Codice di Procedura Civile art. 253 - Interrogazioni e risposte.

Antonio Scarpa

Interrogazioni e risposte.

[I]. Il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre. Può altresì rivolgergli, d'ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti medesimi [257 2].

[II]. È vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare direttamente i testimoni.

[III]. Alle risposte dei testimoni si applica la disposizione dell'articolo 231.

Inquadramento.

Gli articoli da art. 250 257 dettano le modalità di intimazione e di assunzione dei testimoni, specificano le conseguenze della mancata comparizione, del rifiuto di deporre e dalla falsità della testimonianza, e accordano al giudice la facoltà di assumere nuovi testi ovvero di rinnovare l’esame dei testimoni già sentiti.

 

Assunzione dei testi

L'art. 253 riconosce al giudice la facoltà, di ufficio o su istanza di parte, di rivolgere al teste le domande che egli ritiene utili per chiarire i fatti sui quali quest'ultimo è chiamato a deporre, senza che il mancato esercizio di ufficio di tale facoltà (qualora non vi sia stata un'istanza di parte funzionale ad ottenere tali chiarimenti) possa, peraltro, essere oggetto di impugnazione, costituendo essa espressione di un potere meramente discrezionale del giudice (Cass. III, n. 7109/2005). La facoltà di richiedere i chiarimenti può comunque esercitarsi soltanto nell'ambito dei fatti specificati, essendo il giudice vincolato dai capitoli di prova articolati dalle parti, sicché è da escludere che la genericità della deduzione dei fatti sia sanabile in sede di espletamento della prova Il giudice, nell'avvalersi della facoltà di cui all'art. 253, comma 1, non può, quindi, supplire alle deficienze del mezzo istruttorio proposto ed ammesso, senza, peraltro che, ove detto limite sia stato valicato, la conseguente nullità possa essere rilevata d'ufficio, sicché la parte, ove abbia rinunciato, implicitamente, con il proprio contegno processuale, o esplicitamente, a dolersi dell'inosservanza delle regole relative alla deduzione ed escussione della prova, non può in seguito elevare tale inosservanza a motivo di impugnazione verso la sentenza, che resta sanata per effetto di acquiescenza (Cass. II, n. 12192/2015).

Si è ritenuto  consentito al giudice ordinare al testimone. ai sensi dell'art. 118, di consentire l'ispezione di documenti utilizzati per aiuto alla memoria, che restano in tal caso acquisiti al fascicolo d'ufficio e sono utilizzabili ai fini del decidere, quand'anche l'acquisizione avvenga dopo lo spirare delle preclusioni istruttorie, salvo il diritto delle parti di essere ammesse alla prova contraria resa necessaria dalla acquisizione d'ufficio (Cass. III, n. 18896/2015). 

Bibliografia

Capelli, Il principio di unità e infrazionabilità della prova come limite alle prove nuove in appello, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2001, 211 ss.; Giabardo, Nota in tema di prova testimoniale civile, in Giur. it. 2013, 1863; Pisapia, Appunti in tema di deduzioni e preclusioni istruttorie nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2000, 567 ss.; Querzola, La capacità a testimoniare tra diritto sostanziale e diritto processuale, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1998, 1393 ss.; Taruffo, Cultura e processo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2009, 63 ss.

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