Codice di Procedura Civile art. 499 - Intervento 1 .Intervento 1. [I]. Possono intervenire nell'esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214 del codice civile. [II]. Il ricorso deve essere depositato prima che sia tenuta l'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530, 552 e 569, deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata [510 2, 541, 542, 596] e la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. Se l'intervento ha luogo per un credito di somma di denaro risultante dalle scritture di cui al primo comma, al ricorso deve essere allegato, a pena di inammissibilità, l'estratto autentico notarile delle medesime scritture rilasciato a norma delle vigenti disposizioni. [III]. Il creditore privo di titolo esecutivo che interviene nell'esecuzione deve notificare al debitore, entro i dieci giorni successivi al deposito, copia del ricorso, nonché copia dell'estratto autentico notarile attestante il credito se l'intervento nell'esecuzione ha luogo in forza di essa. [IV]. Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, con atto notificato o all'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati ai sensi del primo periodo entro il termine di trenta giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. [V]. Con l'ordinanza con cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530, 552 e 569 il giudice fissa, altresì, udienza di comparizione davanti a sé del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, disponendone la notifica a cura di una delle parti. Tra la data dell'ordinanza e la data fissata per l'udienza non possono decorrere più di sessanta giorni. [VI]. All'udienza di comparizione il debitore deve dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi egli intenda riconoscere in tutto o in parte, specificando in quest'ultimo caso la relativa misura. Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo. In tutti i casi il riconoscimento rileva comunque ai soli effetti dell'esecuzione. I creditori intervenuti i cui crediti siano stati riconosciuti da parte del debitore partecipano alla distribuzione della somma ricavata per l'intero ovvero limitatamente alla parte del credito per la quale vi sia stato riconoscimento parziale. I creditori intervenuti i cui crediti siano stati viceversa disconosciuti dal debitore hanno diritto, ai sensi dell'articolo 510, terzo comma, all'accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero, sempre che ne facciano istanza e dimostrino di avere proposto, nei trenta giorni successivi all'udienza di cui al presente comma, l'azione necessaria affinché essi possano munirsi del titolo esecutivo.
[1] Articolo così sostituito, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e) n. 7 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. in l. 14 maggio 2005, n. 80, come sostituito dall'art. 1 3 lett. c) l. 28 dicembre 2005, n. 263, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2 3-sexies d.l. n. 35, cit., sub art. 476. Il testo precedente recitava: «[I]. Oltre i creditori indicati nell'articolo precedente, possono intervenire nella esecuzione gli altri creditori, ancorché non privilegiati. [II]. Il ricorso deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione». InquadramentoL'intervento nell'espropriazione forzata individuale è volto alla realizzazione del principio della par condicio creditorum, principio che, peraltro, dopo la riforma del 2005, ha assunto valenza solo tendenziale essendo ammesso solo in specifiche ipotesi l'intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo. L'interpretazione delle richieste formulate con l'atto di intervento nel processo esecutivo, analogamente a quelle proposte con la domanda giudiziale alla quale è affine l’istituto dell’intervento, è demandata al giudice di merito, il cui giudizio si risolve in un accertamento di fatto (incensurabile in cassazione se congruamente ed adeguatamente motivato), che deve riguardare l'intero contesto dell'atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo conto della sua formulazione testuale nonché del suo contenuto sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intenda perseguire (Cass. III, n. 9011/2015). L’intervento deve essere effettuato con il patrocinio di un difensore ed in mancanza il ricorso per intervento deve ritenersi non affetto da semplice nullità sanabile, ma giuridicamente inesistente, e quindi assolutamente inidoneo allo scopo, che è quello di consentire al creditore di partecipare alla distribuzione della somma ricavata e, se il suo credito è basato su titolo esecutivo, di compiere o richiedere gli altri atti esecutivi (Cass. n. 15184/2003). L'intervento è tempestivo se effettuato entro l'udienza che dispone la vendita o l'assegnazione. Il creditore chirografario che interviene tardivamente, potrà soddisfarsi solo sulle somme eventualmente residuate alla soddisfazione degli altri creditori. Se l'intervento, pur in presenza di una delle condizioni legittimanti, non è titolato, viene fissata un'udienza nel contraddittorio tra il debitore ed il creditore intervento all'esito della quale il debitore può riconoscere, in tutto o in parte, il credito con efficacia meramente endoprocedimentale. Se tale riconoscimento non avviene, il creditore che dimostri di aver proposto entro trenta giorni dall'udienza a ciò destinata l'azione giudiziaria per munirsi del titolo esecutivo, ha diritto ad un accantonamento delle somme per un periodo di tre anni. Finalità dell'intervento nell'esecuzioneNell'espropriazione forzata cui ha dato impulso il creditore procedente è riconosciuto il diritto di intervento di altri creditori del medesimo debitore in vista della realizzazione del principio della par condicio creditorum, in via almeno tendenziale, anche nell'espropriazione forzata individuale in omaggio al disposto dell'art. 2740 c.c. Nel nostro sistema processuale si attribuiva, sino ad un recente passato, valenza estensiva a siffatto principio, essendo consentito l'intervento anche da parte di creditori non muniti di titolo esecutivo. Peraltro, la circostanza che per i crediti non titolati si innestavano molte controversie in sede distributiva, ha indotto il legislatore, mediante la riforma realizzata dalla l. n. 80/2005, ad attenuare la portata del principio della par condicio creditorum, consentendo in linea di principio l'intervento dei soli creditori muniti di titolo esecutivo (salve le eccezioni previste dalla norma in commento). Il creditore pignorante, che intenda far valere nel processo già instaurato un ulteriore credito nei confronti del medesimo debitore, può intervenire nell'esecuzione ai sensi degli artt. 499 ss., purché in possesso dei generali requisiti occorrenti ai fini della relativa legittimazione (Cass. n. 3656/2013). Il ricorso per intervento, recante istanza di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, è equiparabile alla "domanda proposta nel corso di un giudizio" idonea, a mente dell'art. 2943, comma 2, c.c., ad interrompere la prescrizione dal giorno del deposito del ricorso ed a sospenderne il corso sino all'approvazione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita (Cass. III, n. 14602/2020). Peraltro è stato precisato che per richiedere, in sede esecutiva, i ratei di credito successivi a quelli quantificati nel precetto, e basati sul medesimo titolo, non è necessario, per il creditore, intimare un ulteriore precetto, potendo tener luogo di un formale atto di intervento, ove tanto non leda i diritti del debitore o di altri eventuali creditori, la menzione di detti ratei nella c.d. nota di precisazione del credito, depositata ai fini dell'ordinanza determinativa delle somme necessarie per la conversione (Cass. III, n. 22645/2012). Sotto altro profilo, è stato precisato che quando la cessione del credito avviene a processo esecutivo iniziato ed il cessionario del credito intenda esercitare la facoltà di intervenire, ai sensi dell'art. 111, comma 3, c.p.c., applicabile anche al processo esecutivo, ai fini di questo intervento, non è necessario il deposito di un nuovo ricorso, contenente gli elementi previsti dal secondo comma dell'art. 499 ma è sufficiente che il cessionario manifesti la sua volontà di subentrare in luogo del cedente, dando prova del negozio di cessione ed avvalendosi dell'assistenza di un difensore munito di procura alle liti, con modalità idonee a non ledere i diritti del debitore o degli altri creditori (Cass. n. 7780/2016). Presupposti dell'interventoPrima dell'emanazione della l. 14 maggio 2005, n. 80, era possibile l'intervento nel processo esecutivo già incardinato da un altro creditore c.d. procedente, anche ad iniziativa di colui il quale non fosse munito di titolo esecutivo e supportasse la propria domanda di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata solo mediante la produzione di documentazione unilaterale, ad esempio, una fattura commerciale (cfr., tra le molte, Cass. III, n. 18856/2008). In tale assetto, si riteneva, quindi, che ai fini dell' intervento nel processo esecutivo e della partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, è sufficiente la titolarità di un credito liquido, cioè determinato nel suo ammontare, esigibile, ossia non soggetto a termine o condizione, e certo, nel senso generico di individuato in tutti i suoi elementi; non è invece necessario il possesso di un titolo esecutivo, di cui il creditore ha bisogno soltanto per poter compiere atti di impulso, e che può quindi acquisire anche in un momento successivo all'intervento, purchè prima del compimento dell'atto di impulso (Cass. III, n. 15219/2005). Sul piano degli oneri di allegazione e documentazione, costituiva principio consolidato in giurisprudenza l'assunto per il quale ai fini dell' intervento nel processo esecutivo, l'art. 499, comma 1 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in l. 28 dicembre 2005, n. 263), laddove prevede che il ricorso “deve contenere l'indicazione del credito e del titolo di esso”, impone due oneri di allegazione, consistenti nell'individuazione del diritto di credito dell'interveniente e nella indicazione del documento che, pur non costituendo titolo esecutivo, sia rappresentativo del credito medesimo, mentre non é necessaria, ai fini dell'ammissibilità dell'intervento, la produzione di tale documento (Cass. III, n. 23145/2014). L'art. 499, nonché gli artt. 525,528,551 e 564, dettati rispettivamente per le espropriazioni mobiliare, per quella presso terzi e per l'espropriazione immobiliarie circoscrivono l'intervento dei creditori, anzitutto, a coloro che sono titolari di crediti aventi le caratteristiche formali e sostanziali di titolo esecutivo e, secondariamente, ai creditori che, al momento del pignoramento, seppur non muniti di titolo esecutivo, avevano effettuato un sequestro sui beni pignorati ovvero erano titolari di un diritto di pegno o di un diritto di prelazione risultante da pubblici registri. Una ulteriore eccezione è stata fatta per i crediti degli imprenditori, che si avvalgono delle scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c., nel senso che è a costoro consentito l'intervento, anche se non muniti di titolo esecutivo, se la loro istanza viene corredata con un estratto autentico delle loro scritture contabili dal quale risulti la esistenza del credito al momento del pignoramento (Castoro, 287). La S.C. ha di recente chiarito che il creditore il quale, al momento del pignoramento, ha un diritto di prelazione risultante da pubblici registri, può intervenire nel processo di espropriazione forzata anche se non munito di titolo esecutivo, senza che siano necessari il deposito e la notifica dell'estratto autentico notarile delle scritture contabili, adempimenti che sono invece prescritti per i creditori “sine titulo” titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c. (Cass. III, n. 15996/2022). Nella prassi si è ritenuto, poi, che non è sufficiente per l'ammissibilità dell'intervento di un creditore privo di titolo esecutivo la produzione di documenti diversi dagli estratti autentici notarili di vere e proprie scritture contabili e neppure la documentazione che sarebbe idonea a supportare la richiesta di un provvedimento monitorio (Trib. Cuneo 21 gennaio 2008, Giur. mer., 2009, n. 2, 415, con nota di Tesio). Tempestività dell'interventoLa domanda di intervento, ossia di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita, deve essere depositata prima che sia celebrata l'udienza in cui viene disposta la vendita o l'assegnazione. L'intervento può peraltro essere effettuato anche in un momento successivo, ma sarà considerato tardivo. La S.C. ha chiarito che la norma in esame, pur ammettendo che l'intervento possa essere effettuato nel corso dell'udienza per l'assegnazione delle somme pignorate, richiede comunque l'indicazione degli elementi elencati al comma 2, ovvero il nominativo del creditore, l'entità del credito, il relativo titolo, la domanda di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza, o l'elezione di domicilio, nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione (Cass. n. 3966/2016). Riconoscimento del credito da parte del debitoreIl giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza con la quale dispone la vendita o l'assegnazione ai sensi degli artt. 530,552 e 569 fissa anche una udienza di comparizione avanti a sé del debitore e dei creditori intervenuti non muniti di titolo esecutivo, disponendo che la detta ordinanza venga notificata agli interessati a cura di una delle parti. La S.C. ha precisato che, in caso di intervento nell'espropriazione immobiliare di un creditore privo di titolo esecutivo, ma titolare di garanzia ipotecaria prestata dall'esecutato per il debito di un soggetto estraneo al processo esecutivo, all'udienza di verifica dei crediti devono essere convocati sia l'esecutato, sia il debitore principale, il quale è legittimato a dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi "sine titulo" intenda riconoscere (in tutto o in parte) ovvero disconoscere (Cass. III, n. 15996/2022). All'udienza di comparizione il debitore comparso deve dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi egli intende riconoscere in tutto o in parte, specificando in quest'ultimo caso la relativa misura. Se il debitore, benché ritualmente e tempestivamente convocato, non compare si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo (Castoro, 300). In tutti i casi, il riconoscimento, esplicito o presunto, rileva ai soli effetti dell'esecuzione, ovvero ha valenza meramente endoprocessuale, con la conseguente successiva possibilità per il debitore esecutato di contestare il credito implicitamente riconosciuto in un giudizio a cognizione piena ed esauriente. Viene quindi a formarsi un titolo esecutivo endoprocessuale (Bove (-Balena), 185). La Corte di cassazione ha precisato, con una recente decisione, che il predetto sub-procedimento di verifica dei crediti dei creditori intervenuti senza titolo esecutivo costituisce requisito per l'accesso degli stessi alla distribuzione del ricavato e presidia un interesse pubblico processuale alla regolarità e celerità della ripartizione , sicché compete ex officio al giudice, con l'ordinanza con cui è disposta la vendita o l'assegnazione, fissare un'apposita udienza per la comparizione del debitore e dei suddetti creditori, disponendone la notifica a cura di una delle parti. Pertanto, se il giudice non fissa d'ufficio l'udienza, è onere dello stesso creditore interessato avanzare tempestiva istanza affinché l'udienza si svolga durante la fase liquidativa del processo esecutivo, con la conseguenza che, una volta iniziata la fase distributiva, non possono essere accolte né la richiesta volta alla fissazione dell'udienza di verifica del credito, né quella volta alla rimessione in termini del creditore rimasto inerte (Cass. III, n. 15996/2022).
Accantonamento delle somme in favore dei creditori non titolatiI creditori intervenuti i crediti dei quali siano stati viceversa disconosciuti dal debitore hanno diritto, ai sensi dell'art. 510, comma 3, di vedersi accantonare le somme che ad essi spetterebbero, sempre che ne facciano istanza e dimostrino altresì di avere proposto, nei trenta giorni successivi all'udienza di comparizione di cui sopra, l'azione necessaria a procurarsi il titolo esecutivo. Non è indicato il momento nel quale il creditore deve chiedere l'accantonamento: ferma la necessità che il creditore abbia proposto tempestiva azione per munirsi del titolo esecutivo, la richiesta dovrebbe potersi effettuare sino all'udienza di distribuzione del ricavato (Ziino, 260). Tale accantonamento è peraltro limitato al tempo ritenuto necessario dal Giudice dell'esecuzione e comunque per un periodo non superiore a tre anni, sicché il creditore potrebbe perdere il diritto all'accantonamento per vicende processuali indipendenti dalla propria volontà. In sede applicativa, si è ritenuto che in sede di distribuzione del ricavato, i creditori intervenuti in base ad un titolo esecutivo successivamente revocato, ove ancora sub iudice hanno diritto all'accantonamento di somme, in applicazione analogica degli art. 499 comma ultimo e 510 (Trib. Padova 13 febbraio 2007, Giur. mer., 2008, n. 1, 163, con nota di Pisanu). Contestazioni sull'interventoLa contestazione da parte del creditore procedente — o di quello intervenuto in base a titolo esecutivo, ovvero in forza dei presupposti processuali speciali di cui alla seconda parte del primo comma dell'art. 499 — circa la ritualità, per carenza dei presupposti di ammissibilità, dell'intervento di altro creditore, non rientrante nelle categorie testé indicate, dà luogo, sempre che una lite siffatta non sia insorta in precedenza ad impulso di altri tra i soggetti del processo esecutivo, ad una controversia in sede distributiva non soggetta al termine ex art. 617, potendo, pertanto, essere instaurata dalla data del dispiegamento dell'intervento o da quella di conoscenza dello stesso (Cass. n. 15996/2022; Cass. n. 7107/2015). Analogamente, la doglianza con la quale un creditore eccepisce la tardività dell'intervento di un altro creditore va qualificata come controversia attinente alla distribuzione della somma ricavata — da risolversi ai sensi dell'art. 512 — e non come opposizione agli atti esecutivi, sicché può essere dispiegata anche nella fase finale della distribuzione, senza essere soggetta al termine di cui all'art. 617 (Cass. n. 7556/2011). In sostanza, la questione relativa all'ammissibilità dell'intervento di un creditore nel processo esecutivo può essere sollevata attraverso un'opposizione agli atti esecutivi, la cui decisione, non incidendo sul merito della pretesa fatta valere dall'intervento, viene emessa dal giudice dell'esecuzione con una pronuncia che ha un'efficacia limitata al provvedimento stesso, nel duplice senso della riproponibilità della domanda d'intervento se maturino in seguito le condizioni della sua ammissibilità e, rispettivamente, della successiva autonoma proponibilità, in sede di distribuzione della somma ricavata, di ogni eventuale questione inerente all'esistenza ed all'ammontare del credito e dei diritti di prelazione, secondo la previsione dell'art. 512 (Cass. n. 714/1987). E' stato poi precisato che, qualora il creditore, intervenuto nel processo esecutivo, proponga opposizione, a norma dell'art. 617 c.p.c., avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'inammissibilità dell'intervento medesimo, il giudice di tale opposizione ha il potere-dovere di sindacare detto provvedimento solo in relazione ai profili dedotti dall'istante, e, pertanto, non può rilevarne d'ufficio l'eventuale diversa ragione di illegittimità (Cass. n. 567/1985). BibliografiaAndrioli, Intervento dei creditori, in Enc. dir., XII, Milano, 1972, 515; Capponi, L'intervento del creditore sequestrante nel processo di espropriazione del bene successivamente pignorato, in Riv. dir. proc. 1987, 848; Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2017; Travi, Intervento dei creditori nell'esecuzione, in Nss. D.I., VIII, Torino, 1962, 976; Valcavi, Alcune questioni in materia di intervento nell'espropriazione forzata, in Riv. dir. proc. 1960, 56; Verde, Intervento e prova del credito nell'espropriazione forzata, Milano, 1968; Ziino, Commento all'art. 499, in La riforma del processo civile, a cura di Cipriani e Monteleone, Padova, 2007, 248 ss. |