Codice di Procedura Civile art. 137 - Notificazioni 1

Mauro Di Marzio

Notificazioni1

[I]. Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti [151], sono eseguite dall'ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere.

[II]. L'ufficiale giudiziario o l'avvocato esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi [160]2.

[III]. Se l’atto da notificare o comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di posta elettronica certificata, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all’originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi. Se richiesto, l’ufficiale giudiziario invia l’atto notificato anche attraverso strumenti telematici all’indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore, ovvero consegna ai medesimi, previa esazione dei relativi diritti, copia dell’atto notificato, su supporto informatico non riscrivibile3.

[IV]. Se la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, tranne che nel caso previsto dal secondo comma dell'articolo 143, l'ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell'atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto4.

[V]. Le disposizioni di cui al quarto comma si applicano anche alle comunicazioni effettuate con biglietto di cancelleria ai sensi degli articoli 133 e 1365.

[VI]. L'avvocato esegue le notificazioni nei casi e con le modalità previste dalla legge6.

[VII]. L'ufficiale giudiziario esegue la notificazione su richiesta dell'avvocato se quest'ultimo non deve eseguirla a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o con altra modalità prevista dalla legge, salvo che l'avvocato dichiari che la notificazione con le predette modalità non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario. Della dichiarazione è dato atto nella relazione di notificazione7

 

[1] V., in tema di notificazioni a mezzo posta, la l. 20 novembre 1982, n. 890, nonché la l. 21 gennaio 1994, n. 53. Per la ripetibilità delle spese di notifica vedi d.m. finanze 8 gennaio 2001 (G.U. 26 gennaio 2001, n. 21).

[2] Comma così modificato dall'art. 3, comma 11, lett. b), numero 1),  del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha inserito le parole: «o l'avvocato»  (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

[3] Comma inserito dall'art. 45, comma 18, lett. a), della l. 18 giugno 2009, n. 69 (legge di riforma 2009), con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009, per i giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

[4] Comma inserito dall'art. 174 comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, con effetto dal 1° gennaio 2004. Ma v. il d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, il cui art. 27, comma 1, lett. c), n. 3)ha abrogato il suddetto art. 174 d.lgs. n. 196, cit.

[5] Comma inserito dall'art. 1741 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, con effetto dal 1° gennaio 2004 e successivamente modificato dall'art. 45, comma 18, lett. b), della l. 18 giugno 2009, n. 69, che ha sostituito la parola: "terzo", con la parola: "quarto". La legge di riforma del 2009 ha effetto a decorrere dal 4 luglio 2009, per i giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. Ma v. il d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, il cui art. 27, comma 1, lett. c), n. 3)ha abrogato il suddetto art. 174 d.lgs. n. 196, cit.

[6] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 11, lett. b), numero 2),  del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149  (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

[7] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 11, lett. b), numero 2),  del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149  (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

La notificazione, al pari di altri fenomeni pubblicitari quali la pubblicità e la pubblicazione, è un mezzo di produzione e diffusione di conoscenza, che si differenzia dagli altri fenomeni ricordati sotto il profilo della predeterminazione, fin dalla fase propulsiva, della direzione verso la quale l'effetto di conoscenza è destinato a prodursi (Frassinetti, 1): in breve, mentre la pubblicità e la pubblicazione sono diretti alla generalità ovvero ad una categoria indistinta di soggetti, la notificazione è diretta a raggiungere soggetti determinati.

La notificazione è volta a dare conoscenza legale di un atto del processo, quale condizione prevista dalla legge perché si verifichino ulteriori effetti processuali, mediante la consegna al destinatario, per il tramite di un intermediario, di una copia integrale ed autentica dell'atto medesimo. Vale subito chiarire che la conoscenza legale cui, come si è detto, la notificazione tende non va confusa con la conoscenza effettiva dell'atto, che costituisce scopo del tutto estraneo alla disciplina giuridica della notificazione (Balena, 261) e che, attraverso la notificazione, è resa soltanto possibile, senza però potersi realizzare in mancanza della collaborazione del notificando. È agevole osservare, infatti, che finanche la notificazione in mani proprie non assicura l'effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario, il quale può infatti rifiutare il plico, sì da rendere operante la finzione di notificazione prevista dall'art. 138, comma 2: nel qual caso vi è certezza che il notificando non abbia affatto avuto effettiva conoscenza dell'atto, ma ne ignori il contenuto. Il procedimento di notificazione, allora, mira non già alla conoscenza effettiva, da parte del notificando, dell'atto da notificare, bensì alla sua conoscibilità, assicurata in misura adeguata dall'osservanza delle formalità di volta in volta richieste dalla legge.

Tutto ciò rende ragione della natura formale della notificazione, cui non è in nessun caso equiparabile la conoscenza acquisita aliunde (Cass. n. 4521/1984; Cass. n. 7750/2001) e che non ammette equipollenti, a differenza di quanto accade per le comunicazioni, e si ha perciò per perfezionata con l'esecuzione delle formalità previste, le quali importano — secondo l'astratta valutazione svolta dal legislatore — che l'atto abbia raggiunto la sfera di conoscibilità del notificando.

Il procedimento di notificazione vede come principali protagonisti tre soggetti, ai quali può affiancarsene in taluni casi un quarto, solo eventuale: a) il soggetto ad iniziativa del quale il procedimento è introdotto (ossia il notificante ovvero istante o richiedente); b) il soggetto a conoscenza del quale va portato l'atto processuale (ossia il notificando ovvero destinatario); c) il soggetto titolare per legge della potestà di portare a conoscenza l'atto processuale (ossia l'ufficiale notificante, che era generalmente l'ufficiale giudiziario, oltre ad altre figure, ma che oggi, come si dirà nell'ultimo paragrafo, è anzitutto, e tendenzialmente in via esclusiva, il difensore); d) il soggetto – che partecipa solo eventualmente al procedimento di notificazione, ove si svolge alle forme tradizionali – al quale l'atto processuale può talora essere consegnato in luogo del notificando o destinatario (consegnatario e, dunque, familiare, addetto, vicino, portiere ecc.).

Da quanto precede emerge anzitutto che il procedimento di notificazione non può di regola attuarsi attraverso il contatto diretto tra notificante e notificando (Cass. n. 9772/2005; la notificazione può tuttavia avvenire anche mediante consegna diretta, ai sensi dell'art. 4 l. n. 53/1994): l'esigenza di certezza e garanzia che sovrintende alla disciplina delle notificazioni, ai fini della effettiva realizzazione della conoscenza legale, impone infatti, in ragione delle conseguenze processuali che di volta in volta ne derivano, che il procedimento sia governato da un soggetto terzo, istituzionalmente chiamato a svolgere l'incarico.

Un temperamento del principio che precede è tuttavia previsto – oltre che dall'art. 151, il quale consente al giudice di ordinare forme di notificazione diverse da quelle stabilite dalla legge – dalla l. n. 890/1982, in tema di notificazioni a mezzo del servizio postale e soprattutto dalla l. n. 53/1994, di cui si tratterà più avanti, che ha attribuito la potestà di notificazione agli avvocati.

Occorre ancora in premessa accennare che la riforma c.d. Cartabia del 2022, sulla quale si tornerà più avanti, nel mantenere la disciplina delle notifiche eseguite dagli avvocati in materia civile e stragiudiziale nella l. n. 53 del 1994, è intervenuta incisivamente sulla norma in commento. È stato così modificato il comma 2 dell'art. 137 per coordinare con la disciplina codicistica quella delle notifiche effettuate dall'avvocato. Sono stati introdotti due nuovi commi nell'art. 137, per richiamare, da un lato, la disciplina in materia di notifiche eseguite dall'avvocato, e, dall'altro, per coordinare l'obbligo di notifica telematica da parte dell'avvocato con il divieto all'ufficiale giudiziario, in tali casi, di eseguire la notifica. Sotto quest'ultimo profilo, si è quindi previsto che l'ufficiale giudiziario possa eseguire la notificazione su richiesta dell'avvocato soltanto se quest'ultimo non è obbligato, in base alla legge, a procedere personalmente mediante posta elettronica certificata o altra modalità prevista dalla legge (quale l'inserimento nell'area web riservata prevista dall'art. 359 d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, di cui al nuovo art. 3-ter della l. n. 53 del 1994). Tale limitazione non opera, tuttavia, quando vengono meno i presupposti per l'operare del predetto obbligo in capo all'avvocato: ossia, nei casi in cui non è possibile eseguire la notificazione secondo le modalità previste dalla legge, o quest'ultima non ha avuto esito positivo, per cause non imputabili al destinatario. Si prevede, in tale ipotesi, che l'avvocato debba formulare una dichiarazione formale, di cui l'ufficiale giudiziario dà atto nella relata di notifica; ciò, anche in ottica di maggior controllo circa la sussistenza dei requisiti per notificare mediante l'ufficiale giudiziario e quindi di controllo della validità della notifica eseguita mediane inserimento nell'area web.

L'istanza di notificazione

La parte istante, che dà impulso al procedimento di notificazione, è individuata dall'art. 137, il quale stabilisce che essa è eseguita «su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere».

