Codice di Procedura Civile art. 155 - Computo dei termini.

Mauro Di Marzio

Computo dei termini.

[I]. Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l'ora iniziali.

[II]. Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune [2963 c.c.].

[III]. I giorni festivi si computano nel termine.

[IV]. Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.

[V]. La proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell'udienza che scadono nella giornata del sabato 1.

[VI]. Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa2.

 

[1] Comma aggiunto dall'art. 2 1 lett. f) l. 28 dicembre 2005, n. 263, con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 4 l. n. 263, cit., tali modifiche si applicano per i procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. Ai sensi dell'articolo 58, comma 3, della l. 18 giugno 2009, n. 69 le disposizioni di cui ai commi quinto e sesto si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1° marzo 2006.

[2] Comma aggiunto dall'art. 2 1 lett. f) l. 28 dicembre 2005, n. 263, con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 4 l. n. 263, cit., tali modifiche si applicano per i procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. Ai sensi dell'articolo 58, comma 3, della l. 18 giugno 2009, n. 69 le disposizioni di cui ai commi quinto e sesto si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1° marzo 2006.

Inquadramento

La disciplina del computo dei termini è dettata dalla norma in commento..

Al computo dei termini è altresì dedicato l'art. 2963 c.c.

Vanno anzitutto tenuti distinti, in materia, i termini a giorni dai termini a mesi o ad anni. Questi ultimi si calcolano secondo il calendario comune non ex numeratione bensì ex nominatione dierum, senza tenere conto del dies a quo (da ult. Cass. n. 1543/2018; Cass. n. 17640/2020): e ciò vuol dire che il termine va a scadere, nel mese o anno di destinazione, nel giorno numericamente corrispondente a quello di decorrenza, indipendentemente dal numero dei giorni intercorrenti.

Perciò, è possibile che il termine di un mese abbia secondo i casi durata di 28, 29, 30 o 31 giorni: così ad esempio, rispettivamente, per il termine di un mese decorrente dal 31 gennaio, avuto riguardo all'ultimo comma dell'art. 2963 c.c., oppure dal 28 febbraio; per il termine avente la stessa decorrenza nel corso di un anno bisestile; per il termine decorrente da un giorno del mese di aprile; per il termine decorrente da un giorno del mese di marzo.

Parimenti, il decorso dei termini annuali ha luogo indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello dell'anno iniziale. Dunque, ad esempio il termine «lungo» per l'impugnazione di cui all'art. 327, comma 1, (si tratta qui di pronunce formatesi quando il termine era ancora annuale), va scadere, senza considerare la sospensione feriale, lo stesso giorno e mese della data di deposito della sentenza, l'anno successivo (Cass. n. 8791/2009; Cass. n. 17313/2015): perciò, nulla rileva, in linea di principio, che il detto termine abbia corso in un anno bisestile (Cass. n. 9911/1992; Cass. n. 1547/1989).

I termini a giorni o ad ore si computano escludendo il giorno o l'ora iniziali (dies a quo non computatur in termino) e considerando invece quelli finali (dies ad quem computatur).

Profili processuali

Il principio che precede non si applica però ai termini liberi, per il computo dei quali non vanno tenuti in considerazione né il dies a quo né il dies ad quem. Tali sono quei termini espressamente qualificati come liberi, come accade in genere per i termini a comparire (artt. 163-bis, 318, 342, 660), ma non necessariamente solo per essi (si veda il vecchio testo dell'art. 190 che prevedeva, per la comunicazione delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, i termini di dieci e cinque giorni liberi prima dell'udienza di discussione).

Una ulteriore peculiarità del computo dei termini liberi sta in ciò, che essi rimangono indifferenti alla circostanza che il dies ad quem vada a cadere in un giorno festivo: si pensi a tutte le citazione a comparire per un'udienza fissata di lunedì quando l'ultimo dei 90 giorni a disposizione del convenuto, ex art. 163-bis, sia costituito dalla domenica appena precedente. Ebbene, ai termini liberi non si applica la proroga, della quale si parlerà qui di seguito, prevista dal terzo comma dell'art. 155. Nel caso dei termini liberi, infatti, l'esigenza di assicurare al convenuto un congruo spatium deliberandi al fine di consentirgli l'apprestamento delle sue difese è pienamente assicurata allorché — dedotti il dies a quo ed il dies ad quem — il periodo concesso dalla legge sia stato per intero a disposizione della parte, come nel caso dell'udienza di comparizione che cada al di là del periodo così stabilito: e ciò ancorché la scadenza del termine in questione avvenga in un giorno festivo, sia perché l'apprestamento della difesa non comporta alcun compimento di atti presso uffici pubblici o con il concorso di pubblici ufficiali, nella quale situazione trova fondamento la proroga suddetta, sia perché l'ultimo giorno del periodo libero esula da quello di scadenza del termine, cui la proroga stessa è correlata (Cass. n. 5864/1982; Cass. n. 12944/1995).

