Codice di Procedura Civile art. 413 - Giudice competente 1 2 .[I]. Le controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro 3. [II]. Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto [1326, 1327 1 c.c.] ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza [2555 c.c.] alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto [2118 ss. c.c.]. [III]. Tale competenza permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purché la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione. [IV]. Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3 dell'articolo 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3 dell'articolo 409 4. [V] Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto 5. [VI] Nelle controversie nelle quali è parte una amministrazione dello Stato non si applicano le disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 6. [VII]. Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell'articolo 18. [VIII]. Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio.
[1] Articolo sostituito dall'art. 1, comma 1, l. 11 agosto 1973, n. 533. [3] Comma così modificato dall'art. 82 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999. [4] Comma inserito dall'art. 1 l. 11 febbraio 1992, n. 128. [5] Comma inserito dall'art. 40 d.lg. 31 marzo 1998, n. 80. [6] Comma inserito dall'art. 40 d.lg. 31 marzo 1998, n. 80. InquadramentoL'art. 82 d.lgs. n. 51/1998, istitutiva del giudice unico di tribunale, ha attribuito al tribunale, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di lavoro, già devolute alla competenza per materia del pretore. Il tribunale decide in composizione monocratica, dal momento che le controversie di lavoro non sono indicate dall'art. 50-bis tra quelle devolute al tribunale in composizione collegiale. La distribuzione delle cause tra sezione ordinaria e sezione lavoro non dà luogo ad una questione di competenza, ma di semplice ripartizione interna al medesimo ufficio giudiziario. Ne consegue che il giudice addetto ad una sezione ordinaria il quale venga investito di una controversia lavoristica, ovvero il giudice del lavoro investito di una controversia ordinaria, non provvede dichiarando la propria incompetenza per materia, ma rimette gli atti al presidente del tribunale (ossia all'organo titolare del potere di assegnazione delle cause) per l'assegnazione alla sezione pertinente. Difatti, è principio consolidato che la distinzione tra giudice ordinario e giudice del lavoro, nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario non si pone in termini di competenza, potendo assumere rilievo soltanto ai fini del rito applicabile (Cass. S.U., n. 1238/1994; Cass. n. 4508/1999; Cass. n. 1438/1999; Cass. n. 13427/1999; Cass. n. 3883/2000). La materia del lavoro non è invece trattata nelle sezioni distaccate (art. 48-bis r.d. n. 12/1941, ossia l'ordinamento giudiziario). Il rapporto tra sezione distaccata e sede centrale si pone non già in termini di competenza, bensì di riparto degli affari nell'ambito del medesimo ufficio giudiziario (Cass. n. 15752/2002; Cass. n. 13751/2003). Il principio trova fondamento, attualmente, sulla disposizione secondo cui il giudice il quale rilevi essere stata investita la sede centrale in luogo della sezione distaccata, o viceversa, ovvero una sezione distaccata in luogo di un'altra sezione distaccata, rimette in limine gli atti al presidente del tribunale per l'assegnazione alla sede o sezione correttamente individuata (art. 83-ter disp. att.). Da ciò discende che, se una causa di lavoro è trattata e decisa presso una sezione ordinaria, ovvero presso una sezione distaccata, al di là di ogni questione sul rito applicato, la sentenza pronunciata non è viziata da nullità e neppure è impugnabile con regolamento di competenza. In termini analoghi si pone la questione del rapporto tra i g.o.a. (giudici onorari aggregati) ed i giudici del lavoro. Difatti, il giudice onorario aggregato non costituisce, nell'ambito del tribunale, un diverso organo di giustizia, sicché la questione se una controversia spetti al giudice onorario aggregato presso detta sezione ovvero al giudice del lavoro pone un problema di distribuzione degli affari all'interno del medesimo ufficio giudiziario e non involge questione di competenza, con conseguente inammissibilità del relativo regolamento (Cass. n. 17977/2008; Cass. n. 6905/2001). La competenza per territorioQuanto ai criteri di radicamento della competenza fissati in proposito — operanti anche nelle opposizioni a precetto (Cass. n. 841/2005) — vale premettere che grava sull'attore l'onere di