Con riguardo in particolare alla parte, occorre dire che legittimato a chiedere la notificazione è non soltanto la parte personalmente, ma anche il difensore munito di procura. La soluzione trova fondamento sia sulla lettera dell'art. 137, sia su quella dell'art. 104, comma 2, d.P.R. n. 1229/1959, ove è stabilito che le richieste all'ufficiale giudiziario debbano essere fatte «dalla parte, personalmente o a mezzo di procuratore». È stata perciò negata validità alla notificazione ove la richiesta non sia provenuta dalla parte personalmente o da un difensore munito di procura. (Cass. S .U., n. 11356/1990. Ammette la possibilità della sanatoria attraverso la costituzione del procuratore legittimato Cass. n. 10311/1991). La notifica eseguita ad istanza di un soggetto diverso dalla parte del rapporto processuale o dal suo difensore munito di procura è dunque stata giudicata inesistente (da ult. Cass. n. 6083/2017). Così, ad esempio, per la notificazione eseguita ad istanza del mero domiciliatario ( Cass. n. 10268/2006; Cass. n. 1613/1975; Cass.  S.U., n. 1/1979; Cass. n. 6865/1982; Cass. n. 5522/1984; Cass. n. 6861/1986; Cass.  S.U. , n. 9972/1996). Più di recente si è stabilito che la legittimazione a presentare istanza di notificazione, ai sensi dell'art. 137, spetta alla parte, la quale può chiederne l'esecuzione sia personalmente che a mezzo di difensore munito di procura, sicché l'inesistenza della notificazione può ravvisarsi soltanto quando essa sia stata richiesta da chi non ha la rappresentanza della parte, non essendo, in tal caso, a questa in alcun modo riferibile l'atto compiuto, mentre, ove essa sia stata domandata da procuratore non abilitato — o perché esercente extra districtum o perché non iscritto nell'albo speciale dei patrocinanti in cassazione — è affetta da nullità della quale è possibile la sanatoria per effetto del conseguimento dello scopo (Cass. n. 10102/2017).

D'altro canto, l'istanza di parte può ritenersi adempiuta ogniqualvolta, nonostante la mancanza di apposita indicazione nella relata di notifica, non via sia incertezza assoluta sull'istante, essendo possibile individuare la parte a richiesta della quale la notifica è stata eseguita: e dunque è stata ritenuta valida la notificazione effettuata «su richiesta di chi in atti» (Cass. n. 11883/1991; Cass. n. 1781/1995; Cass. n. 1574/2005; Cass. n. 15500/2005;Cass. n. 14150/2020); la notificazione effettuata senza indicazione alcuna dell'istante nel caso in cui le parti del processo siano solo due (Cass. n. 2181/2005) e l'indicazione mancante sia desumibile dal contesto dell'atto (Cass. n. 2268/1985; Cass. n. 4750/1987; Cass. n. 1300/1991; Cass. n. 2149/1998; Cass. n. 140/1995; Cass. n. 12126/1997; Cass. n. 5991/2000; Cass. n. 5262/2001).

In altri termini, l'art. 137, comma 1, demanda l'attività di impulso del procedimento notificatorio - consistente essenzialmente nella consegna dell'atto da notificare all'ufficiale giudiziario - alla parte personalmente o al suo procuratore, che la rappresenta in giudizio in ragione del suo ufficio di difensore, mentre non sono disciplinate le modalità di conferimento dell'incarico all'ufficiale giudiziario, che restano irrilevanti rispetto al destinatario, in quanto il presupposto del procedimento notificatorio si realizza con la consegna dell'atto e lo scopo della notificazione è raggiunto quando è certo il soggetto cui essa va riferita. Pertanto, ove nella relazione di notifica si faccia riferimento, quale persona che ha materialmente eseguito la consegna dell'atto da notificare, a soggetto diverso da quello legittimato, senza indicare la sua veste di incaricato di quest'ultimo, tale carenza non inficia di per sé la notifica, che può risultare inutilmente eseguita solo se alla stregua dell'atto notificato non sia possibile individuare il soggetto ad istanza della quale la notifica stessa deve ritenersi effettuata (Cass. n. 19780/2020).

La regola dell'esclusiva spettanza alla parte personalmente ed al suo procuratore della legittimazione a chiedere la notificazione è temperata dall'ulteriore regola della delegabilità anche verbale dell'istanza di notificazione, con la conseguenza che l'istanza di notificazione proveniente da un terzo non incide sulla validità di essa se la parte alla quale l'istanza di notificazione va riferita sia certa a tenore del contenuto dell'atto da notificare (Cass.  S.U., n. 9213/1990; Cass. n. 3272/1993; Cass. n. 4678/1993; Cass. n. 8572/1994; Cass. n. 4501/1996; Cass. n. 2742/1998; Cass. n. 8557/1998; Cass. n. 9941/2006).

Il principio secondo cui l'attività di impulso del procedimento notificatorio - consistente essenzialmente nella consegna dell'atto da notificare all'ufficiale giudiziario - può essere delegata, anche verbalmente, dal soggetto legittimato, e cioè dalla parte o dal suo procuratore in giudizio, ad altra persona, opera anche quando la notifica sia eseguita, ai sensi degli artt. 1 e ss. l. n. 53/1994, dall'avvocato domiciliatario su delega del difensore munito di procura alle liti, in quanto la legge citata non esclude espressamente la delegabilità di tale atto ad altro professionista, ove il delegante sia munito di procura, e tanto lui quanto il delegato siano autorizzati dai rispettivi ordini di appartenenza (Cass. n. 19294/2016; Cass. n. 26356/2023). In senso diverso era stato in precedenza detto che la notificazione eseguita, ai sensi degli art. 1 e ss. l. 21 gennaio 1994, n. 53, dall'avvocato domiciliatario su delega del difensore munito di procura alle liti, è affetta non da inesistenza, bensì da nullità rilevabile d'ufficio e sanabile ex tunc per effetto della sua rinnovazione, disposta a norma dell'art. 291 o attuata spontaneamente dalla parte, trattandosi di vizio di forma del procedimento notificatorio attinente alla sola fase di adempimento materiale della delega affidata al domiciliatario, atteso che l'istanza di notifica proviene comunque da chi ha il legittimo ius postulandi (Cass. n. 5096/2013).

Ulteriore temperamento della regola in esame discende dalla tendenza prevalente della giurisprudenza ad ammettere la sanatoria della notificazione mancante dell'istanza proveniente da un soggetto legittimato attraverso il compimento, ad opera di quest'ultimo, di un atto che necessariamente la presuppone.

Il rapporto fra parte e ufficiale giudiziario non è inquadrabile nello schema privatistico del mandato, mentre quest'ultimo riveste la posizione di pubblico funzionario, chiamato a compiere attività che la parte non può, almeno di regola, compiere personalmente. È stato dunque escluso che la parte istante possa essere chiamata a rispondere dei danni cagionati a terzi dall'ufficiale giudiziario nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 2049 c.c. Si esclude pertanto che, ai sensi dell'art. 2049, la parte istante possa essere ritenuta responsabile per i danni causati a terzi dall'ufficiale giudiziario nell'espletamento delle sue funzioni (Buoncristiani, 530; Cass. n. 277/1969).

In tale contesto si discute se spetti all'istante la scelta della forma della notificazione. Secondo alcuni occorrerebbe distinguere tra modelli tipici e modalità esecutive: la scelta dei primi (notificazione a mani proprie, notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio, notificazione presso il domiciliatario, notificazione col rito degli irreperibili, notificazione a mezzo del servizio postale, ecc.) spetterebbe alla parte, mentre la scelta delle seconde (p. es. ricerca di persona di famiglia o addetta alla casa o all'ufficio) spetterebbe all'ufficiale giudiziario (Redenti, 646). Secondo altri, «almeno de iure, la responsabilità nella scelta del procedimento notificatorio compete, in linea di principio, all'ufficiale giudiziario, il quale è per questo aspetto svincolato dalle indicazioni delle parti» (Balena, 2006, 42; Frassinetti, 53). Da ciò è stato fatto discendere il diritto-dovere dell'ufficiale giudiziario di rifiutarsi di notificare nei luoghi erroneamente indicati dalla parte, quando l'errore sia evidente o risulti dalle informazioni da lui assunte (Frassinetti, 53).

La richiesta di notificazione di un atto processuale, riguardante più soggetti, a nome di uno solo di essi deve ritenersi effettuata nell'interesse anche degli altri, poiché tale notificazione sostituisce a tutti gli effetti l'elencazione, inutilmente ripetitiva, dei nominativi dei detti soggetti, la cui presenza si ricava dall'atto notificato (Cass. n. 8054/2019).

Nondimeno, spetta certamente alla parte istante, in taluni particolari frangenti, di incidere sull'andamento del procedimento di notificazione. Così, nel caso della richiesta di notificare l'atto al destinatario di persona, quantunque questi si trovi al di fuori del comune in cui ha sede l'ufficiale giudiziario, sicché alla notificazione dovrebbe provvedersi a mezzo del servizio postale (v. art. 107 d.P.R. n. 1229/1959). Peraltro, la mancanza della forma scritta, quale requisito dell'istanza di procedere alla notificazione di persona, non incide sulla validità della notificazione medesima (Cass. n. 5262/2001). Va parimenti richiesta per iscritto la notifica d'urgenza o nello stesso giorno, con la indicazione della data e se occorre anche dell'ora (art. 122 l. n. 1128/1951). L'istante può altresì chiedere che nella relazione di notifica sia indicata l'ora nella quale la notificazione è stata eseguita (art. 47 disp. att.; Cass.  S.U., n. 9213/1990 ha precisato che la richiesta non richiede requisiti formali).

