Codice di Procedura Civile art. 614 bis - Misure di coercizione indiretta 1

Rosaria Giordano

Misure di coercizione indiretta1

[I].  Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento, determinandone la decorrenza. Il giudice può fissare un termine di durata della misura, tenendo conto della finalità della stessa e di ogni circostanza utile.

 

[II]. Se non è stata richiesta nel processo di cognizione, ovvero il titolo esecutivo è diverso da un provvedimento di condanna, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza o ritardo nell'esecuzione del provvedimento è determinata dal giudice dell'esecuzione, su ricorso dell'avente diritto, dopo la notificazione del precetto. Il provvedimento perde efficacia in caso di estinzione del processo esecutivo. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui all'articolo 6122.

[III]. Il giudice determina l'ammontare della somma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione dovuta, del vantaggio per l'obbligato derivante dall'inadempimento, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile.

[IV]. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione, inosservanza o ritardo.

[V].  Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 49, comma 1, della l. 18 giugno 2009, n. 69 e poi sostituito dall'art. 13 d.l. 27 giugno 2015, n. 83, conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132 e, da ultimo, dall'art. 3, comma 44,  del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 , come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Si riporta il testo prima della sostituzione: «[I]. Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento.  Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409. [II]. Il giudice determina l'ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile.».

[2] Comma così modificato dall'art. 3, comma 7, lett. r) d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 , che ha inserito l'attuale secondo periodo con   le parole «Il provvedimento perde efficacia in caso di estinzione del processo esecutivo.». Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

Inquadramento

La norma, introdotta dalla l. n. 69/2009, per risolvere il tradizionale problema dell'esecuzione degli obblighi di fare di carattere infungibile, presidia, dopo le novità introdotte dal d.l. n. 83/2015, anche l'effettività degli obblighi di fare fungibili (e quindi di tutta l'esecuzione in forma specifica).

La circostanza che la disposizione si riferisca alla possibilità di emanare l'astreinte con un provvedimento e non con una sentenza di condanna rende ragione della tesi dominante per la quale la stessa può essere pronunciata anche con ordinanza, ad esempio in materia cautelare o possessoria o nell'ambito del procedimento sommario di cognizione (Merlin, 1548).

È necessario che venga formulata un'istanza di parte. Si discute se trattasi di domanda giudiziale o meno, ai fini dell'operare delle relative preclusioni (in senso affermativo Zucconi Galli Fonseca, 205; contra Bove, 787).

A fronte dell'istanza il giudice deciderà previa valutazione di non manifesta iniquità della concessione della misura.

L' astreinte costituisce titolo esecutivo: ciò implica che sia il creditore a valutare l'inadempimento e ad operare la quantificazione. (Trib. Milano, s ez. p ropr. ind. , 9 giugno 2011).

L'obbligato potrà contestare la ricorrenza di siffatti presupposti con l'opposizione all'esecuzione.

La norma è stata di recente ulteriormente modificata dal d.lgs. n. 149/2022 che, nell'attuare i criteri di delega contenuti nella legge n. 206 del 2021, ne ha per un verso esteso le potenzialità applicative consentendone l'emanazione anche al giudice dell'esecuzione e per un altro indicato criteri più puntuali per il quantum della misura pecuniaria.

Ambito applicativo

In sede di conversione del d.l. n. 83/2015, nella l. n. 132/2015, l'art. 614-bis è stato modificato allo scopo di ampliarne l'ambito applicativo, sul modello, almeno in parte, di quanto previsto dal codice del processo amministrativo ai sensi dell'art. 114, comma 4, lett. e). Invero, la recente modifica normativa ha eliminato, già nel titolo e nella rubrica della disposizione, il riferimento all'attuazione degli obblighi di fare di carattere infungibile e di non fare e sostituito con quello, di portata più ampia, “Misure di coercizione indiretta”. Contestualmente il generale ambito applicativo della norma che potrebbe trarsi dalla rubrica viene limitato con la precisazione, contenuta nel primo comma, per la quale la disposizione non trova applicazione per i provvedimenti di condanna al pagamento di una somma di denaro, in relazione ai quali lo strumento è sempre quello dell'esecuzione forzata c.d. diretta o per espropriazione.

Diversamente, nel processo amministrativo l’istituto, autonomamente disciplinato, trova applicazione anche a fronte delle pronunce di condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma di denaro. Per quello che riguarda la corresponsione delle cd. penalità di mora di cui all'art. 114,  comma 4, lett. e) del c.p.a., si è infatti più volte affermato che è possibile applicare il particolare istituto previsto dal codice del processo amministrativo anche alle sentenze di condanna pecuniarie della p.a., trattandosi di un modello normativo caratterizzato da importanti differenze rispetto alla previsione di cui all'art. 614-bis (T.A.R. Firenze, Toscana,  II, 25 gennaio 2016, n. 106).