provare la sussistenza degli elementi di fatto che determinano la competenza per territorio del giudice adito (Cass. n. 13147/1999). Ciò con la precisazione che i diversi criteri di competenza territoriale previsti sono dettati in base alla disciplina sostanziale invocata da chi agisce in giudizio, sicché, ad es., in caso di rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015), qualora l'azione sia volta a conseguire le tutele derivanti dall'applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, trova applicazione l'art. 413, comma 2, c.p.c. (Cass. n. 1509/2024). La disposizione in commento comporta l'inapplicabilità dei criteri di radicamento della competenza di cui all'art. 20 presso il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio (Cass. n. 3117/2009). Il comma 2 indica come competente per territorio il giudice del luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro, ossia il luogo in cui il contratto di lavoro si è concluso (per tutti Tarzia, 2008, 86). Ciò sta a significare che trovano nella materia applicazione le regole stabilite dall'art. 1326 c.c., sicché il contratto di lavoro si considera concluso, in generale, dove il proponente ha avuto conoscenza dell'accettazione (v. p. es., con riguardo al rapporto di agenzia, Cass. n. 6508/1990). Il criterio menzionato trova applicazione indipendentemente dalla circostanza che il contratto sia stato stipulato per iscritto (Cass. n. 5313/1988). La mancanza della forma scritta, tuttavia, può assumere rilievo sotto il profilo della prova, non consentendo l'esatta individuazione del luogo in cui il rapporto è sorto, con conseguente applicazione degli altri criteri previsti dall'art. 413. Si pensi alla previsione del successivo art. 1327 c.c., dettato in tema di esecuzione prima della risposta dell'accettante, riguardo al quale è stato chiarito che, anche ai fini dell'applicazione dell'art. 413 con riguardo al luogo ove è sorto il rapporto di lavoro, il contratto può considerarsi concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione, prima che l'accettazione della proposta giunga a conoscenza del proponente, soltanto quando, su richiesta di questo ultimo, e per la natura dell'affare, o secondo gli usi, la prestazione lavorativa debba eseguirsi senza una preventiva risposta alla proposta contrattuale (Cass. n. 765/1986). Ebbene, in mancanza di prova del luogo di conclusione del contratto di lavoro, non può farsi ricorso, ai fini dell'individuazione del giudice competente, al luogo in cui l'esecuzione della prestazione lavorativa ha avuto inizio, ma occorre impiegare gli ulteriori criteri di radicamento della competenza indicati dalla norma in esame (Cass. n. 10006/2001; Cass. n. 6218/2003; Cass. n. 23139/2011). Dunque, in tema di controversie di lavoro, ai fini della individuazione della competenza per territorio del giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto, il meccanismo previsto dagli artt. 1326, comma 1, e 1335 c.c. opera solo se manchino elementi per ritenere che una conoscenza dell'intervenuta accettazione si è avuta nel medesimo contesto di tempo e di luogo in cui è avvenuta la sottoscrizione della proposta per accettazione (Cass. n. 25402/2017, che ha ritenuto che la circostanza che il rapporto di lavoro avesse avuto inizio nella stessa data e nello stesso luogo in cui il lavoratore aveva firmato la proposta facesse presumere che di tale accettazione il datore di lavoro avesse avuto conoscenza contestuale, ha affermato la competenza del giudice di tale ultimo luogo e non di quello ove il datore di lavoro aveva sottoscritto la proposta, poi trasmessa al lavoratore; da ult. Cass. n. 14657/2022). Questioni particolari si pongono in tema di competenza nelle cause relative all'assunzione obbligatoria, giacché in tal caso si controverte di un rapporto di lavoro ancora in via di stipulazione. Un contrasto formatosi sull'argomento è stato sciolto dalle Sezioni Unite con la formulazione del principio secondo cui anche rispetto alla domanda proposta da lavoratori invalidi avviati obbligatoriamente e diretta alla costituzione del rapporto di lavoro e al risarcimento danni per la mancata assunzione, operano in modo alternativo e concorrente tutti e tre i fori previsti dall'art. 413, dovendosi stabilire un'equazione fra rapporto di lavoro già costituito e rapporto di lavoro virtuale, la cui costituzione rappresenti tuttavia l'oggetto del vincolo nascente a carico del datore di lavoro dal sistema delle assunzioni obbligatorie, con la conseguenza, da un lato, che il primo dei fori indicati dalla norma va identificato