Codice di Procedura Civile art. 164 - Nullità della citazione 1Nullità della citazione 1 [I]. La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell'art. 163, se manca l'indicazione della data dell'udienza di comparizione, se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge ovvero se manca l'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163. [II]. Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell'art. 307, comma terzo. [III]. La costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce l'inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. [IV]. La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito nel n. 3) dell'art. 163 ovvero se manca l'esposizione dei fatti di cui al n. 4) dello stesso articolo. [V]. Il giudice, rilevata la nullità ai sensi del comma precedente, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la domanda. Restano ferme le dacadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione. [VI]. Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l'udienza ai sensi del secondo comma dell'articolo 171-bis e si applica l'art. 167 2.
[1] Articolo sostituito dapprima dall'art. 9 l. 14 luglio 1950, n. 581 e successivamente dall'art. 9 l. 26 novembre 1990, n. 353 Il testo precedente recitava: «[I]. La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1, 2 e 3 dell'articolo 163, o se è stato assegnato un termine a comparire minore di quello stabilito dalla legge. La citazione è altresì nulla se manchi l'indicazione della data dell'udienza di comparizione davanti al giudice istruttore. La nullità è rilevata d'ufficio dal giudice, quando il convenuto non si è costituito in giudizio. [II]. La costituzione del convenuto sana ogni vizio della citazione, ma restano salvi i diritti anteriormente quesiti nei casi richiamati nel comma precedente». [2] Comma modificato dall'art. 23 lett. b-bis)d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dal 1° marzo 2006, ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., introdotto dall'art. 8 d.l. 30 giugno 2005, n. 115, conv., con modif., in l. 17 agosto 2005, n. 168 come sostituito dall'art. 16l. 28 dicembre 2005, n. 263 e da ultimo modificato dall'art. 39-quater1d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, conv., con modif., in l. 23 febbraio 2006, n. 51, introdotto in fase di conversione. Ai sensi del medesimo art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche apportate agli artt. 164, 167, 180, 183, 184, 185, 187, 669-quinquies, 669-octies, 669-decies, 669-terdecies, 696, 696-bis, 703, 704, 706, 707, 708, 709 e 709-bis si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. Da ultimo, modificato dall'art. 3, comma 12, lett. c), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha sostituito le parole «dell'articolo 171-bis» alle parole «dell'articolo 183» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoL'art. 164 prevede il regime della nullità dell'atto di citazione, distinguendo nei successivi commi, quanto ai meccanismi di rilevabilità ed agli strumenti di sanatoria, tra vizi relativi alla vocatio in ius e vizi relativi alla editio actionis. Vizi della vocatio in iusIniziando dalle nullità concernenti difetti della vocatio in ius, il comma 1 dell'art. 164 prevede l'invalidità dell'atto introduttivo ove: 1) manchi o risulti assolutamente incerta l'indicazione dell'autorità giudiziaria adita. Si pensi al caso in cui l'atto di citazione indichi due diversi giudici, uno al quale è indirizzata nell'intestazione la domanda, l'altro al quale viene invitato a comparire il convenuto, ipotesi che dà luogo a nullità della citazione, nonché della sentenza che l'attore, in contumacia della controparte, ottenga da uno di quei giudici (Cass. III, n. 4726/1989; Cass. VI, n. 10025/2013. Se poi, stante l'incertezza assoluta dell'indicazione dell'ufficio giudiziario adito mediante la citazione, la stessa causa venga iscritta a ruolo avanti a due giudici diversi dall'attore e dal convenuto, la prevenzione, ai fini dell'art. 39, risolutiva della litispendenza, non potendo determinarsi sulla base dell'anteriorità della notificazione della domanda (che è ovviamente identica per i due processi), andrebbe valutata avendo riguardo al momento di della preventiva costituzione in giudizio (Cass. III, n. 10943/2006); 2) manchi o risulti assolutamente incerta l'indicazione delle parti del giudizio. Così, quando, in particolare, venga convenuta in giudizio una persona giuridica, l'indicazione inesatta o incompleta della sua denominazione, o dell'organo o ufficio che ne abbia la rappresentanza processuale, determina la nullità della citazione, ove risulti assolutamente incerta od equivoca l'identificazione dell'ente convenuto (Cass. II, n. 12655/2009); la nullità della citazione per incertezza del soggetto contro il quale è diretto la domanda potrà essere esclusa se il giudice adito, nonostante l'errore di nome, ritenga di potere individuare il contraddittore attraverso gli atti processuali collegati alla citazione stessa, come la notifica, l'iscrizione a ruolo e la costituzione in giudizio (Cass. I, n. 4161/1995). È evidente come l'incerta indicazione delle parti titolari della situazione giuridica sostanziale dedotta in lite dia luogo, peraltro, anche ad una lacuna dell'editio actionis, essendo i soggetti altresì uno