L'istante deve fornire all'ufficiale notificante gli elementi utili ad identificare il notificando e, se del caso, il luogo presso cui la notificazione deve essere eseguita. Tuttavia, la mancata indicazione delle generalità del destinatario nell'istanza di notificazione non determina l'invalidità di essa, sempre che i dati necessari siano desumibili dall'atto consegnato per la notifica (Cass. n. 6805/2001; Cass. n. 13468/2000). D'altro canto, l'errore sulle generalità del destinatario, contenuto nell'atto introduttivo del giudizio e, conseguentemente, nella notificazione, determina la nullità dell'uno e dell'altro solo nel caso in cui sia tale da comportare, in concreto, un'incertezza assoluta sulla persona del convenuto destinatario della notifica, mentre, ove la situazione di incertezza possa essere superata con uno sforzo di diligenza ordinario, nessun vizio ricorre (Cass. n. 7514/2007; Cass. n. 9928/2005; Cass. n. 1079/2004). Costituisce infine semplice irregolarità l'indicazione di un indirizzo errato nell'istanza di notificazione ovvero nell'atto da notificare, ove ciò nonostante, l'atto, grazie alle ricerche effettuate dall'ufficiale giudiziario, venga ugualmente consegnato all'effettivo destinatario (Cass. n. 11066/2003).

L'ufficiale notificante

L'ufficiale notificante, secondo quanto prescrive l'art. 137, la cui formulazione, sul punto, è rimasta immutata, è l'ufficiale giudiziario. Al fondo di tale scelta vi è l'idea che la conoscenza legale perseguita attraverso la notificazione meriti di essere garantita mediante l'affidamento del procedimento ad un soggetto terzo rispetto alle parti e dotato di poteri di stampo pubblicistico.

L'esigenza dell'intermediazione dell'ufficiale giudiziario manifesta tuttavia un carattere evidentemente recessivo, non tanto in ragione delle deroghe già ab origine previste dal codice di rito (artt. 150 e 151), nonché della contrazione dei poteri dell'ufficiale giudiziario nel caso di notificazione a mezzo del servizio postale, quanto, soprattutto, della notificazione effettuata direttamente dal difensore della parte secondo la disciplina dettata dalla l. n. 53/1994. È decisivo osservare, in proposito, che quest'ultima legge come si avrà modo di rammentare nell'ultimo paragrafo, impone oggi, entro determinati limiti, all'avvocato di effettuare le notificazioni.

Disposizioni speciali, inoltre, attribuiscono la potestà di notificazione, riguardo a specifiche categorie di atti, oltre che ai già menzionati avvocati, ad altri soggetti (ad esempio il personale addetto delle segreterie delle commissioni tributarie, ex art. 16, d.lgs. n. 546/1992; degli uffici che adottano l'ordinanza-ingiunzione, ex art. 18 l. n. 689/1981, come modif. dall'art. 10 l. n. 265/1999; degli uffici finanziari, ex art. 14 l. n. 890/1982, come modificato dall'art. 20 l. n. 146/1998; degli enti previdenziali pubblici per la notificazione degli atti concernenti la riscossione dei contributi previdenziali, ex art. 2 d.l. n. 338/1989, conv. in l. n. 389/1989).

Nei procedimenti di competenza del giudice di pace, ivi comprese le decisioni in forma esecutiva e i relativi atti di precetto, provvedono alle notificazioni gli ufficiali giudiziari, gli aiutanti ufficiali giudiziari ed i messi di conciliazione in servizio presso i comuni compresi nella circoscrizione del giudice di pace, fino a esaurimento del ruolo di appartenenza. Tali messi di conciliazione hanno assunto la nuova denominazione di messi del giudice di pace e sono titolari del potere di procedere alle notificazioni concernenti gli atti relativi a procedimenti dinanzi al giudice di pace cui il messo è addetto, da notificarsi all'interno della sfera territoriale di competenza del giudice di pace medesimo.

La competenza territoriale dell'ufficiale giudiziario è disciplinata dagli artt. 106 e 107 d.P.R. n. 1229/1959, secondo il quale, per un verso, egli compie gli atti del proprio ministero nell'ambito territoriale dell'ufficio al quale è addetto, e, per altro verso, al di fuori di tale ambito territoriale può eseguire la notificazione a mezzo del servizio postale, sempre che abbia ad oggetto atti processuali relativi ad affari di competenza del giudice della sede cui è addetto.

Di qui il principio dell'attribuzione concorrente della potestà notificatoria tanto all'ufficiale giudiziario del luogo in cui la notificazione deve essere eseguita, quanto all'ufficiale giudiziario addetto all'ufficio giudiziario cui è devoluta alla cognizione della causa (Cass. n. 1723/1978; Cass. n. 5663/1980; Cass. n. 1778/1981; Cass. n. 4549/1985; con riguardo al ricorso per cassazione, in particolare, Cass. S.U., n. 10969/2001; Cass. n. 4035/2007).

Secondo l'opinione fino ad un dato momento prevalente la notificazione affetta da incompetenza territoriale dell'ufficiale giudiziario è viziata di nullità e non di inesistenza (Cass. n. 11140/2004; Cass. n. 15372/2006), sicché è suscettibile di sanatoria.

L'indirizzo che precede è stato però rivisto dalle Sezioni Unite, le quali hanno affermato il principio secondo cui la violazione dei citati artt. 106 e 107 d.P.R. n. 1229/1959 costituisce una semplice irregolarità del comportamento del notificante, la quale non produce alcun effetto ai fini processuali e, quindi, non configura una causa di nullità della notificazione. In particolare, detta irregolarità, nascendo dalla violazione di norme di organizzazione del servizio svolto dagli ufficiali giudiziari, non incide sull'idoneità della notificazione a rispondere alla propria funzione nell'ambito del processo e può, eventualmente, rilevare soltanto ai fini della responsabilità disciplinare o di altro tipo del singolo ufficiale giudiziario che ha eseguito la notificazione (Cass. S.U., n. 17533/2018).

Il destinatario della notificazione

Il destinatario della notificazione, o notificando, è il soggetto a conoscenza del quale va portato l'atto da notificare.

Il notificando non sempre coincide con il soggetto al quale l'atto può essere consegnato, ossia il consegnatario. Difatti gli artt. 138 ss. individuano una serie di soggetti (familiari, addetti alla casa, all'ufficio o all'azienda, vicini, portiere, domiciliatario) al quale l'atto da notificare può essere consegnato in luogo del notificando. Tale disciplina si fonda sulla presunzione che detti consegnatari, essendo legati da un particolare rapporto al notificando, provvederanno alla consegna dell'atto al destinatario. Di qui la tendenza della giurisprudenza ad applicare estensivamente le disposizioni in questione ogni qual volta la presunzione menzionata possa ritenersi legittimamente operante: paradigmatica, in tal senso, è la nozione di persona di famiglia, intesa in senso dilatato ed indipendente dal requisito della convivenza. Per altro verso, la notificazione rimane colpita da nullità qualora la presunzione debba invece essere esclusa: è questo il caso del conflitto di interessi tra consegnatario e notificando.

In caso di pluralità di notificandi, gli atti processuali vanno in linea di principio notificati mediante consegna di una copia per ciascuno di essi.

Occorre però tener presente che l'opposta regola vige per gli atti endoprocessuali, secondo il disposto dell'art. 170, comma 2, il quale, dopo aver stabilito che successivamente alla costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo diversa disposizione di legge, soggiunge che è sufficiente la consegna di una sola copia dell'atto anche se il procuratore è costituito per più parti.

Notificazione del documento informatico

L'attuale terzo comma dell'art. 137, inserito nella disposizione nel 2009, è dedicato — non già alla notificazione per via telematica, che è regolata dall'art. 149-bis, bensì — alla notificazione del documento informatico, per l'ipotesi che la notificazione per via telematica risulti impossibile per la mancanza, da parte del destinatario della notificazione, di un indirizzo di posta elettronica certificata, ossia della Pec: nel qual caso si tratta, in buona sostanza, di trasformare il documento informatico in documento cartaceo e di procedere alla notificazione nelle forme tradizionali.

La disposizione si riferisce sia alla notificazione che alla comunicazione, ma la comunicazione è oggi di regola eseguita per via telematica direttamente dal cancelliere, sicché l'eventualità della comunicazione effettuata invece mediante notificazione a cura dell'ufficiale giudiziario è giudiziario è largamente recessiva, come si è visto nel commento all’art. 136.

La notificazione si esegue secondo la disposizione in esame quando il «destinatario non possiede indirizzo di posta elettronica certificata».