in relazione alla sede dell'ufficio del lavoro che ha emesso il provvedimento di avviamento (atto che, pur non determinando de iure il sorgere del rapporto, è il titolo costitutivo dell'obbligo del datore di lavoro) e, dall'altro, che è consentita l'utilizzazione anche del foro della dipendenza aziendale, in relazione alla quale il servizio del collocamento, nella sua competente articolazione locale, ha emesso quel provvedimento (Cass. S.U., n. 11043/2001). Per la determinazione del foro dell'azienda, non si guarda alla sede legale oppure alla collocazione del complesso principale dei beni aziendali, ma alla sede effettiva (p. es. Tarzia, 86, che in caso di pluralità di sedi ritiene doversi far riferimento alla sede principale). Tale è il luogo in cui sono di fatto esercitati i poteri di direzione ed amministrazione dell'azienda (Cass. n. 9256/2009). Quanto al foro della dipendenza, esso trova applicazione, naturalmente, se il lavoratore è addetto alla stessa o vi era addetto al momento della cessazione del rapporto. Costituisce dipendenza dell'azienda ogni complesso di beni decentrato e munito di propria individualità tecnico-economica, pur di modesta entità. Sicché può costituire dipendenza finanche l'abitazione del dipendente, qualora ne ricorrano le condizioni (Cass. n. 10691/2004; Cass. n. 23110/2010). Cioè, per dipendenza aziendale va inteso il luogo in cui il datore ha dislocato un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, dovendo escludersi che la competenza territoriale possa radicarsi nel mero luogo di svolgimento della prestazione lavorativa ( Cass. n. 14449/2019 ). Inoltre, ai fini dell'individuazione del foro della dipendenza ove era addetto il lavoratore alla cessazione del rapporto, ai sensi dell'art. 413, comma 2, non opera il limite temporale previsto dal successivo comma 3, che si riferisce esclusivamente alla cessazione della dipendenza e non anche al venir meno della destinazione del lavoratore a prestarvi la sua opera (Cass. n. 27684/2020). Ai fini dell'individuazione del giudice territorialmente competente per le controversie di lavoro, la nozione di «dipendenza alla quale è addetto il lavoratore», di cui all'art. 413, deve dunque interpretarsi estensivamente, come articolazione della organizzazione aziendale nella quale il dipendente lavora, potendo coincidere anche con l'abitazione privata del lavoratore, se dotata di strumenti di supporto dell'attività lavorativa. (Cass. n. 3154/2018, che ha ritenuto vi rientrasse l'abitazione di un lavoratore, dotata di pc e account fornito dall'azienda per l'accesso ad una piattaforma informatica per la gestione di richieste di noleggio di biciclette, con obbligo di reperibilità su ventiquattro ore e di comunicazione di qualsiasi spostamento e/o assenza). Parimenti, in tema di lavoro giornalistico, l'ufficio di corrispondenza - quale luogo ove il giornalista corrispondente provvede alla elaborazione di notizie, provenienti da qualsiasi settore dell'area di corrispondenza, ed alla loro trasmissione in via continuativa alla redazione centrale, a prescindere dalla sussistenza o meno di una struttura multipersonale e di una dotazione di specifici mezzi datoriali - è tale anche se coincidente con l'abitazione privata del giornalista e configura quindi una «dipendenza alla quale è addetto il lavoratore», rilevante ai sensi dell'art. 413 c.p.c. per le determinazioni sulla competenza per territorio (Cass. n. 12907/2022). Ed ancora, rientra nella nozione di «dipendenza alla quale è addetto il lavoratore», di cui all'art. 413, il parcheggio di proprietà di terzi, in cui sono collocati i beni strumentali alla prestazione lavorativa, ove hanno inizio e fine le mansioni quotidianamente svolte dal lavoratore (Cass. n. 29344/2017, concernente mezzi aziendali con cui il dipendente effettuava viaggi nazionali ed internazionali). Occorre inoltre dire che il criterio della competenza territoriale del giudice del luogo dove si trova la dipendenza aziendale cui il lavoratore è addetto, in base a quanto previsto dall'art. 413, comma 2, va riferito non all'atto con cui il lavoratore sia stato destinato alla dipendenza, bensì al fatto dello svolgimento effettivo della prestazione di lavoro presso la medesima, con la conseguenza che competente a conoscere della causa concernente la legittimità del provvedimento di assegnazione del dipendente, ove questa non abbia avuto concreta attuazione, non può essere il giudice del luogo ove si trova la nuova dipendenza, ma quello del luogo ove si trova la sede di lavoro di provenienza (Cass. n. 21690/2011). Inoltre, ai