degli essenziali elementi di identificazione della domanda (Attardi, 58; Cerino Canova-Balena, 12). Diviene, pertanto, determinante qualificare con precisione il vizio della citazione proposta nei confronti di soggetto privo di legittimazione ad causam, giacché, se lo stesso si intende certamente rilevabile d'ufficio, ma in termini di errata identificazione del soggetto passivo della vocatio in ius, ai sensi dell'art. 164, comma 1, la nullità rimane sanabile con effetto ex tunc dal momento della costituzione in giudizio del soggetto passivamente legittimato; mentre, se l'insufficiente determinazione del soggetto passivo della pretesa rende incerto il rapporto giuridico a fondamento della causa, l'eventuale costituzione del convenuto lascia ferme le decadenze maturate e salvi i diritti anteriormente quesiti; 3) manchi l'indicazione della data dell'udienza di comparizione. La nullità della citazione si verifica soltanto nel caso in cui l'indicazione dell'udienza di comparizione davanti al giudice adito manchi del tutto o, per la sua incompletezza, risulti tanto incerta da non rendere possibile al destinatario dell'atto individuare, con un minimo di diligenza e buon senso, la data che si intendeva effettivamente indicare (Cass. I, n. 709/2021; Cass. II, n. 13691/2011). Ad esempio, l'errata indicazione della data dell'udienza di comparizione, perché anticipata rispetto a quella di notifica, non cagiona la nullità della citazione stessa tutte le volte in cui l'errore sia, per la sua intrinseca grossolanità, immediatamente riconoscibile come errore meramente materiale, in relazione al quale il convenuto possa facilmente rendersi conto, tenendo presenti i termini a comparire, che l'anno indicato è quello immediatamente successivo alla notifica, ovvero possa, quando la causa sia stata iscritta a ruolo, facilmente attivarsi per conoscere la data esatta di comparizione (Cass. II, n. 12546/2002). In ipotesi di indicazione dell'udienza, questa deve essere individuata ai sensi dell'art. 168-bis, comma 4; 4) sia stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge (al riguardo, vedi Commento all'art. 163-bis). La nullità della citazione, derivante dall'assegnazione di un termine a comparire insufficiente, non è esclusa dal fatto che l'assegnazione stessa sia dipesa da un errore, anche materiale, della parte ad istanza della quale la citazione è stata notificata, ad eccezione del caso in cui l'errore materiale risulti dallo stesso contesto dell'atto, in guisa che il convenuto, il quale ha ricevuto la notifica della citazione, possa senz'altro, attraverso la semplice lettura di questa, avvedersene e ricostruire la reale volontà dell'attore. La predetta nullità può tuttavia essere eliminata mediante una valida rettifica dell'errore incorso nella citazione (Cass. II, n. 1886/1956). Ove si sia determinata una nullità della citazione, per essere stato in essa indicato un termine di comparizione inferiore a quello legale, non sanata dalla comparizione del convenuto, l'attore ha, infatti, il diritto di rinnovare l'atto introduttivo con effetti ex nunc (Cass. II, n. 3328/1962; Cass. III, n. 2472/1967; Cass. III, n. 3735/1968; Cass. II, n. 546/1973). Se, peraltro, il giudice abbia ordinato la rinnovazione dell'atto introduttivo per mancato rispetto del termine a comparire, è stata ritenuta nulla la rinnovazione eseguita mediante la notifica della combinazione del primo atto di citazione (indicante, per la prima comparizione, una data già trascorsa) e del verbale contenente l'ordinanza di fissazione della nuova udienza, in quanto l'atto mancherebbe della chiarezza indispensabile all'evocazione in lite di una parte non ancora assistita da difensore, ferma restando la sanatoria dell'invalidità in caso di raggiungimento dello scopo e, cioè, di costituzione del convenuto (Cass. III, n. 28810/2019). 5) manchi l'avvertimento previsto dal numero 7 dell'art. 163, ossia l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 (ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini), e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis, con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all'art. 167 e all'art. 38. L'ambito di operatività dell'invalidità va definito considerando la finalità dell'avvertimento, che è quella di favorire l'effettiva conoscenza da parte del convenuto delle conseguenze negative che gli deriverebbero, in relazione al regime di preclusioni, da una sua mancata o intempestiva costituzione in giudizio. A tal fine, la giurisprudenza ha ritenuto che, l'art. 164, comma 1, laddove prevede la nullità della citazione per la sola mancanza dell'«avvertimento», implica che ai fini della validità dell'atto introduttivo non è sufficiente il mero, generico rinvio ai termini di cui all'art. 166, ma è necessaria, invece, l'esplicita quantificazione di tali termini. Il giudice, rilevata la nullità della citazione per la mancanza dell'avvertimento, ne deve disporre d'ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio, rinnovazione che sana il vizio, sicché gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione «, ovvero con efficacia ex tunc (Cass. I, n. 13652/2004). La nullità della citazione introduttiva del primo grado per mancanza dell'avvertimento ex art. 163, n. 7, non sanata dalla costituzione del convenuto, ex