Codice di Procedura Civile art. 299 - Morte o perdita della capacità prima della costituzione 1 .Morte o perdita della capacità prima della costituzione 1. [I]. Se prima della costituzione [in cancelleria [165 1, 166] o all'udienza davanti al giudice istruttore] [183], sopravviene la morte oppure la perdita della capacità di stare in giudizio [75 1] di una delle parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza [300, 301, 328], il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo [75, 110] si costituiscano volontariamente, oppure l'altra parte provveda a citarli in riassunzione [303], osservati i termini di cui all'articolo 163-bis [286 1; 125 att.].2
[1] Articolo così sostituito dall'art. 3 d.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. [2] Le parole « in cancelleria o all'udienza davanti al giudice istruttore » sono state soppresse dall'art. 3, comma 1, lett. pp), del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. InquadramentoL'istituto dell'interruzione del processo ha la finalità di tutelare il diritto di difesa della parte che potrebbe essere compromesso qualora non spiegassero incidenza sull'ulteriore corso del processo determinati eventi concernenti la parte o il suo difensore (Picardi , 175). Eventi interruttivi sono la morte o la perdita di capacità di stare in giudizio della parte o del suo rappresentante legale. Se tali eventi si verificano prima della costituzione in giudizio delle parti, il processo è interrotto ipso iure. Peraltro, se l'evento interruttivo — ad esempio, la morte della parte — è anteriore all'introduzione del giudizio, non trovano applicazione le norme sull'interruzione ed il procedimento incardinato, unitamente alla sentenza pronunciata all'esito dello stesso, saranno radicalmente inesistenti (Cass. n. 11688/2001). Ratio dell'interruzione del processoLe norme che disciplinano l'interruzione del processo sono preordinate, in conformità al generale principio posto dall'art. 24 Cost., alla tutela del diritto di difesa della parte, diritto che potrebbe essere compromesso laddove non spiegassero incidenza sull'ulteriore corso del processo determinati eventi concernenti la parte o il proprio difensore (Picardi, 175). Nella delineata prospettiva si giustifica il consolidato l'orientamento della S.C. nel senso che la parte colpita dall'evento interruttivo è l'unica legittimata a dolersi dell'irrituale continuazione del processo nonostante il verificarsi della causa interruttiva, sicché la mancata interruzione del processo non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né essere eccepita dall'altra parte come motivo di nullità (Cass. n. 7075/2022; Cass. n. 24025/2009). Ambito applicativoIl momento a partire dal quale ha rilevanza processuale ai fini dell'interruzione uno degli eventi indicati nella norma in commento è l'introduzione del giudizio, prima della quale, invero, non trova applicazione l'istituto. Difatti, laddove un evento di valenza astrattamente interruttiva resti integrato prima della litispendenza, poiché manca un rapporto processuale da interrompere (Cass. n. 8498/1996), il giudizio e la sentenza pronunciata all'esito dello stesso non potranno che ritenersi inesistenti (Cass. n. 11688/2001). Pertanto, la morte dell'attore, intervenuta prima della notificazione dell'atto di citazione, determina la nullità della vocatio in ius, che presuppone la attuale esistenza delle parti, e dell'intero eventuale giudizio che ne è seguito, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, risultando irrilevante la volontaria costituzione in giudizio dei successori della parte deceduta che intendano proseguire il processo, perché, in assenza della valida instaurazione del rapporto processuale e del contraddittorio tra le parti, non può trovare applicazione né l'istituto della successione nel diritto controverso, né quello della interruzione del processo (Cass. VI, n. 11506/2022). Inoltre, secondo l'orientamento tradizionale, nel giudizio di cassazione, che è dominato dall'impulso d'ufficio, non trova applicazione l'istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli art. 299 ss., sicché, una volta instauratosi il giudizio, il decesso di uno dei ricorrenti, comunicato dal suo difensore, non produce l'interruzione del giudizio (Cass. S.U., n. 14385/2007; v., da ultimo, Cass. n. 1757/2016). Questa tesi è stata criticata in dottrina per le numerose attività processuali che devono essere poste in essere anche nel giudizio di legittimità (Ciaccia Cavallari, 192 ss.). Pertanto, in giurisprudenza è stata