Codice di Procedura Civile art. 308 - Comunicazione e impugnabilità dell'ordinanza 1 .

Rosaria Giordano

Comunicazione e impugnabilità dell'ordinanza 1.

[I]. L'ordinanza che dichiara l'estinzione è comunicata [136] a cura del cancelliere se è pronunciata fuori della udienza. Contro di essa è ammesso reclamo nei modi di cui all'articolo 178, commi terzo, quarto e quinto.

[II]. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, se respinge il reclamo, e con ordinanza non impugnabile [279 4], se l'accoglie [354 2; 129 3, 130 att.].

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 32 l. 14 luglio 1950, n. 581.

Inquadramento

La disposizione in commento disciplina l'estinzione del processo, avendo riguardo alla forma ed al regime del provvedimento dichiarativo della stessa. La norma deve oggi essere coordinata con gli artt. 50-bis ss., norme che, come noto, hanno dato attuazione alla generale riforma realizzata dal d.lgs. n. 270/1999 sull'istituzione del giudice unico di primo grado.

In particolare, in ordine alla forma ed al regime di impugnazione della pronuncia dichiarativa dell'estinzione emessa dal giudice monocratico la dottrina appare divisa: secondo alcuni il provvedimento in questione deve assumere la forma dell'ordinanza (Cipriani, 155; Martinetto, 625), mentre per altri la pronuncia dichiarativa dell'estinzione resa dal giudice monocratico deve sempre consistere in una sentenza (Consolo-Luiso-Sassani, 114; Saletti, 1988, 12).

In giurisprudenza è ormai consolidato l'orientamento per il quale il provvedimento di estinzione pronunciato dal giudice monocratico ha natura di sentenza, anche se emesso in forma di ordinanza, con la sua conseguente impugnabilità mediante appello (Cass. n. 1155/2013), rimedio che trova applicazione anche nell'ipotesi di rigetto dell'eccezione di estinzione (Cass. S.U., n. 22848/2013).

Forma e regime del provvedimento di estinzione

La disposizione in commento disciplina l'estinzione del processo, avendo riguardo alla forma ed al regime del provvedimento dichiarativo della stessa.

L'estinzione del processo deve essere pronunciata mediante ordinanza che, in accordo con il comma 1 della previsione in esame nonché con le regole generali che sarebbero state comunque operanti, ove pronunciata fuori udienza, deve essere comunicata a cura della cancelleria secondo le modalità indicate dall'art. 136.

Il rimedio previsto avverso l'ordinanza che dichiara l'estinzione del processo dal secondo periodo del primo comma dell'art. 308 è il reclamo al collegio, nei modi di cui ai commi terzo, quarto e quinto dell'art. 178.

Pertanto, entro dieci giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di estinzione avvenuta in udienza ovvero dalla comunicazione della stessa, se resa con provvedimento emanato fuori udienza, è ammesso reclamo al collegio, che potrà essere presentato senza formalità mediante dichiarazione al verbale d'udienza ovvero con ricorso al giudice istruttore.

Sul reclamo, specifica il secondo comma dell'art. 308, il collegio decide con sentenza se lo rigetta e con ordinanza se l'accoglie, ossia ove ritenga insussistenti i presupposti per la declaratoria di estinzione del giudizio.

La distinzione operata in punto di forma del provvedimento del collegio che definisce il reclamo avverso l'ordinanza del giudice istruttore dichiarativa dell'estinzione del processo si riconnette alla necessità di assicurare, nella sola ipotesi di conferma del provvedimento definitorio in rito della controversia, alla parte la possibilità di proporre appello contro lo stesso.

Peraltro, l'assetto descritto deve oggi essere coordinato con gli artt. 50-bis ss., norme che, come noto, hanno dato attuazione alla generale riforma realizzata dal d.lgs. n. 270/1999 sull'istituzione del giudice unico di primo grado ed in forza dei quali, pertanto, fatta eccezione per le controversie specificamente indicate dallo stesso art. 50-bis attribuite alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale, di regola le controversie in materia civile sono devolute alla cognizione e decisione di un giudice monocratico. In tale ipotesi, pertanto, non potendosi ritenere operante il rimedio pure normativamente previsto del reclamo al collegio avverso l'ordinanza di estinzione del processo pronunciata dal giudice unico di primo grado occorre verificare sia la forma (e la natura) del relativo provvedimento che i rimedi esperibili avverso lo stesso.

