Codice di Procedura Civile art. 663 - Mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato 1 .Mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato1. [I]. Se l'intimato non compare o comparendo non si oppone, il giudice convalida con ordinanza esecutiva la licenza o lo sfratto. Il giudice ordina che sia rinnovata la citazione, se risulta o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore. [II].Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida è subordinata all'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. In tale caso il giudice può ordinare al locatore di prestare una cauzione.
[1] Articolo modificato dall'art. 5 l. 22 dicembre 1973, n. 841. L'art. 24 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modif. in l. 6 agosto 2008, n. 133 e successivamente così sostituito dall'art. 3, comma 46, lett. b), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".Si riporta il testo prima della sostituzione: «[I]. Se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione [657] l'apposizione su di essa della formula esecutiva [475]; ma il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione, se risulta o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore. [II]. [Nel caso che l'intimato non sia comparso, la formula esecutiva ha effetto dopo 30 giorni dalla data dell'apposizione]. [III]. Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone [6581], la convalida è subordinata all'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. In tale caso il giudice può ordinare al locatore di prestare una cauzione [119, 478, 6682; 86 att.].» InquadramentoNell’ipotesi di mancata comparizione o di mancata opposizione dell’intimato comparso, svolti i controlli sulla regolare instaurazione del contraddittorio e sul rispetto dei presupposti generali e speciali del procedimento, il giudice convalida lo sfratto (Garbagnati, 320). Nell'ipotesi di sfratto per morosità è a tal fine necessaria l'attestazione della persistenza della morosità, per la quale pure non sono necessarie formule sacramentali (Cass. n. 1290/1993). È dominante in dottrina come in giurisprudenza la tesi per la quale l'ordinanza di convalida è un provvedimento giurisdizionale decisorio suscettibile di acquisire efficacia di cosa giudicata sostanziale (Garbagnati, 322; Frasca, 229; Cass. n. 8013/2009). Il provvedimento di convalida deve contenere ex art. 91 la statuizione sulle spese, in mancanza della quale sarà appellabile (Cass. n. 2675/1999). Presupposti per l'emanazione dell'ordinanza di convalidaQualora all'udienza indicata nell'atto di intimazione il conduttore non compaia, il giudice dovrà innanzitutto verificare il rispetto delle previsioni contenute nell'art. 660 ed, in particolare, l'avvenuta regolare notificazione dell'atto introduttivo del procedimento all'intimato nonché la presenza nello stesso atto di citazione dell'espresso avvertimento al convenuto sulla grave conseguenza correlata alla mancata comparizione ovvero alla mancata opposizione all'udienza, i.e. la convalida della licenza o dello sfratto. Se questi controlli pregiudiziali hanno esito positivo, il giudice potrà convalidare lo sfratto in ragione della mancata comparizione o opposizione dell'intimato, ove ricorrano i presupposti generali e speciali di applicabilità del procedimento e sia attestata la persistenza della morosità nell'ipotesi di sfratto intimato per l'omesso pagamento dei canoni ai sensi dell'art. 658. Nella norma in esame viene considerata, ai fini della convalida dello sfratto, l'ipotesi della mancata comparizione dell'intimato A riguardo, è stato precisato che poiché l'art. 59 disp. att. c.p.c., secondo cui la dichiarazione di contumacia della parte non costituita nell'udienza di cui all'art. 171 c.p.c. è fatta «quando è decorsa almeno un'ora dall'apertura dell'udienza» esprime un principio di portata generale nel senso che la durata di ogni udienza, intesa come collocazione temporale dell'esplicazione dell'attività processuale, non può essere inferiore ad un'ora, ne segue l'applicabilità di tale principio, altresì, al procedimento per convalida di sfratto, sia nell'udienza di comparizione, sia nell'ipotesi di mero rinvio, se nell'udienza a quo il giudice non abbia dato atto della mancata comparizione dell'intimata né esaminato il merito della controversia (Cass. n. 4294/2008, in Giust. civ., 2009, n. 10, 2249, con nota di Risolo). A detta ipotesi cui viene equiparata sotto ogni profilo la mancata