domanda l'inefficacia relativa. Il profilo della titolarità dell'interesse al bene condiziona invece l'estensione del campo del litisconsorzio necessario. A riguardo, sottolinea la Corte, che l'interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall'atto istitutivo soltanto facoltà, non connotate da realità, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee, sicché deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell'azione revocatoria avente ad oggetto i beni in trust, spettando invece la legittimazione, oltre al debitore, al trustee, in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi (cfr. Cass. n. 19376/2017,  con riferimento ad un'ipotesi di trust di famiglia). Peraltro, come evidenziato, la medesima S.C. ha successivamente precisato, sulla problematica, che, ai fini del conseguimento dello scopo dell'azione revocatoria, quest'ultima viene indirizzata nei confronti dell'atto di disposizione patrimoniale, ossia l'atto mediante il quale il bene viene intestato in capo al trustee, e non nei confronti dell'atto istitutivo del trust, il quale costituisce il fascio di rapporti che circonda l'intestazione del bene, ma non l'intestazione stessa, ed è neutrale dal punto di vista dello spostamento patrimoniale. Il punto di vista non può però essere limitato al piano formale dell'atto di disposizione ma deve essere esteso a quello sostanziale del rapporto di trust. In altri termini, la programmazione di interessi che caratterizza il trust non resta estranea all'azione revocatoria perché la natura dell'atto di disposizione patrimoniale sotto il profilo della sua gratuità o onerosità dipende dal profilo dell'interesse rispetto al bene. In relazione all'elemento costitutivo della fattispecie di cui all'art. 2901 c.c. rappresentato dall'onerosità dell'atto di disposizione torna in primo piano il criterio dell'interesse che l'intestazione formale, quale punto di riferimento della dichiarazione d'inefficacia relativa dell'atto di disposizione, aveva in un primo tempo lasciato in ombra. Ai fini della qualificazione in termini di gratuità o onerosità dell'atto deve aversi riguardo al criterio dell'interesse e dunque al rapporto fra il disponente ed il beneficiario. L'onerosità dell'atto di disposizione patrimoniale non può essere posta in relazione all'eventuale compenso stabilito per l'opera del trustee, perché l'onerosità dell'incarico affidato al trustee attiene non alle caratteristiche e dunque al rapporto di trust ma all'eventuale remunerazione per il mandato conferito. Onerosità e gratuità non possono non essere poste in relazione all'interesse che qualifica il rapporto di trust, che è quello del beneficiario e non del trustee. Quello che rileva è, pertanto, il rapporto sottostante fra disponente e beneficiario, che potrà avere caratteristiche, fra l'altro, di un rapporto di garanzia (in relazione al credito concesso al disponente) o solutorio oppure in alternativa di soddisfazione dei bisogni della famiglia. L'atto a titolo oneroso è identificabile solo nel primo caso e non in quello relativo allo scopo di famiglia. Il requisito soggettivo dell'azione revocatoria rilevante nel caso dell'atto a titolo oneroso (art. 2901, comma 1, n. 2, c.c.) dovrà essere valutato in relazione al beneficiario quale titolare dell'interesse rispetto al quale emerge l'onerosità dell'atto. Negli atti a titolo gratuito, come nel caso di dotazione patrimoniale per far fronte ai bisogni della famiglia, invece, il beneficiario potrà anche non avere conoscenza dell'atto di disposizione patrimoniale. Lo stato soggettivo rilevante dal punto di vista del terzo è così quello del beneficiario e non del trustee e acquista rilievo, come previsto dalla norma, nel caso di atto di disposizione patrimoniale nell'ambito di trust a titolo oneroso. Ne deriva che il problema del litisconsorzio necessario nell'azione revocatoria relativa a disposizione patrimoniale in trust va risolto sulla base del criterio della natura dell'atto e della rilevanza dell'elemento psicologico dal punto di vista del terzo. Invero, se, avuto riguardo all'interesse del beneficiario, l'atto dispositivo è da qualificare come atto a titolo oneroso, lo stato soggettivo del terzo è elemento costitutivo della fattispecie e dunque il terzo, beneficiario dell'atto, è litisconsorte necessario, mentre se l'atto dispositivo è a titolo gratuito,lo stato soggettivo del terzo non è elemento costitutivo della fattispecie ed il beneficiario non è litisconsorte necessario nell'azione revocatoria avente ad oggetto i beni in trust. L'estensione del litisconsorzio necessario è, in definitiva, proiezione degli elementi costitutivi della fattispecie, sicché non assume rilevanza il rapporto fra il beneficiario ed il trustee, nel senso che il primo sia titolare di un diritto di credito o di una mera aspettativa nei confronti del secondo è vicenda che resta relativa al rapporto interno fra questi due soggetti ed è oggetto di regolamentazione legislativa ai fini della «responsabilità personale del trustee verso i beneficiari» (art. 8, comma 2, lett. g, l. n. 364/1989). Tale vicenda non attiene al punto di vista dei terzi (in particolare i creditori del disponente) e resta estranea agli elementi costitutivi della fattispecie dell'art. 2901 c.c., perché non riguarda né l'intestazione formale della proprietà, che è il profilo rilevante ai fini della circolazione del bene, né lo stato soggettivo della parte beneficiata dallo spostamento patrimoniale (Cass. n. 13388/2018).

L'azione revocatoria diretta a far valere l'inefficacia della costituzione di un fondo patrimoniale può incidere soltanto sulla posizione soggettiva del coniuge debitore, restando l'altro coniuge estraneo all'azione, ancorché egli sia stato uno dei contraenti nell'atto di costituzione del fondo: ne consegue che il coniuge non debitore non è litisconsorte necessario passivo dell'azione revocatoria e che, per tale ragione, non può essere condannato al pagamento, anche se in via solidale, delle spese del giudizio (Cass. n. 10052/2009).

I figli dei coniugi che hanno proceduto alla costituzione di un fondo patrimoniale non sono parte necessaria nel giudizio, promosso dal creditore con azione revocatoria, diretto a far valere l'inefficacia di tale costituzione, giacché il fondo patrimoniale non viene costituito a beneficio dei figli, ma per far fronte ai bisogni della famiglia, com'è confermato dal fatto che esso cessa con l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (Cass. n. 10641/2014).

L'azione di rivendicazione, non inerendo ad un rapporto giuridico plurisoggettivo unico ed inscindibile e non tendendo ad una pronuncia con effetti costitutivi, non introduce un'ipotesi di litisconsorzio necessario, con la conseguenza che essa può essere esercitata da uno solo o da taluni dei comproprietari (Cass. n. 685/2011).  Ciò implica che non sia configurabile, nei confronti di più possessori, un'inscindibilità della causa e la necessita d'integrare, nelle fasi di gravame, il contraddittorio con l'intervento dei convenuti che non abbiano proposto appello avverso la sentenza di primo grado, giacche questa, dovendo considerarsi passata in giudicato nei confronti delle parti che non l'abbiano impugnata, non risulta inutiliter data, avendo già conseguito piena efficacia nei limiti e per gli effetti delle quote dei possessori che vi hanno fatta acquiescenza. (Cass. n. 1420/1962, in Giust. civ., 1963, I, 418).

Il comproprietario che agisce per il risarcimento dei danni conseguenti alla distruzione della cosa comune da parte di uno (o di alcuni) degli altri comproprietari esperisce un'azione di carattere personale, che non esige la partecipazione al giudizio, quali litisconsorti necessari, di tutti i partecipanti alla comunione (Cass. n. 3776/1981).

