Codice di Procedura Civile art. 161 - Nullità della sentenza.

Mauro Di Marzio

Nullità della sentenza.

[I]. La nullità delle sentenze soggette ad appello [339, 440] o a ricorso per cassazione [360] può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione.

[II]. Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice [132 2, 354 1, 383 3; 119 2 att.].

Inquadramento

La disposizione in commento regola le conseguenze della nullità della sentenza, in ossequio al principio secondo cui tali nullità si convertono in motivi di impugnazione. Le ipotesi di nullità della sentenza non vengono individuate attraverso la norma in esame, ma si rinvengono in una pluralità di disposizioni che incidono sulla validità di tale atto. Il contenuto della sentenza è disciplinato dall'art. 132, al cui commento si rinvia. Per altre ipotesi di nullità della sentenza v. pure sub art. 156.

Il principio di conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione è funzionale a garantire la stabilità della decisione, impedendo che la nullità della sentenza possa essere dedotta in giudizi diversi da quello conclusosi con la sua pronuncia (Balena, 283).

Così, in mancanza di impugnazione, rimangono assorbite ad esempio, la nullità per difetto di costituzione del giudice (Cass. n. 20472/2005), per mancanza di ius postulandi (Cass. n. 7794/2004), per nullità dell'atto introduttivo (Cass. n. 14789/2008), per mancata partecipazione al processo di un litisconsorte necessario (Cass. n. 8141/2004). Nella stessa prospettiva, la nullità della citazione introduttiva del processo di primo grado che non sia stata fatta valere, nel giudizio di secondo grado, dall'appellato rimasto contumace, non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, essendo ormai preclusa ogni indagine sulla sussistenza del dedotto vizio di nullità della sentenza di primo grado, atteso che la regola del rilievo d'ufficio delle nullità in caso di contumacia, prevista dall'art. 164, comma 1, c.p.c., si riferisce unicamente alla citazione introduttiva del grado di giudizio in atto e non anche a quella introduttiva del grado precedente, in virtù dello sbarramento conseguente alla regola della conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione di cui all'art. 161 c.p.c. (Cass. n. 30485/2022).

Determina viceversa l'inesistenza della sentenza la mancanza di sottoscrizione del giudice prevista dal comma 2, sottoscrizione contemplata come requisito della sentenza dall'art. 132 al cui commento si rinvia. L'esclusione dell'applicazione del principio di conversione delle nullità in motivi di impugnazione consente infatti di far valere il vizio in qualsiasi sede.

Non può ovviarsi alla mancata sottoscrizione della sentenza né con il procedimento di correzione degli errori materiali né con la rinnovazione della pubblicazione da parte dello stesso organo. Difatti, la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice — e, nel caso del giudice collegiale, del presidente e dell'estensore — costituisce un requisito essenziale del provvedimento, la cui ingiustificata mancanza, pur se involontaria, provocata, cioè, da errore o da dimenticanza, ne determina la nullità assoluta e insanabile, equiparabile all'inesistenza, senza che possa ovviarsi né con il procedimento di correzione degli errori materiali né con la rinnovazione della pubblicazione da parte dello stesso organo che — emessa la pronunzia — ha ormai esaurito la sua funzione giurisdizionale. Ne consegue che, pur in esito al giudizio di cassazione, la causa va rimessa al medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza carente di sottoscrizione, a tenore degli artt. 354, comma 1, 360, n. 4, e 383, ultimo comma, il quale, in sede di rinvio, risulta investito del potere-dovere di riesaminare il merito della controversia senza limitarsi alla semplice rinnovazione della pronunzia. Trattasi, invero, di rinvio improprio o restitutorio giustificato dal rilievo che il giudizio di gravame, siccome definito con sentenza radicalmente nulla, deve ritenersi come non avvenuto, per cui lo stesso non va «sostituito» con altro da svolgersi avanti a diverso giudice dello stesso grado, ma va «rinnovato» dallo stesso giudice funzionalmente competente a giudicare in grado di appello sulla sentenza di primo grado (Cass. n. 21049/2006; Cass. n. 12167/2009).