In concreto, l'art. 614-bis potrà d'ora in avanti essere utilizzato anche per una coercizione indiretta dell'obbligato all'adempimento degli obblighi di fare di carattere fungibile e comunque di carattere specifico. In sostanza, la norma andrà a “presidiare” l'effettività dell'esecuzione forzata in forma specifica in tutte le sue forme, compresa quella relativa al rilascio di un bene immobile o alla consegna di un bene mobile (in tal senso v., peraltro, già Trib. Terni, 4 agosto 2009, Foro it., 2011, n. 1, 287; Trib. Siena 11 novembre 2013, Foro it., 2014, n. 6, 1980, con nota di Mondini, nonché Trib. Matera 1° dicembre 2012, in ordine alla possibilità di utilizzare lo strumento in esame nell'ipotesi di ritardata esecuzione dell'opera di sostituzione del collettore fognario da parte del condominio. In senso contrario Trib. Livorno 15 novembre 2011, Foro it., 2014, n. 6, 1980, con nota di Mondini; Trib. Modena, 7 marzo 2011, n. 415; Trib. Varese, 16 febbraio 2011, Resp. civ. e prev., 2011, n. 11, 2346, con nota di Romito).

La ratio dell'intervento normativo è correlata alla problematica esecuzione di titoli siffatti con le forme previste dagli artt. 612 e ss. e dagli artt. 605 e ss. per le molteplici difficoltà, anche solo materiali, sollevate dagli obbligati al giudice dell'esecuzione. Esempio tipico è quello dell'esecuzione di un obbligo di fare costituito, ad esempio, dalla demolizione di un manufatto che può portare persino ad un'annosa esecuzione in forma specifica dell'obbligo per pretestuose deduzioni dell'obbligato, pur a fronte della nomina di un consulente tecnico d'ufficio, sulla possibilità di conformarsi al comando giuridico contenuto nel titolo esecutivo.

Resta invece ferma la previsione contenuta nell'ultima parte del primo comma dell'art. 614-bis per la quale la norma non trova applicazione con riguardo alle controversie in tema di lavoro subordinato pubblico o privato e dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 409, in relazione alle pronunce emanate all'esito delle quali pure si è tradizionalmente posto con forza il problema delle modalità di esecuzione di obblighi di fare di carattere infungibile. La questione è peraltro attualmente ridimensionata dalla riduzione dell'ambito di applicazione dell'art. 18 Statuto dei lavoratori ai licenziamenti c.d. discriminatori. Non può trascurarsi, sotto altro profilo, che la S.C. ha evidenziato che le obbligazioni aventi a oggetto un fare infungibile se non possono dare luogo a esecuzione forzata diretta, non per questo soffrono limitazioni nel processo di cognizione. In una tale eventualità, infatti, non è preclusa — perché inutiliter data — la pronuncia di condanna: non solo in quanto potenzialmente idonea a produrre i suoi effetti tipici, stimolando la eventuale esecuzione volontaria da parte del debitore, ma altresì perché produttiva di conseguenze risarcitorie per equivalente, suscettibili di lievitazione progressiva, in caso di persistente inadempimento del debitore, eventualmente assistite da garanzia ipotecaria ex art. 2818 c.c. (Cass. n. 17200/2013).

Procedimenti nei quali può essere richiesta l' astreinte

La circostanza che la norma in esame faccia riferimento, in modo generico, ad un “provvedimento” e non già ad una sentenza di condanna ha indotto sia la dottrina che la giurisprudenza che si sono espresse sulla questione a ritenere che la misura di coercizione indiretta possa essere richiesta sia nei giudizi destinati a concludersi con una sentenza che nei procedimenti nei quali è emanata un'ordinanza.

Pertanto, l'astreinte può accedere, ad esempio, all'ordinanza interdittale, ai provvedimenti cautelari, al decreto ingiuntivo (ad esempio, per la consegna di una cosa mobile), all'ordinanza emanata nel procedimento sommario di cognizione (Merlin, 1548).

Si è evidenziato, in tale prospettiva, che l'art. 614-bis trova applicazione anche con riguardo ai provvedimenti cautelari, tenuto conto dell'ampia formulazione del comma 1 dell'art. 614-bis, che consente di riferirne l'applicabilità ad ogni provvedimento giurisdizionale di contenuto condannatorio (Trib. Verona, 9 marzo 2010, Giur. mer., 2010, n. 7-8, 1857; conforme Trib. Cagliari, 19 ottobre 2009, Foro it., 2011, n. 1, 287).