opposizione alla convalida dell'intimato regolarmente comparso (Luiso, IV, 2015). La disposizione, nella seconda parte del comma 1, introduce una cautela tesa a mitigare le gravi conseguenze che derivano dalla mancata comparizione dell'intimato: il giudice deve accertare che il rapporto processuale sia ritualmente costituito, dovendo, in caso contrario, ordinare la rinnovazione della citazione sia nel caso di vizi che importino la nullità della notifica, sia quando, pur essendo valida la notificazione, risulti probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore. Si ritiene che la rinnovazione vada ordinata anche quando la notificazione sia stata eseguita in una forma non utilizzabile nel procedimento di convalida, ad esempio presso il domicilio eletto ex art. 141, ovvero ai sensi dell'art. 143 nonché quando non sia stato inviato l'avviso di cui all'ultimo comma dell'art. 660 c.p.c. a seguito di notifica dell'intimazione non in mani proprie (Lazzaro - Preden - Varrone, 135). Quando il giudice ritenga validamente instaurato il rapporto processuale, dovrà verificare se la fattispecie concreta dedotta nell'intimazione sia conforme al modello legale previsto dall'ordinamento (Frasca, 195). Ciò comporta che, a prescindere dalla condotta processuale dell'intimato, il giudice dovrà comunque valutare sia l'esistenza dei presupposti processuali c.d. generali, il cui difetto è rilevabile d'ufficio, come ad esempio, la giurisdizione, la competenza, la capacità processuale dell'intimante e la regolarità della rappresentanza in giudizio, sia la ricorrenza dei presupposti speciali di ammissibilità del procedimento per convalida, quali la deduzione di uno dei contratti previsto dall'art. 657 o dall'art. 659 o la prospettazione di una delle causae petendi di cui agli artt. 657, 658 e 659 (Garbagnati, 320). In senso analogo si pone la giurisprudenza di legittimità pressoché consolidata per la quale, nel caso di mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato, il giudice è comunque tenuto ad accertare la sussistenza delle condizioni richieste per l'ammissibilità del procedimento speciale e per l'emanazione dell'ordinanza di convalida (Cass. n. 11298/2004). Il comma 3 della norma in esame prevede che la convalida dello sfratto per morosità, nel caso in cui il conduttore non compare, è subordinata all'attestazione in giudizio da parte del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. Tale attestazione è un'ulteriore conferma dell'intimazione di sfratto per morosità richiesta all'intimato, nell'ambito del procedimento sommario, al fine di certificare la mancata purgazione della mora fino al momento della pronuncia del relativo provvedimento (Cass. n. 1290/1993). Diversamente, laddove il conduttore comparso non si opponga alla convalida, non è necessaria l'attestazione da parte del locatore della persistenza della morosità, non sussistendo in tal caso dubbi sulla mancata sanatoria della mora (Andrioli, IV, 1968, 132). L'attestazione in ordine alla persistenza della morosità non richiede l'adozione di formule sacramentali, potendo essere desunta da una dichiarazione equipollente del locatore o del suo procuratore, valutato, se del caso, anche il contegno processuale del conduttore (Cass. n. 1290/1993). L'attestazione di persistenza deve riguardare la morosità dedotta nell'intimazione, con la conseguenza che qualora i canoni, in tale atto indicati, vengano — pur in ritardo — pagati, il locatore non potrà invocare l'emissione dell'ordinanza di convalida per una morosità eventualmente sopravvenuta (Lazzaro - Preden - Varrone, 144). Qualora all'udienza di convalida il locatore dia atto, senza rinunciare alla domanda, che dopo la notificazione della citazione per convalida il conduttore ha provveduto a pagare il canone senza però corrispondere gli interessi di mora e le spese, viene meno il presupposto della persistenza della morosità che legittima l'emissione dell'ordinanza di convalida ai sensi della disposizione in esame, ferma la possibilità di pronunciare ordinanza di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto (cfr. Trib. Cagliari 8 marzo 1985, in Riv. giur. sarda, 1986, 815, per la quale l'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità emessa in presenza della sola mora relativa al pagamento degli interessi per il ritardo nel versamento dei canoni e delle spese legali, deve considerarsi pronunciata in carenza del requisito di cui all'art. 663 comma 