Codice di Procedura Civile art. 657 - Intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione.Intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione. [I]. Il locatore o il concedente può intimare [660] al conduttore al comodatario di beni immobili, all'affittuario di azienda, [1571 c.c.], all'affittuario coltivatore diretto [1647 ss. c.c.], al mezzadro [2141 c.c.] o al colono [2164 1 c.c.] licenza per finita locazione, prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per la convalida, rispettando i termini prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali1. [II]. Può altresì intimare lo sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, se, in virtù del contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, è esclusa la tacita riconduzione [1596 2, 1597 1 c.c.].
[1] Comma così modificato dal r.d. 20 aprile 1942, n. 504 e successivamente dall'art. 3, comma 46, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha inserito le parole «al comodatario di beni immobili, all'affittuario di azienda,» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 , come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoIl procedimento di convalida di licenza o sfratto rientra nella categoria dei procedimenti sommari, caratterizzati da una cognizione incompleta e superficiale, ai fini dell'emanazione del provvedimento richiesto (Picardi, 2010, 505). La cognizione soltanto sommaria che consente all'intimante di ottenere il provvedimento di convalida in tempi relativamente brevi non è peraltro ritenuta costituzionalmente illegittima, in ragione della possibilità per il conduttore di evitare l'emanazione di tale provvedimento proponendo opposizione alla convalida, a fronte della quale, invero, la fase di cognizione sommaria si esaurisce automaticamente e si apre un giudizio di cognizione ordinaria (Frasca, 19). Il procedimento di convalida per licenza o sfratto è un procedimento speciale che si pone come eccezione all'ordinario processo di cognizione, sicché la relativa normativa non è suscettibile di interpretazione analogica ai sensi dell'art. 14 disp. prel. (Garbagnati, 296). Soggetto legittimato alla proposizione dell'intimazione della licenza o dello sfratto è il locatore, e ciò a prescindere dalla circostanza se questi sia o meno proprietario o titolare di un diritto reale sulla cosa locata. La licenza per finita locazione integra un'eccezionale forma di condanna in futuro, riferendosi ad un contratto ancora in corso al momento della proposizione del procedimento (Garbagnati, 293; Preden, 434). Profili generali del procedimento di convalidaIl procedimento di convalida di licenza o sfratto rientra nella categoria dei procedimenti sommari, caratterizzati da una cognizione incompleta e superficiale, ai fini dell'emanazione del provvedimento richiesto (Picardi, 2010, 505). Tali procedimenti sono opzionali rispetto ai processi a cognizione piena, ordinari o speciali: pertanto, il locatore può scegliere se proporre l'azione di risoluzione del contratto di locazione per scadenza, anche futura, o morosità, mediante il procedimento per convalida ovvero nell'ambito di un giudizio di cognizione ordinaria, disciplinato dal rito speciale locatizio ex art. 447-bis (Garbagnati, 297; Tedoldi, 83). In sede applicativa, è stato osservato che il procedimento di convalida di licenza o sfratto è un procedimento speciale di cognizione e non già di natura cautelare (Trib. Padova II, 26 novembre 2010, in Arch. Loc., 2011, n. 3, 332). Invero, il procedimento per convalida di sfratto non ha natura cautelare non avendo carattere strumentale rispetto alla emanazione di un ulteriore provvedimento definitivo di cui intenda assicurare la fruttuosità. Pertanto, si tratta di un procedimento speciale sommario rispetto al quale il provvedimento di urgenza di cui all'art. 700 non si pone in posizione di alternatività e, quindi, rispetto al quale non può allegarsi la natura residuale del provvedimento di urgenza, almeno in tutti quei casi in cui il procedimento per convalida di sfratto (che inizia con un atto di citazione, che può sfociare in un giudizio di merito e che può non consentire la pronuncia dell'ordinanza di rilascio ogniqualvolta la opposizione sia fondata su prova scritta) non sia idonea a rimuovere in tempo utile le cause del "periculum in mora” (Trib. Milano, 12 gennaio 1995, in Arch. loc. 1995, 650). La cognizione soltanto sommaria che consente all'intimante di ottenere il provvedimento di convalida in tempi relativamente brevi non è ritenuta costituzionalmente illegittima, in ragione della