Codice di Procedura Civile art. 117 - Interrogatorio non formale delle parti.

Rosaria Giordano

Interrogatorio non formale delle parti.

[I]. Il giudice, in qualunque stato e grado del processo, ha facoltà di ordinare la comparizione personale delle parti [420 1] in contraddittorio tra loro per interrogarle liberamente sui fatti della causa. Le parti possono farsi assistere dai difensori.

Inquadramento

L'interrogatorio libero è uno strumento con il quale la parte può rendere maggiormente comprensibili al giudice le allegazioni effettuate (Grasso, in Comm. Allorio, 1973, 1323).

Tale interrogatorio può essere disposto dal giudice d'ufficio in ogni stato e grado del processo, anche in sede di rinvio (Cass. n. 2698/1988).

In dottrina è discussa la funzione dell'interrogatorio libero, che alcuni ritengono essenzialmente conoscitiva (Andrioli I, 341), altri probatoria (potendo acquisire il giudice dalle risposte date in tale sede almeno argomenti di prova: Vaccarella 1972, 397).

La stessa giurisprudenza di legittimità pur riconoscendo che il convincimento del giudice può fondarsi sulle risposte date dalla parte in sede di interrogatorio libero (Cass. n. 27407/2014), afferma, al contempo, che è insindacabile in sede di legittimità, anche sotto il profilo della mancanza di motivazione, l'omessa considerazione delle stesse ai fini della decisione (Cass. n. 5290/2008).

Disposizione dell'interrogatorio libero

Se l'interrogatorio formale è volto a provocare dichiarazioni contra se della parte che lo rende (e quindi la confessione della stessa), l'interrogatorio libero è uno strumento con il quale la parte può rendere maggiormente comprensibili al giudice le allegazioni effettuate, nell'attuazione del principio di collaborazione tra l'autorità giudiziaria e le parti spesso confuse ed ingombranti allegazioni (Grasso, in Comm. Allorio, 1973, 1323).

L'interrogatorio non formale è disposto ad iniziativa del giudice.

Pertanto, all'eventuale richiesta formulata da una parte deve attribuirsi il mero valore di sollecitazione dell'attività discrezionale del giudice stesso (ne consegue che il mancato esercizio di tale facoltà non può formare oggetto di censura in sede di legittimità: Cass. n. 3797/1988).

Non operano, pertanto, preclusioni rispetto al momento del giudizio nel quale l’interrogatorio libero può essere disposto.

In tale direzione, si è ritenuto, che nel rito del lavoro la preclusione di cui all'art. 437, comma 2, c.p.c. non opera anche nei confronti dell'interrogatorio libero delle parti che, quindi, ben può essere disposto anche dal giudice di secondo grado ove lo ritenga, sia pure implicitamente, indispensabile onde ricavarne elementi sussidiari del proprio convincimento, da valutare secondo il proprio prudente apprezzamento (Cass. n. 519/2001).

È stato inoltre chiarito che il divieto per il giudice di rinvio di assumere nuove prove, salvo che la relativa necessità insorga dalla sentenza di annullamento, non riguarda l'interrogatorio non formale delle parti, il quale non integra un mezzo di prova e può essere disposto in qualunque stato e grado del processo, con la funzione di fornire elementi sussidiari per la valutazione delle prove già acquisite (Cass. n. 2698/1988).

Espletamento dell'interrogatorio

Il giudice può condurre l'interrogatorio libero delle parti nel modo che ritiene più opportuno e senza necessità di motivare espressamente sulle modalità adottate, mentre può accertare i fatti basandosi esclusivamente sulla prospettazione fattane da una parte nel corso dell'interrogatorio medesimo (Cass. n. 15502/2009).

In sede di interrogatorio non formale, la parte può, ma non deve farsi assistere dal proprio difensore, configurandosi al riguardo una mera facoltà della parte stessa (Cass. n. 801/1983).

È stato precisato, poi, sempre in giurisprudenza, che l'interrogatorio non formale può essere reso anche dal procuratore generale della parte o da un procuratore munito di apposito mandato (Cass. n. 9316/1991).

Valore probatorio delle dichiarazioni rese dalla parte

È discussa in dottrina la funzione dell'interrogatorio libero e, di qui, la valenza sul piano istruttorio delle dichiarazioni rese dalla parte.

Invero, secondo alcuni dalle dichiarazioni rese in sede d'interrogatorio libero debbono trarsi solo elementi chiarificatori e sussidiari di convincimento, avendo l'interrogatorio una funzione essenzialmente conoscitiva (Andrioli, I, 341).

Altri evidenziano che, piuttosto, l'interrogatorio libero ha una funzione probatoria, in quanto consente al giudice di provocare il comportamento delle parti per trarne elementi di valutazione delle prove già acquisite, i.e. argomenti di prova (Vaccarella, 1972, 397).

La giurisprudenza stessa sembra oscillare tra queste due posizioni, senza tuttavia fornire elementi certi in ordine alla valenza istruttoria delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio libero

Invero, secondo una prima tesi, le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio non formale, pur se prive di alcun valore confessorio, in quanto detto mezzo è diretto semplicemente a chiarire i termini della controversia, ben possono, nondimeno, costituire il fondamento del convincimento del giudice (Cass. n. 27407/2014). Invero, le dichiarazioni rese nell’ambito dell’interrogatorio libero assumo, di regola, valenza meramente indiziaria (Cass. n. 4667/2009).