art. 164, comma 3, e rilevata in sede di gravame, comporta la declaratoria di nullità del giudizio di primo grado, con conseguente rinnovazione dello stesso da parte del giudice di appello e, all'esito, decisione nel merito, non ricorrendo un'ipotesi di rimessione della causa al primo giudice (Cass. VI, n. 32/2021). La mancanza nella citazione di tutti gli elementi integranti la vocatio in jus non vale a sottrarla all'operatività dei meccanismi di sanatoria ex tunc previsti dai commi 2 e 3 della medesima disposizione. Ne consegue che, quando la causa, una volta iscritta al ruolo, venga chiamata all'udienza di comparizione (che, per la mancata indicazione dell'udienza, dev'essere individuata ai sensi dell'art. 168-bis, comma 4), il giudice, ove il convenuto non si costituisca, deve ordinare la rinnovazione della citazione, ai sensi e con gli effetti dell'art. 164, comma 1, mentre se si sia costituito deve applicare l'art. 164, comma 3, salva la richiesta di concessione di termine per l'inosservanza del termine di comparizione (Cass. III, n. 23979/2019: Cass. III, n. 13079/2018 ). La violazione delle norme sulla notificazione della citazione, con conseguente nullità della stessa, e la inosservanza delle disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di un convenuto, con conseguente erronea dichiarazione della sua contumacia, costituiscono eccezioni "de iure tertii", che non possono essere sollevate da altro convenuto, in quanto deducibili soltanto dalla parte direttamente interessata (Cass. III, n. 27607/2019). Sanatoria dei vizi della vocatio in iusLa mancanza o assoluta incertezza dei requisiti della citazione indicati dall'art. 164, comma 1, ovvero degli elementi integranti la vocatio in jus, comporta comunque l'operatività dei meccanismi di sanatoria ex tunc previsti nei commi 2 e 3 della medesima disposizione. Va infatti rilevata la differenza quanto alle conseguenze dell'eventuale a costituzione del convenuto, in quanto i vizi afferenti alla vocatio in ius sono sanati retroattivamente, mentre quelli relativi all'editio actionis sono sanati con effetto ex nunc (Cass. I, n. 17951/2008). Se, in particolare, la causa, una volta iscritta al ruolo, viene chiamata all'udienza di comparizione, il giudice, ove il convenuto non si sia costituito, deve ordinare la rinnovazione della citazione entro un termine perentorio, mentre se lo stesso si sia costituito, deve applicare l'art. 164, comma 3, salva la richiesta di concessione di termine per l'inosservanza del termine di comparizione o il difetto dell'avvertimento previsto dal numero 7 dell'art. 163. Qualora, ancora, l'attore abbia spontaneamente notificato un atto di citazione integrativo, rimediando con esso ai difetti del primo, e l'abbia depositato in riferimento alla controversia anteriormente iscritta a ruolo sulla base dell'iniziale citazione, si ha per verificata comunque la sanatoria ex tunc della nullità relativa a questa; diversamente, se la citazione integrativa sia oggetto di una autonoma ulteriore iscrizione a ruolo, essa non spiega alcun rilievo sanante con riguardo alla prima citazione (Cass. III, n. 22024/ 2009). La costituzione del convenuto alla prima udienza sana i vizi della citazione ai sensi dell'art. 164 c.p.c. anche nel caso in cui il giudizio sia stato iscritto a ruolo dal medesimo convenuto, e non dall'attore, rimasto contumace (Cass. III, n. 21374/2021). Si è anche ritenuto che il vizio di nullità dell'atto di citazione per omessa indicazione di uno o più elementi attinenti alla "vocatio in ius" rimane sanato, con efficacia retroattiva, dalla proposizione dell'appello (Cass. III, n. 544/2020). Anche in ipotesi di mancanza nella citazione di tutti i requisiti indicati dall'art. 164, comma 1, e, quindi, di tutti gli elementi integranti la vocatio in jus , operano i meccanismi di sanatoria ex tunc previsti dai commi 2 e 3 della medesima disposizione. Ne consegue che, quando la causa, una volta iscritta al ruolo, venga chiamata all'udienza di comparizione (che, per la mancata indicazione dell'udienza, dev'essere individuata ai sensi dell'art. 168-bis, comma 4, il giudice, ove il convenuto non si costituisca, deve ordinare la rinnovazione della citazione, mentre se si sia costituito deve applicare l'art. 164, comma 3, salva la richiesta di concessione di termine per l'inosservanza del termine di comparizione (Cass. III, n. 22024/2009). L'atto di citazione affetto da vizi afferenti alla "vocatio in ius" (nella specie, per difettosa formulazione dell'avvertimento ex art. 163, n. 7, c.p.c.), ove lo stesso sia stato validamente notificato, produce comunque l'effetto interruttivo del termine per usucapire, ex artt. 1165 e 2943 c.c., e ciò ancorché il convenuto sia rimasto contumace ed il giudice non abbia disposto l'immediata rinnovazione dell'atto, ex art. 164, comma 2, c.p.c.; in tal caso, infatti, risultando l'atto comunque pervenuto nella sfera di conoscenza del destinatario, non è preclusa la produzione degli effetti sostanziali che l'art. 2943 c.c. ricollega all'iniziativa processuale del titolare del diritto (Cass. II, n. 21929/2021). In relazione alla nullità dell'atto di citazione in appello, perché mancante dell'indicazione del giorno dell'udienza di comparizione, o del giudice adito o del soggetto convenuto, la disciplina dettata