possibilità per il conduttore di evitare l'emanazione di tale provvedimento proponendo opposizione alla convalida, a fronte della quale, invero, la fase di cognizione sommaria si esaurisce automaticamente e si apre un giudizio di cognizione ordinaria, senza necessità di ulteriori iniziative delle parti (Frasca, 19). La Corte costituzionale è tuttavia intervenuta a più riprese sulle norme del procedimento per convalida di licenza o sfratto, finendo con il ricostruire lo stesso in modo più coerente con i principi costituzionali, mediante l'estensione dei motivi esperibili in sede di opposizione tardiva alla convalida (Corte cost. n. 89/1972), e consentendo la possibilità di proporre opposizione di terzo ex art. 404 avverso il provvedimento di convalida (Corte cost. n. 167/1984) nonché, in alcuni casi, la revocazione (Corte cost. n. 558/1989; Corte cost. n. 51/1995). Giova considerare, per altro verso, il costante orientamento delle Sezioni Unite per il quale nel procedimento per convalida di sfratto i provvedimenti resi dal giudice nella fase preliminare, in quanto aventi carattere provvisorio, non integrano decisione nel merito e, pertanto, non ostano alla proponibilità del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione di cui all'art. 41 c.p.c. (Cass., SU, n. 11454/2022). Ambito applicativoIl procedimento di convalida per licenza o sfratto è un procedimento speciale che si pone come eccezione all'ordinario processo di cognizione, sicché la relativa normativa non è suscettibile di interpretazione analogica ai sensi dell'art. 14 disp. prel. c.c. (Garbagnati, 296; Preden, 429). Deriva da tale generale assunto che il procedimento disciplinato dalla norma in commento può essere utilizzato esclusivamente 1) in relazione ai contratti ivi considerati; 2) in forza di una causa specifica di cessazione del rapporto che è data dalla scadenza del termine (ovvero, quanto all'art. 658, dalla morosità) (Trisorio Liuzzi, 2004, 557 ss.). Peraltro, sulla scorta di un'interpretazione estensiva consentita anche per le norme eccezionali, è equiparata a tal fine alla locazione la sublocazione (Lazzaro-Preden- Varrone, 19). Non è, invece, ammessa la convalida in riferimento a contratti di locazione atipici o misti, con la sola esclusione, espressamente prevista dal successivo art. 659, del caso in cui il godimento dell'immobile costituisca il corrispettivo, anche parziale di una prestazione d'opera (Lazzaro-Preden-Varrone, 19). In giurisprudenza si è tra l'altro ritenuto che, posta la natura eccezionale del procedimento per convalida di sfratto (in quanto tale non applicabile in via analogica al di fuori delle ipotesi espressamente previste di finita locazione e morosità), va dichiarata inammissibile la domanda avanzata dal locatore nella forma di cui all'art. 657 e volta ad ottenere la convalida dello sfratto per violazione di clausola contrattuale contemplante il divieto di sublocazione o cessione a terzi dell'immobile (Trib. Modena, 19 aprile 2005, in Arch. loc. 2005, 674). In passato, la limitata operatività del procedimento per convalida, avente natura eccezionale, aveva indotto la S.C. ad affermare che quando è in discussione la risoluzione di un contratto di locazione esclude dall'ambito applicativo di detto procedimento i contratti di affitto d'azienda (Cass. n. 250/2008). La questione è stata superata dall'espressa previsione, ad opera della norma in esame, come novellata dal d.lgs. n. 149 del 2022, della possibilità di dare corso al procedimento di convalida per licenza o sfratto per finita locazione anche nell'ipotesi di contratto di affitto di azienda (nonché, da ultimo, dalla modifica, da parte del d.lgs. n. 164 del 2024, dell'art. 658, che ha esteso l'istituto allo sfratto per morosità). La prassi appare inoltre incline a ritenere che il procedimento per convalida di licenza o di sfratto, di cui agli art. 657 ss., non è utilizzabile con riferimento al rapporto di leasing immobiliare (Pret. Milano, 5 aprile 1993, in Foro it., 1993, I, 1689); tale assunto è stato riferito alla locazione finanziaria di immobile destinato ad uso industriale, in quanto quello di leasing è contratto atipico, non riconducibile alla normale locazione (Pret. Spoleto, 6 maggio 1992, in Arch. loc. 1992, 847). Fra le altre fattispecie escluse dall'ambito applicativo del procedimento di convalida di licenza e sfratto possono ricordarsi, a titolo meramente esemplificativo: a) il contratto di pensione, in quanto contratto atipico o misto, con prestazioni multiple, mobiliari ed immobiliari da parte del locatore; b) l'ipotesi di