 

Il momento perfezionativo della notificazione

Una pluralità di interventi del giudice delle leggi (Corte cost. n. 477/2002; Corte cost. n. 28/2004; Corte cost. n. 97/2004; Corte cost. n. 132/2004) ha riconosciuto l'esistenza di un principio di ordine generale secondo cui la notificazione si intende perfezionata, per il notificante, nel momento in cui questi abbia completato le formalità poste a suo carico e, in sostanza, abbia provveduto a consegnare l'atto all'ufficiale giudiziario, senza che possa farsi ricadere sul medesimo l'esito negativo della notificazione causato da errore od inerzia dell'ufficiale giudiziario stesso. Per il destinatario, invece, la notificazione si perfeziona nel momento in cui si realizza il risultato della conoscenza legale cui la notificazione tende. Detto principio, poi, è stato recepito dal legislatore, che lo ha accolto nell'art. 149, con riguardo alla notificazione a mezzo del servizio postale. Val quanto dire che la notificazione è tempestiva per il notificante per il solo fatto che egli abbia compiuto le formalità a suo carico, mentre resta fermo per il destinatario il principio che la produzione degli effetti della notificazione sono ricollegati al completamento del procedimento di notificazione.

In realtà, il principio della scissione dei due momenti perfezionativi della notificazione per notificante e notificato richiede una precisazione: il perfezionamento per il primo, infatti, è subordinato al completamento del procedimento di notificazione, sicché parte della dottrina ha chiarito che detto principio si risolve nell'attribuzione al passaggio dell'atto all'ufficiale giudiziario di un effetto prodromico (Caponi, 165; Corsini, 117), in una anticipazione degli effetti (Conte, 41; Balena 2006, 41) o in una retrodatazione di essi (Campus, 694; Vullo, 1239). Il congegno di anticipazione del perfezionamento della notificazione, tuttavia, determina il limitato effetto di assicurare l'osservanza del termine perentorio entro cui essa deve essere eseguita, mentre, ad ogni altro fine, come si accennava, gli effetti si producono, tanto per il notificante che per il destinatario, dal giorno in cui il procedimento notificatorio viene portato a compimento.

Considerato il rilievo che la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario ha acquistato, sorge il problema della prova della data di consegna. Le Sezioni Unite hanno in proposito osservato che, ove non venga esibita la ricevuta di cui all'art. 109 d.P.R. n. 1229/1959, la prova della tempestiva consegna all'ufficiale giudiziario dell'atto da notificare può essere ricavata dal timbro apposto su tale atto recante il numero cronologico e la data; solo in caso di contestazione della conformità al vero di quanto da esso indirettamente risulta, l'interessato dovrà farsi carico di esibire idonea certificazione dell'ufficiale giudiziario (Cass. S.U., n. 14294/2007). Alla soluzione così proposta si è uniformata la successiva giurisprudenza (Cass. n. 7470/2008; Cass. n. 22003/2008; Cass. n. 13640/2013). 

Anche da ultimo è stato ribadito che, in tema di notificazioni, la prova della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario può essere ricavata dal timbro apposto da quest'ultimo sull'atto, anche privo di sottoscrizione, recante il numero cronologico, la data e la specifica delle spese, salvo che sia in contestazione la conformità al vero di quanto da esso desumibile (Cass. n. 8862/2018; Cass. n. 3124/2018).

Notificazione non andata a buon fine

Viene qui esaminata un'ipotesi, frequentissima nella pratica, quella della notificazione semplicemente tentata e non andata a buon fine, anzitutto — questo il caso più comune — per essere il notificando, sia esso la parte personalmente oppure il suo difensore, sloggiato dal luogo presso cui la notificazione è stata indirizzata. La notificazione non andata a buon fine è notificazione inesistente (non giuridicamente inesistente, per totale difformità dell'atto dal paradigma legale, ma materialmente inesistente), per non essersi affatto completato il procedimento notificatorio (Cass. n. 7358/2010; Cass. n. 14487/2007; Cass. n. 4746/1997), con conseguente sua insanabilità attraverso la rinnovazione dell'atto: alla notificazione non andata a buon fine, come tale inesistente, cioè, non si applica il congegno della rinnovazione della notificazione nulla, dettato dall'art. 291. Questo essendo il quadro, non mancano talora pronunce stravaganti, come la recente secondo cui, ove il luogo di notificazione sia un indirizzo riconducibile al destinatario, la mancata consegna dell'atto, per irreperibilità dovuta al trasferimento all'estero, non concreta un'ipotesi di inesistenza, ma di nullità della notifica, trattandosi di difformità rispetto al modello legale e non già di carenza di requisito essenziale, con conseguente sanabilità, con efficacia ex tunc: qui la S.C. ha giudicato sanabile una notificazione abortita (Cass. n. 14705/2024).

Il fenomeno ha assunto un rilievo sia pratico che concettuale sempre maggiore successivamente all'affermarsi del noto principio della separazione tra i due momenti perfezionativi della notificazione per notificante e notificato: per un verso, la riconosciuta tempestività della notificazione, sol perché l'atto da notificare è affidato all'ufficiale giudiziario all'ultimo momento utile (sebbene sia ormai certo che la notificazione non potrà completarsi entro il termine al fine previsto), ha indotto buona parte della classe forense a prendersi cura a ridosso della scadenza del termine delle notificazioni da effettuare, sì da trovarsi non di rado dinanzi alla sorpresa di eventi pur del tutto ordinari, qual è ad esempio il trasferimento del destinatario da un luogo ad un altro; per altro verso, lo stesso principio ha attribuito ad un semplice segmento del procedimento di notificazione, qual è la consegna all'ufficiale giudiziario, un ruolo che esso nel passato non aveva, non assumendo i singoli atti del procedimento di notificazione alcuna autonoma rilevanza.

L'aspetto più scottante, naturalmente, è quello delle impugnazioni: difatti, in caso di mancato perfezionamento, ad esempio per trasferimento o irreperibilità del destinatario, la notificazione dell'impugnazione deve considerarsi meramente tentata e, quindi, omessa, poiché priva di uno degli esiti positivi previsti dall'ordinamento secondo il modello legale del procedimento prescelto, sicché il diritto di impugnazione deve intendersi consumato, salva la possibilità di un suo nuovo esercizio, se il termine per l’impugnazione non sia spirato, nel rispetto di esso, nonché, ove ne ricorrano le condizioni, di un'impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c. (Cass. n. 15473/2024). Vi è poi l’ipotesi che l'atto venga tempestivamente consegnato all'ufficiale giudiziario ma la notificazione non attinga il destinatario, sicché ufficiale giudiziario restituisca l'atto non notificato quando il termine è ormai spirato: da un lato, in particolare, vi è il principio della insuperabile perentorietà dei termini per l'impugnazione, i quali non possono essere prorogati, sospesi o interrotti (tra le tante Cass. n. 17002/2006); dall'altro vi è il principio, dal quale la stessa regola della scissione dei due momenti della notificazione si è generata, secondo cui la parte non può subire conseguenze sfavorevoli determinate da condotte involontarie.

La giurisprudenza ha tentato di armonizzare i due corni del dilemma attraverso la valorizzazione della non imputabilità del comportamento del notificante nei casi in cui la notifica non andata a buon fine sia riconducibile al caso fortuito o alla forza maggiore. Il modello su cui gli indirizzi giurisprudenziali formatisi in proposito poggiano è cioè quello della rimessione in termini, attraverso la verifica caso per caso se l'omessa notifica sia o meno da imputare al notificante: rimessione in termini ormai prevista in via generale dall'art. 153, ma che la S.C. reputa applicabile ad ogni segmento del processo già sulla base del vecchio art. 184-bis (Cass. n. 17704/2010; Cass. n. 14627/2010). In sintesi, ai fini della valutazione della tempestività della rinnovazione della notificazione, inizialmente non andata a buon fine, rispetto al termine per impugnare, occorre distinguere a seconda che l'errore originario sia imputabile al notificante oppure no: nel primo caso, l'impugnazione può ritenersi tempestivamente proposta solo se la rinnovata notifica interviene entro il termine per impugnare, non potendosi far retroagire i suoi effetti fino al momento della prima notificazione; nel secondo caso, invece, la ripresa del procedimento notificatorio - che la parte deve provare di aver avviato nell'immediatezza dell'appresa notizia circa l'esito negativo della notificazione, non occorrendo una preventiva autorizzazione al giudice - ha effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, essendo irrilevante l'intervenuto spirare del termine per impugnare (Cass. n. 34272/2023).

Nondimeno, l'indicazione delle regole pratiche da applicare non è stata negli ultimi anni univoca. Talora è stato affermato che la riattivazione del procedimento di notificazione va preceduta da uno scrutinio, ad opera del giudice, della non imputabilità dell'omessa notifica, e quindi di una preventiva autorizzazione giudiziale (Cass. S.U., n. 3818/2009; Cass. S.U., n. 3960/2009; Cass. n. 25339/2015; Cass. n. 11294/2012; Cass. n. 22245/2010). Altre volte si è sostenuto che la parte, una volta vistosi restituito l'atto dall'ufficiale giudiziario, deve in un termine ragionevole riattivare il procedimento di notificazione di propria iniziativa, senza alcun intervento da parte del giudice (Cass. n. 19060/2015; Cass. n. 2645/2015; Cass. n. 3356/2014; Cass. n. 20830/2013; Cass. n. 4842/2012; Cass. n. 19986/2011; Cass. n. 21154/2010; Cass. n. 6486/2010; Cass. n. 581/2010; Cass. S.U., n. 17352/2009). Resta inteso che, come si ripeterà, secondo quest'ultimo indirizzo, la riattivazione è pur sempre subordinata al controllo, non ex ante ma ex post, sulla sussistenza della non imputabilità del mancato completamento della notificazione originariamente tentata.

