Codice di Procedura Civile art. 354 - Rimessione al primo giudice 1Rimessione al primo giudice1 [I]. Il giudice d'appello, se dichiara la nullità della notificazione dell'atto introduttivo, riconosce che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio o non doveva essere estromessa una parte, oppure dichiara la nullità della sentenza di primo grado a norma dell'articolo 161 secondo comma, pronuncia sentenza con cui rimette la causa al primo giudice. [II]. Nei casi di rimessione al primo giudice, le parti devono riassumere il processo nel termine perentorio di tre mesi dalla notificazione della sentenza. Se contro la sentenza d'appello è proposto ricorso per cassazione, il termine è interrotto. [III]. Se il giudice d'appello riconosce sussistente la giurisdizione negata dal primo giudice o dichiara la nullità di altri atti compiuti in primo grado, ammette le parti a compiere le attività che sarebbero precluse e ordina, in quanto possibile, la rinnovazione degli atti a norma dell'articolo 356.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 6 d.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857 e successivamente dall'art. 3, comma 26, lett. n), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.- 4. Le norme dei capi I e II del titolo III del libro secondo e quelle degli articoli 283, 434, 436-bis, 437 e 438 del codice di procedura civile, come modificati dal presente decreto, si applicano alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023". Si riporta il testo anteriore alla suddetta sostituzione:« Rimessione al primo giudice per altri motivi [I]. Fuori dei casi previsti nell'articolo precedente, il giudice d'appello non può rimettere la causa al primo giudice, tranne che dichiari nulla la notificazione della citazione introduttiva [160, 2911], oppure riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio [1022] o non doveva essere estromessa una parte [108, 109, 1113], ovvero dichiari la nullità della sentenza di primo grado a norma dell'articolo 161, secondo comma. [II]. Il giudice d'appello rimette la causa al primo giudice anche nel caso di riforma della sentenza che ha pronunciato sull'estinzione del processo a norma e nelle forme dell'articolo 308 [130 att.]. [III]. Nei casi di rimessione al primo giudice previsti nei commi precedenti, si applicano le disposizioni dell'articolo 353. [IV]. Se il giudice d'appello dichiara la nullità di altri atti compiuti in primo grado [156 ss.], ne ordina, in quanto possibile, la rinnovazione a norma dell'articolo 356 [162].». InquadramentoLa disposizione in commento è frutto di un accorpamento con la previsione dell'art. 353, che è stato perciò abrogato: e cioè, la disciplina della rimessione al primo giudice, prima articolata in due norme, è stata ricompresa nel solo art. 354, con esclusione del rinvio sia in caso di riforma della sentenza che ha pronunciato sull'estinzione del processo a norma e nelle forme dell'art. 308, sia in caso di affermazione della giurisdizione negata in primo grado. La disposizione come la precedente, e l'abrogato art. 353 c.p.c., deve ritenersi di stretta interpretazione: vige cioè il principio della tassatività dei casi di rimessione al primo giudice, i quali costituiscono eccezione alla regola dettata dall'art. 161, secondo cui le nullità della sentenza si convertono in motivi di impugnazione. In applicazione del principio di tassatività delle ipotesi di rimessione al primo giudice, la giurisprudenza ha elencato un ampio numero di fattispecie nelle quali la rimessione è esclusa. Non rientra tra le cause di rimessione al primo giudice la nullità non sanata dell'atto di citazione (Cass. n. 18571/2004; Cass. n. 91/2007; Cass. n. 11317/2009); la citazione di un minore, dovendo il giudice d'appello decidere nel merito (Cass. S.U., n. 9217/2010); il riconoscimento della legittimazione passiva negata in primo grado (Cass. n. 5456/2003); la nullità dell'atto introduttivo per l'assegnazione di un termine a comparire inferiore a quello legale (Cass. n. 6879/1989; Cass. S.U., n. 122/2001; Cass. n. 16680/2004; Cass. n. 22914/2010; Cass. n. 9306/2012; Cass. n. 12156/2016); la nullità della citazione per erronea indicazione dell'udienza di comparizione (Cass. n. 8604/2005; Cass. n. 11292/2005); l'erronea dichiarazione della contumacia di una parte (Cass. n. 12052/1999; Cass. n. 7449/2001; Cass. n. 13763/2002); la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (Cass. n. 13892/2005; Cass. n. 4488/2009); la decisione su domande nuove non notificate al contumace (Cass. n. 2918/2001; Cass. n. 7057/2002; Cass. n. 5907/2006); la mancata dichiarazione di interruzione del processo (Cass. n. 4412/2001; Cass. n. 5896/2005; Cass. S.U., n. 12644/2008; Cass. n. 704/2010; Cass. n. 3712/2012); la violazione del dovere di indicare alle parti le questioni rilevabili d'ufficio (Cass. n. 8993/2003); la riassunzione del giudizio di primo grado affetta da nullità (Cass. n. 154/1998); la soluzione della questione preliminare di giudicato in difformità da quanto ritenuto con la sentenza impugnata (Cass. n. 