Codice di Procedura Civile art. 547 - Dichiarazione del terzo.Dichiarazione del terzo. [I]. Con dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna (1). [II]. Deve altresì specificare i sequestri [670, 678 1] precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni [1264 1 c.c.] che gli sono state notificate o che ha accettato [550; 2914 1 n. 2 c.c.]. [III]. Il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante [269] nel termine perentorio [152 2, 153] fissato dal giudice [630]. (1) Comma sostituito dall'art. 19 d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv., con modif., in l. 10 novembre 2014, n. 162. A norma del comma 6, del medesimo articolo, le disposizioni di cui al presente comma si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione. Il testo recitava: «Con dichiarazione all'udienza o, nei casi previsti, a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna». L'art. 1, comma 20, l. 24 dicembre 2012, n. 228,aveva inserito le parole «o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata». Precedentemente l'art. 12 l. 24 febbraio 2006, n. 52 aveva sostituito il comma. Il testo recitava: «Con dichiarazione all'udienza il terzo, personalmente o a mezzo di mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna». InquadramentoL'espropriazione di cui agli artt. 543 ss. ruota intorno alla dichiarazione del terzo che, se positiva, rende specifico l'oggetto del pignoramento (Tarzia, 321). La riforma del 2014 ha completato il percorso iniziato dalla novella del 2006, nel senso che, attualmente, il terzo, a prescindere dalla natura del credito, non è più onerato di rendere la dichiarazione all'udienza bensì in forma scritta, a mezzo raccomandata o posta elettronica certificata. Si ritengono ammissibili forme equipollenti, come ad esempio fax e mail (Trapuzzano, 3). La dichiarazione resa dal terzo pignorato ex art. 547 c.p.c. deve avere necessariamente carattere positivo o negativo, con la conseguenza che ove essa sia "neutra", priva, cioè, di un espresso riconoscimento o una espressa negazione del proprio obbligo, va equiparata ad una dichiarazione non resa nei termini di legge e, dunque, in applicazione della regola cd. della ficta confessio, ad una dichiarazione positiva (Cass. n. 13223/2024). Laddove siano stati eseguiti sequestri sul credito o cessioni ed a fortiori nell'ipotesi di pignoramenti precedenti detti eventi dovranno essere rappresentati dal terzo nella dichiarazione. Modalità della dichiarazione del terzoLa dichiarazione positiva del terzo ha l'effetto di precludere a questi la possibilità di contestare quanto affermato, salva l'eliminazione di quanto dichiarato a seguito di riconoscimento di avere reso la dichiarazione per errore di fatto o violenza (Colesanti, 412; Travi, 962) e di rendere specifico l'oggetto del pignoramento (Tarzia, 321). In tema di espropriazione presso terzi, il terzo pignorato, nel rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., deve fornire indicazioni complete e dettagliate dal punto di vista oggettivo, in modo da consentire l'identificazione dell'oggetto della prestazione dovuta al debitore esecutato, compresi il titolo ed il “quantum” del credito pignorato; invece, dal punto di vista soggettivo, è necessario e sufficiente che dichiari quali siano i rapporti intrattenuti soltanto col soggetto che nell'atto di pignoramento è indicato come debitore sottoposto ad esecuzione, atteso che l'ambito soggettivo della dichiarazione del terzo è delimitato dall'ampiezza della direzione soggettiva dell'atto di pignoramento, rivolto sia nei confronti del terzo pignorato che del debitore esecutato, in base al titolo esecutivo azionato (Cass. n. 5037/2017). È incontroverso che il credito assoggettato al pignoramento deve essere esistente al momento della dichiarazione positiva resa dal terzo ovvero, per il caso di dichiarazione negativa e di instaurazione del giudizio volto all'accertamento del suo obbligo, al momento in cui è pronunciata la sentenza conclusiva di tale giudizio, restando invece irrilevante che il credito non esista al momento della notificazione del pignoramento (Cass. III, n. 12113/2013). Nel sistema tradizionale, il terzo pignorato era tenuto in ogni caso, ossia a prescindere dalla natura del credito del debitore oggetto di pignoramento, a rendere all'udienza indicata all'atto della notifica del pignoramento la dichiarazione in ordine alla sussistenza del proprio debito nei confronti del debitore esecutato. Al fine di agevolare la posizione del terzo, evitando allo stesso inutili disagi, e di snellire le procedure di espropriazione exartt. 