Codice di Procedura Civile art. 591 ter - Ricorso al giudice dell'esecuzione 1

Rosaria Giordano

Ricorso al giudice dell'esecuzione1

[I]. Quando nel corso delle operazioni di vendita insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto.

[II]. Avverso gli atti del professionista delegato è ammesso reclamo delle parti e degli interessati, da proporre con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal compimento dell'atto o dalla sua conoscenza. Il ricorso non sospende le operazioni di vendita, salvo che il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione.

[III]. Sul reclamo di cui al secondo comma, il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, avverso la quale è ammessa l'opposizione ai sensi dell'articolo 617.

 

[1] Articolo dapprima inserito dall'art. 5 l. 3 agosto 1998, n. 302 e poi così sostituito, in sede di conversione, dall'art. 23 lett. e) n. 33 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Successivamente modificato dall'art. 13 d.l. 27 giugno 2015, n. 83, conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132 e, da ultimo, dall'art. 3, comma 42, lett. b) del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".. Si riporta il testo prima della sostituzione: «Quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del professionista delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Contro il provvedimento del giudice è ammesso il reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies..».

Inquadramento

La norma in esame consente al professionista delegato di rivolgersi al giudice dell'esecuzione per risolvere le difficoltà insorte nel corso delle operazioni di vendita, difficoltà che, a differenza di quelle ex artt. 610 e 613, possono essere anche di carattere giuridico. Il giudice provvede con ordinanza.

Contro tale decreto o avverso gli atti posti in essere “autonomamente” dal professionista delegato le parti o gli altri interessati possono proporre ricorso al medesimo giudice dell'esecuzione che decide con ordinanza.

Nell'assetto precedente all'intervento del d.l. n. 83/2015, avverso tale ordinanza era proponibile opposizione agli atti esecutivi. Il rimedio poi previsto dal comma 2 dell'art. 591-ter è stato il reclamo ex art. 669-terdecies.

Peraltro tale scelta, giustificata da ragioni di economia processuale e volta ad assicurare l'imparzialità dell'organo giudicante, non comporta che i provvedimenti assunti abbiano natura cautelare con conseguente ricorribilità per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. ove ne ricorrano i presupposti.

Per i procedimenti incardinati dal 28 febbraio 2023, tuttavia, l’art. 3, comma 37, del d.lgs. n. 149 del 2022, ha reintrodotto lo strumento del rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi.

Ricorso al giudice dell'esecuzione

La norma in esame consente al professionista delegato alle operazioni di vendita di rivolgersi al giudice dell'esecuzione qualora insorgano difficoltà nel corso delle stesse.

Tali difficoltà possono, a differenza di quelle ex artt. 610 e 613, anche essere di carattere giuridico, ai fini dell'assunzione da parte del delegato (v. art. 591-bis) di scelte rilevanti nell'ambito delle attività allo stesso demandate. Il giudice dell'esecuzione deciderà con decreto.

Nell'ipotesi in cui il notaio o il professionista delegato decida sulla questione insorta senza rivolgersi al giudice dell'esecuzione potranno essere le parti e gli altri soggetti interessati a proporre ricorso allo stesso avverso l'atto del delegato. Inoltre, le parti e gli altri soggetti eventualmente interessati potranno proporre ricorso dinanzi allo stesso giudice dell'esecuzione ove ritengano illegittimo il decreto dal medesimo assunto a seguito del ricorso del delegato. In questi casi, il giudice dell'esecuzione provvederà con ordinanza.

Sino ad oggi, tuttavia, la norma non aveva previsto alcun termine per la proposizione del ricorso al giudice contro gli atti del delegato, con il rischio che lo stesso avrebbe potuto essere esperito anche dopo molto tempo rispetto al compimento degli stessi, rischiando, nell'ipotesi di accoglimento, di “travolgere” tutti gli atti della procedura successivi e dipendenti (cfr. Giordano, § 4).

    In attuazione dei criteri sanciti dall'art. 1, comma 12, della legge n. 206 del 2021, invece, il d.lgs. n. 149 del 2022, nel sostituire la disposizione in esame, ha espressamente determinato detto termine in venti giorni, decorrenti dal compimento dell'atto o dalla sua conoscenza (così, già prima dell'emanazione del decreto, Giordano, § 4). Tale prescrizione opererà con riguardo ai procedimenti promossi dal 28 febbraio 2023.