La seconda soluzione (quella della riattivazione unilaterale senza preventiva autorizzazione) è ormai definitivamente prevalsa (Cass. n. 14594/2016). Volendo sintetizzare, la chiave di volta di questa costruzione sta in ciò, che il procedimento di notificazione riattivato direttamente ad iniziativa del notificante è un procedimento unico, sicché è fisiologico che la iniziale consegna all'ufficiale giudiziario vaga ad allacciarsi alla positiva conclusione della notificazione, una volta verificata la dislocazione del notificando: e la soluzione della riattivazione unilaterale è da preferire, vuoi perché la sub-procedura della preventiva autorizzazione allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, vuoi perché non sarebbe neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata. Rimane dunque salva, come si diceva, la valutazione ex post circa la imputabilità o meno al richiedente della erroneità delle iniziali indicazioni, in quanto la giurisprudenza sulla dissociazione dei tempi della notificazione per il richiedente e il destinatario è basata sull'assunto che a detrimento del primo non debbano andare aspetti del procedimento che non siano sotto il suo controllo. Si è dunque esclusa l'operatività del congegno della riattivazione nel caso in cui la notificazione non era andata a buon fine per il trasferimento dello studio del difensore di controparte, destinatario della notificazione, trasferimento agevolmente accertabile dalla consultazione dell'albo professionale (Cass. n. 14934/2012), ovvero nel caso in cui il notificante aveva fornito fin dall'origine un'erronea indicazione dell'indirizzo (Cass. S.U., n. 7607/2010). Il mancato compimento della notificazione è stato ritenuto altresì imputabile qualora, non essendo accertabile il nuovo indirizzo del difensore, nei cui confronti effettuare la notificazione, il notificante non aveva proceduto alla notificazione personale alla parte ex art. 137, secondo il criterio sussidiario di cui all'art. 330, comma 3, (Cass. n. 2481/2012; Cass. n. 14309/2009). Al contrario, il mancato perfezionamento della notificazione è stato ritenuto incolpevole per il fatto che il difensore di controparte, destinatario dell'atto, pur avendo informalmente comunicato il proprio trasferimento, aveva poi notificato la sentenza apponendovi un timbro con l'indicazione del vecchio indirizzo (Cass. n. 4842/2012; per il caso che il difensore domiciliatario non abbia dichiarato il proprio trasferimento al momento della notificazione della sentenza, v. Cass. n. 19986/2011).

 In tale prospettiva si è dunque anche ribadito che, nell'ipotesi di notifica dell'atto di impugnazione non andata a buon fine, ove risulti il trasferimento del difensore domiciliatario della parte destinataria della notifica, al fine di stabilire se il mancato perfezionamento sia imputabile al notificante, per la riattivazione del procedimento notificatorio entro il termine di cui all'art. 325, occorre distinguere a seconda che il difensore al quale viene effettuata detta notifica eserciti o meno la propria attività nel circondario del tribunale dove si svolge la controversia, essendo nella prima ipotesi onere del notificante accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell'albo professionale, quale sia l'effettivo domicilio del difensore, a prescindere dalla comunicazione, da parte di quest'ultimo, nell'ambito del giudizio, del successivo mutamento (Cass. n. 8618/2019, concernente fattispecie in cui, poiché il domicilio del difensore ove doveva essere eseguita la notifica si era spostato sempre all'interno della città de L'Aquila, la S.C. ha escluso che ricorresse il requisito della assenza di negligenza nel notificante, stante la notorietà del sisma verificatosi nel 2009 e delle conseguenti condizioni della città, eventi questi che imponevano di effettuare gli accertamenti necessari a verificare se l'immobile non fosse più abitato).   

La riattivazione del procedimento di notificazione deve avvenire entro un tempo «ragionevole», da scrutinarsi, secondo la giurisprudenza meno recente, caso per caso in considerazione dei concreti aspetti della vicenda.  In tal senso è stato affermato che, nel caso in cui la notificazione di un atto processuale da compiere entro un termine perentorio non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, quest'ultimo, ove se ne presenti la possibilità, ha la facoltà e l'onere di richiedere la ripresa del procedimento notificatorio, e la conseguente notificazione, ai fini del rispetto del termine, avrà effetto fin dalla data della iniziale attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un tempo ragionevolmente contenuto, tenuti anche presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per venire a conoscenza dell'esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (Cass. S.U., n. 17352/2009). Ciò significa che l'incolpevole fallimento della notificazione originariamente tentata può ritorcersi contro il notificante qualora la riattivazione del procedimento di notificazione — ed in altri termini l'acquisizione delle informazioni circa la localizzazione del destinatario e la susseguente istanza all'ufficiale giudiziario di riprendere il procedimento — non sia adeguatamente celere. Ad esempio la riattivazione in un termine ragionevole è stata esclusa in un caso in cui il ricorrente aveva atteso quasi due mesi per effettuare la seconda richiesta di notifica, peraltro deducendo, ma non documentando, che l'iniziale errata indicazione di domicilio era dovuta alla mancata tempestiva comunicazione da parte del difensore all'Ordine professionale (Cass. n. 21154/2010). Sull'estensione del tempo «ragionevole» entro cui il procedimento di notificazione va riattivato si sono recentemente pronunciate le Sezioni Unite, le quali hanno affermato che la riattivazione va effettuata in un termine pari alla metà del termine di cui all'art. 325, e cioè 15 giorni, salvo il caso della notificazione del ricorso per cassazione, da riattivare entro 30 giorni (Cass. S.U., n. 14594/2016; nello stesso senso da ult. Cass. n. 5974/2017). Ergo, in tema di impugnazione, è tardiva la notifica avvenuta oltre i termini di cui all'art. 327 a seguito dell'esito negativo di una prima notifica, nel caso in cui la parte non abbia riattivato il processo notificatorio entro la metà dei termini indicati dall'art. 325, assunta detta misura come parametro di tempestività, ai fini dell'individuazione del tempo ragionevole per la ripresa del procedimento, dalla più recente giurisprudenza, che, in tal modo, ha solo definito i contorni del criterio del cd. tempo ragionevole già in precedenza enunciato, senza che ciò possa qualificarsi come un'ipotesi di overruling rilevante ai fini della rimessione in termini, non costituendo un mutamento di orientamento repentino ed inopinato, che richieda una tutela dell'affidamento incolpevole della parte nella regola in precedenza enunciata (Cass. n. 8445/2018).

Da ultimo si è ribadito, che, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass. n. 17577/2020).

Anche il termine per la riattivazione, di creazione pretoria, conserva un margine di flessibilità. Si legge infatti nella pronuncia delle Sezioni Unite, in riferimento ai termini di cui all'art. 325, che, «se questi termini sono ritenuti congrui dal legislatore per svolgere un ben più complesso e impegnativo insieme di attività necessario per concepire, redigere e notificare un atto di impugnazione a decorrere dal momento in cui si è stato pubblicato il provvedimento da impugnare, può ragionevolmente desumersi che lo spazio temporale relativo alla soluzione dei soli problemi derivanti da difficoltà nella notifica, non possa andare oltre la metà degli stessi, salvo una rigorosa prova in senso contrario (ad esempio, relativa a difficoltà del tutto particolari nel reperire l'indirizzo del nuovo studio)».

Sorge dunque l'esigenza di stabilire da quando decorre tale termine. Sembrerebbe potersi dire da quando l'ufficiale giudiziario restituisce l'atto non notificato, e non dalla data della relata negativa: altra cosa, tuttavia, è comprovare la data in cui la restituzione ha avuto luogo.

Dopodiché, se il notificante riesce a riattivare il procedimento nei 15 o 30 giorni, in buona sostanza passando all'ufficiale giudiziario il nuovo indirizzo del notificando, nulla quaestio. E tuttavia una precisazione su un aspetto pratico occorre. Fin tanto che si discorreva di riattivazione entro un termine genericamente «ragionevole», non sembra occorresse documentare l'esatto istante in cui la riattivazione del procedimento notificazione era stata effettuata. Oggi che si tratta di osservare un termine a giorni, secondo un'impostazione che richiama l'applicabilità degli artt. 152 ss., il difensore si trova dinanzi all'esigenza di documentare l'avvenuta riattivazione, che però non corrisponde ad uno snodo tipico del procedimento notificatorio (il che, per la verità, è vero anche per la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, sulla quale è edificata tutta l'impalcatura della scissione dei momenti perfezionativi della notificazione) e di cui non pare rimanga traccia, anche sul piano della prassi, nella relata di notificazione.

