Codice di Procedura Civile art. 654 - Dichiarazione di esecutorietà ed esecuzione.

Caterina Costabile

Dichiarazione di esecutorietà ed esecuzione.

[I]. La esecutorietà non disposta con la sentenza o con l'ordinanza di cui all'articolo precedente è conferita con decreto del giudice che ha pronunciato l'ingiunzione [scritto in calce all'originale del decreto d'ingiunzione]1.

[II]. Ai fini dell'esecuzione non occorre una nuova notificazione del decreto esecutivo [479 1]; ma nel precetto [480 2] deve farsi menzione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà [e dell'apposizione della formula] [475]2.

 

[1]  Comma così modificato dall'art. 103 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999  e successivamente modificato dall'art. 3, comma 8, lett. e) d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, che ha soppresso le parole  «scritto in calce all'originale del decreto d'ingiunzione» ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.  

[2]  Comma così modificato dall'art. 3, comma 45,  del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha soppresso le parole «e dell'apposizione della formula» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

La norma in esame disciplina l'ipotesi in cui l'esecutorietà del decreto ingiuntivo non sia disposta ai sensi dell'art. 653 con la sentenza che definisce il giudizio di opposizione o con l'ordinanza che dichiara l'estinzione del giudizio di opposizione, prevedendo che la stessa venga conferita con decreto del giudice che ha pronunciato l'ingiunzione.

Il d.lgs. n. 164/2024 ha eliminato dal primo comma della norma il riferimento alla stesura del decreto che dichiara l'esecutorietà del decreto ingiuntivo in calce al decreto stesso, onde coordinare la norma con le disposizioni sul processo civile telematico. La nuova formulazione della norma si applicherà anche ai procedimenti in corso introdotti dopo il 28 febbraio 2023.

Il predetto decreto di esecutorietà ha carattere costitutivo e non meramente dichiarativo: in altri termini, è requisito formale indispensabile per l'acquisizione della qualità di titolo esecutivo (Valitutti - De Stefano, 504).

Il secondo comma dell'art. 654 prevede una deroga alla regola generale di cui all'art. 479, secondo cui l'esecuzione forzata va preceduta dalla notifica del titolo in forma esecutiva, e viene giustificata con la considerazione che il titolo stesso, sebbene non ancora esecutivo, è per forza di cose già noto al debitore (Sciacchitano, 525).

Il decreto di esecutorietà

Il decreto ingiuntivo, dopo essere stato dichiarato esecutivo ai sensi dell'art. 654, costituisce titolo esecutivo a tutti gli effetti (Franco, 1591).

L'esecutività del decreto ingiuntivo pronunciata ai sensi dell'articolo in commento è suscettibile di revoca o, comunque, di caducazione solamente nell'ambito del prosieguo del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo o nel giudizio di opposizione all'esecuzione ovvero agli atti esecutivi.

Pertanto, ad avviso della giurisprudenza, l'atto di revoca del decreto di esecutività concesso dal presidente del tribunale al di fuori di siffatte ipotesi assumerebbe i caratteri di abnormità e sarebbe, come tale, suscettibile di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., in quanto provvedimento abnorme avente contenuto decisorio idoneo a incidere su diritti e a determinare la formazione del giudicato (Cass. I, n. 2235/2004).

La S.C. ha altresì ritenuto che, qualora l'estinzione del processo di opposizione avverso il decreto ingiuntivo, ancorché verificatasi ope legis, non possa essere dichiarata con ordinanza resa a norma dell'art. 653 comma 1, come si verifica nell'ipotesi di cancellazione dal ruolo della relativa causa e di estinzione per mancata riassunzione nel termine di legge, alla parte che ha richiesto ed ottenuto il provvedimento monitorio deve riconoscersi la facoltà di far valere la suddetta estinzione mediante istanza di declaratoria di esecutorietà dell'ingiunzione, rivolta, ai sensi dell'art. 654 comma 1, allo stesso giudice che ha emesso l'ingiunzione, e tale declaratoria, ove venga pronunciata nel presupposto dell'effettivo verificarsi della predetta estinzione del giudizio di opposizione, deve ritenersi legittima ed efficace indipendentemente dal fatto che fornisca per errore una diversa motivazione (Cass. III, n. 3465/1986).

La dottrina invece ritiene che, nei casi in cui si verifica una fattispecie estintiva del giudizio di opposizione per mancata riassunzione, l'esecutorietà del decreto ingiuntivo debba essere dichiarata espressamente dal giudice dell'opposizione, previa pronuncia dichiarativa dell'estinzione a seguito di apposito ricorso a questo giudice, da notificarsi all'opponente unitamente al decreto di fissazione dell'udienza (Ronco, 461).

Esecuzione del decreto

Il secondo comma dell'art. 654 nell’attuale formulazione prevede che ai fini dell'esecuzione del provvedimento monitorio, il decreto di esecutorietà e l'avvenuta apposizione della formula esecutiva siano menzionate nell'atto di precetto notificato al debitore.