dall'art. 164, applicabile anche in appello in virtù del richiamo di cui all'art. 359, comporta così la sanatoria, con effetto sin dalla notificazione dello stesso atto di gravame, dal momento della costituzione dell'appellato, la quale, anche se avvenuta quando sia già decorso il termine di impugnazione, vale ad escludere l'inammissibilità dell'appello ed il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (Cass. III, n. 17474/2007). Se, invece, il giudice d'appello non rilevi la nullità dell'atto di citazione (nella specie, per l'omessa indicazione della data dell'udienza di comparizione nella copia notificata dell'atto di citazione, il quale, a norma dell'art. 342, deve contenere i requisiti di cui all'art. 163) e non ne disponga la conseguente rinnovazione ex art. 164, nonostante la contumacia del convenuto, la sentenza pronunciata va cassata con rinvio dalla Suprema Corte (Cass. II, n. 14488/2018). Si è deciso, peraltro, che, allorché venga dedotta come motivo di appello la nullità della citazione di primo grado per vizi della vocatio in ius (nella specie, per l'inosservanza dei termini a comparire), non essendosi il convenuto costituito e neppur essendo stata la nullità rilevata d'ufficio ai sensi dell'art. 164 c.p.c., il giudice d'appello, non ricorrendo una ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, deve ordinare, in quanto possibile, la rinnovazione degli atti compiuti in primo grado, potendo tuttavia il contumace chiedere di essere rimesso in termini per compiere attività ormai precluse a norma dell'art. 294 c.p.c., e dunque se dimostra che la nullità della citazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo" (Cass. SU, n. 2258/2022). La sentenza delle Sezioni Unite ha considerato, invero, che la nullità della citazione introduttiva del giudizio di primo grado per vizi della vocatio in ius, riguardando l'atto preordinato all'instaurazione del contraddittorio, ove il convenuto non si costituisca e non sia rilevata d'ufficio dal giudice, comporta l'estensione a tutti gli atti del processo che ne sono dipendenti (art. 159, comma 1,), ovvero agli atti che devono compiersi nel contraddittorio delle parti. Allorché tale nullità non sia stata sanata dalla costituzione del convenuto né rilevata d'ufficio, non operando per essa il regime di cui all'art. 157, comma 2, la stessa nullità si converte in motivo di impugnazione e deve perciò essere fatta valere dal contumace mediante appello, contemporaneamente spiegato, a pena di inammissibilità, anche in rapporto alle statuizioni di merito (Cass. S.U., n. 36596/2021). La proposizione dell'appello, d'altro canto, non sana ex se la nullità degli atti successivi dipendenti dalla citazione viziata. Il giudice d'appello, preso atto della nullità del giudizio di primo grado e della stessa sentenza, non potendo disporre la rimessione al primo giudice, ai sensi dell'art. 354, è dunque tenuto a trattare la causa nel merito, rinnovando gli atti dichiarati nulli. La rinnovazione degli atti nulli che sia ordinata dal giudice d'appello coinvolge, peraltro, le attività difensive correlate e strettamente conseguenziali all'atto rinnovato, ma non equivale all a rimessione in termini integrale ed automatica del contumace nello svolgimento di tutte le attività difensive impedite dalla mancata instaurazione del contraddittorio. La rimessione in termini è, infatti, ristretta dall'art. 294 alle sole attività ormai precluse il cui tempestivo svolgimento sia stato impedito dall'ignoranza del processo. Dunque, il giudice d'appello dispone la rinnovazione degli atti nulli espletati in primo grado, dipendenti dalla nullità della citazione, mediante ripetizione degli stessi nel contraddittorio delle parti, così riattribuendo al convenuto, che era rimasto contumace, quei poteri difensivi inesercitati ma non soggetti a preclusione. Quando, del resto, la nullità della citazione dedotta dall'appellante, rimasto contumace in primo grado, dipende dall'inosservanza dei termini a comparire o dalla mancanza dell'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163, la rimessione in termini per le attività che gli sarebbero precluse, ai sensi dell'art. 294, resta, di regola, impedita dall'avvenuta conoscenza materiale dell'esistenza del processo, a differenza di quanto accade in ipotesi di omissione o assoluta incertezza del giudice adito. Residuano, ovviamente, le ipotesi limite in cui tale conoscenza materiale del processo in capo al convenuto sia avvenuta in tempo comunque non utile a consentirgli una fruttuosa costituzione. In virtù di un'interpretazione orientata all'effettività del diritto di difesa e alla ragionevole durata del processo, le Sezioni Unite hanno escluso che dalla nullità della citazione, pur non seguendo la rimessione al primo giudice, discenda la necessaria rimessione in termini del contumace appellante, perché ciò comporterebbe un ‹‹premio›› per lo stesso, sebbene egli abbia avuto cognizione del processo ed avrebbe perciò potuto comunque costituirsi sin dalla prima udienza, mentre ha preferito attendere l'intero decorso del giudizio di primo grado per poi spiegare gravame. In tal senso, potendo dirsi che il mancato esercizio dei poteri processuali soggetti a preclusione da parte del convenuto contumace sia causato da una sua strategia difensiva e non