Codice di Procedura Civile art. 404 - Casi di opposizione di terzo 1 .Casi di opposizione di terzo1. [I]. Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato [324] o comunque esecutiva [282, 3371, 4311, 5, 4471] pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti [344]2. [II]. Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l'effetto di dolo o collusione a loro danno [344, 656; 2652n. 9, 2690n. 6 c.c.].
[1] La Corte cost., con sentenza 7 giugno 1984, n. 167, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione, emanata per la mancata comparizione dell'intimato o per la mancata opposizione dell'intimato pur comparso. Successivamente la Corte cost., con sentenza 25 ottobre 1985, n. 237 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di sfratto per morosità. Infine la Corte cost., con sentenza 20 dicembre 1988, n. 1105, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza con la quale il pretore dispone l'affrancazione del fondo ex art. 4 l. 22 luglio 1966, n. 607. [2] La Corte cost., con sentenza 26 maggio 1995, n. 192, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di licenza per finita locazione. InquadramentoLa disposizione in commento apre il capo dedicato all'opposizione di terzo, mezzo di impugnazione che si differenzia dagli altri per il fatto che la legittimazione ad impugnare spetta non già a colui che, avendo rivestito la qualità di parte nel precedente grado, sia rimasto soccombente, ma a terzi rispetto al precedente giudizio. Seppure l'art. 2909 c.c. stabilisce che la sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, fissando in tal modo i limiti soggettivi del giudicato, con la conseguenza che i terzi di regola non lo subiscono, è tuttavia vero che essi possono subire ripercussioni dagli effetti di una sentenza emanata in una causa svoltasi fra altri (Picardi, 2013, 433). L'opposizione di terzo è ammessa contro le sentenze esecutive, anche se passate in giudicato, ivi comprese, ai sensi dell'art. 391-ter, le sentenze della Corte di cassazione. L'impugnazione è inoltre ammessa nei riguardi di alcuni provvedimenti diversi dalla sentenza, ed in particolare contro l'ordinanza per convalida di sfratto, a seguito dell'intervento della Corte costituzionale (Corte cost. n. 167/1984; Corte cost. n. 192/1995; per l'ordinanza di affrancazione del fondo ex art. 4 l. n. 607/1966 v. Corte cost. n. 1105/1988; Cass. n. 5039/1989 ha ritenuto impugnabile il decreto in materia di condotta antisindacale; Cass. n. 5241/1991 il decreto concernente l'attribuzione di una quota della pensione di reversibilità al coniuge superstite; è importante rammentare che l'opposizione in discorso, in particolare sotto forma di opposizione revocatoria, è stata ammessa nei confronti del decreto ingiuntivo passato in giudicato: Cass. n. 15350/2010; Cass. n. 10288/2010). Potendo essere proposta contro sentenze passate in giudicato, l'opposizione di terzo è considerata impugnazione straordinaria. Essa concorre alla tutela dei terzi con altri strumenti previsti dal codice di rito (l'intervento, sia in primo grado che in appello; l'opposizione di terzo all'esecuzione di cui all'art. 619; l'opposizione all'esecuzione proposta dal terzo assoggettato ad esecuzione ex dell'art. 615, comma 2; sotto altro profilo la posizione dei terzi viene altresì in questione nel caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso ai sensi dell'art. 111, al cui commento si rinvia (Picardi, 2013, 433; Olivieri, 106). La norma in esame pone due distinte previsioni, quella dettata al comma 1 concernente l'opposizione ordinaria o semplice, qualora la decisione impugnata pregiudichi i diritti dei terzi, e quella dettata al comma 2 concernente l'opposizione revocatoria, nell'ipotesi in cui la pronuncia impugnata sia l'effetto del dolo o della collusione delle parti a danno di determinati terzi. L'opposizione, che si propone allo stesso ufficio giudiziario che ha emesso la decisione impugnata, non è sottoposta ad un termine di decadenza nel primo caso (opposizione ordinaria), mentre è soggetta ad un termine perentorio breve, che decorre dalla scoperta del dolo o della collusione, nel secondo caso (opposizione revocatoria). In tema di impugnazioni, infatti, il termine per proporre opposizione