543 e ss., la l. n. 52/2006 aveva modificato l'art. 543, comma 1, n. 4, nel senso che la dichiarazione doveva essere resa in udienza soltanto qualora il pignoramento riguardava crediti di cui all'art. 545, commi 3 e 4 c.p.c., potendo negli altri casi la dichiarazione essere comunicata entro dieci giorni al creditore procedente mediante lettera raccomandata (nonché, come previsto dalla l. n. 228/2012, attraverso posta elettronica certificata: Bove (-Balena) 2006, 158 ss.). In sostanza, in tale assetto il terzo pignorato, fatta eccezione per i crediti derivanti da retribuzione, poteva rendere la dichiarazione prevista dall'art. 547 mediante comunicazione a mezzo raccomandata da inviare al creditore procedente entro dieci giorni dalla notificazione del pignoramento (cfr., tra le tante, App. Roma IV, 25 giugno 2013, n. 13870). Nella prospettiva di semplificazione del processo di espropriazione presso terzi e di riduzione degli oneri del terzo debitore, la riforma realizzata dall'art. 19 d.l. n. 132/2014 ha eliminato siffatta distinzione prevedendo che, a prescindere dalla natura del credito del debitore nei confronti del terzo, quest'ultimo sia chiamato a rendere la dichiarazione sempre a mezzo raccomandata o PEC, salva l'ipotesi nella quale non renda in questa forma la dichiarazione e quindi venga fissata un'udienza a tal fine, udienza nella quale, come detto, se il terzo non compare si produrrà l'effetto implicito del riconoscimento del credito. Pertanto, nell'atto di pignoramento non dovrà più essere prevista la citazione anche del terzo in udienza per rendere la dichiarazione, bensì del solo debitore. Sebbene la norma in commento preveda che la dichiarazione debba essere resa mediante raccomandata o posta elettronica certificata può ritenersi valida per raggiungimento dello scopo concreto dell'atto processuale una dichiarazione fornita in forme diverse come, ad esempio, fax e mail purché non vi siano dubbi su provenienza ed autenticità (Trapuzzano, 3). Una posizione almeno in parte più rigorosa è stata espressa dalla giurisprudenza secondo cui la dichiarazione resa dal terzo pignorato deve essere resa al creditore pignorante con comunicazione formale - cioè, a mezzo lettera raccomandata o PEC - avendo la funzione, se positiva, di individuare il bene o il credito del debitore esecutato che forma oggetto dell'azione esecutiva. Di conseguenza, si è affermato che detta dichiarazione, qualora effettuata con mezzi diversi da quelli prescritti e inidonei a dimostrare immediatamente ed incontestabilmente la sua esistenza e il suo contenuto, è da considerarsi "tamquam non esset", dovendosi pertanto procedere, ai sensi dell'art. 548, comma 2, c.p.c., alla fissazione di apposita udienza, in esito alla quale, in mancanza di dichiarazione del terzo e alle ulteriori condizioni indicate dalla citata norma, il credito pignorato si ha per non contestato secondo il meccanismo della "ficta confessio" (Cass. n. 16005/2023, con riferimento ad una dichiarazione resa dal terzo via telefax). La disposizione in esame prevede, inoltre, che la dichiarazione venga inviata dal terzo pignorato al creditore entro 10 giorni dalla notifica del pignoramento ma tale termine non è indicato come perentorio: appare peraltro opportuno, come si è osservato in dottrina, che i giudici dell'esecuzione tengano conto di una dichiarazione, specie se positiva, inviata tardivamente, piuttosto che dare luogo ad un accertamento incidentale sull'esistenza dell'obbligo del terzo ed avuto riguardo altresì alla circostanza che la richiamata modifica dei criteri di collegamento della competenza territoriale potrebbe rendere per il terzo oltremodo impegnativa la partecipazione all'udienza (D'Alessandro, in Luiso, 2014, 84). È stato chiarito in sede di legittimità che ove, secondo il sistema riformato, il terzo non sia tenuto a rendere la propria dichiarazione in