direttamente dalla difformità della citazione dal modello legale, finisce per scindersi anche l'ipotizzata corrispondenza biunivoca tra rinnovazione e rimessione in termini per nullità dell'atto introduttivo. La sentenza n. 2258/2022 ha precisato altresì che n on induce a diversa conclusione la considerazione che la nullità della citazione sia comunque da imputare all'attore negligente e che non debba, perciò, pagarne le conseguenze il convenuto; esattamente all'inverso, ove all'incompleta redazione dell'atto introduttivo con riguardo agli elementi della vocatio in ius ed all'omesso rilievo d'ufficio della nullità della citazione addebitabile al giudice, si facesse seguire una integrale regressione del giudizio per lasciar esercitare al convenuto (il quale pur sapeva del processo pendente ma ha optato di non costituirsi alla prima udienza) tutti i poteri difensivi preclusi che avrebbe potuto svolgere in primo grado, la reazione ordinamentale risulterebbe sproporzionata rispetto alla lesione del diritto di difesa addebitabile all'attore. L'integrale rimessione in termini del convenuto contumace appellante, che era a conoscenza del processo e sia rimasto volontariamente inerte, rappresenterebbe un pericoloso “incentivo alla contumacia”, inducendo il convenuto, a fronte della nullità della citazione non rilevata dal giudice, ad attendere strumentalmente la definizione del giudizio di primo grado per poi far valere l'invalidità con la proposizione dell'appello. Ancor più di recente, si è riaffermato che nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla "vocatio in ius" (nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la deduzione della nullità come motivo di gravame non dà luogo, ove ne sia riscontrata la fondatezza dal giudice dell'impugnazione, alla rimessione della causa al primo giudice, ma impone al giudice di appello di rilevare che il vizio si è comunicato agli atti successivi dipendenti, compresa la sentenza, e di dichiararne la nullità, rinnovando tutti gli atti compiuti in primo grado dall'attore, o su sua richiesta, nella contumacia (involontaria) del convenuto/appellante (Cass. III, n. 19265/2023). E' stato deciso che l'interruzione del termine di prescrizione per l'esercizio dell'azione - effetto che deriva esclusivamente dalla proposizione in giudizio della relativa domanda giudiziale - consegue anche all'atto di citazione affetto da vizi afferenti alla "vocatio in ius", qualora lo stesso sia stato validamente notificato, e ciò ancorché non sia stato ottemperato l'ordine di rinnovazione dell'atto e si sia perciò estinto il giudizio, avendo il convenuto acquisito la conoscenza del giudizio e della volontà dell'attore, esercitata in via processuale, di esercitare il proprio diritto (Cass. VI-3, n. 26543/2022). Vizi della editio actionisQuanto ai vizi dell'edictio actionis, l'art. 164, comma 4, stabilisce che la citazione è nulla, nel caso in cui: 1) è omesso o risulta assolutamente incerta la determinazione del petitum, inteso, sotto il profilo formale, come il provvedimento giurisdizionale richiesto dall'attore, e, sotto il profilo sostanziale, come il bene della vita del quale si chiede il riconoscimento. Si assume che non esiste tale incertezza neppure quando, nell'atto introduttivo del giudizio, non sia stata esattamente quantificata monetariamente la pretesa, purché risultino indicati i titoli dai quali la stessa trae fondamento, o gli stessi siano desumibili dai documenti richiamati e prodotti (Cass. II, n. 1681/2015; Cass. I, n. 7074/2005). Si oppone, peraltro, che ai fini dell'esatta individuazione del petitum non dovrebbe potersi tener conto della documentazione allegata dall'attore all'atto di citazione, poiché la relativa produzione, a norma dell'art. 165, avviene successivamente, al momento della sua costituzione con finalità meramente probatorie (Cass. I, n. 29241/2008). 2) manchi l'esposizione della causa petendi. Anche al proposito dell'esplicitazione « dei fatti costituenti le ragioni della domanda », si prescrive una valutazione da compiersi caso per caso, dovendosi identificare la causa petendi con riguardo all'insieme delle indicazioni contenute nell'atto di citazione e dei documenti ad esso allegati (Cass. III, n. 11751/2013). Ma a questa accezione più elastica si oppone che quando le allegazioni poste a fondamento della citazione non consentono di includere alcuni fatti tra quelli costitutivi del diritto azionato in giudizio, la relativa produzione documentale, che pur attesti l'esistenza di quei fatti, non può dirsi idonea a supplire al difetto originario di allegazione, svolgendo la prova documentale una funzione di chiarimento della portata e dei termini dei fatti ritualmente addotti, e non di ampliamento del thema decidendum (Cass. III, n. 7115/2013). L'invalidità dell'atto introduttivo della lite, prevista dall'art. 164, comma 4, deve essere, dunque, valutata sulla base della sua conformità al modello legale, producendosi l'invalidità sol quando l'oggetto della domanda rimanga «assolutamente incerto». Occorre, a tal fine, vagliare petitum e causa petendi « in coerenza con la ragione ispiratrice della norma, che impone all'attore di specificare sin dall'atto introduttivo, a pena di nullità, l'oggetto della sua domanda: ragione che risiede