In tema di azione di regolamento di confini, se i fondi confinanti appartengono a più proprietari, non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario e ciascuno dei comproprietari è legittimato ad agire o resistere senza l'intervento degli altri, a meno che alla domanda di regolamento, diretta ad ottenere una sentenza dichiarativa, si accompagni la richiesta di rilascio o di riduzione in pristino della parte di fondo che si ritiene usurpata in conseguenza dell'incertezza oggettiva o soggettiva dei confini (Cass. n. 27041/2013).

Nell'azione di regolamento di confini, non è litisconsorte necessario il terzo titolare di servitù costituita da alcuno dei proprietari su una porzione dei fondi contigui non appartenente allo stesso atteso che il terzo non è titolare di un diritto autonomo rispetto al rapporto dedotto in giudizio, ma di una posizione dipendente da quella del concedente, in quanto tale assoggettata all'efficacia riflessa del relativo giudicato (Cass. n. 28423/2013).

Nel caso di actio negatoria servitutis può profilarsi la ricorrenza del litisconsorzio necessario quando essa tenda anche alla rimozione delle opere attraverso le quali la contestata servitù viene esercitata e il fondo preteso dominante appartenga "pro indiviso" a più proprietari – non potendo essere disposta o attuata "pro quota" la modificazione della cosa comune in assenza di alcuno dei contitolari del diritto dominicale –, ma non quando si tratti di più fondi dominanti, ciascuno appartenente ad un unico proprietario, o quando, pur trattandosi di un solo fondo dominante appartenente "pro indiviso" a più persone, l'attore in "negatoria" chieda il puro e semplice accertamento della libertà del proprio fondo (Cass. n. 8261/2002). In sostanza, l'"actio confessoria" o "negatoria servitutis" dà luogo a litisconsorzio necessario passivo solo se, appartenendo il fondo servente "pro indiviso" a più proprietari, l'azione sia diretta anche ad una modificazione della cosa comune che altrimenti non potrebbe essere disposta od attuata "pro quota" in assenza di uno dei contitolari del diritto dominicale, mentre, ove l'azione sia diretta soltanto a far dichiarare, nei confronti di chi ne contesti o ne impedisca l'esercizio, l'esistenza della servitù o a conseguire la cessazione delle molestie, non è configurabile un litisconsorzio necessario, né dal lato attivo, né da quello passivo (Cass. n. 6622/2016).

Peraltro verso, l'azione per l'osservanza della limitazione legale della proprietà prevista dall'art 913 c.c. per lo scolo delle acque, la quale miri ad ottenere, oltre all'accertamento dell'aggravamento della condizione del fondo inferiore in conseguenza di opere abusivamente costruite nel fondo superiore, la demolizione di tali opere, si sostanzia in un'actio negatoria di servitù di scolo che, in quanto diretta alla rimozione di opere realizzate nel fondo altrui, determina, ove la piena proprietà di questo appartenga a più soggetti (comproprietari o usufruttuario e nudo proprietario), un'ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti di tutti costoro (Cass. n. 959/1981).

Nella controversia per la costituzione di una servitù di scarico coattivo, qualora l'interclusione del fondo sia tale da consentire più soluzioni per il collegamento alla pubblica fognatura e il proprietario del fondo intercluso convenga in giudizio il proprietario di uno solo dei fondi circostanti, non è necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri proprietari, dovendo il giudice limitarsi a verificare le condizioni di asservimento del terreno indicato dall'attore, tra le quali che la servitù sia costituita nel modo più conveniente (anche economicamente) per il fondo dominante e meno pregiudizievole per quello servente, riferendosi il criterio del minor pregiudizio esclusivamente al fondo servente e quello della maggior convenienza anche al fondo dominante, il quale non deve essere assoggettato ad eccessivo disagio o dispendio (Cass. n. 6562/2015).

L'esame comparativo delle varie situazioni di fatto che il giudice deve compiere perché la servitù di passaggio coattivo sia costituita sul tracciato che concili la maggiore brevità del percorso con il minor danno del fondo servente, non richiede la partecipazione al giudizio di tutti i proprietari dei fondi che potrebbero in astratto essere gravati di servitù coattiva, sicché ove il giudice accerti che la servitù deve costituirsi su un fondo di un proprietario che non sia stato chiamato in giudizio dovrà limitarsi al rigetto della domanda, salvo il diritto dell'attore di promuovere altro giudizio nei confronti di tale proprietario (Cass. n. 2781/1962, in Giust. civ., 1963, n. 1, 1322).

Il superficiario, in ragione della natura "proprietaria" del diritto di superficie, può agire per l'accertamento della communio incidens  su una strada poderale a servizio della costruzione e per la rimozione degli ostacoli materiali frapposti all'accesso da altri frontisti, esercitando, in tal modo, una "negatoria servitutis", rispetto alla quale non sussiste necessità di litisconsorzio di tutti i comproprietari latistanti, atteso che l'accertamento e la condanna sono utilmente pronunciati tra le parti in giudizio; egli non è tenuto, in particolare, a chiamare in causa il titolare del suolo, in applicazione analogica dell'art. 1012, comma 2, c.c., essendo la posizione del "dominus soli" diversa da quella del nudo proprietario, in quanto l'usufrutto è un diritto reale limitato nel tempo e nelle facoltà, mentre la superficie può essere perpetua ed attribuisce al superficiario facoltà dominicali piene e stabili (Cass. n. 23593/2013).

In materia di patrimonio indisponibile dello Stato, la miniera è un "corpus" concettualmente distinto dal suolo o sottosuolo su cui sorge, onde, nella controversia tra privati, avente ad oggetto la proprietà del fondo ove si trova il giacimento, lo Stato non è litisconsorte necessario ai sensi dell'art. 102 (Cass. n. 23235/2013).

Nel caso di detenzione del bene che si assuma esercitata senza titolo da più soggetti, l'azione di rilascio del bene può essere esercitata nei confronti di uno solo di essi, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, atteso che la pronuncia è idonea a spiegare effetti relativamente al soggetto evocato in giudizio e non può pertanto considerarsi inutiliter data, mentre l'obbligazione risarcitoria eventualmente connessa all'obbligazione di rilascio è per sua natura solidale e non dà luogo a litisconsorzio necessario (Cass. n. 13625/2004).

Il comproprietario dell'immobile locato è legittimato ad agire (con il consenso degli altri comunisti, che si presume fino a prova contraria) contro il conduttore, al fine di ottenere il rilascio dell'immobile per urgente e improrogabile necessità propria, non ricorrendo, in tal caso, un'ipotesi di litisconsorzio necessario che imponga l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri comproprietari (Cass. n. 537/2002).

Nel giudizio di reintegra nel possesso, non ricorre in linea di principio un'ipotesi di litisconsorzio necessario, neppure nel caso in cui più soggetti siano autori dello spoglio, ben potendo l'azione essere intentata nei confronti di uno soltanto di essi, se egli sia in grado di provvedere alla reintegra; tuttavia, allorché, per l'attuazione della tutela richiesta, sia necessaria la rimozione dello stato di fatto mediante l'abbattimento di un'opera in proprietà o in possesso di più persone, esse devono partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari, in quanto la sentenza resa nei confronti di alcuno e non anche degli altri comproprietari o compossessori dell'opera sarebbe inutiliter data, per il fatto che la demolizione della cosa pregiudizievole incide sulla sua stessa esistenza e, di conseguenza, sulla proprietà o sul possesso di tutti coloro che sono partecipi di tali signorie di fatto o di diritto sul bene, non essendo, invero, configurabile una demolizione limitatamente alla quota indivisa del comproprietario o compossessore convenuto in giudizio (Cass. n. 921/2010).

