Codice di Procedura Civile art. 201 - Consulente tecnico di parte.Consulente tecnico di parte. [I]. Il giudice istruttore, con l'ordinanza di nomina del consulente [191 1], assegna alle parti un termine entro il quale possono depositare la dichiarazione di nomina di un loro consulente tecnico1 [87; 91, 145 att.]. [II]. Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell'articolo 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all'udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere, con l'autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche [197]. [1] Comma modificato dall'art. 3, comma 2, lett. t) d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, che ha sostituito le parole: «possono depositare la dichiarazione di nomina di un loro consulente tecnico» alle parole: «possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico»; ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. InquadramentoL'art. 201 delinea i tempi e le formalità del procedimento di nomina dei consulenti tecnici di parte, ed inoltre definisce le attività processuali loro consentite, in coordinamento con l'art. 194, secondo il quale le parti possono intervenire alle operazioni a mezzo dei propri consulenti tecnici, nonché con l'art. 195, che prevede che, se le indagini sono compiute senza l'intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti. Nomina dei consulenti di parteLa preventiva nomina del CTU è condizione imprescindibile per l'esercizio della facoltà di nomina dei consulenti di parte. La Corte cost. n. 124/1995, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 201, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui, se non sia disposta la consulenza tecnica d'ufficio, non viene consentito alle parti di nominare un proprio consulente. Il termine per la nomina del consulente tecnico di parte civile ha natura ordinatoria e può essere prorogato dal giudice a seguito di istanza di parte depositata prima della sua scadenza, o anche dopo la sua scadenza, sempre che, secondo la previsione dell'art. 154, ricorrano motivi particolarmente gravi e il provvedimento sia motivato (Cass. I, n. 25662/2014). Se il giudice omette di indicare il termine per la nomina dei consulenti tecnici di parte, ciò non determina la nullità della consulenza, essendo invece applicabile l'art. 289, che consente l'integrazione dell'ordinanza istruttoria, anche quando non sia fissato il termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti processuali (Cataldi, 2799 ss.). Natura dei consulenti di parteLa nomina del consulente, a sensi dell'art. 201, costituisce mera facoltà della parte. Ne consegue che l'omesso esercizio di tale facoltà o la mancata partecipazione del nominato consulente di parte alle operazioni svolte dal consulente dell'ufficio e la successiva mancata compilazione e allegazione di relazione del consulente di parte, non escludono la possibilità del motivato dissenso da parte del difensore rispetto alle valutazioni del CTU, né ostano alla formulazione di eventuali sue contestazioni anche in sede prettamente tecnico-scientifica (Cass. lav., n. 1811/1994). L'art. 201 non ammette nemmeno che i consulenti tecnici di parte presentino al giudice una propria relazione scritta, ma li autorizza soltanto ad assistere alle operazioni del consulente di ufficio ed a presentare al medesimo osservazioni ed istanze; tuttavia, costituendo la relazione tecnica di parte una semplice allegazione difensiva, essa può bene essere contenuta nella comparsa o nelle note difensive della parte (Cass. II, n. 1991/1969). Il giudice che aderisca alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, il quale nella sua relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce perciò l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi lacuna omissione di pronuncia o vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (Cass. VI, n. 1815/2015; Cass. VI-2, n. 9483/2021). Le dichiarazioni rese dal consulente tecnico nominato dalla parte ai sensi dell'art. 201, ammissive di fatti sfavorevoli alla stessa, sono, in ogni caso, prive di valore confessorio, non essendo vincolanti per la parte rappresentata (Cass. III, n. 19189/2003). In sostanza, le eventuali relazioni del consulente tecnico di parte, presentate a confutazione dell'accertamento tecnico di ufficio, costituiscono, al pari delle perizie stragiudiziali, una semplice difesa tecnica, e non costituiscono mezzi di prova, ma possono essere utilizzate dal giudice per ricavarne elementi di giudizio ed anche per formare il proprio convincimento, qualora le ritenga fondate (Cass. n. 