Per altro orientamento, le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio non formale, pur se prive di alcun valore confessorio, in quanto detto mezzo è diretto semplicemente a chiarire i termini della controversia, ben possono nondimeno costituire il fondamento del convincimento del giudice (Cass. n. 6510/2004; Cass. n. 15849/2001). Si è infatti evidenziato, sul punto, che le dichiarazioni rese dalla parte nell'interrogatorio libero di cui all'art. 117, pur non essendo un mezzo di prova, possono essere fonte, anche unica, del convincimento del giudice di merito, al quale è riservata la valutazione, non censurabile in sede di legittimità, se congruamente e ragionevolmente motivata, della loro concludenza ed attendibilità (Cass. n. 7002/2000).

 Inoltre, si è affermato, rafforzando quest’ultima prospettiva, che, anche se l'interrogatorio libero della parte non costituisce un mezzo di prova mirante — come quello formale — a provocare una confessione, tuttavia, in sede di risposta allo stesso può anche rendersi una vera e propria confessione, purché di essa siano accertati i requisiti essenziali dell'animus confitendi e della capacità di disporre del diritto controverso (Cass. n. 775/1982).

Occorre precisare che, in ogni caso, le dichiarazioni rese dalla parte in sede di libero interrogatorio non consentono al giudice, in relazione al loro contenuto, di omettere l'esame o l'ingresso nel giudizio di altre prove quando queste vertano su fatti che, in quanto non direttamente percepiti o percepibili dalla parte che chiede di provarli, non possono neppure essere dalla stessa utilmente riferiti in sede di libero interrogatorio, il quale ha ad oggetto i "fatti della causa" (art. 117 c.p.c.) nel senso di fatti percepiti dalla parte chiamata a renderlo (Cass. n. 5590/1995).

È comunque consolidato nella giurisprudenza di legittimità l'orientamento, che sembra invece avallare la ricostruzione di tale strumento in una prospettiva conoscitiva, per il quale la mancata valutazione delle risultanze dell'interrogatorio libero costituisce espressione del potere discrezionale del giudice del merito e, conseguentemente, non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 5290/2008).

Interrogatorio reso nel processo penale

L'interrogatorio della parte lesa assunto in sede di giudizio penale, pur non potendo acquisire nel giudizio civile il valore di prova, neppure atipica, riveste efficacia di argomento di prova ex art. 117 c.p.c., il quale, peraltro, può assumere autonoma efficacia probatoria, sufficiente ad offrire al giudice la dimostrazione del factum probandum, costituendo una vera e propria inferenza che il giudice può trarre dalle circostanze indicate dalla norma, allo stesso modo in cui, ex art. 2727 c.c., può trarre da un fatto noto conseguenze relativa ad un fatto ignorato, in particolare quando l'interrogatorio verta su circostanze tali da poter essere conosciute soltanto dalle parti (Cass. n. 30992/2023).

 

Bibliografia

Andrioli, Prova (dir. proc. civ.), in Nss. D.I., XIV, Torino, 1967, 260 ss.; Calamandrei, Il significato costituzionale delle giurisdizioni di equità (1921), in Opere giuridiche, III, Napoli, 1968, 3 ss.; Cappelletti, Il giudizio di equità e l'appello, in Riv. dir. proc. 1952, II, 143 ss.; Cappelletti, La testimonianza della parte nel sistema dell'oralità, I-II, Milano, 1962; Cavallone, La divulgazione della sentenza civile, Milano, 1964; Cavallone, Oralità e disciplina delle prove nella riforma del processo civile, in Riv. dir. proc. 1984, 686 ss.; Comez, L'equità integrativa del conciliatore, ovvero « lo scandalo dell'equità », in Giust. civ. 1989, I, 2385 ss.; Consolo, Domanda giudiziale, in Dig. civ. VII, Torino, 1991, 44 ss.; Consolo - Luiso - Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996; De Marini, Il giudizio di equità nel processo civile (premesse teoriche), Padova, 1957; De Stefano, Fatto notorio, in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, 999 ss.; Fabbrini, Eccezione, in Enc. giur., XII, Roma, 1989; Finocchiaro, Ispezione giudiziale (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XXII, Milano, 1971, 948 ss.; Grasso, La pronuncia d'ufficio, Milano, 1967; Grasso, Equità (giudizio), in Dig. civ., Torino, 1991, VII, 470 ss.; Martino, Il giudizio d'equità del conciliatore ed il suo controllo da parte della Corte di Cassazione, in Giust. civ. 1991, II, 193 ss.; Martino, Decisione equitativa e « principi informatori della materia », in Riv. dir. proc. 2005, 1353; Massari, Ispezione giudiziale, in Nss. D.I., IX, Torino, 1963, 186 ss.; Punzi, Jura novit curia, Milano, 1965; Ricci, Note sul giudizio di equità, in Riv. dir. proc. 1993, 387 ss.; Satta, Jura novit curia, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1955, 380 ss.; Satta, Domanda giudiziale (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 816 ss.; Vaccarella, Interrogatorio delle parti (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XXII, Milano, 1972, 353 ss.; Vaccarella, « Quaedam sunt notoria iudici tantum non aliis », in Giust. civ. 1989, I, 2552; Vaccarella, Il difensore ed il giudizio di equità, in Giust. civ. 1992, II, 465 ss.; Vaccarella, in Scritti in onore di E. Fazzalari, III, Milano, 1993, 54 ss.; Varano, Equità (I, Teoria generale), in Enc. giur., XII, Roma 1989; Varano, Equità (II, Giudizio di equità), in Enc. giur., XII, Roma 1989; Vecchione, Equità (giudizio di), in Nss. D.I., VI, Torino 1960, 625 ss.; Verde, Domanda (principio della), I, in Enc. giur., XII, Roma, 1989; Verde, Prova legale e formalismo, in Foro it. 1990, V, 465 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario