Codice di Procedura Civile art. 431 - Esecutorietà della sentenza 1 2 .

Mauro Di Marzio

Esecutorietà della sentenza 12.

[I]. Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all'articolo 409 sono provvisoriamente esecutive.

[II]. All'esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo [429 1], in pendenza del termine per il deposito della sentenza [430].

[III]. Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all'altra parte gravissimo danno [433 2].

[IV]. La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso, l'esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di 258,23 euro.

[V]. Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli 282 e 283  3.

[VI]. Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile [177 3 n. 2] che l'esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi (2).

[VII]. Se l'istanza per la sospensione di cui al terzo ed al sesto comma è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio 4.

 

 

[1] Articolo sostituito dall'art. 1, comma 1, l. 11 agosto 1973 n. 533.

[3] Comma aggiunto dall'art. 69 l. 26 novembre 1990, n. 353.

[4] Comma aggiunto dall'art. 27 della l. 12 novembre 2011, n. 183 . Ai sensi dell'art. 36 della legge n. 183, cit., la modifica ha vigore a decorrere dai trenta giorni successivi al 1° gennaio 2012.

Inquadramento

Beneficiario dell'esecutività contemplata dalla disposizione era inizialmente il solo prestatore nell'ambito dei rapporti previsti dall'art. 409. A seguito della novella del 1990, che ha riformulato anche l'art. 431, però, anche le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive alla stregua degli artt. 282 e 283. 

Ciò non vuol dire, tuttavia, che tutte le sentenze rese in materia di lavoro siano provvisoriamente esecutive, giacché tali possono essere soltanto quelle sentenze dotate di attitudine all'esecuzione, ovvero, appunto, le sentenze di condanna. Anche con riguardo alle controversie di lavoro, dunque, sorge la questione dell'identificazione dell'ambito entro il quale le sentenze di condanna possono pronunciarsi. Il punto, in proposito, è se vi sia o meno un inscindibile collegamento tra condanna ed eseguibilità: se, quindi, possa aversi pronuncia di condanna soltanto laddove essa sia passibile di esecuzione forzata ovvero se, al contrario, siano ammissibili sentenze di condanna non eseguibili coattivamente.

Se si afferma, propendendo per la prima soluzione, che il principio nemo precise ad factum cogi potest opera non soltanto in sede esecutiva, ma anche in sede di cognizione, si perviene infatti alla conclusione che i diritti non realizzabili coattivamente (tra i quali i diritti ad un fare infungibile) sono privi di tutela di condanna. Si può dire, semplificando, che la asserita correlazione tra condanna ed eseguibilità si risolve in ciò, che la pronuncia di una condanna non suscettibile di esecuzione non arrecherebbe alcuna utilità all'attore vincitore. Ma se l'attore chiede una pronuncia di condanna che, una volta pronunciata, non gli arrecherà alcuna utilità, egli non ha interesse ad essa, giacché non può esservi interesse giuridicamente rilevante ad una pronuncia giurisdizionale inutile. Dunque, non vi è interesse alla pronuncia di una statuizione di condanna non eseguibile (Cass. n. 7369/2009).

Secondo altra impostazione si sostiene che tale interesse sussisterebbe comunque, poiché anche una condanna non eseguibile potrebbe indurre anzitutto il destinatario a darle esecuzione spontanea e, in ogni caso, questa potrebbe essere perseguita per altre vie.

La giurisprudenza, con specifico riguardo alla disposizione in commento, è divisa. Si afferma talora che il comma 1 della norma riguarda i soli diritti a contenuto pecuniario (Cass. n. 3738/1985).  Così, ad esempio, le sentenze che accertano il diritto del lavoratore a una qualifica superiore e condannano il datore di lavoro all'attribuzione di detta qualifica non sono suscettibili di esecuzione forzata, non potendo l'attribuzione della qualifica e il conferimento delle relative mansioni avvenire senza la cooperazione del debitore; ne consegue che, pur essendo ammissibile un'azione di condanna del datore di lavoro alla prestazione di un "facere" infungibile, attesa l'idoneità della relativa decisione a produrre i suoi normali effetti mediante l'eventuale esecuzione volontaria dell'obbligato e a costituire inoltre il presupposto per ulteriori conseguenze giuridiche derivanti dall'inosservanza dell'ordine in essa contenuto, resta esclusa in capo al lavoratore la titolarità dell'azione esecutiva (Cass. n. 7576/2018). Altre volte è stato stabilito che l'espressione «crediti» comprende tutte le obbligazioni che trovano titolo in uno dei rapporti di cui all'art. 409 (Cass. n. 4424/1984).

