Codice di Procedura Civile art. 328 - Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte defunta 1 .Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte defunta 1. [I]. Se, durante la decorrenza del termine di cui all'articolo 325, sopravviene alcuno degli eventi previsti nell'articolo 299, il termine stesso è interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la notificazione della sentenza è rinnovata [285, 286 1, 330 2]. [II]. Tale rinnovazione può essere fatta agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell'ultimo domicilio [43 1 c.c.] del defunto [286 1, 303 2, 330 2]. [III]. Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza [133] si verifica alcuno degli eventi previsti nell'articolo 299, il termine di cui all'articolo precedente è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell'evento.
[1] La Corte cost., con sentenza 3 marzo 1986, n. 41, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede tra i motivi di interruzione del termine di cui all'art. 325 c.p.c., la morte, la radiazione e la sospensione dall'albo del procuratore costituito, sopravvenute nel corso del termine stesso. InquadramentoLa disposizione in commento esamina le ricadute del verificarsi degli eventi interruttivi previsti dall'art. 299 (morte della persona fisica; estinzione o perdita della capacità della parte; morte, radiazione o sospensione dall'albo del difensore) sul corso dei termini (sia di quello breve ex art. 325 che di quello lungo ex art. 327) stabiliti per le impugnazioni. Con tale norma il legislatore interrompe il termine breve o sospende il termine lungo in favore della parte soccombente che intenda proporre impugnazione in via principale, senza prendere posizione sulla posizione del vincitore, destinatario dell'impugnazione da altri proposta. Nondimeno, la norma è stata riguardata, come subito si dirà, anche da tale angolo visuale. Il destinatario dell'impugnazione nel caso di eventi interruttivi non dichiarati occorsi in primo gradoLa disposizione in commento ha prodotto nel corso del tempo significative ricadute sulla questione dell'individuazione del destinatario dell'impugnazione nel caso di eventi interruttivi verificatisi in primo grado e non dichiarati. Occorre in proposito rammentare che, quantunque una delle parti in giudizio rimanga colpita da un evento interruttivo, il mandato ricevuto dal difensore attraverso la stipulazione del contratto di patrocinio, e di qui la procura alle liti, continua entro certi limiti a produrre effetti giuridici. La giurisprudenza discorre in proposito di ultrattività, la quale si fonda sull'impossibilità di applicare al processo il principio generale dettato dall'art. 1722, n. 4, c.c., in ordine all'automatica estinzione del mandato per morte o perdita di capacità del mandante: in altri termini, poiché tali eventi, ove colpiscano la parte costituita, non determinano ipso iure l'interruzione del processo, salvo che non siano dichiarati dal difensore, diviene inevitabile desumerne la titolarità di permanenti poteri processuali in capo al difensore che abbia omesso la dichiarazione. In caso di morte della parte (ovvero di altro evento interruttivo) nel corso del processo senza che il procuratore la dichiari o la notifichi, questi, può dunque proseguire nell'adempimento del proprio mandato, nel senso che la posizione della parte « resta stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, quale persona ancora esistente (o capace) » (Cass. n. 5002/1997). E ciò, sotto il profilo della ratio, si giustifica con la tutela delle ragioni dei successori, i quali rimarrebbero altrimenti privi di difesa Mentre è pacifico che il difensore conserva intatti i suoi poteri entro l'ambito del grado nel corso del quale l'evento interruttivo ha avuto luogo, si è lungamente dibattuto se, verificatosi l'evento interruttivo nel corso del primo grado, tali poteri si proiettino ulteriormente in futuro e, in particolare, se il difensore della parte deceduta, in forza del principio di ultrattività del mandato, possa tanto proporre quanto ricevere l'impugnazione in nome di essa. La questione riveste così un rilievo capitale non soltanto nei riguardi della parte nei cui confronti si sia verificato l'evento interruttivo durante lo svolgimento del primo grado del giudizio, ma anche nei confronti della controparte: difatti, mentre da un lato sorge il dubbio se l'impugnazione possa essere proposta anche dalla parte deceduta, a mezzo del difensore, ovvero solo dal successore, dietro rilascio di una nuova procura, dall'altro lato si pone la speculare questione se l'impugnazione debba essere proposta nei confronti del defunto ovvero della parte succedutagli. Sul tema la S.C. ha espresso posizioni diverse. Secondo un primo indirizzo, proveniente dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 1228/1984) nel caso in cui il procuratore non dichiari o non notifichi l'evento che ha colpito la parte da lui rappresentata, la posizione giuridica di questa resta stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, quale persona ancora esistente od ancora capace, con correlativa ultrattività del mandato alla lite, pure nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto processuale mediante proposizione di impugnazione, fino a quando, nel procedimento di impugnazione, non si