Regime dei provvedimenti

Il comma 2 della norma è stato modificato dal d.l. n. 83/2015, nel senso di prevedere che avverso l'ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione su ricorso presentato dalle parti (o dagli altri soggetti interessati) contro il decreto emanato dallo stesso su istanza del professionista delegato o avverso gli atti di quest'ultimo è proponibile il reclamo ex art. 669-terdecies  ed eliminando il comma 2 che stabiliva che restano ferme le disposizioni di cui all'art. 617.

Si riteneva, da parte di alcuni Autori che il precedente sistema di controllo degli atti emessi dal Giudice dell'esecuzione su ricorso del Professionista delegato per risolvere le difficoltà insorte durante la procedura di vendita coerente con l'esigenza di differenziare il regime degli atti del Professionista delegato e del decreto emesso dal Giudice su ricorso dello stesso, assoggettato a reclamo, da quello della decisione resa a seguito di tale reclamo soggetta ad opposizione agli atti esecutivi, in omaggio alla corrente interpretazione di tale strumento, esperibile avverso i soli atti nei quali si concreta lo svolgimento dell'azione esecutiva, con esclusione di quelli di mera amministrazione o di direzione del processo (cfr., in generale, Oriani, 51 ss.).

Sul piano interpretativo, è stato recentemente ribadito che la disposizione in esame, nella formulazione applicabile anteriore alle modifiche di cui al d.l. n. 83/2015, in tema di operazioni di esecuzione per espropriazione di immobili delegate al notaio, quando, nel secondo comma, dispone che "restano ferme le disposizioni di cui all'art. 617 c.p.c." dev'essere interpretata nel senso che l'opposizione agli atti esecutivi è il mezzo esperibile contro le ordinanze del giudice dell'esecuzione pronunciate, sia a seguito del reclamo delle parti del processo esecutivo contro i decreti pronunciati dal giudice dell'esecuzione su sollecitazione del notaio delegato, in relazione a difficoltà insorte nelle operazioni di esecuzione, sia a seguito del reclamo delle parti avverso gli atti del notaio delegato, restando, pertanto, esclusa ogni possibilità di diretta impugnativa in sede giurisdizionale diversa dal reclamo tanto dei suddetti decreti quanto degli atti del notaio delegato, e, quindi, la proposizione diretta dell'opposizione agli atti esecutivi contro di essi ed a maggior ragione, data l'esistenza nel sistema dell'esecuzione forzata di un rimedio generalizzato contro le invalidità del processo esecutivo, rappresentato proprio dal rimedio dell'art. 617 c.p.c., del ricorso straordinario ai sensi del settimo comma dell'art. 111 Cost., rimedio che, peraltro, è inesperibile anche contro le stesse decisioni emesse in sede di reclamo, atteso che esse possono essere impugnate solo con l'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. n. 11817/2018).

Peraltro, vigente la pregressa disciplina, era lo stesso Giudice dell'esecuzione, almeno nella fase c.d. sommaria, prima dell'eventuale introduzione del giudizio di merito, ad essere chiamato a valutare il provvedimento emanato dallo stesso avverso l'ordinanza che aveva pronunciato a seguito del reclamo proposto nei confronti anche di un decreto emesso dal medesimo Giudice dell'esecuzione su ricorso del delegato alle operazioni di vendita (nonché, direttamente contro gli atti assunti nel corso delle operazioni di vendita dal Professionista delegato).

La riforma deve quindi essere considerata nella prospettiva della necessaria imparzialità dell'organo giudicante, anche in vista di una differente valutazione sulla questione, la previsione, da parte dell'odierno secondo comma della norma in commento, introdotta dall'art. 13, lett. i), d.l. n. 83/2015, in forza della quale il rimedio avverso il provvedimento emanato dal giudice dell'esecuzione all'esito del reclamo è quello previsto dall'art. 669-terdecies, ovvero il reclamo cautelare, disposizione normativa che demanda la decisione sul reclamo ad un collegio del quale non può far parte il giudice-persona fisica che ha emesso il provvedimento oggetto dello stesso. In realtà, nella Relazione Illustrativa la scelta in favore dello strumento del reclamo ex art. 669-terdecies viene giustificata per accelerare la definizione delle pendenze, atteso che mediante la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi può aprirsi, dopo la decisione del giudice dell'esecuzione, una fase eventuale di merito su iniziativa del soggetto interessato (v. art. 618).