Lo spoglio e la turbativa costituiscono fatti illeciti e determinano la responsabilità individuale dei singoli autori degli stessi; ne segue che nei giudizi possessori e nunciatori, quando il fatto lesivo del possesso sia riferibile a diversi soggetti, l'uno quale esecutore materiale e l'altro quale autore morale (ed è tale anche il soggetto che dell'atto lesivo si giovi), sussiste la legittimazione passiva di entrambi, ma non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario, potendo la pretesa essere coltivata anche nei confronti di uno solo dei responsabili (Cass. n. 7748/2011).

L'usufruttuario, così come l'usuario, è legittimato, in forza del rinvio ex art. 1026 c.c., all'esercizio in nome proprio delle azioni petitorie e possessorie volte a difendere ed a realizzare il proprio uso e godimento della cosa rispetto alle ingerenze di terzi, sicché in tal caso non sussiste litisconsorzio necessario con il nudo proprietario (Cass. n. 6293/2016).

L'azione di rivendicazione non dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti di eventuali terzi che vantino o possano avere interesse a vantare diritti sulla cosa contrastanti con il diritto di proprietà fatto valere in giudizio dall'attore, poiché, in tal caso, l'unica conseguenza sarà che la sentenza, facendo stato solo tra le parti del giudizio, non sarà opponibile ai terzi interessati rimasti estranei al giudizio stesso, non può essere considerata "inutiliter data" (Cass. n. 27295/2013).

Nel giudizio di scioglimento della comunione di un bene, gli eventuali usufruttuari non rivestono la qualità di litisconsorti necessari, giacché, in ossequio al principio dispositivo, il litisconsorzio necessario, stante la sua natura eccezionale, opera nei soli casi previsti dalla legge (Cass. n. 16794/2023).

Ciascun membro della comunione, in virtù di una reciproca rappresentanza tra i vari comunisti, è legittimato a compiere, nell'interesse generale della comunione, atti di ordinaria amministrazione, ivi comprese le azioni giudiziali, come quelle di rivendicazione immobiliare e di risarcimento di danni, esperibili senza necessità d'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri membri. Soltanto quando l'azione giudiziale di uno dei partecipanti alla comunione, anziché essere diretta alla tutela d'interessi collettivi, mirasse a soddisfare un proprio esclusivo interesse, che può essere, contrastante con quello degli altri comunisti, l'Azione stesse non sarebbe esperibile, per difetto di legittimazione attiva, senza l'adesione degli altri. (Cass. n. 24/1963, in Giust. civ., 1963, I, 275).

Ciascun condomino é legittimato ad esercitare da solo le azioni a tutela della proprietà della cosa comune contro i terzi,i quali su tale cosa compiano attività corrispondenti all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale, senza che sia per nulla necessario l'intervento in giudizio degli altri condomini. (Cass. S.U., n. 1714/1962, in Foro amm., 1963, II, 36, con nota di Cannada Bartoli).

Così l'azione per far accertare la cessazione del vincolo di destinazione di un immobile, situato in uno stabile condominiale, ad alloggio per il portiere, qualificabile come actio negatoria servitutis in quanto tesa a negare l'esistenza di pesi sull'immobile costituente oggetto del diritto di proprietà, non costituisce un'azione che riguarda l'estensione del diritto di proprietà, o di comproprietà, dei singoli condòmini, ma attiene all'accertamento ed osservanza dei divieti o dei limiti contrattuali di destinazione d'uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva nell'ambito di un condominio edilizio, con la conseguenza che l'unico legittimato passivo è il condominio in persona dell'amministratore, senza necessità di estendere il contraddittorio ai singoli condòmini, venendo in considerazione la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato (Cass. VI, n. 30302/2022).

Tuttavia, la domanda volta ad ottenere l'esecuzione di determinate opere sulle parti comuni di un edificio (nella specie, copertura del fabbricato, intonacatura esterna e lavorazioni inerenti alle strutture perimetrali) ovvero l'accertamento dell'obbligo di un condomino di realizzare delle modifiche sulle stesse, impone il litisconsorzio necessario tra tutti i condomini, trattandosi di azioni che investono un rapporto giuridico unico ed inscindibile, finalizzate all'adempimento di una prestazione di "facere" non suscettibile di divisione, in quanto destinata ad incidere sui beni comuni (Cass. n. 2634/2021; contra Cass. n. 19329/2009).

In particolare, in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino agisca per l'accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, senza formulare, tuttavia, un'apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione — con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato — la comproprietà degli altri soggetti (Cass. S.U., n. 25454/2013; conf. Cass. n. 27957/2023).

Nella controversia promossa da alcuni condomini per l'accertamento dell'inopponibilità nei loro confronti del regolamento condominiale, redatto dal costruttore in epoca successiva all'acquisto delle rispettive unità immobiliari, deve escludersi l'integrazione necessaria del contraddittorio nei confronti dei restanti condomini, poiché la domanda è riconducibile alle azioni meramente accertative, che non comportano modifiche della situazione giuridica dipendente dal diritto controverso (Cass. n. 23224/2013).

L'azione proposta da un condomino nei confronti dell'usufruttuario, di piano o porzione di piano dell'immobile, e diretta ad ottenere la rimozione di opere innovative -costruzione di un vano adibito a cucina -sulla scala e sul ballatoio comuni, effettuate senza il consenso del nudo proprietario, ha natura reale e finalità recuperatoria e va proposta nei soli confronti dell'autore materiale dell'alterazione della situazione di fatto e di diritto e non anche nei confronti del nudo proprietario. In tal caso, non sussiste il litisconsorzio necessario nei confronti degli altri partecipanti alla comunione (Cass. n. 869/1966, in Foro it., 1967, I, 112).

In tema di rapporti condominiali, nel giudizio instaurato a tutela della proprietà comune per l'eliminazione di opere abusive compiute da alcuni condomini, non è necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri comproprietari, dovendo i singoli convenuti rispondere autonomamente dell'addebitato abuso e potendo ciascuno dei condomini agire individualmente a tutela del bene comune (Cass. n. 19329/2009).

In un primo momento, la S.C. aveva ritenuto che un condomino propone un'azione di accertamento dell'invalidità e inefficacia della tabella millesimale deliberata, unitamente al regolamento condominiale, dagli altri condomini, senza il suo consenso, la domanda – in quanto preordinata, innanzitutto, alla tutela del diritto di proprietà della porzione di edificio di cui si lamenta l'illegittima determinazione del valore compiuta dall'assemblea mediante un'inesatta determinazione in millesimi – deve essere proposta nei confronti di coloro che hanno deliberato l'atto impugnato e cioè nei confronti di tutti gli altri condomini dell'edificio, soli legittimati a contraddire. Tuttavia, la legittimazione passiva ad causam – oltre ad appartenere ai singoli condomini – spetta anche all'amministratore, essendo la domanda stessa preordinata anche alla tutela di cose ed interessi comuni , dato che la precisazione, nel regolamento condominiale, dei valori dei piani o porzioni di piano, ragguagliati in millesimi a quello dell'intero edificio, si riflette sulle cose comuni, costituendo essi il parametro su cui debbono commisurarsi il godimento delle cose stesse, dei servizi comuni, la ripartizione delle spese relative e l'entità della partecipazione e della espressione del voto dei condomini nella costituzione delle assemblee e nelle deliberazioni da prendere in esse  (Cass., n. 1307/1966, in Giust. civ., 1966, I, 1950). Successivamente, in senso diverso, si è invece affermato che la domanda di uno dei condomini per l'accertamento della invalidità ed inefficacia della tabella millesimale deliberata dall'assemblea dei condomini senza voto unanime, deve essere necessariamente proposta nei confronti di tutti i condomini, e non anche del solo amministratore del condominio, la cui rappresentanza processuale passiva dei condomini è limitata, a norma dell'art. 1131 c.c. alle parti comuni dell'edificio, ma che è passivamente legittimato "ad causam" per la tutela degli interessi comuni, sui quali la domanda di accertamento della invalidità delle tabelle millesimali è destinata a riflettersi (Cass. n. 4405/1992).