costituisca l'erede del defunto, od il rappresentante della parte divenuta incapace, ovvero il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura valida anche per gli ulteriori gradi, dichiari in udienza o notifichi alle altre parti il verificarsi di quegli eventi. Dunque, secondo questa impostazione, l'impugnazione può essere proposta dalla parte colpita dall'evento interruttivo mediante il suo procuratore, ma può essere proposta anche dal successore, previo rilascio di una nuova procura. La controparte può impugnare solo nei confronti della parte colpita dall'evento interruttivo, presso il suo difensore. Le stesse Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 11394/1996) hanno successivamente capovolto il proprio orientamento traendo argomento, oltre che dall'esegesi della disposizione in commento, dal principio secondo cui le parti, una volta definito un grado di giudizio, tornano nella situazione in cui si trovava l'attore nel momento di intraprendere l'azione. Seguendo questa soluzione « certamente inaccettabile è la tesi che vuol comunque ed in generale condizionare il dovere di indirizzare l'impugnazione contro i “soggetti reali” al fatto che l'impugnante abbia avuto notizia dell'evento morte o perdita della capacità, senza che l'impugnazione stessa, per una sorta di perpetuatio del precedente soggetto e dunque, ancora una volta, per effetto di una fictio, sarebbe validamente instaurata nei confronti della parte defunta o divenuta incapace ». Tale ipotesi, nel ragionamento della S.C., si rivelerebbe «incompatibile con la logica stessa della costruzione normativa, quale risulta dalla complessiva disciplina dell'art. 328, fondata com'essa è sull'obbiettiva esigenza che il processo di impugnazione si instauri fra i soggetti reali; e renderebbe incomprensibili le stesse garanzie che l'art. 328 appresta contro l'eventualità che l'impugnante, ignorando l'evento, spenda in direzione soggettivamente sbagliata il suo potere impugnatorio». Vi è stato poi un nuovo intervento delle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 15783/2005), che hanno ribadito la ricostruzione risalente alla pronuncia del 1996, ma hanno attribuito rilevanza alla mancata conoscenza incolpevole dell'evento. Permanendo contrasti sull'argomento, non è mancato un ulteriore intervento del Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 26279/2009) secondo cui l'atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa, deve essere rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dalla eventuale ignoranza dell'evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente; ove l'impugnazione sia proposta invece nei confronti del defunto, non può trovare applicazione la disciplina di cui all'art. 291. Ha in breve osservato la S.C. che nessuna previsione del codice di rito consente l'estensione dell'ultrattività del mandato oltre il grado di giudizio in cui l'evento si è verificato. Relativamente alla morte della parte avvenuta durante la decorrenza dei termini per impugnare soccorrono gli artt. 328 e 330, i quali presuppongono che l'atto di impugnazione debba essere in ogni caso indirizzato agli eredi, indipendentemente dal momento in cui la parte sia deceduta. Ciò in consonanza, altresì, al principio del contraddittorio consacrato dall'art. 111 Cost. e richiamato dall'art. 101, che porta con sé il concetto di « giusta parte », quale non può essere considerata la persona deceduta. In ogni caso, il soccombente ignaro dell'evento ha a disposizione il tempo necessario per verificare l'eventuale decesso della controparte, che è evento non mai imprevedibile. La soluzione è stata infine totalmente capovolta, con un ritorno pressoché integrale alla soluzione condivisa all'origine. Secondo l'ultimo arresto delle Sezioni Unite, la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285, è idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione — ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale — in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell'ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell'impugnazione presso di lui, ai sensi dell'art. 330, comma 1, senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall'art. 299 da parte del notificante (Cass. S.U., n. 15295/2014). La norma e i suoi effettiLa norma in esame considera il caso che taluno degli eventi interruttivi del processo previsti dall'art. 299 (al cui commento si rinvia) intervenga durante il decorso dei termini di impugnazione. Ove uno di tali eventi abbia luogo durante la decorrenza del termine breve (v. subart. 325), la norma stabilisce che il termine rimanga interrotto e che riprenda a decorrere dal giorno in cui la notificazione della sentenza venga rinnovata nei confronti di coloro ai quali competa stare in giudizio. Ai sensi del comma 2, la rinnovazione della notifica nei confronti degli eredi può essere eseguita collettivamente ed impersonalmente, nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto (il riferimento è al domicilio reale, non a quello eletto (Cass. n. 3480/1989). Viceversa, il termine lungo (v. subart. 