L'attuale formulazione della disposizione come modificata dal d.l.gs. n. 149/2022non contiene più il riferimento alla formula esecutiva attesa l’abrogazione dell’art. 476 in conformità al disposto dell’art. 1, comma 12, lettera a) della legge delega n. 206/2021 che prescriveva al legislatore delegato di “prevedere che, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale devono essere formati in copia attestata conforme all'originale, abrogando le disposizioni del codice di procedura civile e le altre disposizioni legislative che si riferiscono alla formula esecutiva e alla spedizione in forma esecutiva”.

Ad avviso della dottrina la previsione del secondo comma della norma in esame costituisce una deroga alla regola generale di cui all'art. 479, secondo cui l'esecuzione forzata va preceduta dalla notifica del titolo in forma esecutiva, e viene giustificata con la considerazione che il titolo stesso, sebbene non ancora esecutivo, è per forza di cose già noto al debitore (Sciacchitano, 525).

Ad avviso della giurisprudenza, la disposizione contenuta nel comma 2 dell'art. 654 è volta a semplificare l'inizio del procedimento esecutivo, evitando una inutile duplicazione della notifica del titolo — già avvenuta ai fini della decorrenza del termine per la proposizione dell'opposizione — ed integrandola se il titolo in quel momento non era ancora munito di esecutività (Cass. III, n. 8402/2015).

La giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto modo di specificare che il creditore che promuove l'esecuzione forzata avvalendosi di un decreto ingiuntivo può limitarsi alla sola menzione, nell'atto di precetto, del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà del decreto (Cass. I, n. 4705/2018). Tale menzione, infatti, sostituisce la formalità della nuova notificazione dell'atto ed integra la precedente notificazione del titolo, se questo, al momento della sua notificazione ex art. 643, non aveva ancora carattere di titolo esecutivo (Cass. III, n. 12731/2007). 

Peraltro, anche in mancanza di tali indicazioni, non si determina l'inesistenza giuridica ma semplicemente la nullità del precetto medesimo (Cass. III, n. 1928/2020), che deve essere dedotta mediante opposizione agli atti esecutivi nel termine previsto dall'art. 617 (Cass. III, n. 10294/2009).

La previa notificazione del decreto ingiuntivo è, tuttavia, necessaria qualora si intenda agire contro un soggetto, non indicato nell'ingiunzione in ragione della pretesa sua qualità di obbligato solidale, in quanto il debitore esecutando deve essere messo in grado non solo di conoscere qual è il titolo ex art. 474 in base al quale viene minacciata in suo danno l'esecuzione, ma anche di adempiere l'obbligazione da esso risultante entro il termine previsto dall'art. 480 (Cass. III, n. 1289/2012).

Anche in caso di successione a titolo universale è necessaria la previa notifica del titolo esecutivo agli eredi posto che, ai sensi del primo comma dell'art. 477, il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del titolo.

La S.C. ha inoltre chiarito che, nel caso in cui il precetto sia stato intimato al debitore sulla base della sentenza pronunciata in grado d'appello reiettiva dell'apposizione al decreto ingiuntivo, non trova applicazione la previsione dell'art. 654 concernente la menzione nell'atto di precetto del provvedimento che attribuisce esecutorietà al decreto e dell'apposizione della formula esecutiva, essendo costituito il titolo esecutivo che deve essere notificato al debitore esclusivamente dalla sentenza d'appello, ancorché integralmente confermativa della decisione di primo grado (Cass. III, n. 3273/1995).

Esigenze di economia processuale hanno portato la dottrina a ritenere che la disposizione in esame debba essere applicata non solo alle ipotesi contemplate dall'art. 654, ma anche a tutte le ipotesi in cui sia disposta l'esecutorietà del decreto ingiuntivo, compresa quelle di cui agli artt. 647 e 648, ma non al caso di decreto ingiuntivo munito di esecutorietà sin dalla sua emissione ex art 642 (Franco, 1590; Valitutti - De Stefano, 505).

Anche la giurisprudenza ha ritenuto che il principio posto dall'art. 654, comma 2, trova applicazione in ogni ipotesi di esecutività del decreto medesimo (Cass. III, n. 14729/2001), e, quindi, non solo quando essa venga concessa per essere stata respinta l'opposizione o per essersi estinto il relativo giudizio, ma anche quando venga accordata in pendenza del giudizio di opposizione, ai sensi dell'art. 648 (Cass. I, n. 199/1985).

In caso di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art 642 è stato, invece, ritenuto sufficiente che l'atto di precetto, successivamente notificato al debitore, contenga la data di notificazione del titolo esecutivo e gli estremi di essa (Cass. VI, n. 8870/2022).

Esecuzione dell'ingiunzione di pagamento europea

L'art. 19 del Regolamento CE n. 1896/2006 stabilisce che l'ingiunzione di pagamento europea, una volta divenuta esecutiva nello Stato membro d'origine per mancata opposizione, è riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento.