È evidente, peraltro, che l'opzione per il reclamo cautelare, non fa assumere all'ordinanza oggetto di gravame la natura di provvedimento cautelare, che postula sempre la necessità di provvedere a fronte di un periculum in mora  e con una decisione avente effetti provvisori. Si tratta, invero, come evidente dal tenore della Relazione Illustrativa, di una scelta di opportunità del legislatore in favore delle duttili “forme processuali” del reclamo ex art. 669-terdecies.

I motivi di ricorso potranno essere, sempre avendo riguardo all'art. 669-terdecies, ed all'elaborazione interpretativa relativa allo stesso, sia di rito che di merito.

Il legislatore resta silente in ordine all'eventuale impugnabilità della misura emanata, nella forma dell'ordinanza, a seguito del reclamo proposto nelle forme di cui all'art. 669-terdecies.

Come noto, è consolidato in giurisprudenza il principio in forza del quale poiché il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. è proponibile avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi siano definitivi e abbiano carattere decisorio, cioè siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale, è pertanto inammissibile la impugnazione con tale mezzo dell'ordinanza adottata dal tribunale in sede di reclamo avverso provvedimenti di natura cautelare o possessoria, trattandosi di decisione a carattere strumentale e interinale, operante per il limitato tempo del giudizi o di merito e sino all'adozione delle determinazioni definitive all'esito di esso, come tale inidonea a conseguire efficacia di giudicato, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale (v., tra le più recenti, Cass. n. 13044/2014). Peraltro la decisione che viene emessa dal giudice dell'esecuzione a seguito del reclamo proposto avverso il proprio decreto dai creditori, dal debitore o dagli altri soggetti interessati, non ha, come evidenziato, natura cautelare né efficacia meramente provvisoria. Pertanto, appare ineludibile, almeno nelle ipotesi in cui non si tratti di una decisione concernente questioni di mera “amministrazione” della procedura, bensì di un provvedimento idoneo ad incidere su diritti soggettivi in modo definitivo ammettere il rimedio del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.

Sulla specifica questione in esame, con riguardo alla “parallela” disposizione contemplata per gli atti del professionista delegato nell'espropriazione immobiliare dall'art. 591-ter c.p.c., tuttavia, aveva opinato in senso difforme la Corte di cassazione, con la sentenza n. 12238/2019 (in ilprocessocivile.it, con nota di Parisi), la quale, facendo leva sulla natura ordinatoria e non decisoria dei provvedimenti emanati dal giudice dell'esecuzione nell'ambito dei ricorsi proposti contro gli atti dei professionisti delegati, ha ritenuto che le ordinanze pronunciate sul relativo reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. non fossero provvedimenti decisori rispetto ai quali è ammesso, ove anche definitivi, il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost.

 Di qui, per consentire una “stabilizzazione” degli atti in questione, con l'art. 3, comma 37, del d.lgs. n. 149 del 2022, il legislatore ha recentemente sostituito ,  a decorrere dal 28 febbraio 2023, in base a una precisa prescrizione della legge delega n. 206 del 2021, la norma in esame anche sotto tale profilo,  re-introducendo il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi.

Come è stato osservato, il “ripristino” del vecchio (e più idoneo) rimedio dell'art. 617 c.p.c. consente invece di pervenire, al di là della natura decisoria, ad una stabilizzazione dei provvedimenti in quanto, come noto, alla fase sommaria del giudizio di opposizione agli atti esecutivi dinanzi al giudice dell'esecuzione può seguire, su iniziativa di ciascuna delle parti, l'introduzione della relativa causa di merito dinanzi al giudice competente, che deciderà con sentenza inappellabile e, dunque, ricorribile direttamente per cassazione (Giordano, § 4).

 

Bibliografia

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