udienza, il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione di cui all'art. 553 c.p.c. decorre, per il terzo, dal momento in cui questi ne abbia legale conoscenza tramite comunicazione da parte del creditore o con altro strumento idoneo, e non dalla data di emissione del provvedimento stesso, non potendo trovare applicazione la previsione dell'art. 176, comma 2 (Cass. III, n. 11642/2014). Il terzo che abbia reso dichiarazione positiva per errore incolpevole può revocare la stessa sino all'emissione dell'ordinanza di assegnazione, mentre, se l'errore emerge successivamente, è tenuto a proporre opposizione agli atti esecutivi contro detta ordinanza ed, in difetto di detta opposizione, il provvedimento di assegnazione diviene irretrattabile (Cass., n. 10912/2017). Il terzo potrà peraltro esperire l'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione anche nell'ipotesi in cui, nonostante abbia rettificato la propria dichiarazione, tale provvedimento sia stato emesso (Cass. n. 5489/2019). Sequestri eseguiti e cessioni di credito notificate o accettateNella dichiarazione il terzo dovrà specificare se è stato eseguito un sequestro sul credito oggetto del pignoramento — ipotesi nella quale il creditore procedente dovrà evocare nella procedura il creditore sequestrante — nonché le eventuali cessioni di credito (notificate o accettate). CasisticaAnche in caso di dichiarazione negativa del terzo pignorato il debitore esecutato ha sempre interesse (ex art. 100 c.p.c.) a contestare con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. la regolarità formale di un pignoramento presso terzi ovvero l'impiego di un mezzo di espropriazione non previsto dalla legge per il tipo di bene aggredito, dato che l'opposizione agli atti esecutivi è lo strumento per far valere il vizio della procedura ed impedire che la stessa giunga a compimento, con conseguente attribuzione al creditore di un bene a cui non avrebbe avuto diritto per il tramite di un'espropriazione illegittimamente intrapresa (Cass. VI-3, n. 1098/2021). Qualora un pignoramento presso terzi abbia ad oggetto un credito che è stato già azionato in sede esecutiva, il terzo pignorato, a seconda dei tempi delle due procedure, può proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. avverso la procedura intentata ai suoi danni, al fine di dedurre il definitivo venir meno della titolarità del credito in capo al proprio creditore, ma solo se e nella misura in cui sia stata già pronunciata l'ordinanza di assegnazione implicante la sostituzione del proprio creditore con i creditori che quel credito hanno pignorato, oppure ha l'onere di dichiarare quella circostanza, ai sensi dell'art. 547 c.p.c., nella procedura di espropriazione presso terzi, rimanendo altrimenti esposto al rischio di restare obbligato sia nei confronti del proprio creditore originario sia del "creditor creditoris". Quest'ultimo, a sua volta, apprendendo notizia dell'azione esecutiva intrapresa dal suo debitore può sostituirsi allo stesso in forza dell'ordinanza di assegnazione del credito, che determina una successione a titolo particolare nel diritto in base all'art. 111 c.p.c., oppure mediante istanza di sostituzione in forza dell'art. 511 c.p.c. (Cass. III, n. 14597/2020). Nella espropriazione di crediti presso terzi, ove il terzo nel rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 dichiari che il credito è già stato in parte pignorato ed assegnato, ma non fornisca gli elementi essenziali per determinare l'entità e la scadenza di tale precedente assegnazione, il creditore che pignori per secondo il medesimo credito ha l'onere di impugnare nelle forme prescritte tale dichiarazione, se vuole far accertare la consistenza della prima assegnazione. Ove, invece, il creditore pignorante per secondo ciò non faccia, chiedendo puramente e semplicemente l'assegnazione del credito pignorato, egli accetta il rischio derivante dalle predette carenze e consistente nell'incertezza della data di effettiva e totale estinzione del precedente debito; in tal caso, mancando nel titolo esecutivo elementi univoci idonei alla puntuale determinazione della precedente assegnazione, occorre far riferimento all'entità oggettiva del credito precedente, da accertarsi anche con apposita