724/1973). L'allegazione di una perizia stragiudiziale di parte, acquisita secondo la disciplina della prova documentale, ed eventualmente utilizzabile ai fini della decisione, anche se contestata dalla controparte, non obbliga il giudice a disporre in ogni caso una consulenza tecnica di ufficio (Cass. I, n. 28649/2013). Per converso, la perizia stragiudiziale, ancorché asseverata con giuramento dal suo autore, raccolto dal cancelliere, costituisce pur sempre una mera allegazione difensiva, onde il giudice non è tenuto a motivare il proprio dissenso in ordine alle osservazioni in essa contenute quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni incompatibili con le stesse (Cass. V, n. 33503/2018; Cass. III, n. 1902/2002). Partendo dalla configurazione della consulenza tecnica di parte quale semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, si afferma, altrimenti, che la sua produzione, in quanto sottratta al divieto di cui all'art. 345, è ammissibile anche in appello (Cass. S.U., n. 13902/2013). Nella nostra tradizione culturale, alle considerazioni svolte del consulente tecnico di parte si nega, quindi, qualsiasi valenza probatoria, e si attribuisce la dignità di semplice allegazione difensiva, alla quale il giudice non è tenuto neppure a fare espresso richiamo (Cass. II, n. 20347/2017; Cass. S.U., n. 13902/2013; Cass. II, n. 259/2013). Rimane, peraltro, controverso il profilo della legittimità della motivazione del giudice che, sia pur a fronte di precise e circostanziate critiche mosse dal consulente tecnico di parte alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, semmai all'interno delle osservazioni di cui all'art. 195, comma 3, si limiti a far proprie le conclusioni della relazione peritale, senza spiegare le ragioni del proprio convincimento e dell'adesione integrale alla soluzione prospettata dall'ausiliare, soprattutto ove questi, a sua volta, non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (Cass. n. 4605/2017; Cass. n. 12703/2015; Cass. n. 10688/2008). Si afferma che, ove il giudice aderisca alle conclusioni del consulente tecnico, il quale nella relazione abbia tenuto conto dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili (Cass. n. 20137/2017; Cass. n. 23520/2016; Cass. n. 1815/2015; Cass. n. 282/2009; Cass. n. 8355/2007). Il CTP– mero ausiliario, sprovvisto dello ius postulandi a tal fine necessario – non può far valere ritualmente l'eccezione di nullità della consulenza tecnica d'ufficio (Cass. I., n. 31964/2023). L'eventuale accordo raggiunto dai consulenti di parte sulle rispettive conclusioni non costituisce un atto transattivo in ordine al diritto controverso, né è tale da vincolare il giudice a recepire le conclusioni medesime, essendo il consulente tecnico di parte chiamato ad esprimere manifestazioni di scienza e non di volontà (Cass. I, n. 1763/2024). In dottrina, dopo la riscrittura dell'art. 195 operata dalla l. n. 69/2009 (rivolta a concentrare in una fase precedente al deposito della relazione del CTU il dibattito critico sulle indagini peritali), si auspica, pure con riguardo al ruolo dei consulenti di parte, che la giurisprudenza sia indotta ad assumere posizioni più rispettose del principio della ragionevole durata del processo, e meno tolleranti verso modalità di esercizio dilatorie del diritto di difesa (Potetti, 24 ss.). Alcune opinioni rappresentano prioritariamente i rischi di una motivazione che si riduca ad «un'apodittica affermazione di congruità dei risultati della consulenza e delle ragioni che li sorreggono», senza spiegare «il perché dell'adesione prestata dal giudice a tali risultati» (Denti, 414 ss.); oppure impongono al magistrato di «riesaminare e valutare le nozioni tecniche o scientifiche introdotte nel processo» e di «dare ugualmente conto – e con la stessa ampiezza di argomentazioni – così dei motivi di consenso come di quelli di dissenso» (così Barone, 5; Vellani, 525; Salomone, 1028; Comoglio, 891 ss.). Orientano, invece, in maniera più flessibile il contenuto della motivazione della sentenza adesiva alla CTU, Conte, 439 ss.; Lombardo, 1117 ss. BibliografiaCataldi , La nomina del c.t.u., in Giur. mer. 2007, 2799 ss.; gamba, La consulenza tecnica nel processo civile tra principio del contraddittorio e regole processuali, in Riv. it. med. leg. 2014, 15 ss.; Mambriani , Appunti in tema di consulenza tecnica nel processo civile. il ruolo del consulente tecnico d'ufficio , in Riv. dott. comm. 2013, 559 ss.; Potetti, Novità e vecchie questioni in tema di consulenza tecnica d'ufficio nel processo civile, in Giur. mer. 2010, 24 ss. |