Nella controversia relativa all'accertamento della proprietà di un immobile rientrante in comunione ereditaria, i coeredi assumono la posizione processuale di litisconsorti necessari, ai sensi dell'art. 102, con la conseguenza che, ancorché uno di essi non abbia proposto impugnazione avverso la sentenza di primo grado, è sufficiente la proposizione dell'appello contro la stessa da parte di un altro dei litisconsorti per impedirne il passaggio in giudicato anche nei confronti di quello e per consentirgli, ove la successiva sentenza di secondo grado sia a lui sfavorevole, di proporre ritualmente ricorso per cassazione (Cass. n. 24751/2013).

Nell'ipotesi di contratto preliminare di compravendita di un bene in comunione pro indiviso, stipulato da alcuni soltanto dei comproprietari e avente ad oggetto le quote di pertinenza di questi ultimi, nel processo ex art. 2932 c.c. non rivestono la qualità di litisconsorti necessari gli altri comproprietari, dal momento che essi, non avendo sottoscritto il preliminare, non sono destinatari in via diretta degli effetti del contratto definitivo (Cass. II, n. 24313/2022).

La legittimazione passiva nell'azione promossa ai sensi dello art. 524  c.c. – che ha caratteri propri rispetto all'azione surrogatoria ed a quella revocatoria , poiché con essa il creditore mira ad essere autorizzato ad accettare l'eredità in nome e luogo del rinunziante, suo debitore, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza del suo credito – spetta esclusivamente a detto debitore, senza che ricorra un'ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti dei successivi chiamati che abbiano accettato l'eredità, portatori di un interesse idoneo a consentire unicamente un intervento in causa adesivo dipendente, per sostenere le ragioni del debitore rinunziante. Con la conseguenza che mentre la sentenza è "utiliter data" nei confronti del solo debitore, autore della rinuncia, il creditore potrà agire sul patrimonio ereditario, essendo a lui inopponibile l'atto impeditivo dell'acquisto dell'eredità, e rimanendogli estranea la delazione a favore del terzo chiamato, per effetto della rinuncia da lui impugnata nei rapporti diretti col debitore (Cass. n. 310/1982).

L'azione di petizione di eredità non esige l'integrale contraddittorio di tutti i coeredi, sicché il possessore dei beni ereditari, convenuto in giudizio da uno solo degli eredi, nulla può opporre al riguardo, essendo sempre tenuto alla restituzione dei beni per intero, in quanto appartenenti all'eredità, mentre nei rapporti interni tra i coeredi la rivendicazione vale per la quota spettante a ciascuno di essi; con la conseguenza che, ove uno dei coeredi sia rimasto contumace nel giudizio di primo grado promosso dall'altro coerede, gli eredi di entrambi hanno facoltà di intervenire, anche in appello, nel relativo giudizio, chiedendo l'estensione degli effetti della domanda originaria, senza che possa configurarsi novità della domanda (Cass. n. 14182/2011; v., in senso difforme, nella giurisprudenza pregressa, Cass. n. 1950/1962, in Giust. civ., 1963, I, 860, secondo cui la fattispecie del litisconsorzio necessario, prevista dall'art 102, ricorre non soltanto rispetto all'azione di divisione ereditaria, per la quale l'esigenza del contraddittorio di tutti i partecipanti alla comunione è espressamente sancita dall'art 784, ma anche rispetto all'azione di petizione di eredità, proposta dagli eredi legittimi sul presupposto della radicale falsità o nullità di un testamento: in tal caso, l'azione è volta ad ottenere una pronuncia in ordine ad un rapporto sostanzialmente unitario, ed ha per oggetto l'accertamento di uno status che non sarebbe operante se la statuizione non fosse emessa nei confronti di tutti coloro che, in quanto partecipi del rapporto stesso, sono interessati nella successione.

 Nel giudizio di divisione di una comunione ereditaria, ove una quota abbia costituito oggetto di cessione, la qualità di litisconsorte necessario spetta ai cessionari della quota e non agli eredi cedenti (Cass. n. 14406/2018).

 Il principio che non si ha litisconsorzio necessario nel caso di azione di revindica che sia proposta contro uno fra più compossessori della cosa, perché la sentenza, in quanto tende all'attuazione di un mero obbligo giuridico come il rilascio del bene, tuttavia, può conseguire piena efficacia nei limiti e per gli effetti di ciascuna quota, salvo, per l'attore vittorioso nei confronti dell'uno l'onere di dover tollerare il concorso degli altri nel possesso, non si applica quando l'azione, soltanto apparentemente diretta all'attuazione di un obbligo, coinvolge, cosi come e formulata in relazione alle statuizioni richieste ed all'oggetto del giudizio, la necessita di una pronuncia su uno status  che si presenta come concettualmente unico rispetto a tutti i comproprietari e, per i suoi particolari aspetti di sostituzione nel godimento al proprietario convenuto, può operare con effetto costitutivo sotto il profilo soggettivo nell'ambito della comunione (Cass. n. 931/1962, in Giust. civ., 1962, I, 1208).

A differenza dell'azione di rivendica, l'azione di petizione ereditaria deve essere proposta nei confronti di tutti coloro che, come soggetti del rapporto successorio, sono interessati alla successione mortis causa (Cass. n. 419/1981).

L'azione con cui l'erede legittimario, non totalmente pretermesso nel testamento, domanda la riduzione delle disposizioni testamentarie per integrare la propria quota, è azione di riduzione, a norma dello art 553 c.c., e non azione di petizione di eredità ed essendo di natura personale non dà luogo a litisconsorzio necessario (Cass. n. 3077/1963, in Giur. it., 1964, I, 1, 990). In sostanza, la domanda di riduzione di disposizione testamentaria per lesione di legittima è proponibile soltanto nei confronti del beneficiato, senza necessità di chiamare in giudizio tutti i legittimari e non implica automaticamente l'integrazione di tutte le quote di legittima, eventualmente lese, delle parti in giudizio, ma soltanto di quei convenuti che hanno tempestivamente agito in riduzione (Cass. n. 2174/1998; conf., nella giurisprudenza successiva, tra le altre,Cass. n. 27414/2005; Cass. n. 27770/2011).

Secondo un indirizzo interpretativo ormai risalente, ove  venga proposta azione di nullità del testamento da parte di colui che pone a fondamento della domanda la sua qualità di erede testamentario acquisita in base ad altro precedente testamento nonché n relazione a quest'ultimo si faccia questione, anche con ulteriore specifica domanda, in ordine alla validità o meno della sua revoca da parte del testatore, vengono in discussione soltanto le posizioni dei soggetti nominati eredi testamentari nei due negozi mortis causa e non anche le posizioni degli eredi legittimi. Ne consegue che il giudizio deve svolgersi esclusivamente tra i soggetti cui le contestate posizioni di erede testamentario si riferiscono, rimanendo estranee alla causa le altre questioni concernenti la diversa posizione di erede legittimo (Cass. n. 6196/1996; Cass. n. 277/1981).

Più di recente, la S.C. ha invero affermato il principio in virtù del quale nelle cause aventi ad oggetto l'impugnazione di un testamento  sono parti necessarie, oltre agli eredi istituiti dal "de cuius", anche tutte le persone che gli succederebbero per legge, in seguito alla caducazione dell'atto di ultima volontà, stante l'unitarietà del rapporto dedotto in giudizio, il quale non potrebbe rimanere regolato, in caso di accoglimento della domanda, dal testamento per alcuni e dalla legge per altri (Cass. n. 8575/2019).

Stante l'autonomia del diritto del legittimario di esercitare l'azione personale di reintegrazione della quota di riserva, non è configurabile un litisconsorzio necessario fra tutti i legittimari in relazione alla stessa successione ereditaria, ma è richiesta soltanto la presenza in causa del legittimario e della persona che ha beneficiato dell'atto di liberalità o della disposizione testamentaria lesiva della legittima (Cass. n. 27770/2011; Cass. n. 8529/1996).

Qualora i vizi di costruzione di un edificio in condominio riguardino soltanto alcuni appartamenti e non anche le parti comuni, l'azione di risarcimento dei danni nei confronti del venditore-costruttore, ex artt. 1669 e 2058 c.c., ha natura personale e può essere esercitata da qualsiasi titolare del bene oggetto della garanzia, senza necessità che al giudizio partecipino gli altri comproprietari. Tale azione va proposta, peraltro, esclusivamente dai proprietari delle unità danneggiate, non sussistendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti degli altri condòmini, ancorché possa insorgere, in sede di esecuzione ed in modo riflesso, un'interferenza tra il diritto al risarcimento del danno in forma specifica riconosciuto in sentenza ed i diritti degli altri condòmini, dovendo i danneggiati procurarsi il consenso di questi ultimi per procedere, nella proprietà comune, ai lavori necessari ad eliminare i difetti, giacché tale condizionamento dell'eseguibilità della pronuncia costituisce soltanto un limite intrinseco della stessa, che non cessa comunque di costituire un risultato giuridicamente apprezzabile (Cass. n. 6192/2021).

Si ha litisconsorzio necessario solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge e quando la sentenza, influendo su una situazione giuridica unica, sarebbe inutiliter data se non fosse pronunciata nei confronti di tutti i soggetti interessati alla decisione, e pertanto, nella controversia tra l'assicuratore che agisce in surrogazione,ex art. 1916 c.c., e colui che è convenuto come vettore responsabile della perdita delle cose affidategli per il trasporto, non è litisconsorte necessario il mittente cui l'assicuratore ha pagato l'indennità, ove la questione dell'esistenza del contratto di trasporto, affermata dall'attore e negata dal resistente, sia conosciuta dal giudice in via meramente incidentale, giacché non potendo la statuizione sul punto acquistare autorità di cosa giudicata, nulla impedisce che il relativo accertamento sia compiuto senza la partecipazione al giudizio dell'altra parte del suindicato contratto (Cass. n. 4494/1995; Cass. n. 696/1982).

Nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'assicuratore della targa prova, è litisconsorte necessario, ai sensi dell'art. 144 d.lgs. n. 209/2005 (ovvero dell'art. 23 l. n. 990/1969), il titolare dell'autorizzazione a circolare con quest'ultima e non il proprietario del veicolo (Cass. n. 13379/2018).

Nella controversia tra il cessionario di un credito ed il debitore ceduto non sono litisconsorti necessari né il creditore cedente né, in caso di più cessioni consecutive del medesimo credito, i cessionari intermedi, a meno che la parte che vi abbia interesse non abbia domandato l'accertamento con efficacia vincolante dell'esistenza del credito o dell'efficacia delle cessioni anche nei loro confronti (Cass. n. 21995/2018).

L'azione sociale di responsabilità cumulativamente promossa contro una pluralità di convenuti riguarda un'obbligazione risarcitoria solidale a loro carico e dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo originario, sicché le relative cause, benché istruite e trattate congiuntamente in un procedimento formalmente unitario, sono scindibili e mantengono una propria autonomia, così da poter risultare pendenti, ai fini previsti dall'art. 5, in momenti differenti per la diversa data di notifica a ciascuno di essi dell'atto introduttivo del giudizio. Ne consegue che, qualora la notificazione ad uno di loro sia avvenuta vigente il d.l. n. 1/2012, conv., con modif., dalla l. n. 27/2012, che ha attribuito l'azione alle sezioni specializzate previste dall'art. 1 d.lgs. n. 168/2003, la causa appartiene alla competenza funzionale di queste ultime, che si estende, ai sensi dell'art. 3, ultimo comma, d.lgs. n. 168/2003, cit., alle cause connesse, ivi comprese quelle precedentemente introdotte (Cass. n. 23117/2014).

Il rapporto di sussidiarietà che collega la responsabilità dei soci di società di persone rispetto alla responsabilità della società non esclude la natura solidale della relativa obbligazione, con la conseguenza, sul piano processuale, dell'esclusione del litisconsorzio necessario e della relativa inscindibilità delle cause; ne consegue che, ove la sentenza di primo grado sia stata notificata ai soci e questi l'abbiano impugnata tardivamente, il giudice di appello è tenuto a dichiarare l'inammissibilità di tale impugnazione, dovendosi applicare l'art. 332 e non l'art. 331 (Cass. n. 19985/2013).

L'esercizio del diritto di opzione che il socio, in ipotesi di aumento di capitale, può vantare nei confronti della società, le cui azioni o quote egli ha titolo per sottoscrivere, pur suscettibile di riflettersi, in concreto, sull'interesse degli altri soci nella misura in cui ne possa risultare modificato il rapporto proporzionale di partecipazione al capitale della società, non consente a questi ultimi, quali titolari di un siffatto interesse (di mero fatto), di assumere la veste di contraddittori necessari nel giudizio volto a farlo valere, il quale investe unicamente il rapporto intercorrente tra colui che si pretende titolare del diritto di opzione e la società, sulle cui azioni o quote l'opzione è destinata ad esercitarsi, e non si atteggia quindi come controversia tra soci (Cass. n. 4184/2013).

Nel procedimento arbitrale riguardante l'accertamento dell'intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie, non sussiste il litisconsorzio necessario della società, poiché la controversia attiene al contratto tra fiduciante e fiduciario, efficace "inter partes" in virtù dell'incontro delle rispettive volontà, nel quale le partecipazioni al capitale sociale costituiscono soltanto l'oggetto del negozio (Cass. n. 11226/2021).

Il terzo pignorato non è parte necessaria nel giudizio di opposizione all'esecuzione o in quello di opposizione agli atti esecutivi qualora non sia interessato alle vicende processuali relative alla legittimità e alla validità del pignoramento, dalle quali dipende la liberazione dal relativo vincolo, potendo assumere, invece, tale qualità solo quando abbia un interesse all'accertamento dell'estinzione del suo debito per non essere costretto a pagare di nuovo al creditore del suo debitore (Cass. n. 11585/2009).

Nel giudizio volto a far dichiarare l'inefficacia, ai sensi dell'art. 2913 c.c., del pagamento dei canoni di locazione effettuato dal conduttore di un immobile pignorato in favore del terzo che abbia acquistato il bene con atto successivo al pignoramento, non sussiste litisconsorzio necessario nei confronti del predetto terzo, potendo l'inefficacia costituire oggetto di mera eccezione, opponibile a chi rivendichi un qualunque effetto negoziale incompatibile con il pignoramento e con i diritti del creditore pignoratizio, senza necessità che venga emessa una pronuncia in via principale nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nel rapporto, ove non siano in questione effetti che possano coinvolgere i diritti di terzi non evocati in giudizio (Cass. n. 24696/2009).

Nel giudizio di opposizione all'esecuzione pendente, promossa dal coniuge esecutato per far valere l'impignorabilità, ex art. 170 c.c., dei beni costituiti in fondo patrimoniale, nonsussiste litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, a meno che egli sia proprietario dei beni costituiti nel fondo stesso e questi siano stati anch'essi pignorati, vertendo la controversia sull'inesistenza del diritto del creditore di agire in via esecutiva sui beni del proprio debitore, benché conferiti nel fondo (Cass. n. 31575/2023).