di terzo stabilito dall'art. 325, comma 1, si riferisce esclusivamente all'opposizione di terzo revocatoria prevista dall'art. 404, comma 2, e non concerne l'opposizione di terzo ordinaria, il cui esercizio non trova altro limite che l'estinzione del diritto del terzo pregiudicato dalla sentenza pronunciata tra altre persone (Cass. n. 466/2014; Cass. n. 24721/2009). Il procedimento si svolge in contraddittorio tra il terzo e le parti del giudizio conclusosi con la sentenza impugnata e si articolano in una duplice fase rescindente e rescissoria, l'una concernente la verifica delle condizioni dell'opposizione del tipo prospettato, l'altra concernente la sussistenza del diritto fatto valere dal terzo (Picardi, 2013, 434). All'esito dell'impugnazione è pronunciata la sentenza soggetta alle stesse impugnazioni proponibili avverso la sentenza opposta. La sentenza che accoglie l'opposizione di terzo revocatoria proposta avverso sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva, ovvero avverso decreto ingiuntivo divenuto esecutivo ai sensi dell'art. 647, non comporta soltanto l'inefficacia di quel provvedimento nei confronti del terzo opponente, mantenendolo invece fermo nel rapporto tra le parti originarie, ma la sua totale eliminazione nei confronti delle parti del processo originario, con effetto riflesso e consequenziale nei confronti del terzo opponente. (Cass. n. 24631/2015). L'opposizione di terzo ordinariaL'opposizione di terzo ordinario dà luogo ad una «sorta di intervento fuori tempo massimo» (Picardi, 2013, 435). Il terzo cui la norma si riferisce è anzitutto colui che non ha assunto nel processo conclusosi con la sentenza impugnata la veste di parte in senso formale. Perciò non possono proporre opposizione di terzo non solo l'attore ed il convenuto, ma anche gli intervenuti spontaneamente o coattivamente nel processo (Vaccarella, 336). In giurisprudenza si osserva che la legittimazione all'opposizione di terzo ordinaria non spetta al successore a titolo particolare nel diritto controverso, che non è terzo, bensì l'effettivo titolare del diritto in contestazione (Cass. n. 23289/2007; Cass. n. 10876/2007; Cass. n. 9868/1997; Cass. n. 8258/1990). Non rientrano nel novero dei legittimati naturalmente gli aventi causa, di cui è menzione nell'art. 2909 c.c., cioè coloro che subentrano alle parti, nelle situazioni giuridiche attive o passive sulle quali ha inciso la sentenza opposta, post rem iudicatam, ossia dopo la formazione del giudicato (Cass. n. 9868/1997). La sentenza pronunciata nei confronti del condominio, in persona del suo amministratore, non è impugnabile con l'opposizione ordinaria exart. 404, comma 1, dai singoli condomini, non essendo questi ultimi terzi titolari di un diritto autonomo rispetto alla situazione giuridica affermata con tale decisione, la quale fa stato anche nei loro confronti, benché non intervenuti in giudizio, atteso che il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei condomini (Cass. n. 4436/2017) È invece terzo il soggetto il cui appello sia stato dichiarato inammissibile per mancanza della qualità di parte (Cass. n. 1807/2000). Parimenti l'interventore estromesso dal processo con pronuncia divenuta definitiva assume la posizione di terzo rispetto alla sentenza pronunciata nei confronti delle parti rimaste in causa ed è pertanto legittimato, ricorrendone gli altri presupposti, a proporre l'opposizione ex art. 404 (Cass. n. 9500/2003). La giurisprudenza riconosce la legittimazione all'opposizione di terzo ordinaria ai litisconsorti necessari pretermessi (Cass. n. 10130/2005; Cass. n. 11185/2003). La S.C. ha peraltro affermato che il litisconsorte necessario pretermesso (come anche il terzo titolare di diritto autonomo e incompatibile, il falsamente rappresentato e il titolare di status incompatibile con quello accertato tra altre parti), che ai sensi dell'art. 404 è ammesso all'opposizione ordinaria avverso la sentenza resa in un giudizio inter alios, può anche proporre una azione di accertamento autonoma della sua posizione, ma, sino al passaggio in giudicato della sentenza che riconosca la situazione come da lui dedotta, gli è preclusa ogni tutela, anche cautelare, avverso l'efficacia esecutiva o gli affetti esecutivi