Codice di Procedura Civile art. 371 bis - Deposito dell'atto di integrazione del contraddittorio 1 .

Loredana Nazzicone
aggiornato da Mauro Di Marzio

Deposito dell'atto di integrazione del contraddittorio1.

[I]. Qualora la Corte abbia ordinato l'integrazione del contraddittorio, assegnando alle parti un termine perentorio per provvedervi [102 2, 331], il ricorso notificato, contenente nell'intestazione le parole « atto di integrazione del contraddittorio », deve essere depositato [nella cancelleria della Corte stessa], a pena di improcedibilità [387] entro venti giorni dalla scadenza del termine assegnato [144-bis att.]2.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 62 l. 26 novembre 1990, n. 353.

[2] Comma modificato dall'art. 3, comma 3, lett. l) d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164,  che ha soppresso le parole «nella cancelleria della Corte stessa»; ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

Inquadramento

La norma mira ad assicurare la corretta instaurazione del contraddittorio ed il rispetto dei termini ragionevoli anche nel giudizio di cassazione.

Essa ha inteso evitare gli svantaggi pratici in passato derivanti dalla possibilità per le parti di depositare fino all'inizio dell'udienza l'atto di integrazione del contraddittorio.

La prescrizione va estesa, oltre che all'ipotesi testualmente prevista di integrazione del contraddittorio, anche il rinnovo della notificazione del ricorso (Cass. n. 9097/2019;Cass. n.1930/2017;Cass. n. 26141/2013; Cass. n. 13094/2012).

Contenuto dell'atto di integrazione

La parte onerata deve provvedervi notificando un vero e proprio ricorso che riproduca il contenuto di quello iniziale (Cass. S.U., n. 6329/2012; Cass. n. 19395/2004).

Termine per il deposito

Il termine perentorio per il deposito è quello di venti giorni dalla scadenza di quello assegnato dalla Corte per la rinnovazione, mentre è irrilevante la costituzione del resistente (Cass. n. 4747/2012; Cass. S.U., n. 26225/2005). Si segnala che la norma fa riferimento al deposito in cancelleria, espunto dall’art. 369 come conseguenza dell’introduzione dell’obbligatorietà del deposito telematico, ma non v’è dubbio che debba trattarsi di deposito telematico.

Peraltro, è stato reputato applicabile l'istituto della rimessione in termini ex art. 153 all'ipotesi di esecuzione dell'ordine di rinnovazione, con omesso deposito del ricorso per causa non imputabile (Cass. n. 98/2011).

Conseguenze della mancata osservanza dell'ordine

Il mancato deposito in cancelleria del ricorso notificato entro venti giorni dalla scadenza del termine assegnato comporta l'inammissibilità, non la improcedibilità del ricorso (Cass. n. 1825/2018; Cass. n. 13094/2012; Cass. n. 4747/2012; Cass. n. 11003/2006), senza che rilevi la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso stesso (Cass. n. 22783/2018; Cass. S.U., n. 6107/2012), in quanto non tanto si tratta del deposito tardivo dell'atto, quanto di quella più radicale dell'inottemperanza all'ordine impartito dalla Corte (Cass. n. 9097/2019).

Notificazione dell'ordinanza al difensore

Con ordinanza interlocutoria Cass. n. 6771/2012, fu rimessa al Primo Presidente la questione se l'ordinanza, con cui la S.C. in assenza dei difensori delle parti costituite disponga la rinnovazione della notificazione del ricorso o l'integrazione del contraddittorio, debba esser comunicata dalla cancelleria.

La risposta era stata affermativa (Cass. S.U., n. 26278/2013), perché l'art. 176, comma 2, secondo cui le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute anche dalle parti che avrebbero dovuto parteciparvi, presuppone un onere di partecipazione (da cui gli artt. 171, 181 e 309), mentre il giudizio di cassazione è dominato dall'impulso d'ufficio (tanto che es. non si applicano le norme in tema di interruzione).

Cause inscindibili ed omessa notificazione a tutte le parti

Le S.U. hanno stabilito che nel caso di cause inscindibili, ove non sia provata la notificazione del ricorso a tutte le controparti, peraltro in ricorso ben individuate, si applica l'art. 331 onde va ordinata l'integrazione del contraddittorio e non può dichiararsi l'impugnazione inammissibile (Cass. S.U., n. 14124/2010; in seguito, es. Cass. n. 20501/2015; Cass. n. 8727/2011).

Si noti che (Cass. n. 891/2016) l’ordine di integrazione del contraddittorio, emesso nei confronti di più persone, litisconsorti necessarie, non può ritenersi ottemperato ove la parte, pur avendo provveduto a depositare tempestivamente gli atti di integrazione con le relate delle notificazioni, eseguite a mezzo posta, abbia omesso di depositare l’avviso di ricevimento relativo anche ad uno solo dei destinatari dell’ordine stesso, con conseguente inammissibilità del ricorso.