In tema di revocatoria fallimentare, qualora il curatore agisca per ottenere la dichiarazione d'inefficacia del contratto con il quale il fallito, allorché era in bonis, ha ceduto la quota di partecipazione in una società in accomandita semplice, questa società è terzo rispetto al contratto e, pertanto, non assume la veste di litisconsorte necessaria nel giudizio (Cass. n. 9931/2005).

Nel procedimento di reclamo alla sentenza che ha esteso il fallimento al socio accomandante, litisconsorti necessari sono soltanto il curatore ed i creditori istanti e non anche il socio accomandatario, già dichiarato fallito, il quale può far valere unicamente la sua eventuale estraneità alla compagine sociale, ferma restando, peraltro, la facoltà dello stesso di spiegare intervento volontario, a norma dell'art. 105, nel giudizio concernente la dichiarazione di fallimento per estensione all'altro socio (Cass. n. 24112/2015).

In materia di espropriazioni per pubblica utilità, l'art. 29, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011 (disposizione che ha sostituito l'art. 54, comma 3, d.P.R. n. 327 del 2001, di analogo contenuto), nel disporre che la notifica dell'opposizione alla stima sia notificata "se del caso" anche al beneficiario, non individua come litisconsorte necessario il beneficiario dell'espropriazione, se diverso dall'autorità espropriante, dal promotore dell'espropriazione e da altri soggetti delegati con atti di rilievo esterno (Cass. S.U., n. 25294/2022).

Tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore di lavoro (Cass. n. 12213/2004).

E, invero, il lavoratore, a tutela del proprio diritto all'integrità della posizione contributiva, ha sempre l'interesse ad agire sul piano contrattuale nei confronti del datore di lavoro per l'accertamento dell'omesso versamento dei contributi dovuti in conseguenza dell'effettivo lavoro svolto, prima ancora che si sia verificata la produzione di qualsivoglia danno per la prestazione previdenziale e senza che sia necessario integrare il contradittorio nei confronti dell'Inps (Cass. n. 11730/2024).

Non sono litisconsorti necessari il lavoratore e il datore di lavoro, rispettivamente, nelle controversie fra il secondo e l'Ente previdenziale, aventi ad oggetto il versamento dei contributi, e in quelle, fra il primo e lo stesso Ente, aventi ad oggetto l'erogazione delle prestazioni assicurative, poiché, pur essendo il rapporto di lavoro e quello previdenziale connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi e in siffatte controversie l'accertamento con forza di giudicato è chiesto solo con riferimento al rapporto previdenziale per le obbligazioni che ne derivano, di guisa che l'insorgere di una contestazione fra le parti circa la sussistenza del rapporto di lavoro non implica necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dell'uno o dell'altro soggetto di quello stesso rapporto, rimasto estraneo alla causa in corso, potendo la relativa questione essere risolta in via meramente incidentale, al limitato fine dell'accertamento dei presupposti suddetti, senza che tale soggetto subisca pregiudizio da una decisione "incidenter tantum", inidonea a costituire giudicato nei suoi confronti (Cass. lav., n. 3422/2022).

Azioni esperibili da parte del litisconsorte pretermesso

Il litisconsorte necessario pretermesso è legittimato a proporre opposizione di terzo, ai sensi dell'art. 404, contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva che pregiudica i suoi diritti (Cass. n. 11185/2003).

Quando l'opposizione di terzo é proposta dal litisconsorte necessario pretermesso, il giudice dell'opposizione, constatata la non integrità del contraddittorio, del processo definito con sentenza deve limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza opposta.

La S.C. ha evidenziato a riguardo che in detta ipotesi non vale il principio secondo cui il giudizio di opposizione di terzo non “distrugge”, né annulla il giudicato nei confronti delle parti che parteciparono al processo, perché unicamente volto ad evitare che dal giudicato formatosi tra le parti possa derivare al terzo un qualche pregiudizio ed esplica i suoi effetti limitatamente alla sfera giuridica di costui. Invero la declaratoria di nullità della sentenza opposta, inutiliter data, vale necessariamente per tutte le parti che parteciparono al processo, ed esclude che il giudice dell'opposizione possa esaminare il merito della controversia nei confronti dell'opponente, il cui pregiudizio, ai fini della proposta opposizione, e dato dalla mancata citazione in quel processo del contraddittore necessario (Cass. n. 3164/1962, in Giust. civ., 1963, I, 292, con nota di Bianchi D'Espinosa).

Peraltro, Il giudizio conseguente ad opposizione di terzo di un litisconsorte pretermesso - diversamente da quello per opposizione di terzo non litisconsorte necessario - non è limitato al pregiudizio di merito del terzo, in quanto il pregiudizio del litisconsorte necessario è costituito dalla sua mancata citazione in un giudizio che non avrebbe potuto svolgersi senza il suo contraddittorio, ne consegue la radicale nullità del giudicato anche nei confronti delle parti non pretermesse e, nell'ipotesi di pronunzia di appello, la rimessione della causa al primo giudice per l'integrazione del contraddittorio (Cass. n. 4896/1983; Cass. n. 394/1966, in Giust. civ., 1966, I, 652). In sostanza, qualora l'opposizione di terzo, a norma dell'art. 404, venga proposta da chi deduca la qualità di litisconsorte necessario pretermesso nel procedimento conclusosi con la sentenza opposta, l'accertamento del fondamento di detta deduzione implica di per se' l'ammissibilità e l'accoglimento dell'opposizione medesima, senza che si richieda una denuncia da parte dello opponente dell'ingiustizia nel merito di quella pronuncia, dato che il riscontro del difetto di integrità del contraddittorio impone la declaratoria di nullità della pronuncia stessa (Cass. n.  2918/1985).

Il litisconsorte pretermesso, che non abbia esperito il rimedio straordinario dell'opposizione di terzo avverso la sentenza che pregiudichi un suo diritto, può esercitare l'azione ordinaria al fine di ottenere un accertamento dal quale risulti la non conformità a diritto della pronunzia (Cass. n. 7404/2003).

Sulla questione, le Sezioni Unite hanno chiarito che il litisconsorte necessario pretermesso, che ai sensi dell'art. 404 è ammesso all'opposizione ordinaria avverso la sentenza resa in un giudizio «inter alios», può anche proporre una azione di accertamento autonoma della sua posizione, ma, sino al passaggio in giudicato della sentenza che riconosca la situazione come da lui dedotta, gli è preclusa ogni tutela, anche cautelare, avverso l'efficacia esecutiva o gli affetti esecutivi o accertativi derivanti dalla sentenza inter alios non opposta (Cass. S.U., n. 1238/2015).

E' ammissibile la proposizione dell'opposizione di terzo avverso una sentenza di appello da parte dei litisconsorti necessari pretermessi fin dal primo grado, anche ove questi abbiano dedotto esclusivamente la violazione dell'integrità del contraddittorio; il giudizio su tale impugnazione si esaurisce, infatti, nella sola fase rescindente trovando applicazione, per effetto del rinvio contenuto nell'art. 406 c.p.c., l'art. 354 c.p.c., che per la violazione del contraddittorio preclude al giudice di secondo grado di decidere la controversia nel merito, prevedendo la rimessione delle parti davanti al primo giudice (Cass. II, n. 1441/2022).