3, sicché ha valore di sentenza ed è suscettibile di impugnazione attraverso gli ordinari mezzi e, in particolare, con l'appello). Tuttavia è stato al contempo precisato che neppure l'ordinanza di rilascio può essere emessa nell'ipotesi di integrale sanatoria della morosità in punto di canoni, interessi e spese dopo l'introduzione del procedimento di convalida di sfratto (Trib. Modena II, 10 aprile 2013; Trib. Salerno 30 novembre 2007). Se manca l'attestazione, l'ordinanza di convalida non può essere emessa ed il giudizio dovrà proseguire, previo mutamento del rito, secondo le forme ordinarie (Preden, 444). L'ordinanza di convalida eventualmente emessa in assenza dell'attestazione, poiché contiene una pronunzia di risoluzione del contratto, ha natura e valore di sentenza ed è suscettibile di impugnazione con i mezzi ordinari e quindi con l' appello (Cass. n. 17582/2015; Cass. n. 962/1987). Peraltro, nella giurisprudenza di legittimità, è stato al contempo precisato che, ai fini della convalida dello sfratto, l'attestazione del locatore che la morosità persiste, ai sensi dell'art. 663, comma 3, è necessaria solo quando l'intimato non compaia all'udienza, perché, se egli compare e si oppone, la deduzione di cessazione della morosità resta affidata alla sua difesa, mentre, se compare e non si oppone, la necessità dell'attestazione è assorbita dalla non opposizione (Cass. n. 19865/2014). Non assume invece rilevanza, a tali fini, la verità della dichiarazione del locatore in ordine alla persistenza della stessa che attiene, invero, all'effettiva sussistenza della morosità e concerne, quindi, un aspetto sostanziale, con la conseguenza che l'eventuale falsità della dichiarazione di persistenza della morosità non consente di utilizzare avverso il provvedimento di convalida dello sfratto i mezzi ordinari d'impugnazione previsti per le sentenze, salva la revocazione ex art. 395, n. 1, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 51/1995, restando le eventuali ragioni dell'intimato affidate all'azione risarcitoria (Cass. n. 247/2000). Intervento del terzo nella fase sommariaÈ dibattuta, a fronte della condotta di mancata comparizione o opposizione da parte dell'intimato e quindi della consequenziale chiusura, almeno di regola, del procedimento con la pronuncia dell'ordinanza di convalida, l'ammissibilità di un intervento del terzo nella fase sommaria del procedimento. In giurisprudenza, da lungo tempo, è stato affermato un orientamento favorevole a tale intervento (Cass. n. 4484/1954). In particolare, seguendo tale impostazione, nella prassi applicativa si è osservato che nel procedimento di convalida di sfratto per morosità in presenza dell'opposizione di un terzo interveniente che assuma di essere il conduttore dell'immobile locato, è precluso al giudice il potere di emettere ordinanza di convalida dello sfratto, anche nell'ipotesi in cui l'intimato non sia comparso o comparendo non si sia opposto, potendo invece emettere, ricorrendo i presupposti richiesti dall'art. 665 c.p.c. ordinanza di rilascio ed assumendo l'ordinanza di convalida, ove nondimeno emessa, natura sostanziale di sentenza appellabile (Trib. Milano 27 febbraio 1995, in Gius, 1995, 2063). Diversamente, la dottrina tradizionale si è espressa nel senso di ritenere inammissibile l'intervento sul presupposto che la convalida non ha efficacia contro il terzo titolare di un diritto autonomo, non pregiudicabile stante la limitata efficacia esecutiva ex art. 2909 c.c. della decisione (Bucci - Crescenzi, 243; Giudiceandrea, 167). Efficacia esecutiva del provvedimentoLa norma in esame dispone, stante l'efficacia esecutiva (di solito differita da un dato momento ex art. 56 della legge n. 392 del 1978) dell'ordinanza di convalida che in calce ad essa il giudice deve disporre l'apposizione della formula esecutiva. In uno con il venir meno di tale formalità (v. Comm. all'art. 475), l'art. 663 è stato novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, a decorrere dal 28 febbraio 2023, nel senso che l'ordinanza di convalida è semplicemente esecutiva. Natura del provvedimento di convalidaL'ordinanza di convalida è considerata, dalla dottrina prevalente, un provvedimento giurisdizionale decisorio suscettibile di acquisire efficacia di cosa giudicata sostanziale (Garbagnati 322; Frasca 229). Tale tesi si fonda su diverse argomentazioni. A riguardo si osserva, in primo luogo, che l'unico rimedio previsto avverso l'ordinanza è