o accertativi derivanti dalla sentenza inter alios non opposta (Cass. S.U., n. 1238/2015). Nell'individuare i rimedi a disposizione del litisconsorte necessario pretermesso per contrastare gli effetti della sentenza pronunciata senza la sua partecipazione, in particolare esaminando i rapporti fra opposizione di terzo ordinaria e opposizione all'esecuzione, ex art. 615, detta decisione ha affermato che il litisconsorte necessario pretermesso avrebbe l'onere di esperire l'opposizione di terzo ordinaria e non potrebbe tutelarsi mediante l'opposizione all'esecuzione, laddove la sentenza pronunciata venga portata ad esecuzione. Critica la dottrina, la quale ha rammentato che la giurisprudenza era pacifica nel ritenere che il litisconsorte necessario pretermesso, di fronte alla sentenza resa senza il suo coinvolgimento, potesse utilizzare sia il rimedio dell'opposizione ordinaria di terzo, sia quello dell'opposizione all'esecuzione (Carratta, 1377; Costantino, 2062; Proto Pisani, 2062). L'opposizione di terzo richiede altresì che l'opponente assuma di aver visto il proprio diritto pregiudicato dalla sentenza impugnata. Il pregiudizio del terzo si identifica con il c.d. danno da esecuzione (Olivieri, 110; Picardi, 2013, 435), intendendosi con ciò non solo l'esecuzione forzata in senso stretto, ma anche l'attuazione volontaria del comando contenuto nella sentenza. È stata ritenuta però ammissibile la proposizione dell'opposizione di terzo avverso una sentenza di appello da parte dei litisconsorti necessari pretermessi fin dal primo grado, anche ove questi abbiano dedotto esclusivamente la violazione dell'integrità del contraddittorio; il giudizio su tale impugnazione si esaurisce, infatti, nella sola fase rescindente trovando applicazione, per effetto del rinvio contenuto nell'art. 406 c.p.c., l'art. 354 c.p.c., che per la violazione del contraddittorio preclude al giudice di secondo grado di decidere la controversia nel merito, prevedendo la rimessione delle parti davanti al primo giudice (Cass. n. 1441/2022). Anche in giurisprudenza si afferma che il rimedio dell'opposizione ordinaria di terzo che l'art. 404, comma 1, accorda contro la sentenza resa fra altre persone, è attribuito a chi, estraneo al giudizio concluso in via definitiva dalla sentenza opposta, dall'accertamento in essa contenuto o dall'esecuzione della stessa risente o può risentire pregiudizio ad un suo autonomo diritto o ad una sua autonoma posizione giuridica (Cass. n. 2722/1995). Occorre inoltre scrutinare il pregiudizio con riguardo alla situazione in atto all'epoca del giudizio. Il rimedio di cui all'art. 404, comma 1, consente di superare, in via eccezionale, le preclusioni del giudicato al solo fine di rimuovere il pregiudizio ad un diritto autonomo del terzo, che questi non sia stato messo in grado di far valere nei confronti delle (o di una delle) parti in lite, ma che egli avrebbe potuto a quel momento (ossia nel medesimo contesto, fattuale e normativo, preso in considerazione e cristallizzato dalla sentenza opponendo) viceversa far valere, ove avesse preso parte al giudizio. Ne deriva che l'opposizione di terzo, mentre si giustifica in funzione di tutela di situazioni coeve e confliggenti con quelle di una o di entrambe le parti, non può essere utilizzata per consentire la formazione di situazione soggettive future nei confronti delle parti, che postulino, a tal fine, la rimozione dell'assetto dei rapporti, tra le parti medesime, consolidato nel giudicato (Cass. n. 9500/2003, reso in un caso in cui il terzo, conduttore dell'immobile oggetto della domanda di cessione in proprietà accolta con la sentenza passata in giudicato pronunciata inter alios, aveva dedotto un diritto al riscatto del medesimo immobile, riconosciuto da una legge successiva alla formazione del giudicato). Occorre inoltre che il diritto vantato dal terzo sia autonomo ed incompatibile con quello affermato dalla sentenza impugnata (Olivieri, 107). In giurisprudenza si osserva allo stesso modo la legittimazione ad impugnare la sentenza con l'opposizione di terzo ordinaria presuppone in capo all'opponente la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra altre parti (Cass. n. 21230/2024). Dunque l'usufruttuario non è legittimato