In particolare, in ordine alla forma ed al regime di impugnazione della pronuncia dichiarativa dell'estinzione emessa dal giudice monocratico la dottrina appare divisa.

Secondo alcuni il provvedimento in questione deve assumere la forma dell'ordinanza (Cipriani, 155; Martinetto, 625), mentre per altri la pronuncia dichiarativa dell'estinzione resa dal giudice monocratico deve sempre consistere in una sentenza (Consolo-Luiso-Sassani, 114; Saletti, 1988, 12), impugnabile con i normali mezzi d'impugnazione, trattandosi di provvedimento di natura decisoria.

Sotto quest'ultimo profilo, è ormai incontroverso in giurisprudenza il principio per il quale quando il giudice istruttore opera come giudice monocratico, il provvedimento, con cui dichiara che il processo si è estinto, non è soggetto a reclamo e, siccome determina la chiusura del processo in base alla decisione di una questione pregiudiziale attinente al processo, ha natura di sentenza, anche se emesso in forma di ordinanza, con la sua conseguente impugnabilità mediante appello (Cass. n. 2837/2016Cass. n. 1155/2013; conf., in sede di merito, Trib. Latina 18 giugno 2013).

Secondo una parte della giurisprudenza di merito, davanti al giudice unico del tribunale l'estinzione del giudizio deve essere dichiarata con sentenza e non con ordinanza, trattandosi di provvedimento di natura decisoria e, nel caso di erronea scelta della forma dell'ordinanza, il provvedimento ha natura sostanziale di sentenza impugnabile con gli ordinari mezzi di impugnazione e non è ammissibile contro di esso reclamo al collegio ex art. 309, in quanto tale norma è applicabile solo ai giudizi di competenza collegiale (Trib. Roma VI, 5 dicembre 2011, n. 23676; Trib. Torino, 30 novembre 2007).

Naturalmente, differenti devono essere le conclusioni per l'ordinanza che dichiari l'estinzione del processo pronunciata dal giudice istruttore in una delle controversie che rimangono eccezionalmente devolute alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale ai sensi dell'art. 50-bis. A riguardo, in particolare, la Corte di Cassazione ha ribadito che: avverso l'ordinanza che dichiara l'estinzione del processo pronunciata nelle controversie eccezionalmente devolute dall'art. 50-bis alla competenza del collegio è ammesso il reclamo al collegio, se emessa dal giudice istruttore, e l'appello, se pronunciata dal collegio (mentre in nessun caso tale provvedimento è soggetto a ricorso per cassazione, che, se proposto, deve essere dichiarato inammissibile: Cass. n. 14574/2007).

L'ordinanza collegiale che, in virtù del comma 2 della previsione in esame, accoglie il reclamo avverso il provvedimento che dichiara l'estinzione del processo, non è impugnabile in via autonoma — e, perciò, non è soggetta a ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. —, ma è suscettibile di controllo soltanto mediante l'impugnazione della sentenza destinata a concludere il procedimento irritualmente proseguito (Cass. n. 11663/1995).

Di recente la S.C. ha affermato che, poiché la fase presidenziale del giudizio di separazione, come di quello divorzile, è finalizzata all'emissione di provvedimenti anticipatori, anche in rito, di natura provvisoria, come tali non idonei a definire il giudizio, il provvedimento di estinzione del giudizio emesso a seguito della mancata comparizione delle parti e che esaurisce la fase processuale ai sensi dell'art. 4, comma 7, della l. n. 898 del 1970, è suscettibile di reclamo al collegio di cui all'art. 308, e non di impugnazione innanzi alla corte d'appello (Cass. n. 9189/2021).