In senso contrario, in sede applicativa, si è invece ritenuto, con un orientamento rimasto pressoché isolato, che in materia di prescrizioni imposte ad un coniuge in sede di separazione non trova applicazione l'art. 614 bis, trattandosi di disciplina dettata per l'esecuzione delle sentenze di condanna (Trib. Salerno I, 20 luglio 2011, Giur. mer., 2013, n. 10, 2105).

Era finora esclusa la possibilità che il provvedimento fosse pronunciato da un giudice diverso rispetto a quello della cognizione e, in particolare, dal giudice dell’esecuzione.

Ciò comportava una serie di problemi, anche sul piano concettuale, perché sovente è solo dopo l’inadempimento che il creditore si rende conto della necessità di una misura coercitiva e non già nell’ambito del processo di cognizione.

Inoltre, l’accesso alla misura restava precluso nelle procedure promosse in base a titoli esecutivi stragiudiziali (su quest’ultimo aspetto cfr. anche Farina (-Giordano – Metafora), 81).

Al fine di risolvere queste problematiche è stata prevista la possibilità anche per il giudice dell’esecuzione di emanare l’astreinte su richiesta dell’avente diritto.

Presupposti per l'emanazione del provvedimento

In primo luogo l'emanazione della misura presuppone un'istanza di parte.

Secondo un'interpretazione rigorosa, tale istanza dovrebbe essere equiparata ad una domanda giudiziale e dovrebbe quindi essere proposta in limine litis (Zucconi Galli Fonseca, 205).

Per altri, invece, l'istanza in questione, alla medesima stregua di quella ex art. 96, essendo accessoria al provvedimento di condanna oggetto della domanda giudiziale dovrebbe ritenersi proponibile in ogni momento del giudizio ed anche in appello (Bove, 787).

A fronte dell'istanza di parte il giudice non è tenuto ad emanare il richiesto provvedimento, essendo riservata allo stesso una valutazione di “manifesta iniquità”. A riguardo, in sede applicativa si è osservato che è manifestamente iniquo emettere un provvedimento ex art. 614-bis allorché risulti la volontà dell'obbligato di provvedere all'adempimento della condanna (Trib. Livorno, 4 novembre 2011, Foro it., 2014, n. 6, 1980, con nota di Mondini).

Se, invece, l'istanza è accolta il giudice, nell'emanare il provvedimento di condanna al termine del procedimento, fissa anche una somma che dovrà essere corrisposta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva.

L'astreinte in quanto anteriore ad un inadempimento solo eventuale nel momento nel quale è emanata si configura, pertanto, come condanna condizionale futura.

Quantificazione della somma

Un ampio potere discrezionale era demandato all'autorità giudiziaria in ordine alla quantificazione della misura da parte del comma 2 della norma in esame per il quale ciò avviene “tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile”.

Nella giurisprudenza amministrativa è stato più volte evidenziato che  la misura dell'astreinte assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato dall'inesecuzione della sentenza ma vuole sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento. In altri termini, trattasi di una pena e non di un risarcimento. Riprova di questa qualificazione giuridica e connotazione funzionale dell'istituto è la circostanza che, nel dettare i criteri guida per la quantificazione della misura della sanzione, l'art. 614-biscomma 2, considera la misura del danno quantificato e prevedibile solo uno dei parametri di commisurazione, in quanto prende in considerazione anche altri profili, estranei alla logica riparatoria, quali il valore della controversia, la natura della prestazione e ogni altra circostanza soggettiva o oggettiva utile (T.A.R. Milano, Lombardia, sez. III, 7 febbraio 2014, n. 409).

La norma, nella formulazione novellata dal d.lgs. n. 149 del 2022, attribuisce al giudice il potere di determinare la decorrenza della misura, nonché di fissare un termine di durata della misura, tenendo conto della finalità della stessa e di ogni circostanza utile (cfr. Farina (- Metafora – Giordano), 81).

Regime impugnatorio

Sia nell'ipotesi di rigetto che di accoglimento dell'istanza, la sussistenza dei relativi presupposti, nonché la quantificazione operata dal giudice potranno essere nuovamente dedotte dalla parte soccombente in sede di impugnazione e, quindi, se si tratta di sentenza di condanna emanata in primo grado mediante appello o se, invece, di un'ordinanza cautelare mediante reclamo ex art. 669-terdecies (Bove, 790).