dato dall'opposizione tardiva ex art. 668, i brevissimi termini di proposizione del quale mal si concilierebbero con la possibilità di contestazioni senza limiti del diritto del locatore o mediante opposizioni all'esecuzione o con autonome azioni di accertamento negativo. L'idoneità del provvedimento di convalida ad assumere efficacia di giudicato può desumersi, poi, a contrario dalla formulazione letterale dell'art. 669 c.p.c. nella parte in cui dispone che la pronuncia dell'ordinanza di convalida « lascia impregiudicata ogni questione sui canoni », che dovrà invece ritenersi « giudicata » ogni questione sulla risoluzione del contratto. Inoltre occorre considerare l'art. 664 secondo cui l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso in uno alla convalida « non toglie efficacia all'avvenuta risoluzione del contratto », dal quale si ricava, per il principio che ricollega al passaggio in giudicato il mutamento giuridico conseguente alla pronunzia di una sentenza costitutiva, l'equiparazione dell'efficacia dell'ordinanza di convalida ad una sentenza costitutiva passata in giudicato (cfr. Preden, 447). La giurisprudenza di legittimità è anch'essa ormai consolidata nel senso di attribuire all'ordinanza di convalida, una volta preclusa l'opposizione ex art. 668, efficacia di cosa giudicata sostanziale sull'esistenza del contratto di locazione, sulle rispettive qualità di locatore e conduttore dell'intimante e dell'intimato, sul realizzarsi di una causa di cessazione o risoluzione del rapporto e sull'inesistenza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi dell'uno o dell'altro che non siano stati dedotti nel corso del giudizio (Cass. n. 8013/2009). In particolare, il provvedimento di convalida dello sfratto ha efficacia di cosa giudicata non soltanto in relazione all'esistenza del rapporto di locazione e alla titolarità delle posizioni di locatore e di conduttore, ma anche per quanto attiene alla causa che ha determinato la risoluzione del rapporto, sicché ogni questione relativa all'obbligo del locatore di pagare l'intero canone pattuito, come pure all'esistenza di inadempimenti del locatore che giustifichino la sospensione del pagamento del canone o la riduzione dell'importo, è coperta dal giudicato formatosi sull'ordinanza di convalida e non può essere riproposta in sede di opposizione al decreto ingiuntivo richiesto per il pagamento dei canoni scaduti (Trib. Arezzo 15 maggio 2007). Inoltre, sotto altro profilo, l'ordinanza definitiva di rilascio emessa nella non opposizione dell'intimato, in omaggio alla disposizione in commento, ha tra le parti efficacia di cosa giudicata sostanziale anche quanto alla futura scadenza del rapporto di locazione ed al regime giuridico del medesimo (Cass. n. 2919/1985, in Giur. it. 1986, I, 1, 1375). L'efficacia di giudicato del provvedimento di convalida non preclude la pronuncia, in un successivo e distinto giudizio, della sentenza di risoluzione del medesimo contratto per inadempimento anteriormente verificatosi, la cui domanda ha contenuto e presupposti diversi e tale pronuncia, sebbene di carattere costitutivo, avendo efficacia retroattiva al momento dell'inadempimento, ex art. 1458 c.c., prevale rispetto alle altre cause di risoluzione del medesimo rapporto contrattuale per la priorità nel tempo dell'operatività dei suoi effetti (Cass. n. 19695/2008). Qualora nel giudizio di convalida di sfratto per morosità sia stato proposto ricorso per l'ingiunzione di pagamento di canoni scaduti, il provvedimento destinato a concluderlo potrà assumere l'efficacia di cosa giudicata, non soltanto circa l'esistenza e validità del rapporto intercorrente tra le parti e sulla misura del canone preteso, ma anche in ordine all'inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti, ma deducibili nel giudizio d'opposizione, come l'insussistenza, totale o parziale, del credito azionato in sede monitoria dal locatore (Cass. n. 12994/2013). Statuizione sulle speseIn accordo con la tesi dominante nella dottrina e nella giurisprudenza più risalente, nel procedimento sommario per convalida di licenza per finita locazione o sfratto per morosità o finita locazione, il giudice doveva ritenersi privo del potere di liquidare, emanata l'ordinanza di convalida, le spese del procedimento, essendo il relativo provvedimento privo della veste formale di sentenza a tal fine richiesta dall'art. (Cass. n. 182/1949, Giur. compl. Cass. civ., I, XXVII, 144). Peraltro, è ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, il differente indirizzo interpretativo, che trova peraltro fondamento in un'interpretazione ampia del termine “sentenza” contenuto nell'art. 91, in virtù del quale il principio secondo cui la pronuncia sulle spese compete esclusivamente al giudice della causa, che, ai sensi dell'art. 91, deve provvedervi anche d'ufficio mediante il provvedimento che definisce il processo — con la conseguenza che, se tale statuizione non contenga il provvedimento stesso, essa deve essere impugnata dall'interessato, onde impedire il formarsi di un giudicato negativo sul relativo diritto al rimborso — trova applicazione anche nel procedimento per convalida di sfratto, nel senso che l'ordinanza pronunciata a norma dell'art. 663, comma 1, con cui lo sfratto è convalidato, deve contenere la condanna dell'intimato al rimborso delle spese sostenute dal locatore per gli atti del procedimento (Cass. n. 11197/2007). In dottrina la possibilità di una statuizione sulle spese nell'ipotesi di convalida di sfratto per finita locazione ovvero per morosità è stata giustificata evidenziando, inoltre, che si tratta di situazioni nelle quali il locatore è stato costretto a ricorrere al processo dalla condotta antigiuridica del conduttore e, quindi, in applicazione del principio di soccombenza (Lazzaro - Preden - Varrone, 168). Il provvedimento di convalida dello sfratto privo della statuizione sulle spese è atto abnorme, in quanto non conforme al proprio modello processuale, e, di conseguenza, avverso lo stesso è proponibile l'appello, poiché il mancato riconoscimento del diritto al rimborso delle spese del giudizio di convalida si risolve in un vizio di omissione di pronunzia (Cass. n. 2675/1999). I principi richiamati, peraltro, non operano anche con riferimento al procedimento di convalida per finita locazione, procedimento mediante il quale, invero, il locatore richiede a carico del conduttore una condanna in futuro. È pertanto dominante in giurisprudenza il principio per il quale nel procedimento di convalida di licenza per finita locazione non è ammissibile la condanna del conduttore-intimato alle spese processuali, non configurandosi una soccombenza dello stesso in relazione ad una sua opposizione né trovando applicazione il principio di causalità, in quanto il provvedimento di convalida realizza l'interesse esclusivo del locatore-intimante di precostituirsi, anzitempo, il titolo esecutivo di rilascio per il momento di scadenza del contratto (Cass. n. 3969/2007). L'inammissibilità di una pronuncia di condanna nei confronti del conduttore viene giustificata avendo riguardo all'insussistenza, in tal caso, di un inadempimento del conduttore che possa causare il procedimento giudiziale di convalida della licenza per finita locazione per la futura scadenza contrattuale (Bucci - Crescenzi, 141). In senso analogo, in sede applicativa, si è evidenziato che nel procedimento di convalida di licenza per finita locazione, anche qualora intervenga la convalida, il giudice non può disporre la condanna alle spese a carico del conduttore-intimato e a favore del locatore con la configurabilità del diritto di quest'ultimo al relativo rimborso, non trovando applicazione in tal caso, oltre al principio della soccombenza, nemmeno quello di causalità, poiché il provvedimento di convalida non può considerarsi pronunciato in dipendenza di un fatto del convenuto, che renda necessario il ricorso alla tutela giurisdizionale, bensì di un interesse esclusivo dell'attore-intimante alla costituzione in via preventiva di un titolo esecutivo, da far valere successivamente alla scadenza del contratto (Trib. Salerno I, 9 novembre 2007). Nella giurisprudenza di merito si è precisato, tuttavia, che sebbene nel procedimento di convalida di licenza per finita locazione, qualora intervenga la convalida ai sensi dell'art. 663, il giudice non può disporre la condanna alle spese a carico del conduttore-intimato e a favore del locatore, non trovando applicazione né il principio della soccombenza, né quello di causalità, peraltro, nel caso in cui sia disposto il mutamento del rito a seguito dell'opposizione dell'intimato e questo risulti soccombente all'esito della fase a cognizione ordinaria, è ammissibile la condanna dell'intimato stesso al rimborso delle spese processuali (Trib. Patti 29 luglio 2010, n. 171, Giur. mer., 2011, n. 2, 410). 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