1267/1999); la mancata comunicazione del rinvio d'ufficio dell'udienza (Cass. n. 1073/2009); la mancata comunicazione dell'ordinanza istruttoria (Cass. n. 10666/2002); la mancata comunicazione dell'ordinanza che dispone la rinnovazione della consulenza tecnica (Cass. n. 14735/2001); il vizio di costituzione del giudice (Cass. n. 236/2010); la deliberazione della sentenza prima della scadenza dei termini per il deposito di conclusionali e repliche (Cass. n. 11949/2003; Cass. n. 5590/2011); l'omissione della lettura del dispositivo (Cass. n. 15371/2003; Cass. n. 13165/2009); il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo (Cass. n. 6119/2002); la deliberazione della sentenza in violazione del riparto tra giudice monocratico e collegiale (Cass. n. 12174/2005; Cass. n. 1476/2007); la deliberazione della sentenza con la partecipazione di un giudice autorizzato ad astenersi (Cass. n. 4403/1998); il vizio di omessa pronuncia (Cass. n. 13426/2004; Cass. n. 13705/2007); l'erronea pronuncia di estromissione dal giudizio (Cass. n. 13766/2004); nell'opposizione tardiva a convalida, il rilievo dell'ammissibilità dell'appello esclusa dalla sentenza impugnata (Cass. n. 6517/2004; Cass. n. 1222/2006); nel procedimento possessorio, la decisione della lite all'esito della prima fase sommaria (Cass. n. 9675/2000); nel giudizio per la dichiarazione di paternità naturale, il mancato deposito degli atti dell'inchiesta segreta (Cass. n. 1616/2000); nel giudizio per la dichiarazione di paternità naturale, il diniego di consultazione della documentazione prodotta dal ricorrente (Cass. n. 14482/2005); nel giudizio per la dichiarazione di paternità naturale, il mancato scrutinio dell'interesse del minore (Cass. n. 1616/2000); nel giudizio di divisione, la riforma della sentenza di primo grado che ha negato il diritto alla divisione (Cass. n. 1992/2016). La nullità della notificazione e della citazioneLa rimessione della causa al primo giudice in caso di nullità della notificazione della citazione introduttiva del giudizio di primo grado — non sanata in quella sede — si giustifica per il fatto che in tale frangente difetta del tutto lo svolgimento di un valido processo. In giurisprudenza si osserva che il giudice d'appello non deve disporre la rimessione in cui, invece della nullità, rilevi l'inesistenza della notificazione (Cass. n. 259/1999; Cass. n. 8608/2006; Cass. n. 19358/2007). Né la disposizione si applica, come si è visto, in caso di nullità non della notificazione, ma della citazione in primo grado, cui l'art. 354 non si riferisce. Prima della riforma del 1990, la dottrina riteneva che, nell'ipotesi di nullità dell'atto di citazione in primo grado, il giudice d'appello dovesse chiudere il giudizio con una pronuncia in rito di absolutio ab instantia, tale quindi da travolgere l'intero processo (Vellani, 1958, 739). Dopo detta riforma, che ha inciso significativamente sulla disciplina della nullità dell'atto di citazione, prevista dall'art. 164, alcuni hanno mantenuto ferma l'opinione menzionata per il caso delle nullità della citazione attinenti alla vocatio in ius (Cavallini, 494); altri hanno sostenuto la tesi dell'applicazione analogica dell'art. 354, stante la prossimità dei vizi di nullità della notificazione della citazione e di nullità della citazione per difetti della vocatio in ius (Sassani 1990, 198); altri ancora hanno posto l'accento sul principio di tassatività della rimessione e sostenuto che il giudice d'appello, in caso di nullità della citazione, debba decidere nel merito (Olivieri 1999, 427). Quest'ultima soluzione è prevalente in giurisprudenza, sempre che — si trova sovente osservato — almeno una delle parti abbia fatto richiesta della decisione di merito, alla quale il giudice d'appello provvede dopo avere consentito la rinnovazione delle attività impedite dalla nullità. Tale soluzione va coordinata, peraltro, con il fermo orientamento che vuole inammissibile l'appello con il quale, al di fuori dei casi contemplati dall'art. 353-354 — si denuncino vizi meramente processuali della sentenza (v. sub art. 342). La mancata integrazione del contraddittorio e l'estromissioneSe il giudice di appello riconosce che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio, con la chiamata di un litisconsorte necessario, deve riformare la sentenza rimettendo la causa al primo giudice. Il giudice di appello deve parimenti rimettere la causa al primo giudice se riconosce che nel giudizio di primo grado non doveva essere estromessa una parte. Ad esempio, l'azione diretta alla demolizione di un bene comune a più persone, dovendo necessariamente essere proposta nei confronti di tutte, dà vita ad una ipotesi di litisconsorzio necessario, con la conseguenza che, ove, nel giudizio di primo grado, sia mancata l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli interessati non citati a comparire, il giudice di appello è tenuto a rimettere la causa al primo giudice a norma dell'art. 354, per la riassunzione del giudizio nei confronti di costoro (Cass. n. 23564/2019). La rimessione è esclusa