Le S.U. hanno evidenziato che all'efficacia esecutiva del provvedimento si accompagna quel fenomeno analogo (ma non identico) al giudicato, rappresentato dalla preclusione pro iudicato. La mancata opposizione nel termine perentorio ex art. 16 del Regolamento CE n. 1896/2006 rende, difatti, irretrattabile l'ingiunzione e le attribuisce una stabilità (non meramente endoprocessuale, ma) esterna, permettendo all'ingiunto di agire verso il creditore e di rimettere in discussione lo stesso rapporto oggetto dell'ingiunzione per ogni effetto diverso da quello della mera condanna, che resta, invece, intangibile e insensibile a ogni azione di accertamento negativo o di ripetizione di indebito (Cass. S.U., n. 10799/2015).

I procedimenti di esecuzione sono disciplinati dalla legge dello Stato membro di esecuzione (art. 21).

Per l'esecuzione in un altro Stato membro, il ricorrente deve fornire alle competenti autorità:

a) una copia dell'ingiunzione di pagamento europea dichiarata esecutiva dal giudice d'origine, che presenti le condizioni necessarie per stabilire la sua autenticità,

b) ove richiesto, una traduzione dell'ingiunzione di pagamento europea nella lingua ufficiale dello Stato membro di esecuzione oppure, ove tale Stato abbia più lingue ufficiali, nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali del procedimento giudiziario del luogo in cui è chiesta l'esecuzione, conformemente al diritto dello Stato membro in questione, o in un'altra lingua che lo Stato membro di esecuzione abbia dichiarato di accettare.

Ciascuno Stato membro può indicare quale lingua o quali lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione europea diverse dalla sua possono essere accettate per l'ingiunzione di pagamento europea. La traduzione deve essere autenticata da una persona all'uopo abilitata in uno degli Stati membri.

In applicazione dei principi generali del diritto comunitario, al ricorrente che in uno Stato membro chieda l'esecuzione di una ingiunzione di pagamento europea emessa in un altro Stato membro non sono richiesti cauzioni, garanzie o depositi, comunque siano denominati, per il fatto di essere straniero o per difetto di domicilio o residenza nello Stato membro di esecuzione (art. 21, § 3).

Il legislatore comunitario ha poi previsto delle ipotesi eccezionali in cui al giudice competente dello Stato membro di esecuzione è consentito di rifiutare l'esecuzione (art. 22).

Precisamente, su istanza del convenuto, l'esecuzione va rifiutata se l'ingiunzione di pagamento europea è incompatibile con una decisione o ingiunzione emessa anteriormente in uno Stato membro o in un paese terzo, quando:

a) la decisione o ingiunzione anteriore riguarda una causa avente lo stesso oggetto e le stesse parti;

b) la decisione o ingiunzione anteriore soddisfa le condizioni necessarie per il suo riconoscimento nello Stato membro di esecuzione;

c) il convenuto non avrebbe avuto la possibilità di far valere l'incompatibilità nel procedimento nello Stato membro d'origine.

L'esecuzione è rifiutata, sempre su istanza del convenuto, anche nel caso e nella misura in cui quest'ultimo abbia versato al ricorrente l'importo previsto nell'ingiunzione di pagamento europea.

In ogni caso l'ingiunzione di pagamento europea non può mai formare oggetto di un riesame del merito nello Stato membro di esecuzione.

Il giudice competente dello Stato membro di esecuzione può, su istanza del convenuto che abbia proposto il riesame di cui all'art. 20 del Regolamento, può:

a) limitare il procedimento di esecuzione ai provvedimenti conservativi;

b) subordinare l'esecuzione alla costituzione di una cauzione di cui determina l'importo;

c) in circostanze eccezionali sospendere il procedimento di esecuzione (art. 23).

Bibliografia

Asprella, Opposizione a decreto ingiuntivo tra teoria e pratica, in Giur. mer. 2011, 7-8, 2013 ss.; Balbi, Ingiunzione (procedimento di), in Enc. giur., XVII, Roma, 1997; Franco, Guida al procedimento di ingiunzione, Milano, 2009; Garbagnati, Il procedimento d’ingiunzione, Milano, 1991; Giordano, Note in tema di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in Giust. civ. 2013, 9, 489 ss.; Ronco, Struttura e disciplina del rito monitorio, Torino, 2000; Scarselli, I compensi professionali forensi dopo il decreto sulle specializzazioni, in Corr. giur., Speciale, 2012, 2, 67 ss; Sciacchitano, Ingiunzione (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XXI, Milano, 1971; Vaccari, Le modifiche alla disciplina del procedimento di ingiunzione derivanti dalla c.d. riforma parametri, Giur. mer. 2013, 4, 857 ss; Valitutti, Il procedimento di ingiunzione: le problematiche più controverse, in Giur. mer. 2010, 7-8, 2032 ss.; Valitutti - De Stefano, Il decreto ingiuntivo e la fase di opposizione, Padova, 2013.

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