327) per impugnare può essere prorogato ai sensi dell'art. 328, u.c., ove si distingue a seconda che gli eventi contemplati dall'art. 299 si siano verificati prima o dopo i sei mesi dalla pubblicazione della sentenza: nel primo caso, non si produce alcun effetto ed il termine di decadenza continua a rimanere quello ordinario (un anno per i giudizi promossi prima del 4 luglio 2009; sei mesi per quelli promossi successivamente a tale data); nel secondo caso, invece, a favore indistintamente di tutte le parti (pertanto, anche a favore di parte diversa da quella colpita dall'evento) si produce un prolungamento di sei mesi, decorrente dal giorno dell'evento. Poiché, però, la disposizione dell'art. 328, ultimo comma, non è stata coordinata con la modifica apportata alla durata (riduzione da un anno a sei mesi) del termine lungo dalla l. n. 69/2009, la stessa sembra essere divenuta praticamente inoperante per il secondo dei casi descritti, salva salvo non ricorre all'applicazione, nel semestre, del periodo di sospensione feriale dei termini. Sembra insomma che l'ultimo comma della norma sia stato implicitamente abrogato, in parte qua e per sopravvenuta incompatibilità exart. 15 disp. prel.. La Cassazione ha tuttavia stabilito che nei processi soggetti alla riduzione a sei mesi del termine ex art. 327, come riformulato ad opera della l. n. 69 del 2009, l'art. 328, comma 3, c.p.c. va interpretato nel senso che, ove dopo il decorso della metà del termine di cui al cit. art. 327 c.p.c. si verifichi uno degli accadimenti previsti dall'art. 299 c.p.c., il termine lungo di impugnazione è prorogato, per tutte le parti, di tre mesi dal giorno di tale evento (Cass. n. 20529/2019). La S.C. si è anche di recente pronunciata sul caso della morte della parte sopraggiunta nelle more della cassazione con rinvio. Nell'ipotesi di morte della parte sopraggiunta prima della notificazione ad essa dell'atto di riassunzione dinanzi al giudice di rinvio, trova applicazione il disposto di cui all'art. 328, comma 3, c.p.c., a mente del quale ove, decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, si sia verificato taluno degli eventi previsti dall'art. 299 c.p.c., il termine per l'impugnazione è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell'evento; non trova invece applicazione il meccanismo dell'interruzione del processo, di cui all'art. 299 c.p.c., presupponendo tale norma una situazione di vera e propria pendenza del giudizio, caratterizzata dalla notifica dell'atto introduttivo, e non apparendo conforme al principio della ragionevole durata del processo un arresto del procedimento che si attui poco dopo la pronuncia della sentenza di cassazione, quando la parte dispone ancora di un ampio lasso di tempo per riassumere il giudizio (Cass. n. 1469/2021). A seguito dell'intervento della Consulta (Corte cost. n. 41/1986), la morte, la radiazione e la sospensione dall'albo del procuratore costituito intervenute durante il decorso del termine breve per impugnare costituiscono eventi interruttivi rilevanti per i fini dell'applicazione della disposizione. Dall'ambito di tali eventi continuano a rimanere estranee la cancellazione volontaria del procuratore dall'albo (Cass. n. 7841/1986) e la sopravvenuta sua incapacità naturale, non essendo tale ultima condizione assimilabile a quella di incapacità legale (Cass. n. 2650/1994). Il disposto dell'art. 328 non è operativo nel caso in cui la parte sia costituita in giudizio a mezzo di più procuratori autorizzati a difenderla disgiuntamente e l'evento interruttivo venga a colpire uno soltanto di essi (Cass. n. 2577/2003). Si è recentemente chiarito che, nel caso in cui, in sede di notificazione dell'atto di integrazione del contraddittorio nei confronti del contumace, la parte venga a conoscenza della sua morte o della sua perdita della capacità, il termine assegnatole dal giudice ai sensi dell'art. 331 è automaticamente interrotto e, in applicazione analogica dell'art. 328, comincia a decorrere un nuovo termine, di durata pari a quella iniziale, indipendentemente dal momento in cui l'evento interruttivo si è verificato. È,tuttavia, onere della parte notificante riattivare con immediatezza il processo notificatorio, senza necessità di apposita istanza al giudice ad quem. Solo nel caso in cui, per ragioni eccezionali, di cui la stessa parte deve fornire la prova, tale termine risulti insufficiente ad individuare le persone legittimate a proseguire il giudizio, è consentito chiedere al giudice la rimessione in termini ai sensi dell'art. 153, comma 2 (Cass. S.U., n. 14266/2019). Eventi interruttivi e societàOccorre rinviare al commento agli artt. 299 ss., aggiungendo qui che il principio di ultrattività del mandato alla lite - in forza del quale il difensore continua a rappresentare la parte come se l'evento interruttivo non si fosse verificato - è applicabile anche in caso di estinzione di un ente in una fase di quiescenza del processo, quando non è possibile la declaratoria ex art. 300, comma 1, c.p.c.; pertanto, finché il procuratore del soggetto estinto non notifica l'evento alla controparte, quest'ultima può legittimamente notificare il ricorso per cassazione presso il difensore (Cass. n. 8754/2024). BibliografiaAttardi, Note sull'effetto devolutivo dell'appello, in Giur. it. 1961, IV, 153; Besso, Principio di prevalenza della sostanza sulla forma e requisiti formali del provvedimento: un importante revirement della Corte di Cassazione, nota a Cass. 24. 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