detenzione dell'immobile a titolo precario; c) l'occupazione senza titolo (cfr. Giordano). L''art. 1, comma 46, del d.lgs. n. 149 del 2022 ha ampliato, per le controversie promosse dal 28 febbraio 2023, l'ambito di applicazione del procedimento in esame, limitatamente alla convalida di sfratto o licenza per finita locazione, anche al comodato (cfr., per un primo commento critico, Di Marzio M., 2022, § 3). LegittimazioneSoggetto legittimato alla proposizione dell'intimazione della licenza o dello sfratto è il locatore, e ciò a prescindere dalla circostanza se questi sia o meno proprietario o titolare di un diritto reale sulla cosa locata, essendo sufficiente la disponibilità materiale del bene, con conseguente legittimazione anche in capo al detentore di fatto (Cass. n. 4764/2005), salvo che la detenzione sia stata acquistata illecitamente (Cass. n. 8411/2006). Colui che sia convenuto in giudizio dal locatore (o dal comodante) per la restituzione dell'immobile locato (dato in comodato) non può, avvalendosi di un'eccezione de iure tertii, contestare la legittimazione dell'attore allegando la mancanza del diritto reale sul bene in capo al medesimo ovvero il trasferimento a terzi della proprietà del bene, o, ancora, la perdita da parte del medesimo della relativa disponibilità (v., tra le molte, Cass. n. 1940/2004; Cass. n. 7422/1999; Cass. n. 470/ 1997). Se il contratto di locazione è stato stipulato da più persone in qualità di locatori, ciascuna di esse può svolgere le azioni derivanti dal contratto, essendo presunto il consenso degli altri all'intrapresa giudiziaria, salvo che si deduca e si dimostri, a superamento di tale presunzione, il dissenso della maggioranza dei contitolari, nel qual caso è necessario il preventivo intervento dell'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 1105 c.c. (Cass. n. 2399/2008). Peraltro, è stato precisato che, nel caso in cui siano i comproprietari rappresentanti una quota maggioritaria ad agire in giudizio, un eventuale loro interesse personale al rilascio dell'immobile (nella specie, ai fini dell'utilizzazione di esso in proprio) non vale a trasformare la domanda giudiziale in un atto eccedente l'ordinaria amministrazione, atteso che il suddetto interesse non "qualifica" l'atto di gestione, inerendo alla successiva utilizzazione del bene, peraltro rimessa alla determinazione anche degli altri comproprietari e comunque non realizzabile senza un corrispondente vantaggio di tutti (cfr. Cass. III, n. 4005/1995). Nel caso di vendita di cosa locata il nuovo proprietario subentra nella medesima posizione giuridica dell'originario proprietario cedente locatore. Pertanto, laddove il contratto sia cessato de iure per intimata disdetta del contratto alla scadenza contrattuale, l'acquirente subentra nel diritto di credito alla restituzione già maturato in capo al locatore-proprietario cedente, con facoltà piena di esercitare i diritti non esauriti e i poteri spettanti al proprietario e dal medesimo cedutigli, con la conseguenza che ben può l'acquirente esercitare l'azione di sfratto per finita locazione ex art. 657 (Trib. Roma, VI, 16 ottobre 2019, n. 19862). La S.C., risolvendo una complessa questione interpretativa, ha sancito che l’acquirente di un immobile locato a terzi, in quanto cessionario "ex lege" del contratto di locazione e di tutti i diritti e le facoltà da esso scaturenti, è pienamente legittimato ad intimare al conduttore lo sfratto, a nulla rilevando né che la morosità fosse maturata prima della vendita dell'immobile, né che prima di tale momento la locazione fosse cessata per scadenza del termine (Cass. n. 12883/2012). In accordo con la tesi opposta, pure affermata in precedenza di detto intervento interpretativo da una parte della giurisprudenza, invece, è stata ritenuta inammissibile la domanda di convalida di intimazione di sfratto per finita locazione proposta da colui che abbia acquistato l'immobile dopo la cessazione della locazione, sia perché l'effetto della cessione legale del contratto di locazione in favore del terzo acquirente si produce solo se il bene locato è trasferito in costanza della durata locatizia, ai sensi dell'art. 1602 c.c., trovando, in tal caso, applicazione le regole ordinarie, sia perché non è concettualmente possibile configurare il subingresso in un contratto ormai venuto meno, sia perché, in ogni caso, non potrebbe invocarsi l'applicazione analogica dell'art. 1602 c.c. che ha natura eccezionale per derogare all'art. 1372 c.c., né tanto meno è ammissibile, a seguito della trasformazione del rito ex art. 667 la