a proporre opposizione di terzo ordinaria contro la sentenza di condanna all'arretramento del fabbricato realizzato a distanza irregolare, che sia stata pronunciata nei confronti del solo proprietario del bene, poiché non è titolare di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla decisione resa tra altre parti (Cass. n. 22466/2014). È stata pure è esclusa la legittimazione all'opposizione di terzo da parte del componente la famiglia coltivatrice, la quale è strutturata come una società semplice, sicché la sentenza resa nei confronti di ciascun componente del gruppo produce effetti nei confronti di tutti (Cass. n. 18655/2003). Le stesse conclusioni sono state raggiunte con riguardo all'opposizione di terzo contro una sentenza passata in giudicato con la quale era stata ridotta la misura del risarcimento dei danni per occupazione acquisitiva liquidati in favore di una società poi sciolta anticipatamente senza liquidazione, sul rilievo che i ricorrenti, in quanto già soci di detta società, non potevano qualificarsi terzi rispetto alla situazione giuridica affermata e, quindi, come tali, non erano legittimati all'opposizione ordinaria di terzo (Cass. n. 6179/2009). Il terzo che sostiene di aver acquisito per usucapione un bene di cui è stata ordinata la demolizione, per effetto di pronuncia resa in un giudizio svoltosi tra altri soggetti, deve proporre l'opposizione di terzo di cui all'art. 404 quando allega che l'usucapione è maturata anteriormente alla formazione del titolo esecutivo, trattandosi di una pretesa incompatibile con la sentenza azionata, mentre deve proporre l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615, qualora alleghi che l'usucapione sia maturata successivamente alla formazione del titolo giudiziale e costituisca pertanto un fatto impeditivo della pretesa esecutiva (Cass. n. 9720/2020). Avverso la sentenza dichiarativa di fallimento è esclusa l'esperibilità dell'opposizione del terzo, ex art. 404, comma 1, in quanto detto rimedio è assorbito in quello di carattere generale previsto dall'art. 18 l.fall., proponibile oltre che dal debitore fallito anche da qualunque interessato (Cass. n. 4786/2020). Potendo l'opposizione di terzo ordinaria essere proposta non soltanto contro le sentenze passate in giudicato, ma anche contro quelle comunque esecutive, tale impugnazione può concorrere con le altre eventualmente ammissibili: a seconda dei casi l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione ordinaria (Olivieri, 123). Nello stesso senso, in giurisprudenza, sembra potersi leggere (Cass. n. 15353/2010). Si ritiene peraltro in prevalenza che la previsione dell'art. 344 impedisca l'opposizione di terzo in pendenza di appello (Luiso, 9). Vale inoltre osservare che la giurisprudenza è propensa ad applicare la disciplina della riunione di più impugnazioni pendenti il medesimo ufficio (p.es. Cass. S.U., n. 1521/2013; Cass. n. 18050/2010; Cass. n. 17528/2010). L'opposizione di terzo revocatoriaCon l'opposizione di terzo revocatoria, prevista dal comma 2 della disposizione in commento, taluni terzi (gli aventi causa e i creditori di una delle parti) possono attaccare la sentenza, quando questa è l'effetto di dolo o collusione a loro danno. In questo caso, i terzi protetti dalla disposizione non sono estranei alla portata del giudicato ai sensi dell'art. 2909 c.c., sicché la legittimazione e l'interesse all'opposizione deriva dalla titolarità di una posizione giuridica fraudolentemente pregiudicata: ciò che rileva non è, in sé, la statuizione adottata dal giudice con la sentenza impugnata, bensì quella statuizione in quanto effetto di frode o collusione (Picardi, 2013, 437). Sono legittimati a proporre l'opposizione di terzo revocatoria i creditori, anche se il loro credito è sottoposto a termine o a condizione (Olivieri, 132). Secondo la dottrina il rimedio in questione mostra una evidente analogia con l'azione revocatoria prevista dall'art. 2901 c.c., palese fin dal nome, tant'è che si è discorso in proposito di «azione revocatoria processuale» (Cecchella, 179). In giurisprudenza si è tuttavia osservato che, in tema di opposizione di terzo revocatoria, l'eccezionalità del mezzo di impugnazione, lo stretto termine per proporlo, le