Si deve precisare che il vizio ricorre in caso di totale mancanza della o delle sottoscrizioni. Sicché la sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale priva di una delle due sottoscrizioni (nella specie, del componente più anziano che avrebbe dovuto firmare in luogo del presidente deceduto) non è inesistente bensì nulla in quanto la sottoscrizione non è omessa ma solo insufficiente (Cass. n. 19323/2019).

In tema di notificazione della sentenza con modalità telematica , occorre distinguere la copia informatica di un documento nativo digitale, la quale presenta segni grafici (generati dal programma ministeriale in uso alle cancellerie degli uffici giudiziari) che rappresentano una mera attestazione della presenza della firma digitale apposta sull'originale di quel documento, dal duplicato informatico che, come si evince dagli artt. 1, lett. i) quinquies e 16 bis, comma 9 bis del d.l. n. 179 del 2012, consiste in un documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario e la cui corrispondenza con quest'ultimo non emerge dall'uso di segni grafici - la firma digitale è infatti una sottoscrizione in bit la cui apposizione, presente nel file, è invisibile sull'atto analogico cartaceo - ma dall'uso di programmi che consentono di verificare e confrontare l'impronta del file originario con il duplicato (Cass. n. 27379/2022, che ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato inammissibile per tardività l'impugnazione svolta nei confronti della sentenza di primo grado, sul presupposto che la notifica telematica della stessa, mediante duplicato informatico, era idonea a far decorrere il termine breve, pur non presentando segni grafici relativi all'apposizione della sottoscrizione del giudice).

Oltre all'ipotesi espressamente prevista dall'art. 161, comma 2, è possibile configurare altri casi di inesistenza della sentenza, tutte le volte che la stessa manchi di quel minimo di elementi o di presupposti che sono necessari per produrre quell'effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato, come nell'ipotesi di pronuncia resa nei confronti di soggetto deceduto prima della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio. Tale inesistenza va rilevata d'ufficio e può essere fatta valere, anche al di fuori dell'impugnazione nello stesso processo, con una autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con un'eccezione ed altresì in sede di opposizione all'esecuzione (Cass. n. 12292/2001; Cass. n. 14360/2013). La S.C. ha anche ritenuto inesistente la sentenza in caso di mancato deposito della motivazione dopo la lettura del dispositivo nel rito del lavoro (Cass. n. 8442/2003) ovvero in caso di inesistenza della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio (Cass. n. 8608/2006).

Bibliografia

Andrioli, Diritto processuale civile, Napoli, 1979; Anzilotti, De Rossi, Inesistenza o nullità della notificazione: incertezze della giurisprudenza, in Foro pad. 1995, 182; Auletta, Nullità e «inesistenza» degli atti processuali civili, Padova, 1999; Balena, Elementi di diritto processuale civile, I, Bari, 2007, 283; Carnacini, Ancora una vittima della notificazione per posta, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1957, 1180; Ciaccia Cavallari, La rinnovazione nel processo di cognizione, Milano, 1981; Furno, Nullità e rinnovazione degli atti processuali civili, in Studi in onore di Enrico Redenti, I, Milano, 1951; Giordano, Le Sezioni Unite restringono la categoria dell'inesistenza della notificazione, in Giust. civ. 2004, I, 1712; Liebman, Manuale di diritto processuale civile, I, Milano, 1980; Oriani, Nullità degli atti processuali, in Enc. giur., XXI, Roma, 1988; Picardi, Manuale del processo civile, Milano, 2013; Poli, Sulla sanabilità dei vizi degli atti processuali, in Riv. dir. proc. 1995, 473; Redenti, Atti processuali civili, in Enc. dir. IV, Milano, 1959; Satta, Sull'inesistenza degli atti processuali civili, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1956, 337.

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