opposizione all'esecuzione intentata contro il terzo debitore costituito debitore del creditore originario con l'ordinanza di assegnazione (Cass. III, n. 3851/2011). Non è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, disposta l'estinzione del processo a seguito della dichiarazione negativa del terzo in assenza di contestazioni, provveda alla liquidazione delle spese processuali senza porle a carico del debitore esecutato, come invece richiesto dal creditore procedente, non trattandosi di provvedimento dotato di contenuto decisorio, ma di mera applicazione della regola generale dettata dall'art. 310, comma 4, c.p.c., secondo la quale nel processo di esecuzione, in mancanza di diverso accordo tra le parti, qualora il processo si estingua, le spese restano a carico delle parti che le hanno anticipate (Cass. III, n. 13176/2021). In relazione alla disciplina dell'espropriazione presso terzi di cui agli artt. 543 ss., la dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell'art. 547 deve includere, con riferimento alle posizioni giuridiche attive del lavoratore subordinato debitore esecutato, l'indicazione delle quote accantonate del trattamento di fine rapporto, in quanto intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura, e corrispondenti ad un diritto certo e liquido di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l'esigibilità; qualora il terzo mantenga il silenzio in merito al trattamento di fine rapporto, dovuto per legge e di cui sono possibili anticipazioni soltanto parziali, la dichiarazione non va considerata come negativa, dovendo il giudice dell'esecuzione colmare la lacuna istruttoria in ordine al quantum debeatur chiamando il terzo a chiarimento onde ottenere risposta. (Cass. III, n. 19967/2005). Nell'espropriazione presso terzi, il terzo pignorato assume la peculiare posizione di ausiliario del giudice dell'esecuzione, non rivestendo la qualità di parte di un rapporto sostanziale con il creditore procedente, sicché la sua responsabilità per avere reso una dichiarazione ex art. 547 c.p.c., che si assume falsa o reticente, si configura come illecito aquiliano, a norma dell'art. 2043 c.c. e non quale responsabilità contrattuale nei confronti del creditore (Cass. III, n. 16576/2024). L'istituto tesoriere, chiamato a rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. nell'espropriazione forzata promossa dai creditori dell'ente locale sulle disponibilità del conto di tesoreria, è tenuto a fornire tutti gli elementi utili a consentire al giudice dell'esecuzione l'eventuale rilievo d'ufficio dell'impignorabilità delle somme ai sensi dell'art. 159 T.U.E.L., anche nel caso in cui l'ente debitore si sia costituito o - quale unico legittimato attivo - abbia proposto l'opposizione volta a far valere detta impignorabilità; in quest'ultima ipotesi, tuttavia, l'ente locale assume l'onere di provare i fatti dedotti a fondamento della propria opposizione e la loro mancata dimostrazione esclude che il pregiudizio conseguente all'assegnazione delle somme pignorate possa essere ricondotto alla condotta inadempiente del tesoriere, dovendo esso ritenersi causalmente imputabile in via esclusiva alla negligenza dello stesso ente (Cass. n. 6371/2024). In tema di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali avente ad oggetto somme giacenti presso il tesoriere, il creditore procedente che intenda far valere l'inefficacia del vincolo di destinazione, oggetto di dichiarazione negativa del terzo, ha l'onere di allegare specifici elementi di contestazione dei presupposti della altrimenti automatica impignorabilità ex art. 159 d.lgs. n. 267 del 2000. Ne consegue che, nell'ambito della verifica giudiziale sulla corrispondenza dei crediti accertati verso il tesoriere alle somme rese indisponibili ai sensi del citato art. 159, soltanto in esito alla specifica allegazione del creditore riguardo all'emissione di mandati in violazione del prescritto ordine sorge, in base al principio di prossimità della prova, l'onere del debitore di provare il rispetto di quell'ordine e la sussistenza di ogni altro presupposto di efficacia del vincolo (Cass. III, n. 13676/2021). In tema di esecuzione forzata nei confronti di un ente locale, in caso di pignoramento di somme, su cui