Cause scindibili

Diversa la situazione con riguardo al ricorso in presenza di cause scindibili.

In tal caso, qualora il ricorso per cassazione non sia stato notificato ad una delle parti vittoriose nel giudizio di appello, non deve essere ordinata l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 332 c.p.c. se, alla data in cui dovrebbe essere disposta l'integrazione, detta parte sia decaduta dalla facoltà di proporre impugnazione tardiva, per decorso del termine di cui all'art. 327 c.p.c. (Cass. n. 11835/2018; Cass. n. 12942/2003).

Mentre, ove il giudizio si sia svolto con pluralità di parti in causa scindibile ed il ricorso per cassazione venga proposto solo nei confronti di alcune, la sentenza passa in giudicato nei confronti delle altre parti del giudizio di merito: né, in senso opposto, rileva se il ricorso sia stato comunque notificato anche ad esse, ma senza proporre nessuna domanda verso le medesime, perché si tratta non di vocatio in ius, ma di semplice litis denuntiatio (Cass. n. 10171/2018; Cass. n. 9002/2007).

 

Integrazione del contraddittorio e ragionevole durata del processo

Invocando il principio della ragionevole durata del processo, gli interpreti hanno da qualche anno cominciato a  ritenere possibile evitare attività processuali, allorché la rigida applicazione delle norme di rito non condurrebbe alla tutela dei valori del “giusto processo”, ma, anzi, alla compromissione di tali valori o di interessi meritevoli di tutela, senza beneficio e con inutile aggravio di spese per la parte.

In dottrina, si afferma così che la durata ragionevole del processo è un valore eminentemente pubblicistico e non disponibile dalle parti, posto che l'economia processuale, oltre a giovare alle parti in lite, assicura il funzionamento del sistema giustizia.

Una giustizia lenta, si è scritto da tempo, «provoca danni economici (immobilizzando beni e capitali), favorisce la speculazione e l'insolvenza, accentua la discriminazione tra chi ha la possibilità di attendere e chi  nell'attesa ha tutto da perdere. Un processo che si trascina per lungo tempo diventa anche un comodo strumento di minaccia e di pressione, un'arma formidabile nelle mani del più forte per dettare all'avversario le condizioni di resa» (Trocker, 276). Onde il principio «fonda sia l'aspirazione a che il singolo processo pendente di chiuda celermente sia l'esigenza, più generale, che il sistema della giustizia statale abbia nel complesso un carico di lavoro tollerabile» (Bove, 2010, 50, nt. 48).

Come si è rilevato,  «da quando la giustizia è “pronunciata” (Dike), è intesa come prodotto della conoscenza, è ineliminabile la contraddizione tra il connotato dell'immediatezza, che continua a definirla sin da quando era considerata come realizzazione naturalmente necessaria della legge divina (Themis), e l'esigenza di completezza dell'accertamento, che ora deve sorreggerla. Il differimento della decisione contraddice la giustizia quanto il rischio della sua superficialità. Il rapporto tra giustizia e tempo è quindi problematico sin da quando l'uomo ha coscienza di sé, perché esibisce un potenziale conflitto di valori, un'aporia appunto, che può essere risolta solo in termini di ragionevole contemperamento tra le due opposte e irrinunciabili esigenze. La giustizia si realizza con il massimo di conoscenza nel tempo più breve» (Nappi, 2003, 1).

E, più ampiamente, del principio della ragionevole durata «si deve tenere conto anche quando si proceda all'interpretazione delle norme preposte alla garanzia del contraddittorio, della terzietà e imparzialità del giudice. Questo significa, almeno a me così sembra, che i valori del contraddittorio e della imparzialità debbano essere tutelati in maniera da assicurare il contenimento in tempi ragionevoli del processo. Detto altrimenti, fra più interpretazioni possibili in tema di contraddittorio, di parità delle parti, di imparzialità del giudice, deve essere preferita quella idonea a garantire una durata ragionevole del processo» (Olivieri, 251).

Di tali richiami ha tenuto conto la C.S., allorché ha assunto una serie di decisioni, per quanto ora interessa, in materia di contraddittorio.

