Codice di Procedura Civile art. 107 - Intervento per ordine del giudice 1 .Intervento per ordine del giudice1. [I]. Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento [270]. [1] In tema di rito speciale per le controversie in materia di licenziamenti, v. art. 1, commi 47-68, in particolare il comma 54, l. 28 giugno 2012, n. 92. Per la disapplicazione delle disposizioni di cui ai commi da 48 a 68 dell'art. 1 della l. 92/2012 vedi l'art. 11 del d.lg. 23/2015, in tema di licenziamenti applicabili ai contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. InquadramentoIl giudice può ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo al quale la causa è comune (v. art. 106). L'intervento può essere disposto dal giudice, in ogni momento del giudizio di primo grado, anche per ragioni di opportunità e, pertanto, l'esercizio del relativo potere è insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 4857/1999). L'interveniente iussu iudicis non è per questo tenuto a proporre domande né automaticamente destinatario delle domande formulate dalle altre parti (Cass. n. 187/2003). La chiamata del terzo iussu iudicis determina una situazione di litisconsorzio necessario cd. “processuale”, anche in sede di impugnazione con conseguente operatività dell'art. 331 (Cass. n. 3717/2010). PresuppostiA prescindere da un'istanza di parte in tal senso, il giudice può ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo al quale la causa è comune: sulla nozione di comunanza di causa v. Commento all'art. 106. L'intervento in causa iussu iudicis, determinando una forma di litisconsorzio meramente processuale, può essere disposto, a differenza che nell'ipotesi disciplinata dal precedente art. 102,sulla base di un giudizio di mera opportunità processuale, e non richiede, pertanto, che il rapporto sostanziale sia comune ed indivisibile rispetto ai soggetti chiamati (Cass. n. 5983/1999). Ad esempio, si è evidenziato che la contestazione della legittimazione passiva da parte del convenuto, con l'indicazione di un terzo quale soggetto effettivamente legittimato al posto suo, dà luogo a un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo, dal quale deriva la facoltà, per l'organo giudicante, non sindacabile in sede di gravame, presupponendo una valutazione discrezionale, di ordinare la chiamata in causa del terzo, secondo il disposto della norma in esame (Cass. n. 688/2015). Qualora il giudice ordini l'intervento di un terzo a seguito delle difese svolte dal convenuto, il quale, contestando la propria legittimazione passiva, indichi quello come responsabile della pretesa fatta valere in giudizio, ricorre un'ipotesi non di litisconsorzio necessario, exart. 102, ma di chiamata in causa "iussu iudicis", ai sensi dell'art. 107, rispondente ad esigenze di economia processuale (comunanza di causa), discrezionalmente valutate sotto il profilo dell'opportunità. Ove, peraltro, la notifica al terzo sia nulla il contraddittorio non può ritenersi validamente instaurato, restando sanata detta nullità soltanto dall'ordine giudiziale di rinnovazione o dalla spontanea reiterazione, ad opera della parte interessata, della notificazione della citazione al terzo, senza che possa, invece, assumere rilievo sanante l'eventuale notifica al terzo stesso del ricorso per riassunzione a seguito di interruzione del processo pendente tra le parti originarie, in quanto atto mancante degli elementi essenziali della domanda estesa nei confronti di quello (Cass. n. 6837/2016). Pertanto, la chiamata in causa di un terzo è sempre rimessa alla discrezionalità del giudice di primo grado, involgendo valutazioni circa l'opportunità di estendere il processo ad altro soggetto, onde l'esercizio del relativo potere non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 7415/2015 ). A norma dell'art. 270, la chiamata del terzo nel processo per ordine del giudice, ai sensi dell'art. 107, può essere ordinata in ogni momento del giudizio di primo grado (Cass. n. 25127/2010). Per tale ragione, la manifestazione, da parte dell'attore, della volontà di estendere la domanda originaria nei confronti del terzo chiamato in causa "iussu iudicis" non è assoggettata ad alcun termine perentorio (Cass. n. 4724/2019). Forma e tempo della chiamataLa fissazione di un'udienza per la chiamata di un terzo, disposta dal giudice per ragioni di opportunità, non comporta fissazione di alcun termine perentorio, trattandosi dell'indicazione dell'udienza di comparizione del terzo del tutto analoga all'indicazione della udienza stabilita dall'art. 163, n. 7 per l'ordinaria citazione, con la conseguenza che l'inosservanza dell'ordine di chiamata del terzo — e, correlativamente, la mancata comparizione dello stesso all'udienza fissata — non impediscono al giudice, nell'esercizio del suo potere discrezionale, la fissazione di una nuova udienza di comparizione (Cass. n. 9237/2000). Effetti della chiamataL'attribuzione della qualità di parte all'interventore nel processo iussu iudicis non postula la proposizione di domande da parte del medesimo, né che domande siano, viceversa, formulate nei suoi confronti, essendo, per converso, sufficiente la sua presenza o evocazione in giudizio, che dà per ciò stesso luogo ad una fattispecie di litisconsorzio processuale (Cass. n. 187/2003). In tema di disciplina sul riparto delle spese di lite, si è affermato che qualora il convenuto, nel resistere alla domanda attrice, indichi un terzo quale responsabile dei fatti contestati e il giudice, ritenendo la comunione di cause, ordini la chiamata in causa di detto terzo, qualora venga accolta, anche parzialmente, la domanda attrice nei confronti del solo convenuto, escludendo qualsiasi responsabilità del terzo, non possono essere poste le spese di lite sostenute dal terzo a carico della parte attrice, ancorché quest'ultima, quale parte più diligente, abbia provveduto a notificare al terzo l'atto di chiamata (Cass. n. 10023/2004). La chiamata del terzo iussu iudicis determina una situazione di litisconsorzio necessario cd. “processuale”, anche in sede di impugnazione, con conseguente operatività dell'art. 331 (Cass. n. 9131/2016; Cass. n. 3717/2010). L'ordine del giudice ex art. 107 assolve alla funzione di estendere gli effetti sostanziali del giudicato al terzo, qualora il rapporto controverso sia a lui comune ovvero sia connesso per il titolo o l'oggetto con un altro rapporto intercorrente con un'altra parte, sicché il terzo chiamato in causa è sempre legittimato a proporre impugnazione incidentale adesiva a quella principale (od incidentale di detta parte), sì da evitare che il giudicato sul rapporto controverso possa produrre effetti pregiudizievoli su quello connesso, mentre può proporre impugnazione avverso la sentenza in via principale od incidentale autonoma soltanto in caso di soccombenza, totale o parziale, rispetto a conclusioni formulate in modo autonomo ovvero a pretese fatte valere direttamente nei suoi confronti (Cass. n. 20124/2014). 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