La regola alla quale si è appena accennato secondo cui se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo, si applica per il suo carattere generale a tutti i termini, dilatori, ordinatori e perentori, previsti dal codice di rito (Cass. n. 3870/1986): così, ad esempio, il termine per la notificazione del ricorso per cassazione che cada di domenica è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (Cass. n. 17754/2009; Cass. n. 17754/2009). Parimenti, la disciplina del computo dei termini di cui all'art. 155, comma 4, che proroga di diritto, al primo giorno seguente non festivo, il termine che scade in un giorno festivo, si applica, per il suo carattere generale, a tutti i termini, anche perentori, contemplati dal codice di rito, compreso il termine breve ex art. 434, comma 2, c.p.c. per la proposizione dell'appello nelle controversie soggette al rito del lavoro (Cass. n. 16303/2015).

Non influiscono in alcun modo nel calcolo, invece, le festività intermedie, che non coincidano, cioè, con il dies ad quem.

Cosa debba intendersi per «festività» è stabilito dalla l. n. 260/1949, recante disposizioni in materia di ricorrenze festive. Esse sono, oltre a tutte le domeniche: il 1° e il 6 gennaio, il 25 aprile, il giorno di lunedì dopo Pasqua, il 1° maggio, il 2 giugno, il 15 agosto, il 1° novembre, l'8, 25 e 26 dicembre. La ricorrenza della festa del santo patrono della città non è invece considerata nell'elenco delle festività, né la circostanza che in tale ricorrenza l'ufficio postale non distribuisca la corrispondenza può determinare la eccezionale proroga accordata dall'art. 155, in quanto, l'orario dei pubblici uffici, che il privato ha l'onere di conoscere per una diligente cura dei propri interessi, non incide sul diritto di difesa (Cass. n. 12533/1998). Un caso particolare, però, è quello del 29 giugno: qualora il giorno di scadenza del termine per il compimento dell'atto, presso un ufficio giudiziario capitolino, sia tale, la scadenza viene prorogata al giorno seguente non festivo, a norma dell'art. 155, giacché il carattere di festività viene determinato in base alla citata l. n. 260/1949 e successive modificazioni, le quali, pur ignorando le festività dei santi patroni delle città, includono espressamente il giorno dei santi apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma, nell'elenco di quelli festivi agli effetti civili (Cass. n. 17079/2007; Cass. n. 5895/2015).

Il codice di rito equipara inoltre la giornata del sabato alle festività per il compimento di tutti gli atti processuali svolti fuori dall'udienza (p. es. deposito di memorie, atti, comparse, ecc.), sicché la scadenza è prorogata al giorno successivo non festivo e dunque, di regola, al lunedì. La proroga dei termini processuali che scadono nella giornata di sabato, ex art. 155, comma 5, è applicabile non solo ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006, ma anche a quelli già pendenti a tale data, in forza dell'art. 58, comma 3, l. n. 69/2009, che, tuttavia, non essendo una norma d'interpretazione autentica, dispone solo per l'avvenire, e, quindi, opera limitatamente ai termini in scadenza dopo la sua entrata in vigore, il 4 luglio 2009, e non a quelli che, a tale data, risultino già scaduti (Cass. n. 310/2016).

L'equiparazione trova applicazione, però, solo per i termini a decorrenza successiva e non anche per quelli che si computano a ritroso (Cass. n. 17103/2009). Ciò in quanto, altrimenti, si produrrebbe l'effetto contrario di una abbreviazione dell'intervallo, in pregiudizio con le esigenze garantite con previsione del termine medesimo (Cass. n. 11163/2008). Il rilievo della questione non ha bisogno di essere sottolineato: se ad esempio l'udienza di discussione nel rito del lavoro è fissata di martedì, il termine ultimo per la costituzione del convenuto non posticipato al penultimo lunedì precedente.