formulazione nella memoria integrativa di cui all'art. 426 della domanda extracontrattuale per detenzione senza titolo perché domanda nuova, essendo incontestabile che altro è la domanda basata sull'intervenuta cessazione del contratto di locazione, altro è la domanda che miri al riottenimento della disponibilità della cosa abusivamente detenuta (Trib. Roma, 11 ottobre 2006, in Giust. civ., 2006, n. 11, 2411, con nota di Izzo). Questo sistema finiva con il paralizzare l'azione contrattuale di rilascio promossa dall'acquirente dell'immobile locato, facente parte, come nella specie, di un complesso immobiliare più ampio, con un conseguente forte impatto socio-economico e con un palese pregiudizio per la tutela dei diritti, sia della parte locatrice, sia, a ben considerare, anche del conduttore. Forte perplessità suscitava la necessità consequenziale, per il terzo acquirente, di agire, esclusivamente, con l'azione ordinaria extracontrattuale per detenzione senza titolo che appariva incoerente con la pacifica natura contrattuale dell'obbligazione di restituzione dell'immobile locato (art. 1590 c.c.) nascente, infatti, dalla cessazione del rapporto locatizio. Tale esito ermeneutico esponeva l'ignaro ed innocente conduttore a conseguenze grandemente pregiudizievoli ed irragionevoli, anche se non percepite pienamente al momento del rigetto della domanda di rilascio proposta dall'acquirente quali: la possibile pretesa di una indennità di occupazione pari all'effettivo pregiudizio economico subìto in concreto dal locatore, consequenziale sul piano logico e giuridico alla detenzione sine titulo, anche se superiore al canone locatizio dovuto ai sensi dell'art. 1591 c.c. che regola la detenzione successiva alla cessazione de iure della locazione e, soprattutto, la « perdita » delle provvidenze legislative disposte per gli sfrattati, inapplicabili agli occupanti senza titolo. La giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 5522/2000) nega, in proposito, la configurazione di occupazione abusiva per il periodo successivo alla scadenza de iure della locazione, così come la legislazione speciale dettata per l'esecuzione degli sfratti, in aderenza al noto brocardo: emptio non tollit locatum. Tesi interpretativa che determinava, in tal modo, una manifesta disparità di trattamento tra conduttori, a seconda che l'immobile locato, dopo la scadenza naturale del contratto, sia o meno trasferito ad altri. Nella specie, il giudice di primo grado aveva negato — in ossequio a un orientamento quasi unanime dell'ufficio al quale apparteneva ed in conformità a un indirizzo interpretativo che andava affermandosi, singolarmente, tra i giudici di merito (cfr. Cass. n. 19130/2005) — l'ammissibilità dell'azione contrattuale di rilascio per finita locazione ex art. 657 in capo al terzo acquirente, in quanto l'intimante era divenuto proprietario successivamente alla scadenza de iure del rapporto e, conseguentemente, non aveva acquistato la qualità di locatore legittimato, così, all'azione, potendo, quindi, agire solo con l'azione extracontrattuale di restituzione del bene per detenzione senza titolo. Il giudice di appello aveva riformato tale sentenza dichiarando cessata la locazione, con la condanna al rilascio in ragione della originaria intimazione dello sfratto per finita locazione, proposta dall'acquirente sulla base della disdetta già comunicata da parte del venditore, ma la questione interpretativa persisteva, comunque, per tutte le altre numerose ed identiche vicende giudiziarie in corso. La Suprema Corte con una esaustiva ed accurata motivazione e con un'utile e opportuna ricognizione dell'ordinamento, come ricostruito dal diritto vivente del quale vengono citate, opportunamente, le relative pronunce, valorizza le previsioni normative degli art. 1264 e 1602 c.c., rispetto alla norma generale dell'art. 1372 c.c., inquadrando la questione nella cessione legale della locazione e, più in particolare, nella cessione dei relativi diritti di credito, tra i quali rientra quello alla restituzione dell'immobile a suo tempo locato dal venditore e trasferito automaticamente all'acquirente, con la conseguente surrogazione legale (sul punto v. in dottrina, Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di fondi urbani, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, IX, Torino 1984, 526). Degna di particolare notazione appare l'ineccepibile rilievo di diritto positivo che « in base all'espresso tenore dell'art. 657, comma 2, il locatore o il concedente può [...] senz'altro “intimare lo sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto” (sempre che ne sia esclusa la tacita riconduzione) ». In senso conforme al principio di diritto enunciato da Cass. n. 52/2012, si registra, per le locazioni ad uso diverso dall'abitazione tutelate dalla l. n. 392/1978, la statuizione di Pret. Roma 25 gennaio 1992 (in Giust. Civ., 1993, I, 257; e, nello stesso senso, Pret. Milano 17 giugno 1988, in Arch. loc. cond. 1989, 383) che — in relazione alla pronuncia di illegittimità costituzionale delle l. n. 377/1984 e l. n. 118/1985 che comportava la cessazione de iure retroattiva della locazione in corso, oggetto di una pregressa cessione ex art. 36 l. n. 392/1978, cit. (all'epoca legittima) — aveva già ritenuto che, con l'alienazione dell'azienda unitamente alla locazione, era stato ceduto anche il relativo credito per l'indennità di avviamento nei confronti del locatore ceduto. Pronuncia di merito che le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno ritenuto apprezzabile nel quadro di coerenza e razionalità dell’intero ordinamento giuridico, ai fini della effettività giuridica della tutela legale dell’avviamento commerciale perché negava l’esito interpretativo che, in ragione dell’effetto retroattivo della pronuncia di illegittimità costituzionale, la relativa indennità per la sua perdita non fosse dovuta né al conduttore cedente, nei confronti del quale non operava in concreto la cessazione del rapporto locatizio, né, tanto meno, al cessionario che invece la subiva, in ragione dell’incidenza temporale, in fatto, della cessazione del rapporto locatizio dal quale nasce il diritto alla percezione della predetta indennità. In senso conforme al dictum della sentenza in rassegna si era espressa la dottrina (Izzo, 2438) che aveva sottolineato che, con la scadenza naturale del rapporto locatizio e il successivo trasferimento dell'immobile locato, non si verifica, affatto, l'esaurimento degli effetti giuridici tipici del relativo rapporto giuridico di durata di locazione, atteso che dalla cessazione de iure della locazione nascono obbligazioni di natura contrattuale (e non extracontrattuali) — come ad esempio quella di restituzione del bene locato e di corresponsione dell'indennità di avviamento, ove dovuta — nelle quali subentra, legittimamente ed a pieno titolo, il terzo acquirente. La legittimazione passiva in tema di procedimento di convalida compete unicamente al conduttore e qualora il contratto di locazione sia stato stipulato da più soggetti in qualità di conduttori nel giudizio di risoluzione negoziale promosso con l'intimazione per convalida, vi sarà litisconsorzio necessario sul piano passivo tra tali soggetti, dovendo ritenersi inutiliter data la decisione pronunciata nonostante la mancata partecipazione al procedimento di alcuni dei conduttori Cass. n. 405/1999). Peraltro, qualora la prestazione di restituzione di cui all'art. 1590 c.c. non venga adempiuta perché, dopo la scadenza della durata della locazione, rimangono nel godimento della cosa persone alle quali la stessa sia stata concessa in comodato dal conduttore, quest'ultimo ha, comunque, legittimazione personale e diretta contro costoro, al fine di ottenere il rilascio della cosa per consegnarla al locatore, perché la cessazione della durata della locazione non comporta il difetto della legittimazione attiva a chiedere il rilascio dell'immobile (Cass. n. 19139/2005, in Giust. Civ. 2006, n. 11, 2411, con nota di Izzo). In sede applicativa, si è ritenuto, per altro verso, che nel procedimento di convalida per licenza o sfratto, qualora l'immobile locato sia oggetto di sequestro penale, la legittimazione passiva spetta all'amministratore giudiziario nominato dal tribunale, non già all'originario conduttore (Trib. Nocera Inferiore II, 10 novembre 2005). Nel caso di decesso del conduttore nel rapporto locatizio subentrano gli eredi dello stesso senza che assuma rilievo la preesistenza o continuazione del godimento diretto dell'immobile, con la conseguenza che, nel caso di pluralità di eredi, questi, essendo comunque titolari del rapporto indipendentemente dall'effettivo godimento del bene, sono litisconsorti necessari rispetto alle azioni destinate ad incidere sulla continuazione del rapporto, dato che la pronuncia costitutiva o di accertamento nei confronti di uno solo di essi non potrebbe produrre utile effetto rispetto agli altri (Cass. n. 12918/1992). In senso contrario in sede di merito si è osservato che non essendo riconosciuta la qualità di conduttori agli eredi non conviventi del conduttore deceduto, è stato dichiarato inammissibile il procedimento