In ogni caso, è inammissibile il ricorso c.d. straordinario per cassazione avverso l'ordinanza del giudice di primo grado di estinzione del processo atteso che il provvedimento, ove adottato dal tribunale in composizione monocratica, è assimilabile alla sentenza del tribunale che, in composizione collegiale e ai sensi dell'art. 308, comma 2, respinge il reclamo contro l'ordinanza di estinzione del giudice istruttore, sicché ha natura sostanziale di sentenza e deve essere impugnato con l'appello, mentre, ove sia stata emesso dal giudice istruttore nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, conserva natura di ordinanza reclamabile avanti al collegio (Cass. n. 17522/2015).  I principi sinora richiamati operano anche nell'ipotesi in cui l'estinzione venga dichiarata in appello dal tribunale in composizione monocratica: invero, tale provvedimento ha il contenuto sostanziale di sentenza anche quando abbia assunto la forma di ordinanza e, pertanto, non essendo soggetto a reclamo, è impugnabile con ricorso per cassazione (Cass. n. 7614/2017).

In sostanza, avverso l'ordinanza che dichiara l'estinzione del processo è ammesso il reclamo al collegio, se emessa dal giudice istruttore, e l'appello, se pronunciata dal collegio; in nessun caso tale provvedimento è soggetto a ricorso per cassazione, che, se proposto, deve essere dichiarato inammissibile (Cass. n. 9930/2019).

Per altro verso, la S.C. ha chiarito che in ogni caso non sussiste l'interesse del convenuto ad impugnare un'ordinanza di estinzione del giudizio, trattandosi di statuizione meramente processuale inidonea ad arrecare pregiudizio alle parti coinvolte ed a costituire giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi l'efficacia di tale giudicato al solo aspetto del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio (Cass. n. 21977/2018).

Regime dell'ordinanza di rigetto dell'eccezione di estinzione

La questione, in precedenza controversa, è stata risolta dalle Sezioni Unite nel senso che, anche il provvedimento di rigetto dell'eccezione di estinzione pronunciato dal giudice unico, trattandosi di provvedimento che risolve una questione preliminare di merito da decidere con sentenza non definitiva, da ricondurre alla previsione di cui all'art. 279, comma 1, n. 1 e n. 2, deve essere impugnato con appello (Cass. S.U., n. 22848/2013).

Rilievo in appello dell'erronea declaratoria di estinzione

Il legislatore resta silente in ordine ai poteri del giudice del gravame in sede di sindacato sulla sentenza dichiarativa dell'estinzione del processo, questione sulla quale sussiste, peraltro, un contrasto nell'ambito della giurisprudenza. Invero, ai sensi dell'art. 354, secondo comma, il giudice di appello deve rimettere la causa al primo giudice in caso di riforma della sentenza che ha pronunciato l'estinzione del processo a norma e nelle forme di cui all'art. 308.

Secondo un primo orientamento, la formulazione di tale disposizione si presterebbe ad un'interpretazione restrittiva, poiché la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 354, comma 2, ha carattere eccezionale e non può essere disposta oltre i casi espressamente previsti, né è estensibile a fattispecie simili o analoghe, essendo essa limitata all'ipotesi di riforma della sentenza con cui il tribunale, in base all'art. 308, comma 2, abbia respinto il reclamo al collegio, proposto contro l'ordinanza del giudice istruttore che aveva dichiarato l'estinzione del processo, cui va equiparato il caso in cui il giudice monocratico di primo grado ossia dichiarato l'estinzione del giudizio negli stessi modi. Diversamente, secondo questa tesi quando il tribunale, in composizione collegiale o monocratica, ha dichiarato l'estinzione ma ai sensi dell'art. 307, ultimo comma, cioè con sentenza resa dopo che la causa era stata rimessa per la decisione exart. 189, il giudice d'appello che riformi la sentenza di estinzione del processo deve trattenere la causa e decidere nel merito la controversia (Cass. n. 14343/2008).

