Codice di Procedura Civile art. 309 - Mancata comparizione all'udienza 1 2 .

Rosaria Giordano

Mancata comparizione all'udienza 12.

[I]. Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta all'udienza, il giudice provvede a norma del primo comma dell'articolo 181.

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 32 l. 14 luglio 1950, n. 581.

[2] Vedi in tema di patrocinio a spese dello Stato l'art. 128 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Inquadramento

A fronte della diserzione bilaterale di un'udienza nel corso del processo, anche successiva alla prima, il giudice deve fissare una nuova udienza mandando la cancelleria per la comunicazione alle parti costituite e, se anche a tale successiva udienza le parti non compaiano, dovrà dichiarare l'estinzione del giudizio.

Questa disciplina è dettata per il processo ordinario di cognizione e ne è discussa l'operatività con riferimento ad altri riti caratterizzati da maggiore celerità.

Diserzione bilaterale a due udienze successive

La disciplina stabilita dalla previsione in esame, da leggersi in combinato disposto con il comma 1 dell'art. 181, comporta che, a fronte della diserzione bilaterale di un'udienza nel corso del processo, anche successiva alla prima, il giudice debba fissare una nuova udienza mandando la cancelleria per la comunicazione alle parti costituite e, se anche a tale successiva udienza le parti non compaiano, dovrà dichiarare l'estinzione del giudizio.

Prima della riforma realizzata nel 2008, invece, la diserzione bilaterale delle parti a due udienze successive comportava la cancellazione della causa dal ruolo (sicché, soltanto qualora il procedimento non fosse stato riassunto nel termine, all'epoca annuale, ex art. 307, il giudizio si estingueva). Sul punto, la S.C. ha chiarito che nella vigenza della disciplina processuale delle conseguenze della mancata comparizione delle parti prevista negli artt. 181 e 309, anteriormente alla riforma introdotta dall'art. 50 d.l. 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, nella l. 6 agosto 2008 n. 133, il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, anche se illegittimo od invalido, costituisce il “dies a quo” dal quale decorre il termine perentorio annuale per la riassunzione del procedimento, con la conseguenza che, in caso di riassunzione tardiva, il giudice deve dichiarare l'estinzione del procedimento, non potendo sindacare la legittimità del provvedimento di cancellazione (Cass. VI, n. 30432/2011).

Casistica

Lo sciopero dei magistrati o degli avvocati determina un impedimento allo svolgimento dell'udienza, la quale, pertanto, pur quando non sia stata verbalizzata la presenza o meno delle parti, dev'essere differita, quale rinvio d'ufficio, sicchè all'udienza successive la parte comparsa non può invocare la cancellazione della causa dal ruolo che presuppone, invece, la diserzione di un'udienza regolarmente tenuta (Cass. 10715/2016).

La giurisprudenza ha esteso l'operatività del meccanismo descritto, che trova specifica disciplina, invero, nell'ambito delle previsioni sul processo ordinario di cognizione anche a riti differenti che, in astratto, devono ritenersi caratterizzati da maggiore celerità, come avvenuto, ad esempio, dopo un primo orientamento in senso contrario (Cass. n. 2412/1988), per il processo del lavoro (Cass. S.U., n. 5839/1993, in Giust. civ., 1994, I, 271, con nota di Favi; conf. Cass. L, n. 16358/2015).

In particolare, consegue all'affermazione del principio per il quale la disciplina dell'inattività delle parti dettata dal codice di procedura civile, con riguardo sia al giudizio di primo grado che a quello di appello, si applica anche alle controversie individuali di lavoro regolate dalla l. n. 533/1973, non ostandovi la specialità del rito da questa introdotto, né i principi cui essa si ispira, che, ai sensi dell'art. 348, comma 1, anche in tali controversie, la mancata comparizione dell'appellante all'udienza di cui all'art. 437 non consente la decisione della causa nel merito, ma impone la fissazione di nuova udienza, da comunicare nei modi previsti, nella quale il ripetersi di tale difetto di comparizione comporta la dichiarazione di improcedibilità dell'appello (Cass. L, n. 5238/2011).