evidenziata, più di recente, la necessità di rinviare il procedimento a nuovo ruolo comunicando detto rinvio alla parte personalmente nell'ipotesi di decesso dell'unico difensore della stessa durante il giudizio di legittimità (Cass. S.U., n. 477/2006). Invero, la cancellazione del difensore del ricorrente dall'albo degli avvocati patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori non comporta l'interruzione del giudizio di cassazione, ma consente alla Corte di rinviarlo ad altra udienza (o adunanza), previa comunicazione alla parte dell'ordinanza di differimento, al fine di garantire a quest'ultima la possibilità di nominare un nuovo difensore, atteso che tale evento incide negativamente sull'esercizio del diritto di difesa e sull'integrità del contraddittorio, la cui inviolabilità, secondo i principi del giusto processo, va garantita anche nel giudizio di legittimità in termini non dissimili da quanto accade nelle fasi di merito (Cass. III, n. 11300/2023). Le previsioni di cui agli artt. 299 e ss. sull'interruzione del processo sono state invece ritenute tradizionalmente applicabili nel giudizio di rinvio: pertanto, la morte della parte sopraggiunta prima della notificazione ad essa dell'atto di riassunzione dinanzi al giudice di rinvio, determina ipso iure a norma dell'art. 299 l'interruzione del processo, con la conseguenza che la sentenza emessa dal giudice di rinvio, nonostante detta interruzione automatica conseguente al decesso della parte prima della sua mancata costituzione, è affetta — al pari di ogni altro atto processuale — da nullità insanabile (Cass. n. 995/1994). Eventi interruttiviIl primo degli eventi interruttivi da considerare è la morte della parte, alla quale, ove si tratti di persona fisica, devono equipararsi, oltre alla morte presunta, anche la scomparsa o l'irreperibilità della stessa, fatta constatare ai sensi dell'art. 143 c.c. (Cass. S.U., n. 220/1986). In dottrina si è evidenziato che, nell'ipotesi di morte presunta, l'interruzione si verifica quando diviene eseguibile la relativa sentenza (Punzi, 1963, 184). Secondo l'orientamento tradizionale costituisce inoltre evento interruttivo anche la morte del legale rappresentante, da intendersi, tuttavia, quale riferibile esclusivamente a coloro i quali stanno in giudizio in luogo degli incapaci e non anche alle persone che svolgono funzioni di rappresentata di enti collettivi dotati di una propria autonoma soggettività (Cass. n. 15735/2004; Cass. n. 2817/2018). Pertanto, in accordo con tale tesi, non ha rilievo ai fini della prosecuzione del processo la morte del legale rappresentante della convenuta, poiché, come pacifico, i "rappresentanti legali" la cui morte, per il disposto degli art. 299 e 300, è causa di interruzione del processo, sono soltanto coloro che stanno in giudizio in luogo degli incapaci, non anche le persone che svolgono la funzione di organi degli enti dotati di una propria autonoma soggettività (Trib. Pescara L,15 gennaio 2016, n. 33). Analogamente, in dottrina, si è osservato che, nell'ipotesi nell'ipotesi di morte del rappresentante della persona giuridica, c.d. rappresentanza organica, non si determina l'interruzione del processo poiché il rappresentante legale dell'ente fornito di personalità giuridica non si presenta all'esterno con un'individualità autonoma, ma come ufficio, mentre rimane intatta la soggettività dell'ente (Califano, 238 ss.) Ai fini dell'operare della disciplina in tema di interruzione del processo, alla morte della persona fisica va inoltre equiparata l'estinzione della persona giuridica che si realizza con il completamento del procedimento di liquidazione ed, in caso di società, mediante la cancellazione dal registro delle imprese, secondo quanto previsto dall'art. 2495, comma 2, c.c., nel testo introdotto dall'art. 4 d.lgs. n. 6/2003 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2004 (Cass. n. 29242/2008). Secondo la giurisprudenza tradizionale anche la fusione di società mediante incorporazione determinava l'estinzione della società incorporata e dà luogo ad una vicenda successoria a titolo universale e comporta sul piano processuale l'interruzione del giudizio (Cass. n. 22658/2007, Foro it., 2008, I, 2920, con nota diDesiato); peraltro, tale impostazione interpretativa non può trovare applicazione anche per le fusioni realizzatesi successivamente al 1° gennaio 2004, data di entrata in vigore dell'art. 2504-bis c.c. nel testo novellato dal d.lgs. n. 6/2003, poiché a seguito della nuova formulazione dell'art. 2504-bis c.c. — il quale