Codice di Procedura Civile art. 348 - Improcedibilità dell'appello 1

Mauro Di Marzio

Improcedibilità dell'appello1

[I]. L'appello è dichiarato improcedibile, anche d'ufficio, se l'appellante non si costituisce in termini.

[II]. Se l'appellante non compare alla prima udienza, benché si sia anteriormente costituito, il giudice, con ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all'appellante. Se anche alla nuova udienza l'appellante non compare, l'appello è dichiarato improcedibile anche d'ufficio2.

[III]. L'improcedibilità dell'appello è dichiarata con sentenza. Davanti alla corte di appello l'istruttore, se nominato, provvede con ordinanza reclamabile nelle forme e nei termini previsti dal terzo, quarto e quinto comma dell'articolo 178, e il collegio procede ai sensi dell'articolo 308, secondo comma3.

 

[1] Articolo dapprima sostituito dall'art. 37 l. 14 luglio 1950, n. 581 e poi così sostituito dall'art. 54 l. 26 novembre 1990, n. 353. Si riporta il testo anteriore alla suddetta sostituzione: «[I]. Se l'appellante non si è costituito fino alla prima udienza davanti all'istruttore, o nella medesima non comparisce, benché si sia anteriormente costituito, l'istruttore, con ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all'appellante. Se anche alla nuova udienza l'appellante non comparisce, l'appello è dichiarato improcedibile, anche d'ufficio. [II]. L'appello è parimenti dichiarato improcedibile se l'appellante, dopo essersi costituito, non presenta il proprio fascicolo nella prima udienza, salvo che l'istruttore, con ordinanza non impugnabile, gli conceda, per giustificati motivi, una dilazione, rinviando l'udienza».

[2] Comma modificato dall'art. 3, comma  4, lett. e),  del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 che ha sostituito le parole «il giudice» alle parole: «il collegio». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

[3] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 26,  lett. c), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.- 4. Le norme dei capi I e II del titolo III del libro secondo e quelle degli articoli 283, 434, 436-bis, 437 e 438 del codice di procedura civile, come modificati dal presente decreto, si applicano alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023".

Inquadramento

Nella fase introduttiva del giudizio di appello possono presentarsi tre diverse fattispecie di invalidità: la nullità, l'inammissibilità e la improcedibilità (Chiarloni, 1993, 9; Luiso, 1987, 377; Sassani, 1999, 162):

i) la nullità è vizio dell'atto di citazione in appello, derivante, ai sensi dell'art. 164, commi 1 e 4, dalla mancanza di alcuni requisiti richiesti dall'art. 163, di cui si è già trattato nel commento all'art. 342;

ii) l'inammissibilità discende dalla mancanza di una pluralità di eterogenei requisiti richiesti dalla legge, che vanno, tra l'altro, dalla tempestività dell'impugnazione (artt. 325 e 327), alla specificità dei motivi di appello (art. 342), alla non manifesta infondatezza dell'impugnazione (art. 348-bis);

iii) l'improcedibilità è determinata dall'omissione di talune attività, configurate quali atti di impulso ed identificate dalla norma in commento, da compiersi, ad iniziativa dell'appellante, successivamente alla proposizione dell'atto d'appello.

La mancanza delle attività menzionate dall'art. 348 — costituzione dell'attore e comparizione alla prima udienza — è disciplinata anche con riguardo al giudizio di primo grado, ma riceve un trattamento ben più blando: per un verso, infatti, l'attore il quale non si sia costituito in termini può, in caso di costituzione del convenuto, costituirsi fino alla prima udienza (art. 171, comma 2) ed anche successivamente ad essa, nei limiti in cui è consentita la costituzione del contumace; per altro verso, l'estinzione del processo è determinata dalla diserzione della prima udienza e di quella successiva fissata dal giudice da parte non del solo attore, ma anche del convenuto, mentre, se il convenuto compare può chiedere che si proceda in assenza dell'attore (art. 181). Si ritiene che tale maggior severità sia volta a limitare l'impiego dei mezzi di impugnazione e, di qui, a favorire il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Tuttavia, non può non sottolinearsi che l'attuale formulazione dell'art. 348 mostra altresì un evidente tratto antiformalistico, rappresentato dalla soppressione della previsione di improcedibilità per il mancato deposito del fascicolo dell'appellante e della copia della sentenza impugnata.

Resta da dire che la novella del 2022 (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) ha aggiunto alla disposizione un comme, secondo cui: «L'improcedibilità dell'appello è dichiarata con sentenza. Davanti alla Corte di appello l'istruttore, se nominato, provvede con ordinanza reclamabile nelle forme e nei termini previsti dal terzo, quarto e quinto comma dell'art. 178, e il collegio procede ai sensi dell'art. 308, secondo comma». Sui tratta di una inutile previsione correlata all'altrettanto insensata rivitalizzazione del consigliere istruttore in un giudizio, quello d'appello, in cui normalmente non c'è nulla da istruire, dati i vincoli posti dall'art. 345, il tutto con la complicazione dell'improcedibilità pronunciata dall'istruttore e con l'ulteriore appesantimento della fase di reclamo.

Dopodiché il correttivo (d.lgs. n. 164/2024), nel secondo comma, in conseguenza di detta novella, ha sostituito le parole «il collegio» con quelle «il giudice».

