Codice di Procedura Civile art. 233 - Deferimento del giuramento decisorio.Deferimento del giuramento decisorio. [I]. Il giuramento decisorio [2736 n. 1, 2960 c.c.] può essere deferito in qualunque stato della causa [345 3, 394 3, 421 2, 437 2] davanti al giudice istruttore, con dichiarazione fatta all'udienza dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale [83, 84] o con atto sottoscritto dalla parte. [II]. Esso deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e specifico. Inquadramento.L’art. 2736 c.c. contempla due specie di giuramenti: il giuramento decisorio, che è «quello che una parte deferisce all’altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa»; il giuramento suppletorio, che è invece «quello che è deferito d’ufficio dal giudice a una delle parti al fine di decidere la causa quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova, ovvero quello che è deferito al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti». L’ordinamento attribuisce al giuramento, sia decisorio che suppletorio, forza di prova legale, in base alla quale, attraverso la dichiarazione solenne dell’esistenza di un fatto favorevole a chi giura, si decide totalmente o parzialmente la lite. Ciò comporta che la formula del giuramento debba essere necessariamente tale che, una volta prestato il giuramento, al giudice non resti che verificare se si sia giurato, ed accogliere o respingere conseguenzialmente la domanda sul punto che abbia formato oggetto del giuramento. Decisorietà della formula.Il giuramento decisorio costituisce pertanto una solenne dichiarazione di verità, resa al giudice da una parte su istanza dell'altra, circa l'esistenza o meno di un determinato fatto. Con il deferimento del giuramento decisorio, il deferente affida alla lealtà della controparte l'accertamento di quanto indicato negli specifici articoli della formula; la prova in tal modo raggiunta ha così un'efficacia piena, sicché non è ammissibile alcuna ulteriore istruttoria diretta a provare circostanze contrarie rispetto a quelle risultanti dalla prestazione del giuramento. Le finalità proprie del mezzo di prova legale implicano che la formula del giuramento decisorio debba essere perciò tale che, a seguito della prestazione del giuramento stesso, altro non resti al giudice che verificare l'an iuratum sit, onde accogliere o respingere la domanda sul punto che ne abbia formato oggetto: in quest'ottica, la decisorietà della formula del giuramento deferito non può meramente concernere uno dei passaggi dell'iter da seguire per pervenire alla definizione della lite (Cass. II, n. 1551/2022; Cass. I, n. 9831/2014; Cass. II, n. 13425/2007). Non è ammissibile il giuramento decisorio deferito se la formula sia predisposta in modo da riprodurre esclusivamente, in forma affermativa, la tesi sostenuta in giudizio dalla parte che il giuramento ha deferito, in quanto il giurante non può, senza alterare in contenuto e la sostanza della formula giuratoria ammessa, mutare la formula da affermativa in negativa (Cass. lav., n. 3096/1980). Il giudice deve, perciò, sempre disporre il giuramento decisorio, benché deferito in via subordinata, anche se i fatti con esso dedotti siano stati già accertati o esclusi in base alle risultanze probatorie (Cass. VI, n. 16216/2019). Superate le tesi, che guardavano al giuramento come ad un negozio giuridico avente ad oggetto il diritto sostanziale controverso, oppure come ad un «atto da parte a parte», al quale il giudice assisterebbe quale mero testimone, e dal quale deriva la conclusione del processo non perché sia vero, ma semplicemente perché sia stato giurato, è oggi diffusa, soprattutto in giurisprudenza, la qualificazione del giuramento decisorio come mezzo di prova legale. Da alcune voci, peraltro, attesa la natura di extrema ratio propria di tale strumento, a cui la parte ricorre quando non abbia altro modo per difendersi, si delinea tuttora il giuramento come uno strumento addirittura sostitutivo della decisione del giudice, dal quale discende la conclusione del processo non perché il fatto sia vero, ma semplicemente perché sia stato giurato. In sostanza, il giuramento può dirsi decisorio quando ha ad oggetto (non uno dei momenti necessari dell'iter da seguire per la decisione) ma circostanze dalle quali discende la decisione di uno o più capi della domanda, circostanze, cioè, tali da comportare che il giudice, previo accertamento dell'an iuratum sit, debba soltanto accogliere