Codice di Procedura Civile art. 548 - Mancata dichiarazione del terzo (1).Mancata dichiarazione del terzo (1). [I]. (2) Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza è notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione se l'allegazione del creditore consente l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553 (3) (4). [II]. Il terzo può impugnare nelle forme e nei termini di cui all'articolo 617 [, primo comma,] l'ordinanza di assegnazione di crediti adottata a norma del presente articolo, se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (5). (1) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 20, l. 24 dicembre 2012, n. 228. Il testo, che già era stato modificato dall'art. 9, d.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857, e dall'art. 98, d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, che ne aveva sostituito il secondo comma, recitava: «Mancata o contestata dichiarazione del terzo - [I]. Se il terzo non compare all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il giudice, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa a norma del libro secondo. [II]. Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio di primo grado, può essere applicata nei suoi confronti la disposizione dell'articolo 232 primo comma». (2) Comma abrogato dall'art. 19 d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv., con modif., in l. 10 novembre 2014, n. 162. A norma del comma 6, del medesimo articolo, le disposizioni di cui al presente comma si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione. Il testo recitava: «Se il pignoramento riguarda i crediti di cui all'articolo 545, terzo e quarto comma, quando il terzo non compare all'udienza stabilita, il credito pignorato, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553». (3) Comma sostituito dall'art. 18 d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv., con modif., in l. 10 novembre 2014, n. 162. A norma del comma 6, del medesimo articolo, le disposizioni di cui al presente comma si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione. Il testo recitava: «Fuori dei casi di cui al primo comma, quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza è notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato a norma del primo comma». (4) L'art. 13, d.l. 27 giugno 2015, n. 83, conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132, ha inserito, dopo le parole: "di assegnazione", le parole: "se l'allegazione del creditore consente l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo", per l'applicazione vedi l'art. 23, comma 9, del d.l. n. 83 del 2015 medesimo. (5) L'art. 13, d.l. 27 giugno 2015, n. 83, conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132, ha soppresso le parole: ", primo comma,". Per l'applicazione vedi l'art. 23, comma 9, del d.l. n. 83 del 2015 medesimo. InquadramentoLa norma in esame, a partire dalla riforma di cui alla l. n. 228/2012, è stata oggetto di plurimi interventi normativi. La novità fondamentale è l'introduzione di un preciso onere di contestazione a carico del terzo pignorato che se non rende la dichiarazione, neppure entro la successiva udienza rinviata a tal fine, ove il credito sia sufficientemente precisato nell'atto di pignoramento, subirà il provvedimento di assegnazione per effetto di detta condotta processuale inerte. L'unico rimedio previsto è l'opposizione agli atti esecutivi, esperibile tuttavia nei soli casi, residuali di mancata conoscenza del pignoramento o del provvedimento di rinvio per caso fortuito o causa di forza maggiore. È discusso, pertanto, se, ove non sia stata tale opposizione, il terzo possa agire, attesa l'efficacia endoprocessuale del riconoscimento implicito del credito, in giudizio per la ripetizione d'indebito nei confronti del credito o con azione di accertamento negativo nei confronti del debitore. Onere di contestazione del debitor debitorisLa l. n. 228/2012 ha rafforzato significativamente gli oneri a carico del terzo pignorato, con una disciplina che non era scevra, nella formulazione originaria, da alcune problematiche sotto il profilo della compatibilità con l'assetto costituzionale. In particolare, infatti, è stato introdotto un innovativo onere di contestazione del terzo pignorato, stabilendo, l'art. 548, nella versione originaria novellata dalla predetta legge, che: — qualora il terzo chiamato a rendere la propria dichiarazione in udienza non si fosse presentato, ferma la necessità evidente di un controllo in ordine alla regolarità della notifica effettuata con conseguente previo ordine di rinnovo della stessa, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, sarebbero stati considerati come non contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione; — se il terzo non era tra quelli tenuti a rendere la dichiarazione in udienza, in caso di omessa ricezione della dichiarazione da parte del creditore, il Giudice avrebbe dovuto disporre un rinvio dell'udienza, da comunicarsi al terzo pignorato entro dieci giorni prima dell'udienza, e soltanto