di sfratto per finita locazione avviato contro di essi (Pret. Salerno 13 dicembre 1995, in Arch. loc., 1996, 421). Licenza per finita locazioneLa norma in esame consente in primo luogo al locatore, prima della scadenza del contratto di locazione, ossia quando il contratto non è giunto a termine e quindi non vi è alcun inadempimento del conduttore, di promuovere il procedimento di licenza per finita locazione, al fine di munirsi di un titolo esecutivo da poter azionare non appena venga a scadenza il contratto laddove non vi sia un rilascio spontaneo dell'immobile. La licenza per finita locazione integra, pertanto, un'eccezionale forma di condanna in futuro, riferendosi ad un contratto ancora in corso al momento della proposizione del procedimento (Garbagnati, 293; Preden, 434). L'atto introduttivo del procedimento di convalida di licenza per finita locazione contiene per un verso l'intimazione di licenza del locatore e dall'altro la contestuale citazione per la convalida (Andrioli, IV, 1968, 123). Poiché in ogni caso l'intimazione di licenza per finita locazione presuppone che il contratto non sia ancora scaduto, il locatore è tenuto ad indicare nell'atto introduttivo la data di scadenza del contratto. Tuttavia, l'indicazione nell'intimazione della licenza per finita locazione di un'erronea data di cessazione del rapporto, per essersi lo stesso rinnovato per un ulteriore periodo, per volontà delle parti o in forza di una sopravvenuta disposizione normativa, non impedisce al giudice di condannare il conduttore al rilascio dell'immobile, poiché non può sussistere dubbio sulla volontà del locatore di porre fine al contratto e di riottenere la disponibilità del bene locato, seppure per la data che il giudice avrà accertato essere quella dell'effettiva scadenza legale o convenzionale (Cass. n. 8729/2011). In altri termini, in tema di locazione, il giudice, ove accerti che, per erronea indicazione ovvero per avvenuta rinnovazione del contratto, l'effettiva data di scadenza dello stesso sia posteriore a quella indicata nell'atto di intimazione di licenza per finita locazione o di sfratto, può dichiarare la cessazione del contratto per una data successiva, senza, per questo, incorrere nel vizio di extra o ultra petizione (Cass. n. 684/2010). Sotto altro profilo, l'indiscusso principio per il quale l'intimazione di licenza per finita locazione, anche se sia processualmente inidonea allo scopo, costituisce pur sempre sul piano sostanziale una valida manifestazione delle volontà del locatore di recedere dal contratto implica che l'intimazione di licenza per finita locazione produce gli effetti della disdetta nel caso di estinzione del giudizio (Cass. n. 8729/2011; Cass. n. 9666/1997). Invero, premesso che la disdetta relativa al contratto di locazione costituisce atto negoziale unilaterale e recettizio, espressione di diritto potestativo attribuito "ex lege", concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo, è stato evidenziato che, pur prevedendo l'art. 3 l. n. 392/1978 (abrogato successivamente dall'art. 14 l. n. 431/1998, ma applicabile temporalmente nella fattispecie) che la disdetta debba essere comunicata con lettera raccomandata, tuttavia tale forma non è prescritta a pena di nullità (nemmeno desumibile in via interpretativa), ragion per cui può essere comunicata in qualsiasi modo, purché idoneo a portare a conoscenza del conduttore l'inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza, sicché è possibile, quindi, che la disdetta sia contenuta in un atto processuale come l'intimazione di sfratto per finita locazione, nel quale, però, a tal fine, deve essere espressa chiaramente e senza possibilità di equivoci la suddetta volontà del locatore ovvero risultare che la stessa sia presupposta logicamente e giuridicamente (Cass. n. 409/2006). In virtù della prevalenza del principio di autonomia negoziale, resta fermo che il giudicato formatosi sull'accertamento della futura data di scadenza di un contratto di locazione lascia inalterato il potere delle parti di provocare la cessazione degli effetti del contratto, prima della scadenza, al verificarsi di altri presupposti, trattandosi di un diritto diverso da quello accertato, riconosciuto dal contratto o dalla legge senza alcuna incompatibilità con la scadenza accertata; al contrario, se il conduttore, che sia stato convenuto in giudizio per la convalida della licenza per finita locazione, intenda esercitare il proprio diritto di impedire il verificarsi della scadenza naturale del contratto, è tenuto a farlo in quel processo, trattandosi