o rigettare la domanda – ovvero singoli capi di essa –basandosi, quanto al fatto, solo sul giuramento prestato (ovvero sulla mancata prestazione del medesimo) e su eventuali fatti pacifici e notori. Il giuramento deferito da una parte all'altra conserva il carattere della decisorietà anche se, da esso, possa dipendere la decisione soltanto parziale della causa, cioè quando venga deferito per decidere un punto particolare della controversia, dotato di una propria autonomia, perché relativo ad uno dei capi della domanda ovvero ad uno dei momenti necessari dell'iter da seguire per la decisione, rispetto al quale il giuramento esaurisce ogni indagine (Cass. II, n. 27410/2018; Cass. II, n. 15494/2001). Si è affermato che la libertà di scelta del giurante non è garantita solo dalla formula di giuramento «affermo o nego che», ma anche da quella, più semplice, «affermo che» ovvero «nego che», dovendosi ritenere la possibilità d'invertire in senso contrario una delle suddette formule implicita nella stessa natura del giuramento (decisorio o suppletorio) diretto a confermare in modo solenne, in senso positivo o negativo, la verità o meno di un fatto decisivo ai fini della risoluzione della lite, senza che ciò costituisca, in realtà, una modificazione della formula stessa, ma soltanto la scelta dell'alternativa che si è inteso porre al giurante quale particolare sistema di risoluzione della lite (Cass. VI, n. 26027/2014). Oggetto del giuramento.Il giuramento deve riguardare fatti: o fatti di cui il soggetto chiamato a prestarlo sia stato autore o partecipe (cosiddetto giuramento de veritate), oppure fatti altrui in qualche modo inequivocamente appresi o constatati dal prestatore (cosiddetto giuramento de scientia) (Cass. II, n. 647/2008). È invece inammissibile il giuramento su circostanze la cui affermazione o negazione finirebbe con l'esprimere una mera valutazione personale del giurante, oppure valutazioni di natura giuridica, quale è quello riguardante un possesso «uti dominus» (Cass. II, n. 4414/1980). È pure illegittima la formula del giuramento suppletorio che immuti la causa petendi contenuta nella domanda e che, anziché avere ad oggetto circostanze ben determinate che, quali fatti storici, siano state percepite dal giurante con i sensi o con l'intelligenza, verta sul giudizio sull'esistenza di un rapporto giuridico (Cass. III, n. 14228/2023;Cass. I, n. 1407/1996) o di una qualità giuridica (Cass. II, n. 29614/2023), o su un atto negoziale (Cass. VI, n. 27086/2018). Il giuramento non può essere deferito o riferito per la decisione di cause relative a diritti indisponibili, per i quali non sia, cioè, ammessa alcuna negoziazione o anche semplice rinunzia; ai sensi poi del combinato disposto degli artt. 2737 e 2731 c.c., il giuramento decisorio può essere deferito o riferito soltanto da chi sia capace di disporre del diritto a cui si riferiscono i fatti da giurare. Il giuramento decisorio non può, così, essere deferito o riferito nei confronti del soggetto che ricopre una pubblica funzione o un pubblico incarico, in relazione a diritti della pubblica amministrazione da lui organicamente rappresentata (Cass. II, n. 1520/2024). La disposizione dell'art. 2739 c.c. vieta altresì di deferire o riferire il sopra un fatto illecito (che riguardi però la persona del giurante, sicché tale limite non opera quando il fatto illecito concerna la parte avversa, di tal non può essere chiamato a giurare l'autore del fatto, mentre ben può prestare il giuramento il soggetto leso: Cass. III, n. 13454/2004). Si intende per fatto illecito non soltanto quello penale, o quello civile “turpe”, ma ogni azione comunque contrastante con norme imperative, ordine pubblico o buon costume, ossia riprovevole secondo la coscienza collettiva del tempo, e sempre che esso costituisca un fatto favorevole al giurante. Il divieto di deferimento del giuramento su fatti illeciti trova quindi il suo fondamento nell'opportunità di non porre il giurante nell'alternativa tra il confessarsi autore di un atto per lui potenzialmente produttivo di responsabilità non soltanto penale, ma anche civile od amministrativa, e il perdere altrimenti la causa (Cass. III, n. 10850/2007). È ancora vietato di deferire giuramento sopra un contratto per la validità del quale sia richiesta la forma scritta, volendosi evitare che il contraente possa per tal via superare la nullità derivante dall'inosservanza della forma prescritta «ad substantiam»; operando peraltro tale limite tra le parti del contratto e non anche nei confronti del terzo che invochi il contratto «inter alios» come fatto storico. Né può utilizzarsi il giuramento per sovvertire le risultanze di un atto pubblico, imponendosi a tal fine come unico strumento la querela di falso. Efficacia probatoria.