Cionondimeno, nell'esempio fatto, rimane il problema se una costituzione effettuata il penultimo sabato sia tempestiva, o se invece il termine debba reputarsi anticipato al precedente venerdì. In proposito la S.C. (Cass. n. 14767/2014) ha preso posizione circa l'applicabilità dell'art. 155, commi 4 e 5 ai termini a ritroso, stabilendo che, per questi ultimi, lo slittamento contemplato all'art. 155 — in un caso in cui si trattava di applicare un termine a ritroso di cinque giorni — «va invero inteso come necessariamente riferito al giorno cronologicamente precedente non festivo rispetto al giorno festivo o al sabato in cui cada il quinto giorno, costituente il dies ad quem, escluso dal computo - come detto - il dies a quo costituito dal giorno dell'udienza». In sostanza, dunque, la giornata di sabato, benché non considerata a tutti gli effetti un giorno festivo, ai fini del compimento di atti processuali viene parificata alla domenica. Se un termine a ritroso scade di sabato, è da ritenere dunque tardivo il deposito effettuato in tale giorno, in quanto il congegno previsto dal comma 5 dell'art. 155 ne determina lo slittamento al venerdì antecedente. E', dunque, il comma 4 dell'art. 155, diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada in un giorno festivo, ed il successivo comma 5 del medesimo articolo, introdotto dall'art. 2, comma 1, lett. f), l. n. 263/2005 e diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata di sabato, operano anche con riguardo ai termini che si computano «a ritroso» (come, nella specie, quello previsto dall'art. 380-bis, comma 2, c.p.c., come novellato dal d.l. n. 69/2013, conv. con modif. in l. n. 98/2013), ovvero contraddistinti dall'assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività. Tale operatività, peraltro, deve correlarsi alle caratteristiche proprie di siffatto tipo di termine, producendo il risultato di individuare il dies ad quem dello stesso nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza in quanto, altrimenti, si produrrebbe l'effetto contrario di una abbreviazione dell'intervallo, in pregiudizio per le esigenze garantite dalla previsione del termine medesimo (Cass. n. 21335/2017, secondo cui, fissata la camera di consiglio per il 3 marzo 2017 e scadendo, pertanto, il termine ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c., nuova formulazione, di domenica 26 febbraio 2017, la S.C. ha ritenuto tardivo il deposito delle memorie contemplate da tale norma avvenuto di lunedì 27 febbraio 2017, giacché il detto termine doveva intendersi prorogato a ritroso al venerdì 24 febbraio 2017).

Per le udienze e l'attività giudiziaria degli ausiliari del giudice il sabato è invece considerato lavorativo a tutti gli effetti.

Nelle controversie tributarie, il termine per proporre ricorso, che è «a decorrenza successiva» e va, pertanto, computato escludendo il giorno iniziale e conteggiando quello finale, è soggetto all'art. 155, comma 5, c.p.c., sicché, ove il dies ad quem cada di sabato, è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo, essendo irrilevante l'apertura degli uffici postali o la disponibilità ad accettare gli atti in scadenza l'ultimo giorno (Cass. n. 11269/2016).

Il computo dei termini deve misurarsi col tema già esaminato sub art. 152 precedente della sospensione dei termini nel periodo feriale. Esso assume rilievo fondamentale ai fini della verifica della tempestività dell'impugnazione, tanto in caso di applicazione del termine «breve» che di quello «lungo». Così, il termine per la proposizione dell'impugnazione stabilito a pena di decadenza dall'art. 327 c.p.c. si computa, in considerazione della sospensione dei termini processuali senza tener conto dei giorni compresi tra il 1° agosto ed il 15 settembre (oggi 31 agosto) dell'anno della pubblicazione della sentenza impugnata, a meno che la data di deposito non cada durante lo stesso periodo feriale, nel qual caso, in base al principio secondo cui dies a quo non computatur in termino, esso decorre dallo spirare del periodo feriale (Cass. n. 21197/2009).