Anche con riguardo alle sentenze di lavoro, inoltre, si pone la questione del capo condannatorio di sentenza non condannatoria, questione in particolare affrontata dalla giurisprudenza con riguardo alla statuizione sulle spese. Come si sa, secondo un primo indirizzo, la condanna alle spese di giudizio contenuta nella sentenza di primo grado può costituire titolo esecutivo, a norma dell'art. 474, soltanto nel caso in cui essa risulti accessoria ad una sentenza di condanna esecutiva, ma non quando consegua alla decisione di rigetto della domanda oggetto del giudizio (Cass. n. 9236/2000). In tempi più recenti, tuttavia, la S.C. ha aderito alla soluzione opposta, affermando che a norma dell'art. 282, come novellato, che ha introdotto nell'ordinamento la regola dell'immediata efficacia endoprocessuale di qualsiasi pronuncia di condanna, sono provvisoriamente esecutivi tutti i capi della sentenza che contengono una condanna, compreso il capo contenente la condanna alle spese del giudizio nei casi in cui la sentenza accolga azioni non di condanna oppure rigetti qualsiasi tipo di domanda (Cass. n. 16262/2005; Cass. n. 16263/2005).

L'esecuzione intrapresa sulla base del dispositivo

Il comma 2 della disposizione in commento è da intendere nel senso che il dispositivo vale quale titolo esecutivo in favore del solo lavoratore (Cass. n. 2522/2000).

Peraltro, l'ambito di applicazione della norma si è fortemente ridotto per effetto della novella del comma 1 dell'art. 429, il quale prevede come regola che il giudice del lavoro decida la causa mediante lettura contestuale del dispositivo e della motivazione. Un'esecutività del solo dispositivo, pertanto, può ad oggi configurarsi solo nell'ipotesi di causa di particolare complessità, per la quale il giudice stabilisca un termine di deposito della sentenza non eccedente i 60 giorni, ovvero di sentenza d'appello pronunciata ai sensi dell'art. 437 mediante lettura del dispositivo.

Tenuto conto del riferimento al « termine per il deposito della sentenza » (art. 431, comma 2), si è posto il quesito dell'efficacia esecutiva del dispositivo una volta spirato il termine per il deposito della sentenza di 15 giorni previsto dall'art. 430, nonché dell'effetto sull'esecuzione eventualmente intrapresa di detto deposito. Sulla questione, che vedeva parte della dottrina sostenere la tesi secondo cui il dispositivo doveva ritenersi esecutivo solo per i 15 giorni indicati, è intervenuta la S.C., a Sezioni Unite, la quale ha stabilito che il dispositivo consente di procedere all'esecuzione forzata anche dopo il decorso del termine di quindici giorni per il deposito della sentenza e indipendentemente dalla effettuazione di tale deposito (Cass. S.U., n. 1464/1979; Cass. n. 11517/1995).

Secondo la giurisprudenza, dunque, il dispositivo conserva la sua efficacia esecutiva anche dopo il decorso del termine di 15 giorni e nonostante il già avvenuto deposito della sentenza: sicché è legittima l'esecuzione forzata iniziata sulla base del solo dispositivo, nonostante che nel frattempo sia già stata depositata la sentenza.

La sospensione dell'esecuzione

I commi 3 e 4 dell'art. 431 contemplano un'ipotesi di sospensione dell'esecuzione provvisoria del dispositivo della sentenza favorevole al lavoratore, cosicché l'ordinanza di sospensione adottata sulla base delle richiamate disposizioni condiziona l'efficacia del titolo fatto valere al successo dell'impugnazione proposta contro la sentenza di primo grado e non pone nel nulla il pignoramento.

Pertanto, l'esecuzione, una volta iniziata, non può essere dichiarata estinta per la contingente ragione che è stata sospesa una parte dell'esecutività del titolo, conseguendo tale evento solo a fatti inerenti il processo esecutivo e non già a vicende proprie del titolo fatto valere per l'esecuzione (Cass. n. 15021/2000).

La sospensiva prevista dalla disposizione in commento, destinata ad essere chiesta mediante l'appello con riserva dei motivi di cui al comma 2 dell'art. 433, presuppone la già intrapresa esecuzione (Cass. n. 2171/1989).

Avverso l'ordinanza con la quale il giudice d'appello sospende in tutto o in parte la provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado ex art. 431, non è esperibile il ricorso per cassazione, ex art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento cautelare privo di contenuto decisorio, in quanto destinato ad operare per la durata del giudizio di secondo grado ed a restare assorbito dalla sentenza che lo conclude (Cass. S.U., n. 4954/1997; Cass. n. 564/1998; Cass. n. 11723/2001).

In parallelo a quanto attualmente disposto dall'art. 283, la disposizione in commento, come novellata dalla l. n. 183/2011, in conformità a quanto previsto per l'art. 283 ha previsto che, in caso di inammissibilità o di manifesta infondatezza dell'istanza di sospensiva, la parte richiedente possa essere condannata ad una pena pecuniaria compresa tra € 250 e € 10.000. La disposizione si applica a far data dal 1° febbraio 2012 ai sensi del comma 2 dell'art. 27 della citata legge.

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