fini della individuazione del giudice territorialmente competente ai sensi dell'art. 413, il criterio del luogo della azienda o della dipendenza cui è addetto il lavoratore ha carattere temporaneo, sicchè, in caso di cessazione o di trasferimento dell'azienda o della dipendenza, esso non opera più, salvo che la domanda venga proposta entro i successivi sei mesi: purché, ovviamente, si tratti di un trasferimento idoneo ad incidere, ab origine, sulla competenza territoriale, essendo invece inidonei a tal fine gli spostamenti avvenuti all'interno dello stesso circondario o dello stesso Comune (Cass. n. 1800/2024). Ha invece carattere duraturo il concorrente criterio del luogo in cui il rapporto è sorto, con la conseguenza che, decorsi sei mesi dalla cessazione o dal trasferimento dell'azienda, la domanda va necessariamente proposta davanti a tale giudice, la cui competenza preclude il ricorso ai fori generali di cui all'art. 18 c.p.c., il cui utilizzo è previsto dall'art. 413, comma 4, soltanto in via sussidiaria (Cass. n. 21648/2020). I tre fori fino ad ora menzionati — luogo in cui è stato stipulato il contratto di lavoro, luogo dell'azienda, luogo della dipendenza — possiedono un diverso rilievo dall'angolo visuale dello svolgimento cronologico del rapporto. Difatti solo il foro del luogo in cui è sorto il rapporto è quello dell'azienda sono costantemente applicabili, al contrario del foro della dipendenza che cessano di essere applicabile dopo lo spirare del termine di sei mesi previsto dalla norma (Cass. n. 11387/2004). In tema di controversie di lavoro, cioè, la competenza per territorio del giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto, ai sensi della prima ipotesi dell'art. 413, comma 2, sussiste anche ove risulti successivamente trasferita in altro luogo la sede dell'azienda e la domanda sia stata proposta dopo il decorso di sei mesi da detto trasferimento; invero, il successivo comma 3, secondo cui la competenza territoriale permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa, purché la domanda sia proposta entro sei mesi, va riferito esclusivamente agli altri fori alternativi previsti dal comma 2 (luogo in cui si trova l'azienda o la dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale prestava la sua opera al momento della fine del rapporto) e non anche al forum contractus (Cass. n. 3469/2017). Tuttavia, allorché vi siano due cause connesse, e poi riunite, e per una sola di esse il termine di sei mesi risulti decorso, in forza del disposto dell'art. 40, comma 1, occorre far riferimento alla competenza del giudice preventivamente adito. Pertanto, poiché la domanda introdotta per prima impone comunque di aver riguardo alla competenza individuata ex art. 413, può applicarsi il foro della dipendenza aziendale, preventivamente adito (Cass. n. 10691/2004). È stato in passato stabilito che nel caso di fusione (anche per incorporazione) fra società, qualora l'attività imprenditoriale continui a svolgersi nel medesimo luogo in cui veniva esercitata precedentemente, si determina soltanto una modificazione soggettiva nella titolarità dei beni aziendali, senza alcuna cessazione o trasferimento dell'azienda o della dipendenza di questa, onde ai fini della competenza in controversia di lavoro non opera lo speciale criterio di collegamento di cui al comma 3 dell'art. 413, ma deve farsi riferimento al criterio di cui al comma 2 del medesimo articolo, a nulla rilevando che la sede della società incorporante non si trovi in uno dei luoghi ivi indicati (in questo senso, sul presupposto che la fusione comporti una situazione del tutto analoga a quella della successione universale, Cass. n. 6177/1996; sembra che il principio debba rimanere fermo dopo la novella di cui all'art. 2504-bis c.c., in forza del quale la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l'estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell'ipotesi di fusione paritaria, ma attua l'unificazione mediante l'integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità come chiarito da Cass. S.U., n. 2637/2006). In tema di repressione di condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 l. n. 300/1970 (St. lav.), ai fini della determinazione della competenza per territorio è rilevante il luogo di commissione del comportamento denunciato, ovvero il luogo in cui venga di fatto impedito al lavoratore di svolgere la sua attività di rilevanza sindacale, non già il luogo in cui tale comportamento è stato deliberato (Cass. n. 8938/2011; Cass. n. 23895/2004) ovvero ha prodotto gli effetti (Cass. n. 