prevede ora che la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i rapporti anche processuali anteriori all'operazione — la fusione per incorporazione configura una vicenda meramente modificativa del medesimo soggetto giuridico, senza la produzione di alcun effetto successorio ed estintivo: conseguentemente, il verificarsi di tale evento in corso di giudizio non costituisce più una causa che, a norma degli artt. 110,299,300, obbliga il giudice a dichiarare interrotto il processo (Cass. n. 10653/2010). Più di recente, le Sezioni Unite, tornate sulla questione, hanno chiarito che la fusione per incorporazione estingue la società incorporata, che non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell'art. 105 c.p.c., pur precisando che, nondimeno, ove la fusione intervenga in corso di causa, non si determina l'interruzione del processo, esclusa ex lege dall'art. 2504-bis c.c. (Cass. S.U., n. 21970/2021). L'interruzione del processo è inoltre determinata dalla circostanza che un ente pubblico, parte in un procedimento civile, venga soppresso ex lege e le sue funzioni siano trasferite ad altro ente (v., tra le altre, Cass. n. 18306/2007). La perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti comporta anch'essa l'interruzione del processo. Con riferimento alle persone fisiche tale situazione si verifica nell'ipotesi di interdizione ed inabilitazione nonché di nomina di un amministratore di sostegno laddove nel giudizio venga in discussione una posizione giuridica soggettiva in relazione alla quale sia stato prevista la necessità di integrare la volontà del beneficiario con l'ausilio dell'amministratore. In linea di principio, invece, la semplice incapacità naturale non determina la perdita della capacità processuale della parte per l'interruzione del processo (Cass. n. 10425/1994). Tra gli eventi che comportano la perdita della capacità di stare in giudizio rilevano, per le persone giuridiche, la dichiarazione di fallimento (a seguito della quale ex art. 43 l. fall. 1942 (per la nuova disciplina v. d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), nell'attuale formulazione si determina automaticamente, invero, l'interruzione del processo) e la liquidazione coatta amministrativa, atteso che a norma dell'art. 200 r.d. n. 267/1942, detto stato comporta (fra l'altro) la cessazione delle funzioni dell'assemblea e degli organi amministrativi e di controllo della società medesima e, comunque, l'attribuzione al commissario liquidatore — e non più, quindi, alla persona fisica che la rappresentava fin quando era in bonis — della capacità di stare in giudizio nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale (Cass. n. 2527/2004). Con specifico riguardo all'interruzione automatica del processo per l'ipotesi di dichiarazione di fallimento, è stato chiarito che l'art. 43, comma 3, l. fall. va interpretato nel senso che, intervenuto il fallimento, l'interruzione è sottratta all'ordinario regime dettato in materia dall'art. 300 c.p.c., nel senso, cioè, che è automatica e deve essere dichiarata dal giudice non appena sia venuto a conoscenza dall'evento, ma non anche nel senso che la parte non fallita sia tenuta alla riassunzione del processo nei confronti del curatore indipendentemente dal fatto che l'interruzione sia stata, o meno, dichiarata (Cass., n. 5288/2017). Peraltro, In caso di interruzione del processo determinata, "ipso iure", dall'apertura del fallimento, giusta l'art. 43, comma 3, l. fall., al fine del decorso del termine trimestrale per la riassunzione è necessaria la conoscenza "legale" dell'evento interruttivo, acquisita cioè non in via di fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento che determina l'interruzione del processo, assistita da fede privilegiata (cfr. Cass. n. 8640/2018). In una prospettiva ancora più rigorosa si è ritenuto che nell'ipotesi di interruzione automatica del processo determinata dall'apertura del fallimento, giusta l'art. 43, comma 3, l. fall., al fine del decorso del termine per la riassunzione non è sufficiente che dell'evento interruttivo, rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, la parte interessata alla prosecuzione del giudizio abbia avuto conoscenza formalmente legale (cioè acquisita per il tramite di atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell'evento medesimo), ma è necessario che tale conoscenza abbia specificamente ad oggetto tanto l'evento in se considerato quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti. (Cass. n. 6398/2018: nella specie, la S.C. ha