di un fatto impeditivo del diritto fatto valere dal locatore, restando altrimenti precluso dal giudicato l'accertamento di una data di scadenza diversa da quella accertata. (cfr. Cass. n. 24534/2018, la quale ha confermato la decisione impugnata che, a fronte di una sentenza, passata in giudicato, con la quale la data di scadenza di un contratto di locazione era stata fissata alla data del 31 dicembre 2018, aveva negato che il conduttore potesse far valere l'ulteriore rinnovazione del contratto, con nuova scadenza al 31 dicembre 2024, nell'ambito del successivo giudizio intentato dal locatore per la convalida dell'intimazione per finita locazione). Sfratto per finita locazioneIl comma 2 della norma in esame prevede la possibilità per il locatore di promuovere il procedimento di sfratto per finita locazione dopo la scadenza del contratto, in un momento nel quale, quindi, non avvenuto il rilascio dell'immobile, l'interesse dell'intimante a riottenerne la disponibilità è attuale a fronte dell'inadempimento dell'obbligato. Necessario presupposto di tale azione è la tempestiva comunicazione al conduttore mediante lettera raccomandata inviata entro sei mesi prima dalla scadenza nelle locazioni ad uso abitativo ed entro dodici mesi prima nelle locazioni ad uso diverso da quello abitativo della disdetta negoziale, in mancanza della quale si avrà, invero, tacita rinnovazione del contratto (Giordano). Si segnala, peraltro, in sede applicativa la tesi per la quale Poiché nell'istanza di convalida di sfratto è implicitamente contenuta, ancorché non sia stata formulata espressamente dal locatore, la domanda di risoluzione del contratto di locazione, essa non è esperibile e deve quindi essere dichiarata inammissibile ove si riferisca ad un rapporto locatizio cessato al momento dell'intimazione (nella specie, a seguito di disdetta del locatore), essendo già venuto meno il titolo di cui si chiede la risoluzione (Trib. Roma VI, 7 luglio 2011, n. 15443, in Arch. loc. 2012, 4, 445 Procedimento per diniego del rinnovo alla prima scadenzaL'entrata in vigore della l. n. 392/1978 aveva suscitato un ampio dibattito in dottrina, soprattutto avuto riguardo alle disposizioni c.d. processuali contenute nella stessa, la cui peculiarità rispetto a quelle del codice di procedura civile aveva fatto sorgere l’interrogativo concernente l’avvenuta abrogazione delle norme sulle azioni di convalida di licenza o di sfratto. Con particolare riguardo alla norma in esame tale dubbio si fonda sulla circostanza che l’art. 30 l. n. 392/1978 cit. ha previsto una specifica procedura per l’accertamento del diniego del rinnovo alla prima scadenza. La giurisprudenza di legittimità è giunta peraltro alla conclusione che non si sia addivenuti ad un’abrogazione né espressa né tacita dell’azione di convalida di licenza o sfratto per scadenza (Cass. n. 11832/1990). Invero, con l’art. 30 l. n. 392/1978 è stata introdotta una « procedura per il rilascio » che ha un ambito di applicazione nettamente distinto da quello coperto dal procedimento in esame, limitato al diniego di rinnovo alla prima scadenza (Preden, 432), estesa dalla l. n. 431/1998 anche alle locazioni ad uso abitativo. La procedura di intimazione di licenza o sfratto residuerà per le azioni proposte alla scadenza del periodo di rinnovo per i contratti di cui all'art. 2, comma 1 e del periodo di proroga biennale per quelli di cui all'art. 2, commi da 3 a 5, sempreché sia stata attivata correttamente la procedura di rinuncia al rinnovo, nonché per le azioni relative a contratti ad uso abitativo in corso all'entrata in vigore della l. n. 431/1998. Ferma restando l'esperibilità del procedimento ex art. 657, è però evidente che le azioni nello stesso previste andranno coordinate con le norme, anche di natura sostanziale della l. n. 392/1978 e della l. n. 431/1998. La differenza fondamentale tra la disciplina ordinaria della convalida della licenza per finita locazione (art. 657 e ss.) e quella speciale (art. 30 l. n. 392/1978) della convalida della licenza data in base a disdetta motivata nei casi previsti dagli art. 29 l. n. 392/1978 cit. e 3 della l. n. 431/1998, non risiede tanto nella diversa forma dell'atto introduttivo del rispettivo procedimento, ma, piuttosto, nella diversa rilevanza della mancata comparizione del convenuto, che soltanto nella disciplina ordinaria consente la convalida della licenza (art. 663), mentre in quella speciale ha lo stesso valore della comparizione seguita da contestazione, aprendo quindi all'esame del merito della domanda, previo mutamento del rito (Cass. n. 