Ed invero, si è ritenuto che:

- a fronte di un ricorso per cassazione inammissibile – per inidoneità del quesito di diritto, oppure per mancanza dell'esposizione sommaria dei fatti, della specificità dei motivi, del rispetto del principio dell'autosufficienza, e così via, o anche perché proposto avverso provvedimento non soggetto a ricorso per cassazione – se pure ne fosse stata omessa la notificazione a taluni litisconsorti necessari, l'ordine di integrazione non va disposto dalla Corte, trattandosi di un'attività processuale ininfluente sull'esito del giudizio (Cass. S.U., n. 6826/2010, in presenza di palese inidoneità del vecchio quesito di diritto, con riguardo alla notifica del ricorso anche del P.G., parte necessaria nel giudizio di responsabilità disciplinare degli avvocati; Cass. n. 27129/2009, ricorso contro l'ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo; Cass. S.U., n. 26373/2008 la quale, avendo valutato inammissibile il ricorso, ha ritenuto superflua la concessione di un termine per la notifica, omessa, del ricorso per cassazione alla parte totalmente vittoriosa in appello; Cass. n. 26773/2009, secondo cui, ove il ricorso principale sia inammissibile, è superflua la rimessione in termini del resistente per il completamento della notificazione del controricorso; Cass. n. 11287/2018);

- ove il ricorso per cassazione sia manifestamente infondato, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, qualora questo sia prima facie infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un'attività processuale del tutto ininfluente sull'esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (Cass. n. 12515/2018, Cass. n. 11287/2018, in mancanza della notifica del ricorso ad alcuni condomini di un edificio, litisconsorti necessari; Cass. n. 2723/2010, quando ai litisconsorti totalmente vittoriosi nei gradi di merito); quindi, in tal caso appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l'integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. n. 13020/2018; Cass. n. 11670/2018Cass. n. 11601/2018; Cassn. 11287/2018Cass. n. 7305/2018; Cass. n. 2805/2018; Cass. n. 15106/2013); ; il principio è affermato anche nel procedimento di revocazione delle sentenze di cassazione (Cass. n. 16141/2019);

- in presenza di una parte rimasta contumace in primo ed in secondo grado verso cui manchi idonea notifica in Cassazione, non occorre rinviare per ordinarne la notificazione, se nessuna delle parti costituite nel giudizio di legittimità abbia formulato domande nei confronti del contumace (Cass. n. 18375/2010; Cass. n. 4342/2010, quanto al proprietario del veicolo; così, Cass. n. 13379/2018 e Cass. n. 9632/2018);

- quanto al difetto di litisconsorzio nei precedenti gradi di merito: sebbene sussista violazione dell'art. 102 (nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi per mancata presenza dell'aggiudicatario), tuttavia, in presenza di ragioni definitive ed incontestabili di infondatezza del ricorso per cassazione in ordine a  tutte  le  censure  mosse, nessuna  delle  quali era neppure astrattamente suscettibile  di  dar luogo  ad un esito diverso se al processo avessero partecipato  anche gli  aggiudicatari,  il ricorso va respinto (Cass. n. 2461/2009; Cass. n. 17893/2024 );

- ove, in appello e nel giudizio di cassazione, sia stata omessa, come d'ufficio rilevato dalla C.S., la citazione di uno degli affittuari d'azienda, litisconsorte necessario quanto alla domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, tuttavia il fatto resta irrilevante, allorché tale domanda  non costituisca più in concreto oggetto del giudizio di cassazione, mentre la domanda di adempimento per canoni non corrisposti, per migliorie e risarcimento danni, unico oggetto del ricorso per cassazione, non comporta l'inscindibilità delle cause (Cass. n. 18410/2009);

- è superfluo ordinare l'integrazione del contraddittorio verso il cedente, nel caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso, ove il cessionario si sia costituito nel giudizio di appello ed abbia proposto il ricorso di legittimità e verso il cedente non sia stata proposta nessuna domanda: dall'insieme delle condotte delle parti, la C.S. ne ha desunto la volontà di volere la estromissione dal giudizio del cedente e la mancanza di qualsiasi interesse in lite alla sua partecipazione al giudizio (Cass. n. 8395/2009);

- ove più parti, fra loro litisconsorti necessarie, abbiano partecipato a distinti giudizi, del tutto analoghi (come quelli vertenti sulla rettifica del reddito di una società di persone e sulla conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, caratterizzati da identica causa petendi, unitario avviso di accertamento, identità di difese, simultanea trattazione dei processi, identità sostanziale delle decisioni adottate dai giudici), non occorre far regredire ciascuno di essi in primo grado per integrare il contraddittorio con le altre, ma è sufficiente provvedere alla riunione dei giudizi (Cass. n. 11863/2018Cass. n. 13882/2018; Cass. n. 3789/2018; Cass. n. 2014/2014Cass.  n. 3830/2010).

Può dirsi che l'orientamento sia comprensibile, anche se va in generale tenuta sotto controllo la tendenza alla c.d. interpretazione creativa, fermo restando pur sempre il dettato costituzionale della soggezione del giudice alla legge (per il noto dibattito, rinvio a Nazzicone, Etica del giudice e certezza del diritto. De secreto conflictu curarum mearum, in giustiziacivile.com, 2018, passim).

Bibliografia

Per gli AA. citati nel presente commento, si vedano le indicazioni bibliografiche per l’art. 371 c.p.c..

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