11246/1997). Ed inoltre, l'azione per ottenere l'accertamento e la repressione di una condotta discriminatoria sul lavoro, ed il conseguente risarcimento del danno, rientra, ai sensi dell'art. 28 d.lgs. n. 150/2011, nella competenza per territorio del tribunale nel cui circondario il ricorrente ha il domicilio, risultando irrilevante, stante il rinvio all'art. 15 st. lav. operato dall'art. 4 d.lgs. n. 216/2003, - a sua volta richiamato dall'art. 34, comma 34, lett. a), d.lgs. n. 150/2011 - la natura privata o pubblica del rapporto di lavoro e risultando preminenti le finalità sottese alla tutela antidiscriminatoria, in quanto volta alla piena realizzazione del fondamentale principio di uguaglianza (Cass. n. 3936/2017). In tema di appalto di opere e servizi, il lavoratore che agisca contro l'appaltatore ed il committente, facendo valere, nei confronti di quest'ultimo, la responsabilità solidale con il primo ai sensi dell'art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, può adire il giudice del luogo ove si trova la dipendenza aziendale cui è addetto anche per la domanda proposta nei confronti del committente, dovendosi ritenere che tra questa e quella proposta nei confronti dell'appaltatore ricorra una particolare connessione, che, in analogia con le ipotesi più intense exart. 31 ss., consente di instaurare, anche in deroga ai fori speciali inderogabili di cui all'art. 413, un unico giudizio davanti al giudice territorialmente competente per l'una o l'altra delle cause connesse (Cass. n. 3086/2017). Qualora l'armatore proponga opposizione all'esecuzione avverso il pignoramento di una propria nave, in conseguenza di controversia individuale di lavoro marittimo, è competente a conoscere del processo il giudice del lavoro, ai sensi dell'art. 618-bis, comma 1, e l'individuazione del giudice territorialmente competente deve essere effettuata in base ai criteri fissati dall'art. 603 cod. nav., in quanto, anche dopo la sentenza n. 29 del 1976 della Corte costituzionale, esso conserva vigore per quanto attiene ai criteri di determinazione della competenza territoriale, non essendo stato abrogato, né esplicitamente, né implicitamente, dalla legge 11 agosto 1973, n. 533, non trovando applicazione la disciplina di cui all'art. 643 cod. nav. (Cass. n. 5725/2021). Rapporti tra fori specialiI fori speciali esclusivi, alternativamente concorrenti tra loro, indicati dall'art. 413, comma 2 e 3, per individuare il giudice territorialmente competente in una controversia individuale di lavoro subordinato, come si è visto, sono tre e, cioè, quello ove è sorto il rapporto, quello ove si trova l'azienda e quello della dipendenza ove il lavoratore è addetto (o prestava la sua attività lavorativa alla fine del rapporto), senza che gli ultimi due possano intendersi compendiati unitariamente in quello di svolgimento della prestazione lavorativa e senza che sia dato argomentare diversamente, né in base al disposto l. n. 128/1992, relativa ai rapporti di lavoro di cui all'art. 409, n. 3, né in base a quello dell'art. 40 d.lgs. n. 80/1998 per le controversie relative al pubblico impiego, attese le peculiarità delle situazioni ivi regolate, alla cui stregua sono altresì da escludere dubbi di illegittimità costituzionale del sistema. (Cass. n. 24695/2010, concernente domanda proposta da un informatore scientifico nei confronti della società datrice di lavoro, nel ritenere corretta la qualificazione del domicilio del lavoratore quale dipendenza aziendale operata dal giudice di merito, ha escluso che si potesse far coincidere la nozione di dipendenza aziendale con l'intero territorio di attività della società, trattandosi di criterio privo di fondamento normativo; nello stesso senso in precedenza Cass. n. 1190/1999; Cass. n. 5704/1998). Le controversie di lavoro possono alternativamente radicarsi presso uno qualsiasi dei tre fori ivi indicati, a scelta dell'attore, sia esso il lavoratore o il datore di lavoro o il lavoratore (Cass. n. 1771/1993). La competenza per territorio nelle controversie di lavoro parasubordinatoLa formulazione del comma 4 della disposizione in commento, concernente la competenza per territorio in ordine alle controversie previste dall'art. 409, n. 3, è stata introdotta mediante l'art. 1 l. n. 128/1992. Per effetto della novella, è in proposito competente il tribunale del luogo dove il lavoratore ha il proprio domicilio. Con particolare riguardo alla competenza territoriale per le controversie di lavoro parasubordinato, la norma in commento fa riferimento al domicilio, ex art. 43 c.c., quale sede