Improcedibilità

Secondo un'opinione (Luiso, 1987, 378), talora condivisa dalla giurisprudenza (Cass. n. 6912/2012; Cass. n. 10404/2003), le ipotesi di improcedibilità, in tale prospettiva, sono tassativamente individuate dalla disposizione in esame, che non è suscettibile di interpretazione analogica. L'improcedibilità va rilevata e dichiarata d'ufficio: e, qualora non vi abbia provveduto il giudice d'appello, va rilevata d'ufficio in sede di legittimità, salvo non si sia formato sul punto il giudicato interno.

L'effetto della dichiarazione di improcedibilità è il passaggio in giudicato della sentenza impugnata e, dunque, la perdita del potere di impugnare, sicché l'appello non può più essere riproposto, ai sensi dell'art. 358, anche se non è ancora decorso il termine fissato dalla legge.

Quanto alla sorte dell'appello incidentale, non v'è dubbio che esso, se tempestivo, non è toccato dall'improcedibilità di quello principale (Sassani, 1999, 183), sempre che l'appellato abbia ove necessario provveduto all'iscrizione della causa a ruolo. In tal caso l'appello incidentale perde tale carattere e si trasforma in appello principale: il che — secondo un'opinione dottrinale — consentirebbe all'ex appellante principale di spiegare appello incidentale, anche tardivo, a fronte del contrapposto appello incidentale trasformatosi in appello principale (Verde, 1996, 265; contra Sassani 1999, 182).

Analogo responso parrebbe emergere da Cass. n. 2250/1997.

La dottrina ritiene inoltre che, in caso di appello incidentale tardivo, l'improcedibilità dell'appello principale non faccia scattare l'applicazione dell'art. 334, dal momento che tale disposizione comporta l'inefficacia dell'appello incidentale tardivo soltanto se quello incidentale è (non improcedibile, ma soltanto) inammissibile (Grasso 1973, 121).

Mancata costituzione dell'appellante

Secondo il testo vigente della norma in commento l'appello è dichiarato improcedibile se l'appellante non si costituisce in termini.

La disposizione si riferisce all'appellante principale. Non è invece configurabile l'improcedibilità dell'appello incidentale per mancata costituzione dell'appellato, dal momento che l'appello incidentale deve a pena di inammissibilità essere proposto in sede di costituzione con comparsa tempestivamente depositata.

Si è già visto, nel commento all'art. 347, che l'improcedibilità è conseguenza automatica ed immediata della mancata costituzione dell'appellante, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata: ne discende che l'appellante non può, al fine di evitare l'improcedibilità, costituirsi sino alla prima udienza, analogamente a quanto prevede l'art. 171 per il primo grado del giudizio: nulla rileva, cioè, al fine di escludere l'improcedibilità, l'avvenuta costituzione dell'appellato. Anzi, la dichiarazione di improcedibilità per mancata costituzione dell'appellante richiede che l'appellato si sia costituito iscrivendo la causa ruolo, in modo da sottoporre il processo all'esame del giudice. La costituzione dell'appellato, in caso di mancata tempestiva costituzione dell'appellante, ha in altri termini il solo scopo di far dichiarare, anche d'ufficio, l'improcedibilità dell'appello.

Nel giudizio di appello con pluralità di appellati, l'appellante deve costituirsi entro dieci giorni dalla prima notificazione, senza che assumano rilevanza le posizioni sostanziali o processuali di ciascuno dei chiamati, ovvero che si tratti di litisconsorti necessari, di soggetti che abbiano una posizione sostanziale o processuale coincidente con quella dell'appellante, ovvero di parti del giudizio di primo grado rispetto alle quali la causa può ritenersi scindibile; ne consegue che, in base al combinato disposto degli artt. 165, 347 e 348, l'appellante, una volta che abbia scelto di indirizzare l'atto di appello nei confronti di più soggetti, non può distinguere tra i destinatari dell'atto per far decorrere il termine di costituzione dalla notificazione nei confronti dell'appellato contro il quale abbia rivolto i motivi di appello (Cass. n. 6963/2019).

 

In caso di notificazione dell'appello a mezzo PEC e di costituzione della parte appellante in modalità analogica, l'omesso deposito degli originali o duplicati telematici dell'atto d'impugnazione e della relativa notificazione non determina l'improcedibilità dell'appello, atteso che il destinatario della notifica telematica, venuto in possesso dell'originale dell'atto, è in grado di effettuare direttamente la verifica di conformità, dovendosi privilegiare il principio di "strumentalità delle forme" processuali senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all'effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito (Cass. n. 6583/2024, che ha affermato l'insussistenza dei presupposti la declaratoria di improcedibilità dell'appello avendo l'appellante, all'atto della sua costituzione in modalità analogica, depositato le copie analogiche dell'atto di appello con le relate di notifica unitamente all'attestazione della conformità di tali copie agli originali informatici, e la parte appellata espressamente dato atto, nella sua comparsa di costituzione, che l'atto di citazione in appello era stato notificato al suo difensore).

Mancata comparizione dell'appellante

Se l'appellante si costituisce in termini ma non compare alla prima udienza, il giudice, indipendentemente dalla circostanza che l'appellato si sia a propria volta costituito e sia comparso, rinvia la causa ad altra udienza della quale il cancelliere dà comunicazione all'appellante: se l'appellante non compare neanche all'udienza di rinvio l'appello è dichiarato improcedibile.

Viceversa, la mancata comparizione di entrambe le parti ad un'udienza successiva alla prima comporta, per il tramite dell'art. 359, l'applicazione dell'art. 309: dunque la fissazione da parte del giudice di un'udienza successiva di cui il cancelliere deve dare comunicazione alle parti, con successiva cancellazione della causa dal ruolo se nessuna delle parti compare all'udienza di rinvio.

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