Codice di Procedura Civile art. 245 - Ordinanza di ammissione.

Antonio Scarpa

Ordinanza di ammissione.

[I]. Con l'ordinanza che ammette la prova [102 att.] il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge [246].

[II]. La rinuncia fatta da una parte all'audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente [257 2].

Inquadramento.

L’art. 245 disciplina i poteri spettanti al giudice in sede di ammissione della prova testimoniale e regola l’esercizio della facoltà di rinuncia delle parti all’audizione dei testi ammessi.

Ammissione della prova e riduzione delle liste

La disposizione dell'art. 244 ha il duplice scopo di consentire all'avversario di formulare i capitoli di prova contraria indicando i propri testimoni e di dare modo al giudice di valutare se la prova richiesta sia concludente e pertinente (Cass. I, n. 2201/2007). La preclusione ex art. 244 si inquadra nel principio, espresso dal successivo art. 245, secondo il quale il giudice provvede sull'ammissibilità delle prove proposte e sui testi da escutere con una valutazione sincrona e complessiva delle istanze che tutte le parti hanno sottoposto al suo esame. La norma in questione deve, perciò, considerarsi di carattere cogente, sicché la sua inosservanza, da parte di chi propone la prova, determina l'inammissibilità del mezzo istruttorio che, ove erroneamente ammesso ed espletato, non potrà essere tenuto in considerazione dal giudice (Cass. I, n. 2201/2007).

L'omessa ammissione della prova testimoniale può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito. Pertanto, in base al principio desumibile dagli artt. 132, n. 4, e  art. 118, comma 1, disp. att., la sentenza di rigetto della domanda per difetto di prova è congruamente motivata anche mediante richiamo all'ordinanza istruttoria che abbia respinto una richiesta inammissibile di prova, trattandosi di pronuncia comunque espressiva del giudizio che la parte avrebbe dovuto dare impulso alla detta prova con la richiesta di mezzi ammissibili e concludenti (Cass. II, n. 27415/2018).

L'art. 245, comma 1, che prevede la facoltà del giudice di ridurre le liste dei testimoni sovrabbondanti, viene intesa in dottrina come un'ipotesi di conflitto tra diritto alla prova e necessità di impedire l'uso dell'istanza istruttoria in senso defatigatorio, e va, perciò, considerata come uno sviluppo dell'art. 209, il quale consente al giudice istruttore di chiudere l'istruzione non solo quando essa è esaurita, ma anche nel caso in cui ritenga «superflua, per i risultati già raggiunti, l'ulteriore assunzione». Il pericolo di una violazione del diritto alla prova sarebbe evidente, tuttavia, laddove non vengano assunte per ragioni attinenti al principio di economia processuale prove dedotte dalle parti, senza alcuna valutazione circa la rilevanza o meno delle stesse.

Si consiglia, pertanto, un'applicazione attenta del comma 2 dell'art. 257 e l'opportunità di una sua applicazione anche nel giudizio d'appello (Capelli, 211 ss.).

La riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti costituisce un potere tipicamente discrezionale del giudice di merito, esercitabile anche nel corso dell'espletamento della prova, potendo il giudice non esaurire l'esame di tutti i testimoni ammessi qualora, per i risultati raggiunti, ritenga superflua l'ulteriore assunzione della prova, con giudizio che si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente motivato anche per implicito dal complesso della motivazione (Cass. III, n. 11810/2016).

Rinuncia all’audizione dei testi

L'art. 245, comma 2, secondo cui «la rinuncia fatta da una parte all'audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente», costituisce espressione del principio di acquisizione probatoria, che comporta l'impossibilità per le parti di disporre degli effetti delle prove ritualmente assunte, le quali possono giovare o nuocere all'una o all'altra parte indipendentemente da chi le abbia dedotte (Cass. L, n. 21909/2013).

Qualora la parte che abbia indicato un teste richieda, invece, la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni, tale inequivoco comportamento ne manifesta la volontà di rinunciare all'audizione del teste stesso e se la controparte aderisce alla richiesta di remissione della causa al collegio anch'essa pone in essere una condotta adesiva alla rinuncia al teste. Tale rinuncia acquista efficacia per effetto del consenso del giudice implicitamente espresso con il provvedimento di chiusura dell'istruttoria e di remissione della causa in decisione, per cui compete solo al collegio, con giudizio non sindacabile in sede di legittimità, ordinare la riapertura della istruttoria, revocando l'ordinanza del giudice istruttore (Cass. I, n. 10797/2018).

La parte rimasta contumace, dovendo accettare il processo nello stato in cui si trova al momento in cui si costituisce, con tutte le preclusioni e decadenze già verificatesi, non può, ove la controparte, precedentemente alla sua tardiva costituzione, abbia rinunciato all'audizione dei testimoni e tale rinuncia sia stata, seppur implicitamente, autorizzata dal giudice istruttore, successivamente chiedere l'assunzione della prova, non avendo fatto esplicita e tempestiva dichiarazione di dissenso a detta rinuncia, ex art. 245, comma 2, (Cass. II, n. 2132/2017).

Bibliografia

Capelli, Il principio di unità e infrazionabilità della prova come limite alle prove nuove in appello, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2001, 211 ss.; Giabardo, Nota in tema di prova testimoniale civile, in Giur. it. 2013, 1863; Pisapia, Appunti in tema di deduzioni e preclusioni istruttorie nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2000, 567 ss.; Querzola, La capacità a testimoniare tra diritto sostanziale e diritto processuale, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1998, 1393 ss.; Taruffo, Cultura e processo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2009, 63 ss.

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