quando il litisconsorte necessario pretermesso in primo grado interviene volontariamente in appello ed accetta la causa nello stato in cui si trova, ovvero quando l'atto d'appello è indirizzato anche al litisconsorte pretermesso, il quale accetti la lite (Cass. n. 3301/1996; Cass. n. 18709/2007). La nullità della sentenza di primo gradoLa rimessione al primo giudice ha luogo solo se il giudice di appello dichiara la nullità della sentenza di primo grado perché priva della sottoscrizione del giudice, ai sensi dell'art. 161, comma 2. La mancanza della sottoscrizione dà luogo, infatti, un'ipotesi di inesistenza o, come si trova affermato in giurisprudenza, di nullità insanabile, deducibile anche al di fuori dei limiti e delle regole dei mezzi di impugnazione. La rimessione della causa al primo giudice serve all'intero riesame nel merito della controversia e non solo alla rinnovazione della sentenza. Talora è stata ammessa la rimessione al primo giudice per casi di inesistenza della sentenza diversi dalla mancanza di sottoscrizione ma ad essa equiparabili (Cass. n. 7055/1999; Cass. n. 4468/2003; Cass. n. 3161/2006; Cass. n. 16045/2000). L’affermazione della giurisdizione negata in primo gradoLa norma in esame non prevede più la rimessione al primo giudice quando in appello è riformata la sentenza impugnata ed è riconosciuta sussistente la giurisdizione negata dal giudice di primo grado: e cioè, una volta ritenuta la propria giurisdizione, il giudice di appello decide sul merito, dando se del caso corso alle necessarie attività anche istruttorie. La rinnovazione degli atti nulliSe il giudice di appello rileva una nullità degli atti compiuti in primo grado, al di fuori dei casi espressamente contemplati dalla norma in commento, non deve disporre la rimessione al primo giudice ma ordinarne la rinnovazione nello stesso giudizio di appello, decidendo quindi nel merito. In sede di rinnovazione degli atti nulli, le parti ed il giudice hanno gli stessi poteri che avevano nel giudizio di primo grado: la rinnovazione avviene perciò secondo le regole del giudizio di primo grado, non secondo quelle del giudizio di appello, senza che la rinnovazione possa trovare ostacolo nel divieto di ius novorum in appello (Cass. n. 3061/1996; Cass. n. 1935/2003). La decisione nel merito, peraltro, può aver luogo soltanto nell'ipotesi di domanda in tal senso formulata: ciò in ossequio al principio secondo cui è inammissibile l'appello con cui l'appellante si limita alla mera deduzione di vizi processuali. La riassunzione della causaA seguito della sentenza di rimessione al primo giudice le parti debbono riassumere il processo entro il termine perentorio di tre mesi. La riassunzione va effettuata nei confronti del procuratore costituito (Cass. n. 19467/2005; Cass. n. 2562/2007). Essa non dà luogo ad un nuovo giudizio, ma alla prosecuzione del precedente (Cass. n. 11628/2007), con tutto quanto ne segue in punto di decadenze e preclusioni eventualmente già verificatesi. Il giudice d'appello non può modificare il termine per la riassunzione neppure sull'accordo delle parti (Cass. n. 6372/2003). Sorge, qui, il quesito concernente la decorrenza del termine a quo per la riassunzione nell'ipotesi che la notificazione della sentenza non abbia avuto luogo. Si è in proposito sostenuto: i ) che la riassunzione deve avvenire nel termine «lungo» di cui all'art. 327, applicato analogicamente, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza; ii ) che allo spirare del termine «lungo» ex art. 327 inizia il corso del termine per la riassunzione fissato dalla norma in commento (Chiarloni, 1995, 22); al momento, dunque, la riassunzione potrebbe essere effettuata nel termine complessivo di nove mesi dalla pubblicazione della sentenza; iii ) che la riassunzione è possibile senza limiti di tempo (Saletti, 1983, 379). La giurisprudenza aderisce al primo dei menzionati orientamenti (Cass. n. 8437/1997; Cass. n. 13160/2007; Cass. n. 12298/2011; Cass. n. 6622/2016). La proposizione del ricorso in cassazione interrompe il termine per la riassunzione del processo, ma non impedisce alla parte che lo voglia di riassumerlo. Il termine riprende il suo corso dopo la pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione. In caso di mancato rispetto del termine perentorio per la riassunzione, il processo si estingue ai sensi dell'art. 307. La riassunzione deve essere fatta in conformità alla previsione dell'art. 125 disp. att. mediante la notificazione di una comparsa in riassunzione contenente i requisiti ivi indicati. Si ritiene che la comparsa in riassunzione debba contenere la menzione dell'atto introduttivo del giudizio e del provvedimento che ha disposto la rimessione. La mancanza di tali requisiti determina la nullità dell'atto di riassunzione secondo la disciplina generale dell'art. 156, in caso di inidoneità al raggiungimento dello scopo. Il giudizio di primo grado già riassunto nel momento in cui la sentenza di appello viene impugnata con ricorso per cassazione va sospeso. 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