Litisconsorzio necessario nel processo tributario

Norma di riferimento nel processo tributario in tema di litisconsorzio necessario è l'art. 14 d.lgs. n. 546/1992, per il quale « 1.  Se l'oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi. 2. Se il ricorso non è stato proposto da o nei confronti di tutti i soggetti indicati nel comma 1 è ordinata l'integrazione del contraddittorio mediante la loro chiamata in causa entro un termine stabilito a pena di decadenza. 3. Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell'atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso. 4. Le parti chiamate si costituiscono in giudizio nelle forme prescritte per la parte resistente, in quanto applicabili. 5. I soggetti indicati nei commi 1 e 3 intervengono nel processo notificando apposito atto a tutte le parti e costituendosi nelle forme di cui al comma precedente. 6. Le parti chiamate in causa o intervenute volontariamente non possono impugnare autonomamente l'atto se per esse al momento della costituzione è già decorso il termine di decadenza » .

Mediante tale norma è stata introdotta per la prima volta una disciplina specifica dell'istituto nel processo tributario.

Secondo un primo orientamento, l'art. 14 d.lgs. n. 546/1992, costituirebbe una sorta di “duplicato” della disciplina dettata dal codice di procedura civile e, quindi, dovrebbe essere assimilato all'art. 102, con conseguente onere dell'interprete di concretizzare il contenuto di tale disposizione “in bianco”.

Per altri, invece, l'art. 14 d.lgs. n. 546/1992 ha introdotto una disciplina almeno per certi aspetti autonoma da quella del c.p.c., che tiene conto delle peculiarità delle obbligazioni tributarie.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 1052/2007) hanno aderito a quest'ultima impostazione interpretativa, osservando che, nel processo tributario, la nozione di litisconsorzio necessario si configura come fattispecie autonoma rispetto a quella del c.p.c., perché l'art. 14 d.lgs. n. 546/1992 non rappresenta, come l'art. 102, una "norma in bianco", ma  individua espressamente,  nella inscindibilità della causa determinata dall'oggetto del ricorso, il presupposto per l'operatività dell'istituto.  Deve in particolare ritenersi che il litisconsorzio nel processo tributario  sussista ogni volta che, per effetto della norma tributaria o per l'azione esercitata dall'Amministrazione finanziaria, l'atto impositivo debba essere, o sia, unitario, coinvolgendo nella fattispecie costitutiva dell'obbligazione una pluralità di soggetti, ed il ricorso, sebbene  proposto da uno solo o da alcuni degli obbligati, abbia ad oggetto, non la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, ma quella,  inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, e cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione. Tale differente disciplina,  rispetto a quella generale dettata per il processo civile dalla disposizione in esame, viene giustificata attraverso il rinvio agli artt. 3 e 53 Cost., ossia in quanto funzionale alla parità di trattamento dei coobbligati ed al rispetto della loro capacità contributiva.

Nella richiamata decisione, le Sezioni Unite osservano che occorre considerare che il giudizio tributario è strutturato secondo le regole proprie del processo impugnatorio di provvedimenti autoritativi e che l'oggetto dello stesso  è circoscritto al concreto atteggiarsi del rapporto tra atto autoritativo e relativa impugnazione, viene, quindi, precisato che l'oggetto del ricorso, cui fa riferimento il comma 1 dell'art. 14 d.lgs. n. 546/1992, si risolve nello specifico nesso tra atto autoritativo di imposizione e contestazione del contribuente, che consente di identificare concretamente causa petendi e petitum della domanda. Pertanto, anche l'inscindibilità dell'azione, richiesta dal medesimo articolo, deve essere valutata in relazione alla domanda, dovendo essere ritenuta sussistente tutte le volte in cui la fattispecie costitutiva dell'obbligazione a) presenti elementi comuni ad una pluralità di soggetti e b) siano proprio tali elementi ad esser posti a fondamento della impugnazione proposta da uno dei soggetti obbligati. Diversamente, qualora, colui che ha proposto l'impugnazione abbia dedotto un profilo proprio della sua sola posizione debitoria, è da escludere che si determini quella situazione di inscindibilità, cui, ai sensi del comma 1 dell'art. 14 d.lgs. n. 546/1992, consegue il litisconsorzio necessario tra i soggetti obbligati, e potrà realizzarsi  solo una ipotesi di intervento volontario, disciplinato dal successivo comma 3 dello stesso articolo (v. anche Cass. n. 15189/2013).

Peraltro, come confermato da Cass. S.U., n. 1052/2007, in materia tributaria trovano applicazione i principi civilistici sulle obbligazioni solidali (paritetiche o dipendenti), i quali, naturalmente, devono subire i necessari adattamenti, per l'influenza, sull'assetto del rapporto obbligatorio, degli effetti dell'accertamento e della particolare struttura del processo tributario (cfr. anche Cass.  n. 13800/2000). Ne deriva che, come l'Amministrazione finanziaria può esigere il pagamento dell'intera imposta da un singolo coobbligato, ciascuno di questi può autonomamente impugnare l'accertamento, il quale può diventare definitivo nei confronti di ciascun obbligato. Tale separatezza e autonomia dei singoli rapporti tra Amministrazione finanziaria e  condebitori solidali si traduce, sul piano processuale, nella possibilità di instaurare distinti giudizi  e dunque nell'esclusione dell'ipotesi di litisconsorzio necessario. La questione della solidarietà dell'obbligazione è  estranea al giudizio, con la precisazione che essa, piuttosto che determinare l'inscindibilità della causa tra più soggetti nel senso inteso dall'art. 14, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, pone problemi relativi al rapporto tra giudicati (ed eventualmente legittima un intervento nel processo ai sensi dell' art. 14, comma 3, del medesimo d.lgs.: Cass. n. 20024/2017).  Pertanto, sul piano processuale, il rapporto di solidarietà passiva si risolve in un litisconsorzio meramente facoltativo (Cass. n. 1698/2018).

Più di recente, le Sezioni Unite sono nuovamente intervenute sul litisconsorzio nel processo tributario per chiarire che il disposto dell'art. 53, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili, scindibili e dipendenti, delineata dalle regole processualcivilistiche, cosicché, in base agli artt. 331 e 332 c.p.c., nelle cause scindibili non vi è obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti di quelle parti del giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione all'appello sia venuto meno (Cass. S.U., n. 11676/2024).

In materia di litisconsorzio tra soci e società di persone (ovvero associazioni prive di personalità giuridica), le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che, in materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 917/1986 e dei soci delle stesse, e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci - salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali - sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi, perché la stessa  non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.  Pertanto, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 14 d.lgs. n. 546/1992 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. S.U., n. 14815/2008). Questo assunto è ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, essendo stato ribadito, anche di recente, che l'unitarietà dell'accertamento del maggior reddito delle società di persone e dei soci delle stesse, ex art. 5 del d.P.R. n. 917/1986, comporta un litisconsorzio necessario tra società e soci, in difetto del quale la sentenza, anche di appello, è affetta da radicale nullità ed il procedimento deve essere rinviato al giudice di primo grado (Cass. n. 1472/2018).  Tuttavia il litisconsorzio non sussiste laddove il socio, nell'impugnare l'avviso di accertamento, aveva sollevato eccezioni personali (riferite alla motivazione dell'avviso di accertamento, alla decadenza dell'Amministrazione finanziaria dall'esercizio impositivo e alla prescrizione dei contributi previdenziali richiesti: cfr. Cass.  n. 15116/2018).