A tal riguardo deve osservarsi che, in tema di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, la disposizione dell'art. 1 l. n. 742/1969, per la quale, se il decorso del termine ha inizio durante il periodo di sospensione, esso è differito alla fine di detto periodo, va intesa nel senso che il primo giorno utile successivo alla sospensione feriale va computato nel novero dei giorni concessi dal termine, di cui tale giorno non costituisce l'inizio del decorso ma la semplice prosecuzione, a nulla rilevando che si tratti di giorno festivo. (Cass. n. 7112/2017, che ha ritenuto la tardività del controricorso notificato il quarantunesimo giorno a far data dal 16 settembre 2012, primo giorno utile successivo alla sospensione feriale, ricompreso nel termine quantunque cadesse di domenica; naturalmente oggi il ragionamento andrebbe svolto in relazione non al 15 ma al 1° settembre).

Ultimo, ma non meno importante argomento, da trattare in tema di computo dei termini è quello dei c.d. termini «a ritroso». In tal caso, il dies a quo è cronologicamente successivo al dies ad quem, come nel caso, tra gli altri, del termine per la costituzione del convenuto, da effettuarsi, nel giudizio di cognizione ordinaria, ex art. 166, almeno 20 giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, o almeno 10 giorni prima nel caso di abbreviazione dei termini a norma del comma 2 dell'art. 163-bis, c.p.c. ovvero almeno 20 giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'art. 168-bis, comma 5. Ebbene, la disciplina dettata per il computo dei termini da un determinato giorno in avanti trova applicazione anche per i termini da computarsi a ritroso, nei quali è da considerare come dies a quo il giorno di partenza del computo a ritroso, che, quindi, non deve essere calcolato, e da considerare come dies ad quem il giorno terminale del computo all'indietro, che, pertanto, deve essere conteggiato (Cass. n. 17021/2003).

In proposito la giurisprudenza ha anzitutto escluso che termini a ritroso debbano essere come tali considerati alla stregua di termini liberi. Molte pronunce si rinvengono, in tal senso, con riguardo alla questione della verifica della tempestività della costituzione del convenuto, che nelle controversie soggette al rito al lavoro deve avvenire, ai sensi dell'art. 416, comma 1, almeno dieci giorni prima della udienza: in tal caso — ha osservato la S.C.— è da considerare come dies a quo il giorno dell'udienza, che perciò va escluso dal computo secondo il principio generale stabilito dal primo comma dell'art. 155, e come dies ad quem il decimo giorno precedente l'udienza stessa, che invece va computato, non essendo espressamente previsto, dalla norma, che si tratti di termine libero (Cass. n. 6263/2006).

È inoltre ritenuto che nel computo dei termini a ritroso debba tenersi conto del periodo di sospensione feriale: così, se l'udienza di discussione nel rito del lavoro è fissata al 5 settembre (dies a quo che non computatur), il termine per la costituzione del convenuto va a scadere non il 26 agosto, ma il 26 luglio (dies ad quem che computatur). La sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale — è stato detto — comporta la sottrazione del medesimo dal relativo computo, sicché, ai fini della costituzione del convenuto in primo grado, il termine di venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione va calcolato, ove sia indicata un'udienza per una data successiva al compimento del periodo feriale ma tale che il termine di venti giorni ricada in detto periodo, mediante un conteggio a ritroso che in detta frazione temporale incontra una parentesi oltre la quale il conteggio stesso deve proseguire fino ad esaurimento (Cass. n. 12044/2010).

Sempre in tema di termini a ritroso, si è già accennato, con riguardo all'equiparazione del sabato agli altri giorni festivi, al principio secondo cui l'art. 155, comma 4, diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada in giorno festivo, opera con esclusivo riguardo ai termini cosiddetti a decorrenza successiva, e non anche per quelli che si computano a ritroso, con l'assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività, in quanto, altrimenti, si produrrebbe l'effetto contrario di un'abbreviazione di quell'intervallo, in pregiudizio delle esigenze garantite con la previsione del medesimo (Cass. n. 19041/2003; Cass. n. 7331/2002). Pertanto — volendo ricorrere ad un esempio proveniente dalla giurisprudenza — qualora il giorno fissato per la vendita all'incanto sia un lunedì e per la presentazione delle offerte sia stabilito quale termine il giorno precedente la vendita, detto termine scade nel dì del sabato precedente la vendita (Cass. n. 16343/2002).

Bibliografia

Balbi, La decadenza nel processo di cognizione, Milano, 1993; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Torino, 2010, 281; Grossi, Termini (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992; Verde, Considerazioni sul progetto Vassalli, in Foro it. 1989, V, 250.

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