nell'esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (prima ancora che di offrire al giudice l'immediata contezza del thema decidendum), con la conseguenza che non può prescindersi, nel valutare il grado d'incertezza della domanda, dalla natura del relativo oggetto e dalla relazione in cui, con esso, si trovi eventualmente la controparte: se tale, cioè, da consentire, comunque, un'agevole individuazione di quanto l'attore richiede e delle ragioni per cui lo fa, o se, viceversa, tale da rendere effettivamente difficile, in difetto di maggiori specificazioni, l'approntamento di una precisa linea di difesa ». Per di più, « la nullità dell'atto di citazione può essere dichiarata soltanto in situazioni nelle quali l'incertezza investe l'intero contenuto dell'atto ». Nel caso, invece, in cui risulti possibile individuare una o più domande sufficientemente identificate nei loro elementi essenziali, l'eventuale difetto di determinazione di altre domande, malamente formulate nel medesimo atto, comporterà l'improponibilità solo di quelle, ma non anche la nullità della citazione nella sua interezza (Cass. S.U., n. 8077/2012). Si è precisato come la nullità della citazione, ai sensi dell'art. 164, comma 4, si produce solo quando risulti "assolutamente" incerto l'oggetto della domanda, oppure manchi l'esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda, il che postula una valutazione da compiersi caso per caso, nel rispetto di alcuni criteri di ordine generale, occorrendo, da un canto, tener conto che l'identificazione dell'oggetto e delle ragioni della domanda va operata avendo riguardo all'insieme delle indicazioni contenute nell'atto di citazione, senza che sia, per contro, disposta alcuna invalidità dell'atto introduttivo che pur appaia manifestamente infondato (Cass. II, n. 14071/ 2016). Non genera assoluta incertezza sulla cosa oggetto di domanda, ad esempio, l'errata descrizione dei dati catastali dei corrispondenti beni in una domanda di riduzione in pristino per violazione delle distanze legali, né può perciò dirsi ravvisabile una violazione dell'art. 112 in ipotesi di accoglimento fatto dal giudice, ove sia comunque accertata in capo all'attore la proprietà di un fondo, rispetto al quale la nuova costruzione venga a trovarsi a distanza inferiore a quella legale, atteso che la ratio dell'art. 163, comma 3, nn. 3 e 4, nonché del citato art. 112, è essenzialmente quella di garantire il contraddittorio, e cioè di impedire che trovino accoglimento domande sulle quali controparte non sia stata in grado di difendersi (Cass. II, n. 31172/2017). Nello stesso giudizio possono altresì essere proposte, in forma alternativa o subordinata, due diverse richieste tra loro incompatibili, senza che con ciò venga meno l'onere della domanda ed il dovere di chiarezza che l'attore è tenuto ad osservare nelle proprie allegazioni; ne consegue che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che accolga una delle domande come sopra proposte, in quanto il rapporto di alternatività o di subordinazione tra esse esistente non esclude che ciascuna di esse rientri nel "petitum" (Cass. II, n. 2331/2022).
Nel regime processuale vigente anteriormente alla riforma operata dalla l. 26 novembre 1990, n. 353, invece, la nullità dell'atto di citazione era prevista soltanto nell'ipotesi di mancata indicazione della cosa oggetto della domanda, e non anche nell'ipotesi di omessa indicazione degli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della domanda stessa (Cass. III, n. 714/2001; Cass. I, n. 4514/1996; Cass. lav., n. 4918/1983). Sanatoria dei vizi della editio actionisIl meccanismo di sanatoria dei difetti della editio actionis si differenzia alla luce dell'avvenuta, o meno, costituzione del convenuto. L'art. 164, comma 5, prescrive infatti che: 1) in difetto di costituzione del convenuto, il giudice, rilevata la nullità, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovare la citazione; 2) in caso di costituzione del convenuto, nonostante la nullità della citazione, il giudice fissa un termine all'attore per integrare la domanda. In entrambi i casi, tuttavia, a differenza di quanto avviene per le nullità concernenti la vocatio in ius, restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o all'integrazione. Le carenze di una citazione con riguardo alla editio actionis non possono, quindi, essere sanate dalla costituzione in giudizio del convenuto, proprio perché questa non è capace di colmare i vuoti di una domanda che non determini il proprio oggetto, o non esponga gli elementi di fatto o le ragioni di diritto su cui si fondi. L'incompletezza di una pretesa giudiziale non esplicitata colpisce, invero, non solo la controparte, impedendole di difendersi, ma pure il giudice, il quale si trova impossibilitato ad emettere una pronuncia di merito, e quindi a costruire il giudicato sostanziale, che è poi lo scopo del suo ruolo nel processo. Da qui discende la rilevabilità d'ufficio della nullità della citazione incompleta, non potendosi fare applicazione degli artt. 156, comma 3, e 157 per effetto della sola costituzione del convenuto (Cass. III, n. 17495/2011). L'ordine di rinnovare o di integrare la domanda, stabilito dall'art. 164, comma 5, rappresenta adempimento di un obbligo, e non esercizio di una facoltà, per il giudice, in quanto imposto