L’esito istruttorio del giuramento - tanto decisorio, deferito o riferito dalla parte, quanto suppletorio o estimatorio, deferito d’ufficio - ha valore di prova legale in relazione ai fatti che ne abbiano formato oggetto, fatti che devono considerarsi definitivamente accertati. Stando all’art 2738 c.c., la prestazione del giuramento determina una presunzione iuris et de iure in ordine all’esistenza dei fatti giurati, presunzione che svincola la definizione del giudizio civile da quello dell’eventuale procedimento penale per falsità del giuramento reso, potendo la condanna per falso giuramento unicamente costituire titolo per pretese risarcitorie nei confronti del giurante. Non è consentita neppure la revocazione della sentenza ove sia accertata la falsità del giuramento. È così palese la volontà del legislatore di impedire in tal modo alle parti, anche prima del passaggio in giudicato della sentenza, ogni possibilità di rimettere in discussione la conclusione della causa determinata dalla prestazione del giuramento (Cass. III, n. 737/2005). La distinzione fra giuramento de veritate e giuramento de scientia, evincibile dal comma 2 dell’art. 2739 c.c., è fondamentale per le diverse conseguenze che nell’una e nell’altra fattispecie si ricollegano alla eventuale dichiarazione del giurante di ignorare o di non ricordare i fatti. Mentre, infatti, nell’ipotesi di giuramento de veritate, in quanto riguardante un fatto proprio della parte, una siffatta dichiarazione equivale a rifiuto di giurare e determina, pertanto, la soccombenza della parte stessa rispetto alla domanda o al punto oggetto del giuramento, nell’ipotesi di giuramento de scientia, vertente sulla conoscenza che si abbia di un fatto altrui, la dichiarazione di ignorare i fatti dà luogo, invece, a giuramento favorevole al giurante. Queste differenze si ripercuotono sulla composizione della stessa formula che, a norma dell’art. 238, comma 2, il giurante deve ripetere, restando inammissibile la formula che chiami il giurante a rispondere della verità di un fatto non proprio della sua attività e perciò a lui non riferibile; non potendo peraltro il giudice modificare un giuramento de scientia in giuramento de veritate, giacché solo la parte (o un procuratore munito di mandato speciale) può disporre simili modifiche sostanziali. In quanto mezzo preordinato a definire la lite, il giuramento decisorio deve essere ammesso dal giudice anche quando i fatti dedotti siano stati accertati o esclusi dalle provvisorie risultanze di causa, sempre che i fatti per i quali è deferito abbiano il requisito della decisorietà (Cass. II, n. 4425/2017). Deferimento e riferimento.Ai sensi dell’art. 233, il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa davanti al giudice istruttore; l’art. 345, comma 3, a proposito del giudizio d’appello, afferma poi che può sempre deferirsi il giuramento decisorio. L’interpretazione tradizionale intende che tale mezzo di prova possa essere proposto in primo grado (mediante dichiarazione fatta dalla parte in udienza o atto da essa sottoscritto, per articoli separati e specifici) fino alla chiusura della fase che si svolge davanti al giudice istruttore, e quindi entro l’udienza di precisazione delle conclusioni, e non anche in sede di comparse conclusionali (Cass. II, n. 19727/2003). La delazione del giuramento decisorio deve, in ogni caso, rivestire la struttura formale di un’istanza di parte rivolta al giudice affinché provveda in ordine alla ammissione di tale mezzo di prova. Questa istanza, in ragione della sua peculiare disciplina, non può ritenersi formulata in forma valida prima ancora che il giudice e la controparte siano messi a conoscenza dell'oggetto del giuramento (Cass. III, n. 9742/1994). Non è necessario che l'appellante, il quale intenda deferire il giuramento, individui la relativa formula sin dall'atto introduttivo del gravame (Cass. III, n. n. 7923/2002). È inammissibile il giuramento decisorio deferito in sede di appello, tuttavia, allorché verta su una circostanza non dedotta in primo grado (Cass. III, n. 21073/2015). Il giuramento decisorio non può, poi, essere deferito nel giudizio di