Peraltro, sebbene il principio di unitarietà dell'accertamento, sul quale si basa la rettifica della dichiarazione dei redditi delle società di persone e dei relativi soci, comporta che il ricorso tributario proposto da uno di essi, o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che i soci, i quali tutti devono quindi  essere parti del procedimento, non potendo la relativa controversia essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi, in ragione dell'esistenza di un'ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra i soci e la società stessa, è ammessa la riunione cd. sanante dei processi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari (Cass. n. 16730/2018). Detta riunione può realizzarsi anche in sede di gravame atteso che il rinvio al giudice di primo grado non sarebbe giustificato dalla necessità di salvaguardare il contraddittorio e si porrebbe in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo (Cass. n. 3789/2018).  Inoltre, anche nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità dei giudizi, per essere stati celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell'esistenza e del contenuto dell'atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: 1) identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; 2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; 3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; 4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici (Cass. n. 29843/2017; Cass. n. 3839/2010). Invero, la “ricomposizione” dell'unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall'art. 111, comma 2, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali nell'osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio.

Per altro verso, ai fini dell'operare del litisconsorzio necessario tra società di persone e soci, compresi gli accomandanti, stante l'unitarietà dell'accertamento dei relativi redditi ai sensi dell'art. 5 d.P.R. n. 917/1986, è irrilevante la trasformazione, in corso di causa, dell'ente in società di capitali, trattandosi di una vicenda sopravvenuta, che non incide sull'unitarietà dell'accertamento e, dunque, sulle indicate ragioni del litisconsorzio necessario originario tra società e soci (Cass. n. 7026/2018).

Né in tema di processo tributario, il principio secondo cui, in virtù dell'unitarietà dell'accertamento, sussiste litisconsorzio necessario tra soci e società di persone, opera anche ove quest'ultima si estingua per effetto della cancellazione dal registro delle imprese, atteso che, a seguito di tale evento, i soci succedono nella posizione processuale dell'ente estinto, venendosi a determinare, tra di essi, una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (Cass. n. 6285/2018).

Nel giudizio di impugnazione dell'avviso di accertamento emesso nei confronti del  socio di società di capitali, non è configurabile litisconsorzio tra società e soci, perché, per i redditi da partecipazione società di capitali non sussiste il meccanismo di automatica imputazione dei redditi ai soci in proporzione alla partecipazione, previsto dal combinato disposto degli artt. 40, comma 2, d.P.R. n. 600/1973 e art. 5 d.P.R. n. 917/1986 (Cass. n. 20507/2017), salvo che i soci non abbiano optato per il regime di trasparenza fiscale, ai sensi dell'art. 116 d.P.R. n. 917/1986 (Cass. n. 24472/2015).

Anche ove venga accertato un maggiore imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso d'impugnazione, la necessità d'integrare il contraddittorio nei confronti dei soci, salvo che l'Ufficio abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti anche ai fini di altre imposte (nella specie, IRAP), fondati su elementi comuni, atteso che, in detta ipotesi, il profilo dell'accertamento impugnato concernente l'imponibile IVA non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus per l'inscindibilità delle due situazioni, in quanto insuscettibile di autonoma definizione (Cass. n. 26071/2015).

Peraltro, secondo una più recente decisione, in tema di accertamento ai fini IRAP e IVA a carico di una società di persone, non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra la stessa ed i soci, atteso che l'atto impositivo non implica una rettifica del reddito dell'ente e, quindi, di quello dei soci: peraltro, sebbene non sia invocabile l'efficacia di giudicato della sentenza emessa nei soli confronti della società, ciò non esclude che l'Amministrazione finanziaria possa notificare l'avviso di mora per l'obbligazione dell'ente direttamente al socio, poiché il diritto di difesa dello stesso è garantito dalla possibilità di contestare la pretesa originaria, impugnando contestualmente gli atti presupposti, la cui notificazione sia stata omessa o risulti irregolare (Cass. n. 6531/2018). In senso analogo, si è osservato che L'accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso d'impugnazione, la necessità d'integrare il contraddittorio nei confronti dei soci, salvo che l'Ufficio abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti ai fini anche di altre imposte (nella specie, IRAP), fondati su elementi comuni, atteso che, in detta ipotesi, il profilo dell'accertamento impugnato concernente l'imponibile IVA non si sottrae al vincolo necessario del "simultaneus processus" per l'inscindibilità delle due situazioni, in quanto insuscettibile di autonoma definizione (Cass. n. 6303/2018).

E' consolidato, sotto un primo profilo, il principio, sancito anche dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, per il quale in materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all'art. 5 d.P.R. n. 917/1986 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali –,  sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti,

bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 14 d.lgs. n. 546/1992 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass.  S.U., n. 14815/2008).

E' stato precisato che, ai fini dell'operare della regola del contraddittorio necessario, non assume rilevanza la circostanza che i soci che non hanno partecipato al giudizio siano soci accomandanti, quindi con responsabilità limitata, atteso che, nel processo tributario, il litisconsorzio necessario originario che, nel caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni ex art. 5 d.P.R. n. 917/1986, sussiste tra la società e tutti i soci della stessa in ragione dell'unitarietà dell'accertamento, che è alla base della rettifica e della conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio (proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi), ricorre anche nei confronti del socio accomandante di una società in accomandita semplice, incidendo l'accertamento in rettifica della dichiarazione anche sull'imputazione dei redditi di costui, indipendentemente dal profilo della responsabilità, limitata alla quota conferita o illimitata (Cass. n. 27337/2014).

In un recente precedente, si è evidenziato che neppure rileva, stante l'unitarietà dell'accertamento in questione, l'avvenuta trasformazione in corso di causa della società di persone in società di capitali (Cass. n. 7026/2018).

In tema di contenzioso tributario, sebbene in applicazione del principio di trasparenza ex art. 5 d.P.R. n. 917 del 1986, debbano partecipare al giudizio di merito sia la società di persone che i soci della stessa, non sussiste, a seguito del decesso del socio accomandatario di una società in accomandita semplice, un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra gli eredi del socio defunto e la società allorché venga a mancare la pluralità dei soci, determinandosi in tal caso lo scioglimento di quest'ultima ex art. 2272 c.c. (Cass. n. 8882/2021).

Per altro verso, poiché ai sensi dell'art. 57, comma 1, d.P.R. n. 131/1986, l'obbligazione per il pagamento dell'imposta di registro grava sulle parti contraenti in solido, deve essere esclusa la sussistenza tra le stesse, sul piano processuale, di un litisconsorzio necessario. (Cass. n. 1698/2018, la quale, in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata in una controversia in tema di impugnazione dell'avviso di accertamento e liquidazione dell'imposta di registro, promossa dall'acquirente di un immobile nei confronti dell'amministrazione fiscale, nella quale non era stato evocato in giudizio il venditore).

Per altro verso, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, in tema di accertamento con adesione, non sussiste il litisconsorzio necessario con i soci, in relazione ai giudizi da essi instaurati avverso gli atti di accertamento loro notificati, in quanto assenti o non aderenti al procedimento amministrativo iniziato e definito dalla società di persone, posto che l'esigenza di unitarietà dell'accertamento viene meno con l'intervenuta definizione da parte della società in sede amministrativa che, ai sensi dell'art. 41-bis d.P.R. n. 600/1973, costituisce titolo per l'accertamento nei confronti delle persone fisiche, con la conseguenza che ciascun socio può opporre solo ragioni di impugnazione specifiche e, quindi, di esclusivo carattere personale (Cass. n. 12137/2019; v., in senso opposto, tuttavia, Cass. n. 12318/2009).

Nel giudizio di impugnazione dell'atto di attribuzione della rendita catastale, costituente il presupposto di un diverso atto impositivo, come l'ICI, anch'esso impugnato, atteso il rapporto di pregiudizialità tra i due procedimenti non sussiste litisconsorzio necessario fra l'Agenzia del territorio ed il Comune, privo di autonoma legittimazione nella causa relativa alla rendita catastale (Cass. n. 3226/2021).  

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