principale degli affari ed interessi, che si presume coincidente con la residenza, non potendosi ritenere, di norma, che il domicilio si trovi nel luogo cui la persona si rapporta nei limiti della prestazione lavorativa (Cass. n. 3932/2024). Si tratta di un foro esclusivo e non alternativo e concorrente con gli altri (Cass. n. 11339/2010; Cass. n. 15264/2008; Cass. n. 17882/2007). Non si tratta del domicilio che il lavoratore ha al momento della proposizione della domanda, bensì di quello presso il quale ha avuto lo svolgimento dell'attività lavorativa (Cass. n. 841/2005). Nelle controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A., la competenza per territorio va determinata, secondo quanto previsto dall'art. 413, comma 5, c.p.c. in coerenza con la finalità legislativa di rendere più funzionale e celere il processo, radicando la cognizione nei luoghi normalmente vicini alla residenza del dipendente, nei quali sono più agevolmente reperibili gli elementi probatori necessari al giudizio; ne deriva che il giudice competente dev'essere individuato in relazione al luogo in cui si trova la sede di effettivo servizio del dipendente (purché dotata di un minimo di struttura sufficiente per la sua operatività), e non al luogo in cui viene effettuata la gestione amministrativa del rapporto, anche nel caso in cui vi sia un'assegnazione temporanea da un ufficio all'altro della stessa amministrazione (Cass. n. 6458/2018, che ha ritenuto sussistente la competenza per territorio del tribunale del lavoro nel cui circondario era situato l'istituto scolastico, a cui il dipendente, destinato stabilmente ad altro istituto, era stato temporaneamente assegnato). In caso di rapporto cessato precedentemente all'instaurazione del giudizio, dunque, il foro individuato con riferimento al domicilio in cui si svolge o si è svolta l'attività del lavoratore parasubordinato, non è applicabile (Cass. n. 25023/2006). È stata ritenuta costituzionalmente compatibile la previsione di applicabilità della disposizione nel solo caso di parasubordinazione e non anche in quello di lavoro subordinato svolto al di fuori della sede o della dipendenza dell'azienda (Corte cost. n. 126/1999). La competenza per territorio nelle controversie di pubblico impiegoIl comma 5 dell'art 413, introdotto dall'art. 40 d.lgs. n. 80/1998, nel prevedere la competenza territoriale del giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto, deve essere inteso nel senso che la individuazione del foro speciale per le controversie dei dipendenti pubblici ha carattere esclusivo e non concorrente (Cass. n. 11831/2002). Nelle controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, poi, la competenza per territorio va determinata, secondo quanto previsto dall'art. 413, in relazione al luogo in cui si trovava l'azienda o la sua dipendenza ove il dipendente prestava servizio al momento della fine dell'incarico, intendendosi per tale la sede di effettivo servizio e non la sede in cui è effettuata la gestione amministrativa del rapporto secondo le regole interne delle singole amministrazioni (Cass. n. 21562/2007, resa in una controversia sul rapporto di lavoro di un insegnante che era gestito dal centro servizi amministrativi di città diversa da quella in cui il dipendente aveva prestato servizio). Si è di recente chiarito che, nelle controversie relative al rapporto di lavoro delle persone detenute, non è applicabile il criterio di competenza territoriale di cui all'art. 413, comma 5, da intendersi specificamente riferito ai rapporti di lavoro pubblico, mentre sono applicabili i criteri previsti dall'art. 413, comma 2, trattandosi di prestazioni svolte - sia pure per il perseguimento dell'obbiettivo di fornire alle persone detenute occasioni di lavoro e sotto la gestione degli istituti di pena, all'interno o all'esterno degli stessi penitenziari - nell'ambito di una struttura aziendale finalizzata alla produzione di beni per il soddisfacimento di commesse pubbliche e private, con conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro privato. Ne consegue che, intercorrendo detto rapporto con il Ministero della giustizia, il quale, per il tramite del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, esercita un ruolo fondamentale su rilevanti aspetti organizzativi dell'attività produttiva realizzata nei singoli istituti, e, quindi, va considerato quale centro di direzione e coordinamento delle strutture aziendali che fanno capo ai singoli istituti, in applicazione del criterio di collegamento stabilito dall'art. 413, comma 2, costituito dalla sede