dall'art. 111, comma 2, Cost., la cui primaria finalità consiste nella piena realizzazione del diritto delle parti ad ottenere una risposta finale nel merito alle loro istanze di giustizia. La sanatoria irretroattiva dei vizi relativi all'edictio actionis e la loro rilevabilità d'ufficio sono del tutto comprensibili ove si rifletta che, mancando nella domanda quella parte che vale ad individuare il diritto dedotto in giudizio, viene meno l'oggetto stesso del processo e del conseguente giudicato, il quale, nel nostro sistema, conclama non la pretesa processuale, quanto unicamente la pretesa sostanziale. Questo vale allora a superare ogni idea secondo cui il principio di conservazione degli atti processuali renderebbe ex se la costituzione del convenuto idonea a sanare pure il vizio del ricorso introduttivo affetto da nullità relativa a mancanza della editio actionis); né la mancata fissazione di un termine perentorio da parte del giudice, per la rinnovazione del ricorso o per l'integrazione della domanda, e la non tempestiva eccezione di nullità da parte del convenuto, ex art. 157, del vizio dell'atto, possono comprovare l'avvenuta sanatoria della nullità del ricorso per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156, comma 2 (Cass. S.U., n. 11353/2004); si vedano, però, Cass. lav., n. 896/2014; Cass. III, 17408/2012, nel senso che, se il giudice omette di ordinare l'integrazione o la rinnovazione d'una citazione nulla per mancata indicazione del fatto costitutivo della pretesa, nonostante l'eccezione in tal senso sollevata dal convenuto, diventa onere dell'attore stesso invocare dal giudice la fissazione del termine per sanare la nullità, sicché, ove l'attore non vi provveda, e la nullità venga dedotta come motivo d'appello, il giudice del gravame non deve fissare alcun termine per la rinnovazione dell'atto nullo, ma deve definire il processo con una pronuncia in rito che accerti il vizio della citazione introduttiva. L'eventuale nullità, non sanata, dell'atto introduttivo carente dei requisiti prescritti dall'art. 163, comma 3, nn. 3) e 4), cui fa riferimento l'art. 164, comma 4, risolvendosi in motivo di nullità della sentenza conclusiva del giudizio di primo grado, ove non sia fatta valere in appello né dal soccombente né dal vincitore assolto dalla domanda di merito proposta nei suoi confronti, non può poi essere dedotta per la prima volta nella fase di cassazione, a causa della intervenuta preclusione derivante dal principio, affermato dall'art. 161, di conversione dei motivi di nullità della sentenza in motivi d'impugnazione. (Cass. II, n. 2755/2018; Cass. lav., n. 5879/2005). Con analogo ragionamento, è stato affermato che, se nell'atto introduttivo non siano indicati - ex art. 163, n. 4 - gli elementi di fatto e di diritto posti alla base della domanda e il giudice non abbia provveduto alla fissazione di un termine perentorio per la rinnovazione del ricorso o per l'integrazione della domanda, exart. 164, comma 4, in mancanza di deduzione in appello di tale error in procedendo del giudice di primo grado - concernente la violazione dell'art. 164 - il relativo vizio non è rilevabile in sede di legittimità, essendo intervenuto sulla questione il giudicato interno, dovendo ritenersi quali elementi di fatto e di diritto posti alla base della domanda quelli corrispondenti a tale giudicato (Cass. II, n. 1881/2018). Quest'ultimo principio risulta, peraltro, di difficile praticabilità. La portata della regola precettiva contenuta nel giudicato, exart. 2909 c.c., va certamente definita in via prioritaria sulla base del dispositivo della sentenza e dei motivi che la sorreggono, ma anche valutando le domande delle parti, il cui rilievo svolge una funzione integratrice e sussidiaria nella ricerca degli esatti confini della pronuncia giudiziale quanto meno ove sorga un ragionevole dubbio al riguardo, non potendo, per contro, prendersi in esame il contenuto della domande originarie per contrastare i risultati argomentabili dal provvedimento decisorio del giudice alla stregua di elementi univoci, che inducono ad escludere ogni obiettiva incertezza sul contenuto dello stesso. In tal senso, se la citazione non esplicitava i fatti e gli elementi di diritto, costituenti le ragioni della domanda, ed il giudice non abbia proceduto a sanare tale nullità mediante rinnovazione o integrazione, quella domanda, proprio perché mancante delle sue essenziali ragioni identificative, non riuscirà ad influire sugli effetti utili del giudicato formatosi, né a rimuovere le lacune della statuizione. I margini del giudicato conseguito in base ad una domanda indeterminata mai sanata saranno così delineati dagli effetti di un'ultrapetizione del giudice. Altrimenti, a proposito di domanda riconvenzionale, si è detto che il difetto della determinazione della cosa oggetto della domanda e dell'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che ne costituiscono la ragione determina nullità della domanda, sanabileex art. 164, comma 5; qualora però il giudice non assegni d'ufficio un termine per integrare la domanda riconvenzionale incompleta e tale termine non sia richiesto dal convenuto, ove la nullità sia dedotta come motivo d'appello, il giudice del gravame non dovrà fissare alcun termine per l'integrazione dell'atto nullo ma dovrà