finalità ad esso riconducibili, individuando una netta diversità del rimedio rispetto all'azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.), inducono a ritenere che la nozione di «creditori di una delle parti», richiamata dall'art. 404, comma 2, vada interpretata in senso più restrittivo dell'analoga nozione richiamata ai fini della legittimazione all'azione revocatoria ordinaria (per la quale rileva anche la titolarità di un credito eventuale), nel senso che per creditore, ai fini dell'impugnazione in questione, deve intendersi chi rivesta tale qualità — pur se sottoposta a termine o a condizione — al momento della proposizione di essa. Se è indubbiamente esatto che il creditore opponente di terzo non è tenuto a dimostrare la propria legittimazione allegando un accertamento del suo credito con efficacia di giudicato - e che dunque il credito non deve presentare il requisito della certezza intesa in tal senso - non è tuttavia esatto che basti, per legittimare il medesimo opponente, la mera allegazione del suo credito o la produzione di un titolo giudiziale solo provvisoriamente esecutivo e contestato dal debitore. L'opposizione di terzo revocatoria può essere proposta, a mente dell'art. 404, comma 2, soltanto dai «creditori» (oltre che dagli aventi causa) di una delle parti, e la S.C. ha avuto occasione di mettere in evidenza la diversità, sotto il profilo in esame, dell'opposizione di terzo revocatoria rispetto all'azione revocatoria ai sensi dell'art. 2901 c.c., alla quale sono legittimati (Cass. S.U., n. 9440/2004) anche i titolari di un credito soltanto eventuale o litigioso. È stato dunque confermato il principio enunciato da Cass. n. 12144/2006, secondo cui il carattere di impugnazione straordinaria dell'opposizione di terzo revocatoria induce a ritenere che la nozione di «creditori di una delle parti», di cui all'art. 404 c.p.c., vada interpretata in senso più restrittivo dell'analoga nozione richiamata ai fini della legittimazione all'azione revocatoria, nel senso che per creditore, ai fini dell'impugnazione in questione, deve intendersi chi effettivamente rivesta tale qualità, pur se sottoposta a termine o a condizione, al momento della proposizione di essa. È in altri termini necessario che il credito dell'opponente sia «certo», non già nel senso che deve basarsi su un precedente giudicato, ma nel senso che deve essere accertato, anche in via incidentale, dal giudice dell'opposizione, sulla base delle prove fornite dall'opponente, gravato del relativo onere. Del resto non potrebbe essere altrimenti se si considera che, mentre la sentenza di accoglimento dell'azione revocatoria produce la mera inopponibilità dell'atto revocato al creditore-attore - che dunque potrà procedere in executivis nella sede propria, in cui dovrà dimostrare il suo titolo - la sentenza di accoglimento dell'opposizione di terzo revocatoria comporta non soltanto l'inefficacia relativa del giudicato, che ne è oggetto, nei confronti del terzo opponente, ma anche l'eliminazione di esso nei confronti delle stesse parti del processo originario (Cass. n. 24631/2015; Cass. n. 4324/1988): il travolgimento assoluto di un giudicato non potrebbe giustificarsi se non in presenza dell'accertamento del danno per chi effettivamente sia creditore di una delle parti, e non semplicemente dichiari di esserlo (Cass. n. 6378/2017). Per «aventi causa», ai sensi della medesima disposizione, devono intendersi i successori a titolo particolare di una delle parti (Cass. n. 12144/2006). Quanto a questi ultimi è stato difatti chiarito che gli aventi causa che, ai sensi del comma 2 dell'art. 404, possono proporre opposizione di terzo alla sentenza pronunciata tra altre parti, quando questa è l'effetto di dolo o collusione a loro danno, sono solo i successori a titolo particolare di una delle parti, e non gli eredi (Cass. n. 2323/1994). Ai fini della legittimazione all'opposizione di terzo revocatoria è inoltre necessario che l'istante abbia la qualità di creditore o di avente causa di una delle parti del processo nel quale è stata pronunziata la sentenza impugnata e non anche che abbia acquistato tale qualità prima dell'inizio del giudizio medesimo, in virtù di una scrittura di data certa anteriore (Cass. n. 