cassazione, neppure allo scopo che la causa venga rinviata in sede di merito per l’ammissione del giuramento non deferito nella fase istruttoria. Il giuramento decisorio, che può essere deferito tanto su un fatto proprio della persona che deve prestarlo, quanto sulla conoscenza che essa ha di un fatto altrui, deve essere deferito a quella determinata persona fisica che si è costituita in giudizio e, nel caso, quale rappresentante di un ente, assumendosi così la qualità di parte in causa, posto che la capacità di stare in giudizio (nella specie, quale legale rappresentante di una società per azioni) si intende comprensiva della capacità di deferire, accettare, prestare e riferire il giuramento decisorio. Il giuramento decisorio deferito al legale rappresentante di una persona giuridica su fatti inerenti all'attività della stessa non può, peraltro, configurarsi come giuramento de veritate se non quando verta su fatti propri della persona fisica che nella detta qualità è chiamato a prestarlo (Cass. I, n. 21080/2005). Ai sensi del combinato disposto degli artt. 2737 e 2731 c.c., il giuramento decisorio può essere deferito (sia pure con i limiti di efficacia di cui agli artt. 2731 e 1398 c.c.) a colui che rappresenta la parte del processo, non già a colui che si assume essere stato rappresentante nel rapporto sostanziale dedotto in giudizio, quando la parte che si sostiene essere stata mandante in tale rapporto neghi di aver conferito tale mandato con rappresentanza (Cass. II, n. 6445/1983). Solo alla parte che deferisce il giuramento compete la facoltà di decidere se la formula debba riguardare tutta o soltanto parte della controversia, mentre la controparte non ha che la scelta di accettare o riferire il giuramento, senza potere apportare alcuna modificazione alla formula, e tanto meno scinderne i capi per limitare il riferimento ad uno solo di essi. Il giuramento decisorio deve essere deferito su capitoli separati, chiari e precisi, in maniera che le circostanze dedotte non presentino contraddizioni e la formula sia univoca (Cass. lav., n. 12779/2003). Il giudice può apportare alla formula le variazioni dirette ad eliminare incertezze o ambiguità, senza però alterarne il contenuto sostanziale, e quindi senza mai aggiungere di sua iniziativa fatti non compresi dal deferente nell’articolazione del giuramento. Modalità di deferimento.
È inammissibile il giuramento decisorio deferito con atto non sottoscritto personalmente dalla parte o da difensore munito di mandato speciale, come richiesto dall'art. 233, bensì soltanto dell'ordinaria procura «ad litem» (Cass. II, n. 17718/2020; Cass. III, n. 22085/2014). Il mandato speciale non deve essere conferito necessariamente in un atto del processo, ma dev'essere sottoscritto, senza, peraltro che occorra l'autenticazione della sottoscrizione (Cass. III, n. 10965/2006). Il giuramento decisorio deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e specifico, e dovendo esso vertere su fatti idonei a risolvere (in tutto o in parte) la lite, la relativa formula deve essere congegnata in modo che il destinatario possa, a sua scelta, giurare e vincere la lite o non giurare e perderla. Pertanto, un giuramento formulato in modo da non consentire l'attuazione di detto meccanismo è inammissibile, in quanto la sua mancata prestazione, non potendo essere considerata come riconoscimento della fondatezza della pretesa della parte avversa, non potrebbe essere posta a base della sentenza di condanna. L'accertamento, in concreto, della decisorietà della formula adottata rientra nell'apprezzamento di fatto del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione esente da vizi logici e giuridici, così come è incensurabile in sede di legittimità il mancato esercizio, da parte del giudice di merito, della facoltà di modificare la formula del giuramento, facoltà peraltro consentita solo per quanto attiene ad aspetti formali della formula stessa, al fine di renderne più chiaro il contenuto. Stante la peculiare natura del giuramento decisorio e la fondamentale importanza attribuitagli dal vigente sistema processuale, l'omessa sottoscrizione della dichiarazione con la quale esso viene deferito, da parte del deferente, comporta la nullità della delazione, ancorché essa sia avvenuta in udienza ed il relativo verbale risulti sottoscritto dal giudice e dal cancelliere (Cass. III, n. 12619/1993). BibliografiaLuiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006. |