nell'ipotesi di omessa comparizione del terzo anche a tale ultima udienza, si sarebbe prodotto l'effetto della non contestazione del credito. È evidente l'innovazione rispetto al sistema tradizionale, per certi versi antitetico, nel quale la mancata dichiarazione del terzo è sempre stata, invece, circostanza tale da impedire il perfezionamento del pignoramento per difetto di oggetto, ferma la possibilità di introdurre il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, mentre attualmente il silenzio del terzo finisce per valere come riconoscimento implicito della debenza delle somme indicate dal creditore (D'Alessandro, in Luiso, 76). Il problema di maggiore rilevanza, sotto il profilo della compatibilità con i principi costituzionali, era che l'effetto della non contestazione veniva a prodursi senza che il debitor debitoris ne fosse reso edotto, in evidente distonia con gli altri specifici avvertimenti sulle conseguenze processuali di un'omessa condotta processuale previsti dal sistema, ad esempio dall'art. 163 in tema di atto di citazione in ordine alle decadenze del convenuto non tempestivamente costituito ed ancor più dall'art. 660, comma 3, in materia di intimazione di sfratto, quanto alle conseguenze correlate alla mancata comparizione e/o opposizione del conduttore all'udienza di convalida (Farina P., 235 ss.). Il d.l. n. 132/2014 ha peraltro risolto tale questione intervenendo sull'art. 543 (v. il relativo commento). La stessa riforma del 2014 ha eliminato completamente l'onere del terzo di rendere la dichiarazione in udienza: pertanto, il sistema è attualmente congegnato nel senso che il terzo deve rendere la prescritta dichiarazione a mezzo lettera raccomandata o posta elettronica certificata trasmessa al creditore procedente e, laddove la dichiarazione non sia stata resa, il giudice disporrà un rinvio dell'udienza, da comunicarsi al terzo entro dieci giorni prima della nuova udienza fissata, nella quale, ove il terzo non compaia, il credito pignorato “nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore” dovrà considerarsi non contestato, ferme le “cautele” introdotte dal successivo d.l. n. 83/2015. E’ importante considerare che la S.C. ha chiarito che nell'espropriazione forzata presso terzi, se il creditore attesta falsamente, ma per errore scusabile, di non avere ricevuto alcuna dichiarazione da parte del terzo pignorato e quest'ultimo non compare all'udienza appositamente fissata dal giudice dell'esecuzione, il credito pignorato deve ritenersi non contestato ai sensi dell'art. 548, comma 1, c.p.c.; al contrario, se la falsa attestazione riguardo alla mancata dichiarazione del terzo dipende da colpa o dolo del creditore, il credito pignorato non può ritenersi non contestato e l'assenza all'udienza del terzo - che può legittimamente fare affidamento sul fatto che il creditore, astretto all'obbligo di correttezza di cui all'art. 88 c.p.c., dichiari al giudice di avere ricevuto la dichiarazione negativa - non produce gli effetti della "ficta confessio" di cui all'art. 548 c.p.c. (Cass. III, n. 28047/2021). Peraltro, restava irrisolta anche dopo la novella del 2014 la questione derivante dalla circostanza che il legislatore correla il meccanismo del riconoscimento implicito «al credito pignorato nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore». È noto, invero, che di regola il credito vantato dal debitore nei confronti del terzo o le somme o cose di pertinenza dello stesso che si trovano presso il terzo sono indicati soltanto genericamente nell'atto di pignoramento. Ciò è conforme al disposto dello stesso art. 543 che, nell'individuare il contenuto dell'atto di pignoramento presso terzi, stabilisce che lo stesso deve contenere “l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute”. Sulla questione, è difatti costante nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione del principio per il quale in tema di espropriazione presso terzi, la domanda di accertamento del credito, nel contenere, ai sensi dell'art. 543, comma 2 n. 2, «l'indicazione, almeno generica, delle cose e delle somme dovute», si estende, potenzialmente, all'intero importo che si accerti dovuto dal debitore esecutato sulla base dei fatti e del titolo dedotti in giudizio, non potendosi esigere dal creditore procedente, estraneo ai rapporti tra debitore e terzo, la conoscenza dei dati esatti concernenti tali somme o cose, prevedendo il sistema che tale genericità venga eliminata mediante la dichiarazione che il terzo è chiamato a rendere ai sensi dell'art. 547 (v., tra le altre, Cass. n. 6518/2014). Varie soluzioni interpretative erano state prospettate all'interno della dottrina. Secondo l'orientamento assolutamente prevalente, nell'ipotesi di c.d. pignoramento esplorativo, il pignoramento non avrebbe potuto perfezionarsi nel caso di comportamento inerte del debitor debitoris. Con riferimento al c.d. pignoramento “intermedio”, i.e. quello mediante il quale il creditore individua subito il titolo giuridico del credito pignorato (ad esempio, la linea di credito