Esecuzione

L'astreinte costituisce titolo esecutivo.

Non è previsto, come nel sistema francese, che il giudice debba verificare l'avvenuto inadempimento dell'obbligato affinché possa iniziare l'esecuzione nei suoi confronti in base alla misura coercitiva indiretta (Merlin 1553).

Ne deriva che l'esistenza in concreto dei presupposti di effettiva operatività dell'astraente e la sua concreta monetizzazione sono rimesse al creditore vittorioso (Trib. Milano, sez. proprietà Industriale e intellettuale, 9 giugno 2011).

Peraltro, si è anche osservato che la misura coercitiva pecuniaria, si applica trascorso un termine concesso ragionevolmente al debitore per adempiere l'obbligo e decorrente dalla notifica della sentenza o del provvedimento (Trib. Terni, 4 agosto 2009, Foro it., 2011, n. 1, 287).

Pertanto, iniziata l'esecuzione nei suoi confronti, sarà onere dell'esecutato dedurre in sede di opposizione all'esecuzione le circostanze che ostano alla stessa (ad esempio, avvenuto adempimento all'obbligo di fare). Si pone, peraltro, un problema di riparto dell'onere probatorio nel giudizio ex art. 615 con riguardo, in particolare, alla violazione dell'obbligo di non fare, problema correlato a quello, di più ampia portata, della difficoltà di dimostrare i fatti negativi. In dottrina si ritiene che, in detta ipotesi, impossibilitato l'obbligato a dimostrare di aver serbato la propria condotta di astensione, tale onere spetti al creditore che ne deduce l'inosservanza (Bove, 791). Tale soluzione è apparsa coerente con il generale principio negativa non sunt probanda (Merlin, 1557).

Si segnala, in sede applicativa, Trib. Genova, 6 novembre 2015, n. 3346, in Foro it., 2016, I, 1046, con nota di Mondini, per la quale avverso il precetto notificato per la riscossione del credito derivante da una misura coercitiva concessa ai sensi dell'art. 614-bis nell'ambito di un provvedimento cautelare è proponibile l'opposizione all'esecuzione per vizi del precetto stesso, mentre occorre procedere davanti al giudice della cautela quando si contesti che si sono verificate le condizioni per l'operatività della misura.

Casistica

In presenza di una elevata conflittualità di coppia, il comportamento non collaborativo di entrambi i genitori integra inosservanza di un obbligo di fare infungibile, tale da legittimare l'applicazione delle misure di cui all'art. 614-bis, qualora risponda a finalità protettive del minore,sia nella fase istruttoria che nella fase decisoria del giudizio (Trib. Roma, 10 maggio 2013, Giur. mer., 2013, n. 10, 2100, con nota di Serrao).

Per ogni violazione delle prescrizioni in tema di frequentazione del minore da parte del genitore non collocatario, può essere applicata una sanzione per il caso in cui il primo non vada a scuola nei giorni in cui dovrebbe esserne preso dal padre senza che risulti un impedimento attestato da certificato redatto da pediatra individuato previamente di concerto dai due genitori (Trib. Firenze, 11 novembre 2011, Foro it., 2012, n. 6, 1941).

In presenza di una elevata conflittualità di coppia, il comportamento non collaborativo del genitore collocatario non integra inosservanza di un obbligo di fare infungibile, tale da legittimare l'applicazione delle misure di cui all'art. 614-bis, qualora risponda a finalità protettive del minore, ancorché non giustificate da fatti concreti (Trib. Salerno I, 8 febbraio 2000).

Nel caso di ritardata esecuzione nell'opera di sostituzione del collettore fognario da parte del condominio, a quest'ultimo si applica l'astreinte, istituto previsto dall'art. 614-bis, raramente applicato in ambito condominiale, attraverso il quale il giudice, fissa, a titolo esecutivo, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento (Trib. Matera, 1° dicembre 2012).

Il ritardo nell'attivazione da parte della compagnia telefonica della linea fax di uno studio legale autorizza il ricorso d'urgenza in quanto lo strumento è indispensabile per il normale funzionamento dello studio legale, considerato che non tutti gli interlocutori di uno studio legale, "in primis" i clienti persone fisiche, hanno l'obbligo di dotarsi di un indirizzo p.e.c. Deve poi essere stabilito, ai sensi dell'art. 614-bis, il pagamento da parte dell'operatore telefonico di una somma di 50 euro per ogni giorno di ritardo nell'attuazione del provvedimento di condanna (Trib. S. Maria Capua Vetere I, 21 aprile 2015).

Bibliografia

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