ritenuto irrilevante, ai fini della legale conoscenza dell'evento interruttivo, la circostanza che lo stesso fosse stato formalmente appreso dalla parte interessata alla prosecuzione, a mezzo del proprio procuratore, in un giudizio in cui era rappresentata da un difensore diverso da quello che la assisteva nel processo in cui l'evento medesimo era destinato a produrre effetti). Analogamente, la sottoposizione di una delle parti in giudizio a procedura di amministrazione straordinaria integra i presupposti processuali per disporre la interruzione del giudizio ai sensi degli artt. 299 e 300 (Trib. Taranto lav., 18 marzo 2016, n. 1084) . Cass. II, n. 4336/2023 ha ritenuto che la soppressione di un ente pubblico con il trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad altro ente è evento idoneo a determinre l’interruzione del giudizio. La cessazione della rappresentanza legale della parte, che pure configura evento interruttivo del processo, si realizza soprattutto nell'ipotesi di raggiungimento della maggiore età da parte del rappresentato (Cass. n. 1744/1997). Nel caso di trattazione unitaria o di riunione di più procedimenti relativi a cause connesse e scindibili, che comporta di regola un litisconsorzio facoltativo tra le parti dei singoli procedimenti confluiti in un unico processo, l'evento interruttivo relativo a una delle parti di una o più delle cause connesse, opera di regola solo in riferimento al procedimento (o ai procedimenti) di cui è parte il soggetto colpito dall'evento, e perciò tale procedimento è interrotto per intero, salvo che il giudice non separi le cause connesse e scindibili facenti parte di detto procedimento, a sua volta confluito nel processo unitario (Cass. n. 7381/2016). Nell'ipotesi di morte del rappresentante della persona giuridica, c.d. rappresentanza organica, non si determina l'interruzione del processo poiché il rappresentante legale dell'ente fornito di personalità giuridica non si presenta all'esterno con un'individualità autonoma, ma come ufficio, mentre rimane intatta la soggettività dell'ente (Califano, 238 ss.). E' stato poi recentemente chiarito che allorché nel corso di un giudizio, di cui sia parte costituita un condominio legalmente rappresentato dall'amministratore, intervenga la cessazione del rapporto di rappresentanza e si costituisca in giudizio il nuovo amministratore, il rapporto processuale prosegue senza soluzione di continuità e senza neppure dare luogo ad interruzione del giudizio (Cass. n. 27165/2017). Occorre segnalare che la recente Sezioni Unite n. 20495/2022 ha affermato che, in tema di divorzio, la morte dell'ex coniuge ricorrente nel corso del procedimento per la revisione dell'assegno divorzile, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della l. n. 898 del 1970, non comporta la dichiarazione di improseguibilità dello stesso, ma gli eredi subentrano nella posizione del coniuge richiedente la revisione, al fine dell'accertamento della non debenza dell'assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso, nonché nell'azione di ripetizione dell'indebito, ex art. 2033 c.c., per la restituzione delle somme non dovute. Valenza interruttiva automatica degli eventi che si verificano prima della costituzione in giudizioLa norma in commento trova applicazione nell'ipotesi in cui, anche in appello o nel giudizio di rinvio, l'evento interruttivo che riguardi la parte o il proprio rappresentante legale si verifichi prima della costituzione in giudizio, purché lo stesso sia già stato introdotto. In particolare, ove l'evento si verifichi in tale momento processuale allo stesso seguirà ipso iure l'interruzione del giudizio. È discusso in dottrina se detto effetto possa essere evitato mediante la tempestiva costituzione in prosecuzione dei successori processuali ovvero la riassunzione del giudizio nei confronti degli stessi prima della declaratoria di interruzione. BibliografiaCalifano, L'interruzione del processo civile, Napoli, 2004; Calvosa, Interruzione del processo civile, in Nuovo D.I., VIII, Torino, 1962, 929; Cavalaglio, Interruzione del processo di cognizione nel diritto processuale civile, in Dig. civ., X, Torino 1993, 83; Ciaccia Cavallari, Prospettive d'interruzione nel procedimento in Cassazione, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1975, 192; Cipriani, Indivisibilità dell'interruzione e litisconsorzio facoltativo, in Foro it. 1998, I, 1260; Finocchiaro A., Interruzione del processo (diritto processuale civile), in Enc. dir. 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