è impresso un vincolo di destinazione, presso un terzo diverso dal tesoriere, questi non ha un onere di rendere dichiarazione negativa in quanto, pur essendo detentore e debitore di somme di spettanza dell'Ente, non può ritenersi gravato da obblighi informativi implicanti valutazioni fattuali e giuridiche che attengono al rapporto di tesoreria (Cass. III, n. 16576/2023). Nell'espropriazione di crediti il terzo debitore del debitore esecutato non è legittimato a far valere l'impignorabilità del bene, neanche sotto il profilo dell'esistenza di vincoli di destinazione, in caso di somme depositate presso istituto di credito tesoriere di un ente pubblico, la questione attenendo al rapporto tra creditore procedente e debitore esecutato, cosicché l'indicazione dell'esistenza di un vincolo di destinazione, in occasione della dichiarazione resa dal terzo ex art. 547, non fa venire meno il carattere di positività della dichiarazione (Cass. III, n. 4212/2007). Nel caso in cui la Banca d'Italia, chiamata a rendere la dichiarazione di terzo quale tesoriere nell'ambito di un procedimento di espropriazione presso terzi per crediti nei confronti del Ministero dell'Interno, dichiari l'esistenza di somme soggette a vincolo di impignorabilità ex art. 27, comma 13, l. 28 dicembre 2001, n. 448 (nel testo introdotto dall'art. 3-quater d.l. 22 febbraio 2002, n. 13, conv. con modif. dalla l. 24 aprile 2002, n. 75), la rilevabilità ufficiosa di tale vincolo impone al giudice dell'esecuzione di svolgere, nell'ambito dei poteri a lui attribuiti dall'art. 484, comma 1, c.p.c., una sommaria attività accertativa, procedendo alla declaratoria di nullità del pignoramento e di improseguibilità del processo esecutivo ovvero, per il caso di ritenuta inoperatività del vincolo, all'assegnazione del credito, previo riscontro delle relative condizioni (Cass. III, n. 10243/2015). In caso di pignoramento presso terzi avente ad oggetto crediti nascenti da rapporto di conto corrente bancario, la dichiarazione positiva resa dall'istituto bancario terzo pignorato nella procedura espropriativa, in seguito dichiarata improcedibile per il sopravvenuto fallimento del debitore, non preclude alla stessa banca, convenuta in un giudizio ordinario intrapreso dalla curatela fallimentare del debitore esecutato per il pagamento del saldo del conto corrente in precedenza pignorato, di eccepire in compensazione, ai sensi dell'art. 56 r.d. n. 267/1942 — l. fall., un proprio controcredito vantato verso il fallimento in forza di un distinto rapporto di conto corrente (Cass. I, n. 4380/2015). Il pagamento del terzo pignorato, debitore del debitore, nell'esecuzione forzata è revocabile nel successivo fallimento del debitore, quando abbia inciso sul patrimonio del fallito, perché eseguito con denaro a questi dovuto, essendo il solvens obbligato verso il debitore assoggettato ad esecuzione forzata e successivamente dichiarato fallito, e valendo il suo pagamento ad estinguere entrambi i debiti, suo e del debitore ancora in bonis (Cass. I, n. 23652/2012). Il terzo debitore che renda la dichiarazione ex art. 547,senza precisare di aver emesso dei titoli cambiari a pagamento del proprio debito, determina la formazione nei propri confronti di un ulteriore titolo esecutivo, esponendosi al rischio di dover effettuare il pagamento sia al portatore del titolo, sia all'assegnatario del credito (Trib. Milano, 28 dicembre 2005, Banca borsa tit. cred., 2007, n. 4, 447, con nota di Briolini). In tema di procedura di riscossione coattiva a mezzo ruolo, il vincolo nascente dall'ordine di pagamento diretto exart. 72-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, è opponibile ai terzi e preclude, qualora l'ordine sia stato eseguito dal terzo, azioni esecutive concorrenti di altri creditori sulle medesime somme, sicché, nella successiva espropriazione ordinaria avente ad oggetto lo stesso credito, la dichiarazione del terzo pignorato di aver ottemperato all'ordine di pagamento e di continuare a pagare all'agente della riscossione alle rispettive scadenze, va considerata come negativa, ai sensi dell'art. 548, fino alla concorrenza del credito azionato nella procedura speciale (Cass. n. 2857/2015). 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