986/2009). In sostanza, mentre nel procedimento ex art 657 la mancata comparizione dell'intimato è di per sé sufficiente ed idonea per l'adozione del provvedimento di convalida alla data indicata in citazione, nell'ipotesi di locazione e di diniego di rinnovo per il secondo quadriennio, alla stregua del disposto di cui all'art. 3 l. n. 431/1998, ciò si verifica soltanto quando il convenuto compaia e non si opponga, mentre nella sua contumacia, il giudice è comunque tenuto a verificare la sussistenza dei presupposti previsti dall'art. 29 l. equo canone statuendo sul punto con sentenza (Trib. Busto Arsizio 7 ottobre 2010). Trova invece applicazione anche nel procedimento per diniego di rinnovo alla prima scadenza il principio per il quale le regole già viste in ordine la circostanza che il locatore abbia chiesto la convalida ed abbia indicato nell'intimazione una data di cessazione del rapporto erronea non osta né all'accoglimento della domanda di rilascio, sotto il profilo della fondatezza del diniego di rinnovo, quando la convalida sia stata domandata per uno dei motivi legittimanti l'esercizio della facoltà di diniego e questo sia stato specificamente indicato, né all'accoglimento per la scadenza effettiva, convenzionale o legale, in quanto il predetto errore non vale ad escludere l'inequivoca volontà del locatore di riottenere la disponibilità del bene (Cass. n. 14486/2008). Sospensione feriale dei terminiLa sospensione dei termini durante il periodo feriale trova applicazione anche nelle controversie in materia di locazione, salvo che per la fase sommaria dei procedimenti di sfratto, il cui carattere d'urgenza giustifica l'applicabilità della deroga contenuta nell'art. 3 l. n. 742/1969, in relazione all'art. 92 del r.d. n. 12/1941 (Cass. n. 23193/2015). CasisticaNel procedimento speciale per convalida di sfratto di cui agli artt. 657 e ss., prima che si determini - a seguito dell'opposizione dell'intimato - la trasformazione di esso in ordinario giudizio di cognizione, in presenza dell'espressa istanza del locatore di concessione dell'ordinanza di rilascio con riserva di eccezioni (la quale costituisce provvedimento di natura provvisoria, insuscettibile di giudicato, non altrimenti revocabile se non con la sentenza che conclude il merito della controversia), il potere del tribunale adito resta limitato all'alternativa tra l'emissione del richiesto provvedimento interinale, ex art. 665, e la pronuncia di diniego dello stesso nell'accertata sussistenza di gravi motivi in contrario. Ne consegue che il procedimento di convalida non può essere sospeso ai sensi dell'art. 295 c.p.c., attesa la natura sommaria della cognizione del giudice nella fase speciale del procedimento stesso - con possibilità di valutare, anche in termini di probabile fondatezza, le eccezioni dell'intimato collegate all'accertamento oggetto di altra controversia pregiudiziale in corso -, sicché la sospensione darebbe luogo ad un'applicazione del citato art. 295 contraria alla sua "ratio", che è quella di evitare un conflitto di giudicati e che richiede, quindi, che alla sospensione provveda il giudice cui spetta di emettere, nel giudizio da sospendere, una pronuncia suscettibile di diventare definitiva (Cass. n. 15420/2011). Non sussiste un rapporto di pregiudizialità tale da giustificare la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. tra la controversia, pendente tra locatore e locatario, per intervenuta scadenza del contratto di locazione e il giudizio di sfratto per morosità, instaurato dal locatario nei confronti del sub conduttore, attesa la parziale diversità soggettiva delle parti dei rispettivi giudizi e tenuto conto che l'obbligo del subconduttore al pagamento dei canoni a favore del sublocatore persiste fino a ché perduri l'occupazione dell'immobile, senza che assuma rilevanza l'intervenuta soluzione del contratto di locazione principale (Cass. n. 15094/2015). Qualora pendano, contemporaneamente, un procedimento di convalida di licenza ed un altro giudizio, tra soggetti parzialmente differenti, in cui si controverta della validità della scheda testamentaria che il locatore abbia utilizzato come titolo per pretendere il rilascio del bene, non ricorrono i presupposti per la sospensione necessaria del procedimento ex art. 657, sia per la diversità esistente tra le parti dei menzionati giudizi, sia perché l'accertamento della proprietà dell'immobile locato non integra una questione pregiudiziale in ordine alla legittimazione a locare (Cass. n. 13423/2015). 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