Se il notificante non riesce a stare nei 15 o 30 giorni, deve allegare, e se del caso provare (dando, dice la S.C., una «rigorosa prova»), le circostanze che gli hanno impedito di osservare il termine. Si tratta qui di interrogarsi su quando e come debba farlo. Sembra potersi dire che la verifica debba avvenire in udienza.  Può infine darsi che la riattivazione unilaterale del procedimento di notificazione non sia possibile (si pensi, per esempio, alla necessità di ottenere la fissazione di una nuova udienza) ed occorra il preventivo ricorso al giudice.

Merita ancora soffermarsi sulla questione della notificazione inesistente o omessa del ricorso introduttivo del rito del lavoro.

Secondo un primo indirizzo, il regime di sanatoria delle nullità formali afferenti l'atto introduttivo del giudizio e la sua notificazione (artt. 156, 162, 164 e 291), trova applicazione anche nel rito del lavoro, in mancanza di specifica deroga e non ostando ragioni d'incompatibilità con le peculiarità strutturali di detto rito. Nelle cause di lavoro, pertanto, la nullità radicale od inesistenza giuridica della notificazione del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell'udienza, ovvero l'omissione della notificazione medesima, al pari della nullità, integrano vizi sanabili mediante rinnovazione disposta dal giudice, sia pur soltanto con effetto ex nunc, salvi restando i diritti quesiti (Cass. n. 2166/1988 ). Tale indirizzo, più volte ribadito con riguardo alla notificazione del ricorso in appello (Cass. n. 3393/1984; Cass. n. 1926/1985; Cass. n. 2335/1985; Cass. n. 969/1986; Cass. n. 1145/1986; Cass. n. 1096/1987; Cass. n. 2797/1987; Cass. n. 4420/1987; Cass. n. 7770/1987; Cass. n. 6171/1988; Cass. n. 148/1989; Cass. n. 11816/1990; Cass. n. 318/1994; Cass. n. 1976/1994), comportava l'inconveniente pratico che la rinnovazione potesse dover essere disposta, in caso di notificazione inesistente od omessa, per un numero di volte potenzialmente infinito, essendo ammissibile la reiterazione dell'ordine di rinnovazione (Cass. n. 4525/1989).

Si è dunque affermata la diversa opinione secondo cui, nelle controversie soggette al rito del lavoro, la proposizione dell'appello si perfeziona, ai sensi dell'art. 435, con il deposito, nei termini previsti dalla legge, del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, che impedisce ogni decadenza dall'impugnazione, con la conseguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza giuridica o di fatto della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione non si comunica all'impugnazione (ormai perfezionatasi), ma impone al giudice che rilevi il vizio di indicarlo all'appellante ex art. 421, comma 1, di assegnare allo stesso, previa fissazione di un'altra udienza di discussione, un termine, questo necessariamente perentorio, per provvedere a notificare il ricorso decreto ( Cass. n. 6841/1996; Cass. S.U., n. 9331/1996; Cass. n. 10320/1997; Cass. n. 5585/1999; Cass. n. 10295/1998; Cass. n. 968/2000; Cass. n. 7013/2000; Cass. n. 9645/2000; Cass. n. 4291/2001; Cass. n. 11211/2003).

L'esattezza del principio è stata tuttavia ulteriormente posta in discussione dalla S.C, la quale ha nuovamente rimesso la questione alle Sezioni Unite, sollevando il quesito se il principio fosse compatibile con la costituzionalizzazione del principio di ragionevole durata del processo (Cass. n. 20721/2007). Dall'ordinanza interlocutoria ricordata è infine scaturita l'affermazione secondo cui nel rito del lavoro l'appello, pur tempestivamente proposto nel termine di dieci giorni previsto dall'art. 435, comma 2, c.p.c. è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell'udienza non sia avvenuta, non essendo consentito al giudice, alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost., di assegnare, ex art. 421, all'appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell'art. 291 (Cass. S.U., n. 20604/2008).

Diverso il principio applicabile in tema di riassunzione del processo interrotto. In tema di riassunzione, il meccanismo per la riattivazione del rapporto processuale interrotto si realizza distinguendo il momento della rinnovata editio actionis da quello della vocatio in ius, sicché, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria, il termine di sei mesi di cui all'art. 305 non ha alcun ruolo nella successiva notifica dell'atto volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio. Ne consegue che, ove la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza sia viziata od inesistente, l'assegnazione di un ulteriore termine da parte del giudice per la rinnovazione della notifica e il compimento del relativo adempimento prescindono dal rispetto delle indicazioni di cui all'art. 305 rispondendo alla sola necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della vocatio in ius, senza che siano estensibili i principi applicabili per il ricorso in appello nel rito del lavoro e per il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo - che, alla stregua del principio della ragionevole durata del processo ex art. 111 comma 2 Cost., postulano che la notificazione avvenga nei termini di legge senza possibilità per il giudice di assegnare un termine per la rinnovazione - rispondendo la situazione ad una differente ratio legis (Cass. n. 10016/2011).

Ancora un cenno occorre fare al problema della notificazione non andata a buon fine nei processi con pluralità di parti

Abbiamo già visto che, dinanzi ad una notificazione non andata a buon fine, ossia ad una notificazione inesistente, non può trovare applicazione l'istituto della rinnovazione della notificazione nulla ai sensi dell'art. 291: in tale frangente il notificante, in generale, deve riattivare il procedimento di notificazione in un tempo ragionevole. Occorre ora chiedersi cosa accada in caso di notificazione non andata a buon fine che si innesti in un processo con pluralità di parti e, in particolare, in una situazione di litisconsorzio necessario: il quesito è se, il giudice debba in detto frangente applicare l'art. 331, secondo cui, se la sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio. In un'occasione la S.C. ha ritenuto che l'art. 331 riguardi l'integrazione del contraddittorio, ossia il caso che, in presenza di più litisconsorti necessari, l'appellante ne abbia citato solo alcuni; non riguarda, invece, il caso in cui li abbia citati tutti, ma solo alcune notificazioni siano andate a buon fine. È stato così affermato che l'art. 331, in virtù del quale il giudice deve ordinare d'ufficio l'integrazione del contraddittorio quando l'impugnazione della sentenza pronunciata in cause inscindibili o dipendenti non sia avvenuta nei confronti di tutte le parti, non si applica quando la parte impugnante abbia correttamente individuato tutti i contraddittori, ma poi riguardo ad uno di essi la notificazione sia stata omessa o sia inesistente ovvero non ne venga dimostrato il perfezionamento; pertanto, ove il ricorrente per cassazione ometta di depositare nei termini l'avviso di ricevimento della notificazione del ricorso effettuata a mezzo del servizio postale, non potendosi applicare in via analogica l'art. 331 per difetto della eadem ratio, ed alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111 Cost., l'impugnazione dev'essere dichiarata inammissibile, ferma restando la facoltà della parte interessata di invocare la rimessione in termini, previa la debita dimostrazione che l'omessa produzione del suddetto avviso di ricevimento non è dipesa da propria colpa (Cass. n. 26889/2008). Insomma: secondo questa impostazione, in caso di litisconsorzio necessario, se una delle notificazioni dell'atto d'appello o del ricorso per cassazione non va a buon fine, l'impugnazione è in toto inammissibile, salvo che colui che impugna non abbia diritto alla rimessione in termini.

Questa soluzione è stata in breve capovolta dalle Sezioni Unite, che hanno esteso l'applicazione dell'art. 331 al caso della notificazione non andata a buon fine ad uno dei litisconsorti. E'stato cioè affermato che «nel caso di cause inscindibili, qualora l'impugnazione risulti proposta nei confronti di tutti i legittimati passivi, nel senso che l'appellante (o il ricorrente) li abbia correttamente individuati e indicati come destinatari dell'impugnazione medesima, ma poi, in relazione ad uno o ad alcuni di essi, la notificazione sia rimasta comunque inefficace (omessa o inesistente), o non ne venga dimostrato il perfezionamento … deve trovare applicazione l'art. 331, in ossequio al principio del giusto processo in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio ex art. 111, da ritenersi prevalente, di regola, rispetto al principio della ragionevole durata del processo, e pertanto il giudice deve ordinare l'integrazione del contraddittorio, e non può dichiarare inammissibile l'impugnazione» (Cass. S.U. n. 14124/2010Cass. n. 8727/2011; Cass. n. 20501/2015).