Qualora il giudice, nell'ambito di un giudizio di opposizione a sanzione amministrativa disciplinato dall'art. 23 l. n. 689/1981, provveda, in un'udienza successiva alla prima in cui non sia comparsa alcuna parte, alla decisione della causa con lettura del dispositivo della sentenza, anziché applicare il disposto dell'art. 309, tale pronuncia è affetta da nullità non sanabile attraverso lo strumento del ricorso per cassazione, bensì solo tramite la proposizione di un mezzo di impugnazione devolutivo, come l'appello (Cass. II, n. 4378/2009).

Diversamente si è ritenuto, in sede di merito, che la mancata comparizione delle parti all'udienza fissata per la trattazione del ricorso cautelare giustifica il rigetto della relativa istanza, senza che sia applicabile il meccanismo di cui agli artt. 181 e 309, posto che la stessa inerzia manifestata dalla parte è di per sì oggettivamente indicativa dell'assenza di un persistente interesse all'ottenimento della tutela richiesta ovvero del venir meno dell'urgenza della sua anticipazione in via cautelare (Trib. Messina 12 luglio 2005, in Giur. mer., 2006, n. 2, 311).

È stato inoltre affermato, sempre in sede applicativa, che nella fase c.d. precontenziosa del procedimento di insinuazione tardiva al passivo del fallimento non può trovare applicazione l'art. 309 in quanto si tratta di disposizione che riguarda esclusivamente il giudizio ordinario di cognizione; qualora, dunque, il creditore non compaia alla prima udienza, il giudice delegato non dovrà rinviare ad altra udienza bensì dichiarare l'estinzione del procedimento” (Trib. Civitavecchia fall., 18 novembre 2005).

Il procedimento di opposizione allo stato passivo, espressamente regolato dall'art. 99 l. fall. (per la nuova disciplina v. art. 207, d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), non prevede che il ricorso sia dichiarato improcedibile nell'ipotesi in cui la parte opponente non sia comparsa ad una delle udienze fissate, ivi compresa la prima, nella quale va solo verificato che il ricorso sia stato notificato nei termini assegnati (Cass. VI, n. 11813/2014).

L'operatività del meccanismo delineato dagli artt. 181 e 309 è esclusa, per ragioni pressoché speculari nei procedimenti ad impulso d'ufficio che, invero, proseguono anche in mancanza di iniziative delle parti. In tale direzione ad es. si è affermato che nel procedimento per la dichiarazione di interdizione per infermità di mente — avente natura di procedimento di giurisdizione volontaria, anche se in ordine ad esso trovano applicazione talune forme del processo contenzioso — non sono ammissibili né la rinuncia agli atti del giudizio, né la rinuncia all'istanza; parimenti, non è ammissibile la cancellazione dal ruolo (con conseguente estinzione) ex art. 181 e 309, dato il potere di pronunciare sulla domanda di interdizione anche ex officio (Trib. Reggio Emilia 21 marzo 2006).

Si è ritenuto, altresì, che la mancata comparizione di entrambe le parti all'udienza determina l'estinzione immediata del procedimento sommario di cognizione (Trib. Verona 14 febbraio 2012, Foro it., 2012, n. 12, 3537).

In tema di opposizione al provvedimento di liquidazione del compenso al difensore, ai sensi dell'art. 170 d.P.R. n. 115/2002, nel caso di mancata comparizione dell'opponente, il giudice non può dichiarare l'improcedibilità del ricorso, ma deve disporre ai sensi degli artt. 181 e 309, giacché, trattandosi di procedimento camerale, disciplinato in base all'art. 29 l. n. 794/1942 (cui rinvia il citato art. 170), il mero deposito del ricorso è idoneo ad attivare il giudizio e ad investire il giudice adito del potere-dovere di decidere, senza necessità di ulteriori atti di impulso processuale (Cass. II, n. 28420/2013).

Bibliografia

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