2021/1979). Il dolo e la collusione previsti dalla norma esprimano concetti distinti: mentre il dolo, che non si esaurisce nella preordinazione di atti positivi volti a danneggiare il terzo, ma può estrinsecarsi anche in omissioni, può provenire anche da una sola delle parti, la collusione consiste, invece, in un accordo, fra queste e a danno del terzo, che può essere anche tacito ed aver luogo sia prima che nel corso della lite. Né è necessario che la decisione sia interamente effetto della collusione, essendo invece sufficiente l'accertamento che, senza la collusione, la decisione sarebbe stata diversa, ossia non pregiudizievole, o pregiudizievole in misura minore, per il terzo (Cass. n. 3243/1980). Secondo alcuni il dolo potrebbe provenire da una sola parte (Cecchella, 147). Altri sostengono che il dolo è necessariamente bilaterale: da un lato il dolo del soccombente non sarebbe da sé solo sufficiente e dall'altro il vincitore non potrebbe, in assenza di una sua partecipazione alla frode, veder travolgere la sentenza che gli ha dato ragione (Liebman, 391). Questa seconda impostazione è condivisa dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che l'opposizione di terzo revocatoria, a norma dell'art. 404, comma 2, presuppone che la sentenza sia l'effetto di comportamenti dolosi o collusivi delle parti in danno del terzo, avente causa o creditore di una delle parti; detto rimedio, pertanto, non è esperibile ove tali comportamenti siano stati posti in essere da una parte in danno dell'altra per la definizione, in suo favore, della lite (Cass. n. 9500/2003; Cass. n. 7608/2003). È inoltre a carico del terzo opponente non soltanto la prova della sussistenza del dolo o della collusione, ma anche del nesso di causalità tra essi e il contenuto della decisione, rapporto ricorrente quando il comportamento processuale fraudolento abbia determinato «statuizioni diverse da quelle che sarebbero state adottate a conclusione di un dibattito corretto» (Cass. n. 4123/1990). Nello stesso senso è la dottrina, la quale osserva che l'opponente deve provare che la sentenza opposta avrebbe potuto avere i contenuti diversi, qualora le parti in lite avessero utilizzato fedelmente le difese a loro disposizione (Cecchella, 147). Poiché i creditori e gli aventi causa di una delle parti del processo sono soggetti all'efficacia della sentenza finché essa non venga rimossa, è solo dopo l'accoglimento di tale opposizione che il giudice può esaminare l'eventuale revocabilità, ai sensi dell'art. 2901 c.c., dell'atto di disposizione compiuto dal debitore oggetto della sentenza pregiudizievole (Cass. n. 18784/2009, la quale ha cassato la sentenza di merito che, in presenza di una sentenza, passata in giudicato, che aveva stabilito la validità della vendita di un immobile poi assoggettato a pignoramento, aveva dichiarato inefficace tale vendita, ritenendo assorbita l'opposizione di terzo proposta contro la sentenza). Analogamente è stato affermato che l'azione revocatoria di cui all'art. 2901 c.c. non è esperibile, da parte dei creditori del promittente venditore, contro le sentenze emesse, ai sensi dell'art. 2932 c.c., nei confronti del debitore e ricollegabili ad un preliminare stipulato preordinatamente o scientemente in loro danno: ciò in quanto detti creditori sono soggetti essi medesimi all'efficacia della sentenza, se non rimossa, in mancanza di intervento adesivo dipendente nel relativo giudizio, mediante esperimento dell'opposizione di terzo revocatoria ex art. 404, comma 2 (Cass. n. 21813/2006). BibliografiaCarratta, Litisconsorte pretermesso e rimedi esperibili: un discutibile revirement della Cassazione, in Giur. it. 2015, 1377; Cecchella, L’opposizione del terzo alla sentenza, Torino, 1995; Costantino, Sui rimedi utilizzabili dal litisconsorte necessario pretermesso. Recensione ad saggio in veste di sentenza, in Foro it. 2015, 2062; Liebman, Manuale di diritto processuale civile, II, Milano, 1984; Luiso, Opposizione di terzo, in Enc. giur., XXI, Roma, 1990; Olivieri, Opposizione di terzo, in Dig. civ., XIII, Torino, 1995; Proto Pisani, Ancora (dopo decenni) sulla opposizione di terzo ordinaria, in Foro it., 2015, 2062; Vaccarella, Lezioni sul processo civile di cognizione, Bologna, 2006. |