In tema di notificazione «non andata a buon fine», è d’obbligo infine accennare al caso della notificazione telematica, quando questa restituisca un messaggio di mancata consegna per «casella piena». Qui abbiamo in sintesi tre diversi indirizzi, che si attende vengano composti dalle Sezioni Unite, investite da Cass. n. 32287/2023 : i) secondo un primo indirizzo, la notificazione via Pec effettuata presso una casella di posta elettronica che risulti essere incapiente ad essere considerata come virtualmente perfezionatasi, allo stesso modo in cui, per intendersi, è perfezionata la notificazione a mani proprie, ai sensi del comma 2 dell’art.138 c.p.c.: se il destinatario rifiuta di ricevere la copia, l’ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione, e la relazione si considera fatta in mani proprie» (Cass. n. 3164/2020); ii) vi è poi una diversa opinione, che appare per la verità palesemente insostenibile, secondo cui, in caso di notificazione a mezzo Pec non andata a buon fine, ancorché per causa imputabile al destinatario per «casella piena», ove concorra una specifica elezione di domicilio fisico, eventualmente in 

associazione al domicilio digitale, il notificante sarebbe sottoposto all’onere di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario fisico eletto in un tempo adeguatamente contenuto, non potendosi, invece, ritenere la notifica perfezionata in ogni caso con il primo invio telematico (Cass. n. 40758/2021): insostenibile, tra le altre molteplici ragioni, per l’intuitiva considerazione che una simile soluzione, peraltro creativa, sarebbe idonea a travolgere tutto l’impianto della disciplina delle notificazioni telematiche, giacché basterebbe all’avvocato saturare, all’occorrenza, la propria casella Pec, per impedire agli interessati di effettuare nei suoi confronti notificazioni telematiche; iii) vi è poi una terza soluzione, che fa leva sul noto precetto secondo cui la notificazione telematica si ha per perfezionata, per il destinatario, «nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna», di guisa che, in mancanza di generazione della RDaC, la notificazione non può dirsi perfezionata, con l’ulteriore sottolineatura che l’ordinamento, alla luce tanto dell’art. 15, comma 3, l. fall. nonché dell’art. 40, commi 6, 7 e 8, c.c.i.i., quanto dell’art. 3-ter della l. n. 53 del 1994, di nuova introduzione, non considera mai perfezionata una notifica di messaggio a mezzo Pec, effettuata da un avvocato ai sensi della l. n. 53/1994, qualora essa non sia andata a buon fine, benché per causa imputabile al destinatario.

In attesa della decisione al riguardo delle Sezioni Unite, in fin dei conti, quest’ultima soluzione ha il pregio di saldarsi all’orientamento tradizionale formatosi in materia di notificazione «non andata a buon fine»

Tutela della riservatezza

Ha assunto rilievo la questione della tutela della riservatezza del destinatario della notificazione. Sulla materia è intervenuto l'art. 174 d.lgs. n. 196/2003, (ma v. il d.lgs. n. 101/2018, il cui art. 27, comma 1, lett. c, n. 3 ha abrogato il suddetto art. 174 d.lgs. n. 196/2003, cit.), il quale ha modificato gli artt. 137,138, comma 1, 139, comma 4, 140,142,143, comma 1, 151, comma 1, 250, 490, comma 3, 570, comma 1, nonché gli artt. 14, comma 4, l. n. 689/1981, 15-bis d.P.R. n. 445/2000, 148 e 157, comma 6, c.p.p., art. 80, comma 80, att. c.p.p., 2, comma 1, e 8, comma 2, l. n. 890/1982.

La novella è consistita nello stabilire che, quando l'atto non viene consegnato in mani proprie, esso è inserito in busta chiusa e sigillata recante indicazioni tali da impedire che se ne desuma il contenuto.

Dal momento che l'innovazione non è assistita da alcuna sanzione processuale, è da ritenere che la sua inosservanza non pregiudichi la validità della notificazione, integrando semmai una mera irregolarità, eventualmente fonte di responsabilità civile e disciplinare dell'ufficiale giudiziario (Frassinetti, 480).

Vizi ricorrenti dell’esecuzione della notificazione

Rinviando al commento all'art. 160 per la disamina del tema della inesistenza e nullità della notificazione, occorre qui soffermarsi su alcuni ricorrenti vizi che si presentano in sede di esecuzione della notificazione, alla stregua di una giurisprudenza in qualche misura ancora attuale, sebbene formatasi nell'arco di decenni in riferimento alla notificazione cartacea eseguita dall'ufficiale giudiziario.

L'art. 137, comma 2, stabilisce che l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi. 

In generale, sussiste l'obbligo di notificare gli atti processuali in numero di copie corrispondente al numero dei destinatari: tale obbligo, tuttavia, non ricorre qualora una persona fisica stia in giudizio in nome proprio e, nel contempo, in veste di legale rappresentante di altro soggetto, essendo in tale ipotesi sufficiente la notificazione dell'atto in una sola copia, attesa la unicità, sul piano processuale, della persona che agisce contemporaneamente in proprio e nella veste di legale rappresentante di altro soggetto (Cass. n. 18140/2024; Cass. n. 18761/2011).

La notificazione di copia non autentica è secondo un indirizzo giuridicamente inesistente, posto che la consegna al destinatario, da parte dell'ufficiale giudiziario, di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi costituisce elemento essenziale della notificazione e che la conformità all'originale dell'atto pubblico è certificata dal pubblico depositario autorizzato a spedirne copia (Cass. n. 4454/1997). Altre volte è stato affermato che la mancanza della certificazione del cancelliere attestante la conformità della copia all'originale, atteso il disposto dell'art. 160 c.p.c. che individua i casi di nullità della notificazione, non incide sulla validità della medesima, ove il destinatario dell'atto non deduca alcuna difformità tra il contenuto della copia della sentenza notificata e quello dell'originale (Cass. n. 6272/1984; Cass. n. 16317/2004; Cass. n. 10138/2022).

Altro caso ricorrente nella pratica è quello della illeggibilità della sottoscrizione dell'ufficiale giudiziario. Essa non comporta la nullità della notificazione stessa nel caso in cui l'identificazione delle sue generalità sia possibile attraverso il timbro e nessuna prova sia stata offerta contro la presunzione di appartenenza del notificante all'ufficio competente (Cass. n. 4100/1978). L'illegibilità della firma di colui che ha eseguito la notificazione non comporta l'inesistenza dell'adempimento, salvo che l'impossibilità dell'identificazione delle sue generalità risulti assoluta dal contesto dell'atto e valga a superare la presunzione di appartenenza del notificante all'ufficio competente. (Cass. n. 11354/2001; Cass. n. 10186/2003). Inoltre, ai fini della ritualità e validità della relazione di notifica, viceversa, si rivela del tutto irrilevante l'uso di un timbro anziché della scrittura al fine di descrivere le operazioni svolte, dovendo tenersi conto delle operazioni indicate dal pubblico ufficiale, indipendentemente dallo strumento utilizzato per indicarle (Cass. n. 4762/1998). Deve naturalmente considerarsi giuridicamente inesistente, con conseguente impossibilità di sanatoria, la notificazione a mezzo del servizio postale che, dalla relata, risulti essere stata eseguita da un soggetto non identificabile certamente estraneo all'ufficio degli ufficiali giudiziari (Cass. n. 2635/1999, concernente notificazione del ricorso per Cassazione che risultava essere stata eseguita da un sedicente «responsabile di Ufficio personale» non meglio identificato mentre nella dizione a stampa predisposta per la relazione di notifica - che non risultava affatto sottoscritta da un ufficiale giudiziario o da un suo aiutante - si leggeva, fra l'altro: «io sottoscritto aiutante ufficiale giudiziario addetto all'Ufficio unico notifiche presso la Corte di appello di Milano»; la S.C., dopo aver affermato il suddetto principio ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso).

Questione ricorrente è pure quella della possibile difformità tra originale e copia notificata dell'atto. Essa può in linea generale porsi sotto due distinti profili: a) difformità tra l'atto in originale ed in copia (ad esempio perché la copia è incompleta, mancando di una o più pagine, ovvero perché difforme è il contenuto dell'uno e dell'altra); b) difformità tra le relate di notifica apposta in calce all'originale e alla copia dell'atto (ad esempio perché vi è difformità nella data, ovvero perché le formalità espletate risultano indicate nel solo originale o nella sola copia). In prevalenza da giurisprudenza tende a ritenere che la copia notificata prevale sull'originale, data l'imprescindibile esigenza di garantire l'affidamento del destinatario della notificazione. Tuttavia non mancano pronunce le quali consentono che la difformità sia aggredita mediante la querela di falso, ad opera — si badi — del notificante.

In generale, si trova cioè puramente e semplicemente affermato che prevale, in caso di discordanza, ciò che risulta dalla copia notificata e non già quanto risulta dall'originale restituito al notificante (es. Cass. n. 5580/1985; Cass. n. 714/1982). È stato però detto che, nell'ipotesi in cui la relazione di notificazione dell'atto di impugnazione esistente sull'originale e quella redatta sulla copia notificata indichino due date diverse (la prima successiva alla scadenza del termine per l'impugnazione), si verifica un conflitto tra due atti pubblici, aventi entrambi piena efficacia probatoria, suscettibile di essere eliminato con la querela di falso. Ove questa non venga proposta, tale conflitto va risolto in senso sfavorevole, non già al destinatario della notificazione, il quale, al fine di far valere la data risultante dalla copia notificatagli, non è tenuto a provarne l'esattezza, bensì a colui che eccepisce la decadenza della controparte dal potere d'impugnazione e che è tenuto ad assolvere al relativo onere probatorio (Cass. n. 1157/1995). Incombe cioè a colui che intenda valersi delle conseguenze della difformità confrontare gli atti e proporre querela di falso al fine di provare la falsità dei dati risultanti dal documento in possesso della controparte (Cass. n. 1216/1983).

Il principio secondo cui, in caso di discordanza tra l'originale dell'atto e la copia notificata, deve darsi prevalenza a quanto risulta dalla copia non opera quando la discordanza è soltanto apparente e può essere eliminata attraverso l'esame dell'intero contesto della copia notificata (Cass. n. 3090/1979, concernente fattispecie in cui, nel correggere a penna il nome del difensore con procura, tale correzione, regolarmente apportata nell'intestazione dell'atto e nel testo del mandato, era stata omessa, per mera dimenticanza, nella relazione di notificazione predisposta dal procuratore, sicché questa risultava richiesta da un diverso difensore privo di procura).