presso una banca o un particolare credito da lavoro) senza riuscire a precisare tuttavia l'entità della somma dovuta dal terzo, erano state formulate soluzioni distinte. Secondo alcuni anche in tale ipotesi la mancata dichiarazione del terzo non avrebbe potuto far ritenere implicitamente riconosciuto il debito da parte del terzo in quanto mancando l'ammontare delle somme dovute e l'indicazione del tempo del loro pagamento, l'ordinanza di assegnazione pronunciata dal giudice dell'esecuzione nei limiti del credito azionato potrebbe difettare di alcuni dei requisiti prescritti dall'art. 474 per dare corso alla successiva esecuzione forzata (cfr. Storto 47). Altri ritenevano, invece, che se quando il contenuto dell'atto di pignoramento è assolutamente generico in ordine al quantum del credito del debitore nei confronti del terzo, la condotta di inattività processuale dello stesso non può determinare un accertamento, pur avente valenza meramente endoprocessuale, rispetto al credito per il quale si procede, nell'ipotesi di pignoramento c.d. intermedio la mancata dichiarazione del terzo potrà comportare, ove questo sia tuttavia precisamente indicato nell'atto di pignoramento il rapporto giuridico intercorrente tra debitore e terzo, un accertamento implicito in ordine all'esistenza del rapporto di debito/credito ovvero del rapporto di lavoro tra debitore e terzo (Saletti, 2013, 16). Sulla questione è intervenuto il legislatore in sede di conversione del d.l. n. 83/2015, nella l. n. 132/2015, inserendo nell'ultimo periodo dell'art. 548 la precisazione per la quale, a fronte della condotta processualmente inerte del terzo pignorato, il Giudice emetterà l'ordinanza di assegnazione soltanto laddove l'allegazione del creditore consenta l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo. Proprio alla luce delle differenti e richiamate soluzioni proposte sul piano interpretativo, rimane tuttavia controverso quando può ritenersi che l'allegazione del creditore consenta l'identificazione del credito onde procedere all'assegnazione nell'ipotesi di condotta inerte del terzo pignorato. Potrebbe ritenersi, avallando l'ultima tesi prospettata (Saletti, 2013, 16) che la situazione preclusiva dell'assegnazione a fronte della mancata dichiarazione e successiva omessa comparizione del terzo si verifichi esclusivamente nell'ipotesi di pignoramento esplorativo, situazione che ricorre di frequente nell'ambito dei pignoramenti su conti correnti bancari o postali (salvo quando sarà pienamente operativa la disciplina di cui all'art. 492-bis). Nell'ipotesi di pignoramento c.d. intermedio non sussistono in realtà ragioni per porre in non cale la condotta inerte del terzo pignorato (Giordano (-Trapuzzano), La riforma del processo civile, 255 ss.). Invero, anche nella vigenza del sistema tradizionale antecedente alla riforma del 2012, nell'ipotesi di pignoramento dello stipendio o del trattamento pensionistico del debitore — ed in genere dei c.d. pignoramenti a scalare — l'ordinanza di assegnazione era normalmente strutturata nel senso di assegnare al creditore per ciascun mese 1/5 dello stipendio o del trattamento pensionistico sino alla soddisfazione del credito per il quale il creditore aveva proceduto, senza alcuna indicazione dell'importo dello stipendio pur rilevabile mediante la lettura delle buste paga dell'esecutato che di regola il terzo produceva in udienza e ciò anche perché l'entità dello stipendio può variare nel tempo ed in ogni caso l'ordinanza di assegnazione, ossia il titolo esecutivo, può spiegare i propri effetti solo sino al momento della risoluzione del rapporto di lavoro. Anche tale indicazione è di regola sempre stata contenuta nella modulistica delle ordinanze di assegnazione, unitamente al contestuale “spostamento” dell'assegnazione sul t.f.r. dovuto al lavoratore nella misura di 1/5. Effetti della non contestazione e rimedi esperibili da parte del terzoAltra questione problematica attiene, nell'ipotesi in cui la stessa si fondi su un riconoscimento implicito del credito da parte del terzo pignorato mediante condotta processualmente inerte, alla valenza preclusiva dell'ordinanza di assegnazione al di fuori del processo esecutivo. È espressamente previsto, a riguardo, che il credito del debitore verso il terzo si considererà non contestato limitatamente al procedimento in corso ed all'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. Dalle precise locuzioni utilizzate a tal fine dal legislatore sembra doversi inferire che il riconoscimento implicito del credito abbia non soltanto efficacia endoprocessuale ma che detta efficacia sia limitata a quella singola procedura esecutiva, anche in ragione della precisazione sull'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. L'unico rimedio oppositivo a fronte dell'operare del meccanismo della non contestazione espressamente previsto dal legislatore è quello dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione, riservata, tuttavia, dall'ultimo comma della disposizione in esame all'ipotesi nella quale il terzo