definire il processo con una pronuncia di rito che accerti la sussistenza del vizio (Cass. III, n. 9798/2018; Cass. II, n. 16517/2023). La regola della rinnovazione dell'atto introduttivo nullo ai sensi dell'art. 164 trova applicazione anche nel procedimento sommario disciplinato dagli artt. 702-bis e ss., in caso di inosservanza dei requisiti afferenti tanto all' editio actionis che alla vocatio in ius (Cass. I, n. 5517/2017). Qualora il giudice si limiti ad ordinare la rinnovazione della citazione, senza indicare il termine perentorio entro il quale la relativa notificazione debba avvenire, detto termine può legittimamente individuarsi - alla luce di una interpretazione della norma costituzionalmente orientata ai sensi dell'art. 111, comma 2, Cost. e del principio della ragionevole durata del processo - in quello indicato dall'art. 163-bis c.p.c., da rilevare in base alla data dell'udienza di rinvio, sempre che detto termine non sia inferiore ad un mese o superiore a tre mesi rispetto alla data del provvedimento che ordina la rinnovazione, giusta il disposto dell'art. 307, comma 3, ultimo inciso, del codice di rito (Cass. II, n. 4965/2020). In caso di nullità dell'atto di citazione, dopo che la parte ne abbia eseguito la rinnovazione in conformità al provvedimento del giudice, questi può rilevare un'ulteriore causa di nullità, diversa da quella precedentemente riscontrata, ed emettere un nuovo ordine di rinnovazione, non sussistendo una norma che lo impedisca, né essendo prevista una limitazione quantitativa alle rinnovazioni, purché siano effettuate nel rispetto del termine perentorio assegnato dal giudice o dalla legge (Cass. VI, n. 4710/2020). Si è sostenuto che nel caso di nullità della citazione per indeterminatezza del "petitum" o della "causa petendi", non è ammessa la sanabilità attraverso l'esercizio del potere di precisazione e di modificazione delle domande (e delle eccezioni e conclusioni) già proposte, giacché l'esercizio dello "ius poenitendi" presuppone che le domande principali ed (eventualmente) quelle riconvenzionali siano state ritualmente proposte sin dall'origine o, in caso di nullità, siano state rinnovate od integrate nel termine perentorio all'uopo concesso dal giudice, ai sensi dell'art. 164, comma 5 c.p.c. (Cass. II, n. 16517/2023). Nel caso in cui, in ragione della mancata costituzione del convenuto all'udienza di prima comparizione, sia rinnovata la citazione nulla per vizio della "vocatio in ius", con la notifica di una nuova citazione, sanata del vizio, per l'udienza già stabilita dal giudice, il convenuto è rimesso in termini ai fini della tempestiva costituzione in giudizio, indipendentemente dal tipo di vizio che inficiava l'originaria citazione, sicché può proporre la domanda riconvenzionale nel termine di venti giorni prima della nuova udienza fissata (Cass. II, n. 8218 /2023). L'interpretazione che mantiene netta la distinzione operativa tra i vizi che afferiscono la vocatio in ius, di cui ai primi tre commi dell'articolo in commento, e quelli relativi alla editio actionis, contenuti negli ultimi tre commi, valorizza l'intenzione del legislatore del 1990, il quale era intervenuto sul precedente testo della norma proprio per risolvere le incongruenze ed incertezze sistematiche che esso generava (Cerino-Canova, 1980, 172 ss.; Consolo, 1991, 44 ss.). Se la rinnovazione non viene eseguita, o viene eseguita oltre il termine perentorio, o con un atto a sua volta nullo, e il convenuto non si costituisce, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue automaticamente, anche in difetto di eccezione di parte (Cass. VI-3, n. 32207/2021). Se invece la rinnovazione viene regolarmente effettuata, l'udienza che si svolge a seguito di essa è quella dell'art. 171-bis, per effetto del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149. L’ultimo comma dell’art. 164 c.p.c. è stato riformulato nel senso che, ove sia disposta l’integrazione della domanda per vizi dell’editio actionis, il giudice fissa la nuova udienza per la comparizione delle parti, rispetto alla quale decorrono nuovamente i termini indicati dall’art. 171-ter.
BibliografiaBiavati, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2022, 45 ss.; B. Capponi, Note sulla fase introduttiva del nuovo rito ordinario di cognizione, in Giustiziacivile.com, 5 gennaio 2023; De Santis, La redazione degli atti difensivi ai tempi del processo civile telematico: sinteticità e chiarezza, in Giusto proc. civ., 2017, 749 ss.; Dondi, Obiettivi e risultati della recente riforma del processo civile. La disciplina della cognizione a una prima lettura, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 927 ss.; Panzarola, Sul (presunto) principio di sinteticità nella redazione degli atti processuali civili, in Giusto proc. civ., 2018, 69 ss.; Punzi, Sul processo civile telematico, in Riv. dir. proc., 2022, 1, 1 ss.; Raiti, Il principio di sinteticità e di chiarezza del ricorso per cassazione secondo la legge delega sulla Riforma del processo, in Riv. dir. proc., 2022, 3, 1027 ss.; Tedoldi, Il processo civile telematico tra logos e techne, in Riv. dir. proc., 2021, 3, 843 ss.; Tombolini, Note «a caldo» sulla nuova legge delega di riforma della giustizia civile: le modifiche al giudizio di primo grado, in Judicium, 15 dicembre 2021. |