Sono consentite correzioni apportate dall'ufficiale giudiziario alla relata. Egli può cioè correggere gli eventuali errori materiali commessi, purché tali correzioni, in applicazione dei principi generali operanti in materia di atti pubblici, vengano eseguite in modo da consentire la lettura del testo modificato, e scrivendo come postilla la parola o le parole cancellate e quelle aggiunte o sostituite in calce all'atto prima della sottoscrizione. L'inosservanza di dette modalità di correzione comporta la nullità dell'atto, e, quindi, della notificazione, solo quando si traduca in motivo di assoluta incertezza sul dato corretto, nel senso che il suo reale contenuto non sia evincibile alla stregua del complessivo tenore dell'atto stesso, con l'ausilio dei comuni criteri di logica ed esperienza (Cass. n. 2935/1978)..

Si presenta sovente, ancora, il caso della incompletezza o erroneità della copia notificata.

È stato sostenuto, al riguardo, che la parte la quale si duole dell'incompletezza o erroneità debba proporre querela di falso contro l'attestazione dell'eseguita consegna della «copia» dell'atto da parte dell'ufficiale giudiziario (Cass. n. 224/1994; Cass. n. 11482/2002; Cass. n. 15199/2004; analogamente Cass. n. 6719/1996, per il caso di atto di appello recante la data dell'udienza nell'originale ma, asseritamente, non nella copia notificata), dovendosi ritenere, in difetto di tale querela, che detta attestazione, per effetto di tale locuzione, sia estesa alla conformità della copia consegnata all'originale completo, ciò ricavandosi dal combinato disposto degli artt. 137, comma 2, e 148. Per altro verso, il vizio della notificazione (nel caso considerato notificazione della sentenza, in copia priva di una o più pagine) non rileva di per sé, ma dà luogo a nullità, in difetto di una espressa comminatoria della nullità medesima, solo se il destinatario deduca e dimostri che detta incompletezza gli abbia precluso la compiuta conoscenza dell'atto e quindi abbia inciso negativamente sul pieno esercizio della facoltà di impugnazione dello stesso (Cass. S.U., n. 391/1989; Cass. n. 11528/2003; Cass. n. 3251/1997, ritengono la nullità sanata per il raggiungimento dello scopo in ipotesi di avvenuta impugnazione della sentenza). Ma è stato anche affermato che la consegna al destinatario di copia incompleta della sentenza non dà luogo a nullità della notificazione, in mancanza della relativa comminatoria nell'art. 160 ma al compimento di un atto irrilevante o inefficiente, siccome sostanzialmente diverso da quello dovuto secondo l'art. 137, con conseguente inidoneità a far decorrere il termine d'impugnazione di cui agli artt. 325 e 326 (Cass. n. 4140/1983). In altre occasioni la S.C. è pervenuta a diversa soluzione, affermando che le dichiarazioni dell'ufficiale giudiziario non fanno fede della verità e della regolarità degli atti ricevuti per procedere alla notifica e, in particolare, non attestano la corrispondenza della copia rispetto all'originale, sicché l'eventuale discordanza fra la copia e l'originale si risolve alla stregua del principio secondo cui la copia prevale sull'originale, senza necessità d'impugnare di falso la relata posta su quest'ultimo, dovendo la parte interessata fare affidamento sull'atto scritto che le è stato consegnato (Cass. n. 111/1986; Cass. n. 6309/1994; Cass. n. 12575/1995).

Più di recente è stato stabilito che la mancanza nella copia notificata del ricorso per cassazione, il cui originale risulti tempestivamente depositato, di una o più pagine non comporta l'inammissibilità del ricorso, ma costituisce vizio della notifica sanabile, con efficacia ex tunc, mediante nuova notifica di una copia integrale, su iniziativa dello stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di cassazione, ovvero per effetto della costituzione dell'intimato, salva la possibile concessione a quest'ultimo di un termine per integrare le sue difese (Cass. S.U., n. 18121/2016; Cass. S.U., n. 4092/2017). Nella stessa prospettiva si colloca la decisione secondo cui la notifica dell'atto di appello mancante di una o più pagine (purché l'originale, ritualmente depositato, sia completo), non integra una difformità dell'atto rispetto al modello legale, bensì un vizio del procedimento notificatorio, sanabile ex tunc mediante la rinnovazione della notifica ovvero per effetto della costituzione dell'intimato (Cass. n. 2041/2017). Anche in tema di contenzioso tributario, la notifica del ricorso introduttivo in copia mancante della pagina finale e della sottoscrizione non ne cagiona l'automatica inammissibilità ma una mera irregolarità formale qualora l'originale, depositato nella segreteria della commissione tributaria, risulti sottoscritto ed il giudice accerti in concreto che l'incompletezza materiale della copia notificata non abbia impedito al destinatario la completa comprensione del contenuto dell'atto e, quindi, non abbia leso il suo diritto di difesa (Cass. n. 8213/2017). Egualmente, in tema di contenzioso tributario, la difformità tra l'atto di appello notificato e quello depositato, sanzionata con l'inammissibilità dell'impugnazione dall'art. 22, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 (richiamato dal successivo art. 53, comma 2), è solo quella sostanziale idonea ad impedire effettivamente al destinatario della notifica la completa comprensione dell'atto e, quindi, a ledere il suo diritto di difesa, rendendo incerti sia petitum che causa petendi, e non quella che risulti irrilevante ai fini della comprensione del tenore dell'impugnazione ovvero tale che l'atto di costituzione dell'appellato contenga, comunque, una puntuale replica ai motivi di gravame contenuto nell'atto notificato (Cass. n. 13058/2017).

Il significato dell’ultima novella

Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 di attuazione della legge di riforma del processo civile n. 206/2021 ha complessivamente novellato il settore delle notificazioni in materia civile, prevedendo in buona sostanza delle notificazioni debbano essere effettuate di regola telematicamente, e solo in via residuale attraverso il tradizionale sistema cartaceo. Dal combinato disposto degli artt. 137 e 149-bis c.p.c. nonché 3-bis e 3-ter l. n. 53/1994 emerge cioè la volontà del legislatore di rendere tendenzialmente obbligatoria la notificazione telematica degli atti del processo civile, tanto se eseguita da avvocati, quanto dall'ufficiale giudiziario. In sintonia con la legge delega, l'art. 3, comma 11, lett. a), d.lgs. n. 149/2022 ha modificato il comma 2 dell'art. 137 c.p.c., ri comprendendo il difensore nel numero dei soggetti ai quali spetta di eseguire la notificazione degli atti del processo: ciò, però, non più, come in passato, quale semplice facoltà, bensì come vero e proprio obbligo. Chiara infatti è la distanza tra la norma novellata e quella previgente, secondo cui l'avvocato «può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale»: l'attuale formulazione della norma non contempla una qualche discrezionalità del difensore in proposito. Ad una prima superficiale lettura, potrebbe difatti essere indotti a ritenere che il legislatore si sia limitato ad affiancare il difensore, quale agente notificante, all'ufficiale giudiziarioi. Va però osservato che , secondo quanto risulta dai commi 6 e 7: «L'avvocato esegue le notificazioni nei casi e con le modalità previste dalla legge», ed inoltre: «L'ufficiale giudiziario esegue la notificazione su richiesta dell'avvocato se quest'ultimo non deve eseguirla a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o con altra modalità prevista dalla legge, salvo che l'avvocato dichiari che la notificazione con le predette modalità non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario. Della dichiarazione è dato atto nella relazione di notificazione». Insomma, l'ufficiale giudiziario entra in gioco solo se non vi sia un obbligo dell'avvocato a provvedere direttamente alla notifica telematica. La norma in commento, perciò, attribuisce al difensore la veste di agente notificante tendenzialmente esclusivo, collocando l'ufficiale giudiziario in una posizione residuale, qualora non vi sia obbligo per l'avvocato di provvedere, oppure questi dichiari che la notificazione telematica non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario.

L'obbligo dell'avvocato di eseguire la notificazione nei «casi e con le modalità previste dalla legge», va letto alla luce del nuovo art. 3-ter l. n. 53/1994, (introdotto dalla riforma Cartabia) il quale a propria volta stabilisce che: «Il difensore esegue la notificazione degli atti giudiziali in materia civile e degli atti stragiudiziali a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato quando il destinatario è un soggetto tenuto per legge a munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi oppure ha eletto domicilio digitale ai sensi dell'art. 3-bis, comma 1-bis, del codice dell'amministrazione digitale, iscrivendosi nel pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 6-quater del medesimo decreto». Dal combinato disposto delle due norme emerge allora che l'ufficiale giudiziario effettua le notificazioni su istanza del difensore nei soli casi in cui il destinatario della notificazione non sia tenuto a munirsi di domicilio digitale, o non è sia comunque munito, ovvero quando la notificazione telematica effettuata dall'avvocato non sia andata a buon fine. 

Bibliografia

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