deduca di non aver avuto tempestiva conoscenza, per irregolarità della notifica, caso fortuito e forza maggiore dell'assegnazione. Tuttavia, affinché tale previsione abbia un qualche significato, detto riferimento deve invece intendersi non già all'ordinanza di assegnazione quanto al pignoramento per irregolarità della notifica, per caso fortuito o forza maggiore ovvero al provvedimento di rinvio dell'udienza disposto ex art. 548 a fronte del mancato invio della dichiarazione al creditore precedente (Tota, 2014, 745). Il legislatore resta silente, anche dopo la riforma del 2015, in ordine ai rimedi a disposizione del terzo pignorato a fronte di un'ordinanza di assegnazione emessa sulla scorta della mancata contestazione ex art. 548. Secondo una prima tesi, poiché l'opposizione agli atti esecutivi ha un oggetto di rito, dovrebbe ritenersi che l'ordinanza di assegnazione non abbia alcuna valenza preclusiva al di fuori del processo esecutivo con riferimento all'esistenza ed all'ammontare del credito, non essendosi formato in sede esecutiva alcun accertamento incontrovertibile (Monteleone, 6). Pertanto, il terzo potrebbe agire per la ripetizione dell'indebito nei confronti del creditore procedente ovvero incardinare un giudizio di accertamento negativo del credito nei confronti dell'esecutato (Luiso, 2013, 86). Ritengono, invece, altri Autori che all'ordinanza di assegnazione emessa per effetto della non contestazione del terzo andrebbe tributata una tendenziale stabilità che, pur non essendo conseguenza di un accertamento incontrovertibile, che non potrebbe invero formarsi in sede esecutiva, dipende da un concetto di preclusione più ampio rispetto al giudicato sostanziale, ossia una preclusione conseguente all'attività processuale svoltasi in sede esecutiva. In sostanza, se il pignoramento si è perfezionato per la condotta inerte del terzo, la circostanza che lo stesso lasci decorrere il termine di venti giorni senza proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione, implica che non sia più consentito allo stesso di contestare l'ammontare e la natura del credito. Con riguardo alle controversie distributive avallo a tale orientamento, si ritrova nella giurisprudenza di legittimità per la quale in tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo, pur non avendo, per la mancanza di contenuto decisorio, efficacia di giudicato, è, tuttavia, caratterizzato da una definitività insita nella chiusura di un procedimento esplicato col rispetto delle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti, incompatibile con qualsiasi sua revocabilità, sussistendo un sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti, all'interno del processo esecutivo, di talché il soggetto espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, l'azione di ripetizione di indebito contro il creditore procedente (o intervenuto) per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso, sul presupposto dell'illegittimità per motivi sostanziali dell'esecuzione forzata (Cass. n. 17371/2011). Per affermare una tesi siffatta, tuttavia, dovrebbe ritenersi, che mediante l'opposizione agli atti, superando l'infelice formulazione del terzo comma dell'art. 548, il terzo pignorato possa far valere anche questioni di merito afferenti il diritto a procedere ad esecuzione forzata una volta superata la fase c.d. rescindente, ossia dopo aver dimostrato di non aver avuto conoscenza per caso fortuito o forza maggiore dell'atto di pignoramento e del successivo provvedimento di rinvio dell'udienza (Tota, 2014, n. 4, 747). In una decisione, la S.C. si è limitata a fare chiarezza in ordine alle modalità introduttive ex art. 617 c.p.c. dell'opposizione da parte del terzo pignorato, evidenziando, in particolare, che la stessa - nella formulazione introdotta dall'art. 1, comma 20, n. 3, l. 24 dicembre 2012 n. 228 e modificata dall'art. 19, comma 1, lett. g), n. 2, d.l. 12 settembre 2014 n. 132, convertito, con modificazioni, dalla l. 10 novembre 2014, n. 162, anteriormente alle ulteriori modifiche introdotte dall'art. 13, comma 1, lett. m-bis), n. 1, del d.l. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2015 n.132 - con la quale vengano contestati l'esistenza, l'entità o altri elementi del credito pignorato ed assegnato dal giudice dell'esecuzione in base alla mancata contestazione delle allegazioni del creditore, deve di regola essere introdotta con atto di citazione, in ragione della allora vigente previsione normativa di espresso richiamo al primo comma dell'art. 617 c.p.c., salvo che, in ragione della materia trattata, essa non possa ritenersi soggetta ad un rito speciale che ne imponga invece l'introduzione con ricorso. (cfr. Cass. III, n. 6642/2018, la quale, in applicazione del principio, ha annullato la sentenza che aveva ritenuto che la forma dell'atto introduttivo dovesse essere il ricorso senza tuttavia darsi carico di motivare le ragioni per cui aveva ritenuto che la materia trattata fosse riconducibile al rito del lavoro). 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