dell'azienda (ossia del luogo in cui l'azienda viene gestita), sussiste la competenza del Tribunale di Roma, ferma restando l'operatività degli altri due fori alternativi, ivi enunciati, a scelta della parte attrice (Cass. n. 12205/2019). La competenza territoriale del giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto non è esclusa dalla circostanza che la controversia sia sorta nel momento in cui il dipendente era addetto ad altro ufficio, ricompreso in altra circoscrizione, attesa la ratio della disposizione, posta a favore del lavoratore per garantire il minor disagio possibile nell'esercizio dei diritti in sede giudiziaria (Cass. n. 15344/2004). Il successivo comma 6 esclude l'applicazione del foro erariale. Il foro generale delle personeIl comma 7 della disposizione in commento istituisce un foro non già alternativo rispetto agli altri precedentemente indicati bensì sussidiario. Quantunque sia richiamato soltanto il generale delle persone fisiche, ex art. 18, ossia il luogo di residenza, domicilio o dimora del convenuto e, in difetto, dell'attore, si ritiene pacificamente che il rinvio si estenda anche al successivo art. 19, dettato in tema di foro generale delle persone giuridiche. La previsione ha trovato applicazione con riguardo alla controversia promossa nei confronti di un imprenditore privato per l'adempimento dell'obbligo di assunzione derivante da contratto preliminare. In tal caso, difatti, non può farsi riferimento, ai fini della determinazione della competenza territoriale, al luogo in cui è sorto il rapporto e agli altri criteri dettati dal comma 2 dell'art. 413, essendo tale norma operante solamente con riguardo alle pretese inerenti ad un rapporto di lavoro già costituito, con la conseguenza che deve farsi ricorso ai criteri del foro generale di cui all'art. 18 (e implicitamente art. 19) richiamati in via sussidiaria dallo stesso art. 413, salva l'applicazione dell'art. 33 nell'ipotesi di connessione con altra domanda (Cass. n. 4707/1998; Cass. n. 9321/1996). In seguito è stato però affermato che anche rispetto alla domanda proposta da lavoratori invalidi avviati obbligatoriamente e diretta alla costituzione del rapporto di lavoro e al risarcimento danni per la mancata assunzione, operano in modo alternativo e concorrente tutti e tre i fori previsti dall'art. 413, dovendosi stabilire un'equazione fra rapporto di lavoro già costituito e rapporto di lavoro virtuale, la cui costituzione rappresenti tuttavia l'oggetto del vincolo nascente a carico del datore di lavoro dal sistema delle assunzioni obbligatorie, con la conseguenza, da un lato, che il primo dei fori indicati dalla norma va identificato in relazione alla sede dell'ufficio del lavoro che ha emesso il provvedimento di avviamento (atto che, pur non determinando de iure il sorgere del rapporto, è il titolo costitutivo dell'obbligo del datore di lavoro) e, dall'altro, che è consentita l'utilizzazione anche del foro della dipendenza aziendale, in relazione alla quale il servizio del collocamento, nella sua competente articolazione locale, ha emesso quel provvedimento (Cass. n. 11043/2001). Al di là della fattispecie menzionata, in dottrina è stato osservato che, essendo sempre individuabile il forum contractus, l'applicazione del foro della persona fisica o giuridica può trovare applicazione solo in caso di rapporto di lavoro sorto all'estero (Tarzia, 91). L'inderogabilità dei criteri previstiL'ultimo comma della norma in commento commina la sanzione di nullità delle clausole derogative della competenza per territorio: ciò vuol dire che i menzionati criteri di competenza sono inderogabili. E cioè, la competenza territoriale in ordine alle controversie di lavoro e previdenziali è inderogabile, non rilevando in senso contrario l'adesione dell'attore all'eccezione sollevata dal convenuto o la (inammissibile) rinuncia di quest'ultimo all'eccezione già ritualmente proposta (Cass. n. 1381/2017). Inoltre la nullità, prevista dall'art. 413, ult. comma, c.p.c., delle clausole derogative della competenza per territorio del giudice del lavoro non riguarda soltanto i rapporti elencati dall'art. 409 c.p.c., ma anche quelli ad essi avvinti da uno stretto collegamento negoziale (Cass. n. 1909/2024). Tale previsione riguarda, attese la ratio e l'ampia formulazione della norma, anche le pattuizioni che, imponendo l'adozione di uno solo di essi, limitino la facoltà dell'attore di scegliere uno dei fori alternativamente previsti dal secondo comma dello stesso articolo (Cass. n. 6100/1988). 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