In accordo con un'altra posizione, invece, l'art. 354, comma 2, trova applicazione anche in ipotesi diverse da quelle della reclamabilità al collegio dei provvedimenti del giudice istruttore dichiarativi dell'estinzione del giudizio, sicché la dichiarazione di estinzione sia contenuta in un provvedimento definitivo del giudice (Cass. n. 15353/2005). In particolare si è affermato, a riguardo, che allorché il giudice di primo grado abbia irritualmente pronunciato l'estinzione del processo con decreto, inaudita altera parte, in seguito ad un'istanza presentata dalla parte interessata fuori udienza ed in assenza di riassunzione, il giudice d'appello deve rimettere la causa al primo giudice, in assenza di esplicite limitazioni contenute nel relativo enunciato, la norma di cui al comma secondo dell'art. 354 va interpretata nel senso che il giudice di secondo grado, qualunque sia la causa della illegittima declaratoria di estinzione pronunciata da quello di primo grado, deve per ciò stesso rimettergli gli atti. In tale prospettiva si è precisato, inoltre, che qualora il giudice d'appello, pur avendo rilevato il vizio di rito in cui sia incorso il primo giudice nel dichiarare estinto il giudizio, non gli abbia rimesso la causa, dichiarando esso stesso l'estinzione del giudizio, con la cassazione della sentenza di appello deve essere disposto il rinvio al giudice di primo grado come previsto dall'art. 383, ultimo comma, che disciplina virtualmente tutte le ipotesi cosiddette di rinvio improprio al giudice di primo grado, tra le quali non possono non rientrare quelle in cui si ravvisino violazioni degli strumenti destinati a dare attuazione al principio del contraddittorio, per omissione o nullità degli atti volti a provocare, anche nel corso del procedimento di primo grado, la costituzione di altre parti nei confronti delle quali deve essere pronunciata la decisione (Cass. n. 26832/2006).

Da ultimo, intervenendo sulla problematica, Cass. II, n. 40831/2021, ha ritenuto che, in tema di estinzione del processo, il giudice di appello rimette la causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., ove, trattandosi di giudizi a decisione collegiale, riformi la sentenza di estinzione adottata in prime cure a seguito di reclamo al collegio, ex art. 308 c.p.c. e non anche se detta statuizione sia stata assunta con sentenza emessa nelle forme ordinarie ex art. 307, ultimo comma, c.p.c. e che, del pari, va disposta la rimessione in primo grado laddove, in ipotesi di giudizi a decisione monocratica, il giudice di primo grado, assumendo una decisione che, definendo la lite in base ad una questione pregiudiziale, ha natura di sentenza impugnabile solo con l'appello, abbia pronunziato l'estinzione senza il previo svolgimento dell'udienza di precisazione delle conclusioni, ma non anche se l'estinzione sia stata deliberata dopo che la causa, precisate le conclusioni, sia stata trattenuta in decisione ex art.189 c.p.c., nel qual caso il giudice di appello, ove riformi la pronuncia, deve trattenere la causa e deciderla nel merito.

Bibliografia

Bianchi D'Espinosa - Baldi, Estinzione del processo, in Enc. dir., XV, Milano, 1966, 916; Calvosa, Estinzione del processo civile, in Nss. D.I., VI, Torino 1960, VI, 980; Cavallone, Forma ed efficacia dei provvedimenti sulla estinzione del processo civile do cognizione, in Riv. dir. proc. 1965, 273; Cipriani, La declaratoria di estinzione per inattività delle parti del processo di cognizione di primo grado, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1966, 122; Giussani, Le dichiarazioni di rinuncia nel giudizio di cognizione, Milano, 1999; Marengo, Oggetto ed effetti delle pronunce sulla giurisdizione, in Riv. dir. proc. 1999, 265; Martinetto, Sulla declaratoria di estinzione del processo civile (forme e gravami), in Riv. dir. proc. 1965, 625; Massari, Rinunzia agli atti del giudizio, in Nss. D.I., XV, Torino 1968, 1156; Micheli, La rinuncia agli atti del giudizio, Padova, 1937; Oriani, Processo di cognizione e interruzione della prescrizione, Napoli, 1977; Panzarola, Cessazione della materia del contendere, in Enc. dir., Agg., VI, Milano, 2002, 224; Ruffini, Dichiarazione di estinzione del processo in un altro processo, in Giur. mer. 1984, 612 ss.; Saletti, La riassunzione del processo civile, Milano, 1981; Saletti, Estinzione del processo, in Enc. giur., XIII, Roma, 1988, 1 ss.; Santagada, La conciliazione delle controversie civili, Bari, 2008; Sassani, Impugnativa dell'atto e disciplina del rapporto, Padova, 1989; Sassani, Cessazione della materia del contendere (diritto processuale civile), in Enc. giur, Roma, 1988, 1 ss:; Satta, L'estinzione del processo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1957, 1005; Vaccarella, Inattività delle parti ed estinzione del processo di cognizione, Napoli, 1975; Vaccarella, Rinuncia agli atti del giudizio, in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 960.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario