Codice di Procedura Civile art. 665 - Opposizione, provvedimenti del giudice.

Rosaria Giordano

Opposizione, provvedimenti del giudice.

[I]. Se l'intimato comparisce e oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile [177 3 n. 2] di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto [667].

[II]. L'ordinanza è immediatamente esecutiva [474 2 n. 1], ma può essere subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese [119, 478; 86 att.] (1).

(1) Seguiva un terzo comma soppresso dal r.d. 20 aprile 1942, n. 504.

Inquadramento

Nel procedimento di convalida di sfratto, a fronte dell'opposizione del conduttore, l'intimante può ottenere la concessione di un'ordinanza provvisoria di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto, che saranno esaminate in sede di merito.

I presupposti per la concessione del provvedimento sono: un'istanza specifica; la prova, almeno sommaria, del diritto del locatore; eccezioni dell'intimato non fondate su prova scritta e mancanza di gravi motivi in senso contrario.

Gli effetti dell'ordinanza sono destinati ad esaurirsi con la pronuncia della sentenza, ragione per la quale il provvedimento in questione non è autonomamente impugnabile.

Nell'ipotesi di estinzione del giudizio di merito, invece, l'ordinanza conserva la sua efficacia.

È molto discusso il regime impugnatorio dell'ordinanza di rilascio, questione strettamente correlata a quella della natura attribuita a tale provvedimento.

Presupposti per l'emanazione dell'ordinanza di rilascio

Per la pronuncia di un'ordinanza di rilascio è in primo luogo necessaria un'istanza del locatore, che può essere formulata dal difensore della parte intimante, rientrando nelle ordinarie facoltà processuali dello stesso ed essere sia contenuta nell'atto di intimazione, sia effettuata nel verbale dell'udienza dopo l'opposizione del convenuto (Garbagnati, 361).

La richiesta di convalida formulata antecedentemente alla comparizione ed opposizione dell'intimato non vale, peraltro, come istanza di rilascio (Frasca, 2001, 252).

Differente appare la situazione nella fattispecie, per certi versi speculare, in cui dopo l'opposizione il conduttore abbia impropriamente richiesto la convalida: secondo una parte della dottrina, invero, in tale ipotesi è possibile individuare con certezza la volontà della parte di ottenere l'ordinanza di rilascio prevista dalla legge (Bucci - Crescenzi, 168; contra Lazzaro - Preden - Varrone, 239).

In sede applicativa si è affermato che, a seguito dell'opposizione spiegata dal conduttore allo sfratto per morosità, l’insistenza dell'intimante nella richiesta di convalida, anziché in quella di rilascio ex art. 665 (pur formulata in via subordinata in citazione per intimazione), implica, stante la sua non riproposizione in udienza, l'abbandono di tale ultima richiesta (Trib. Modena II, 28 marzo 2012, Arch. loc., 2012, n. 3, 301).

Ferma la necessità della richiesta del locatore, l'art. 665 chiama il giudice a svolgere una serie di valutazioni ai fini della pronuncia del provvedimento di rilascio.

In primo luogo, poiché l'opposizione dell'intimato fa venire meno il meccanismo normativo della ficta confessio dei fatti costitutivi del proprio diritto affermati dall'intimante nella citazione per convalida che si ricollega alla mancata comparizione ed opposizione all'udienza, il giudice dovrà vagliare la plausibilità dei fatti costitutivi della domanda del locatore resi ormai controversi dall'opposizione dell'intimato (Cass. n. 2619/1990).

Sotto un profilo generale si è osservato, a riguardo, che l'unico modo per rendere compatibile con il disposto dell'art. 24 Cost. la possibilità che sia pronunciata l'ordinanza di convalida è che l'emanazione della stessa venga condizionata, da un lato, alla già raggiunta prova dei fatti costitutivi e, da un altro, ad una sommaria delibazione di infondatezza delle eccezioni sollevate dal convenuto (Proto Pisani, 1364).  Per altri Autori, la cognizione del giudice deve essere piena in relazione alla pretesa del locatore ai fini della pronuncia dell'ordinanza di rilascio, attenendo la sommarietà del procedimento soltanto alla celerità ed alla concentrazione dello stesso che impediscono l'ingresso di elementi di valutazione diversi da quelli introdotti con l'atto di citazione. In giurisprudenza nel senso che il provvedimento di rilascio deve essere emanato previo accertamento dell'esistenza dei fatti costitutivi del diritto fatto valere dal locatore (Bucci-Crescenzi, 170).

Per alcuni tale prova dovrebbe essere soltanto documentale, in omaggio al principio di parità delle armi tra le parti (Proto Pisani, 1363), mentre per altri potrebbero essere valutate anche prove di diversa natura addotte dall'intimante (Di Marzio (- Di Mauro), 2007, 661).

Per altri, tale tesi suscita alcune perplessità in quanto proprio l'operare del principio della parità della armi e la circostanza che la pronuncia dell'ordine di rilascio va collocata  nella fase sommaria del procedimento di convalida, comporta che il giudizio sulla consistenza delle prove addotte dall'intimante debba essere di mera verosimiglianza e che  quindi il giudice possa valutare, secondo il proprio prudente apprezzamento in base alla regola generale di cui all'art. 116, anche prove diverse da quelle scritte, le quali possono risultare determinanti per la decisione (cfr. Di Marzio (–Di Mauro), 661 ss., i quali evidenziano che, ad es., sarà possibile per il giudice pronunciare l'ordinanza di rilascio anche in assenza di prova scritta dei fatti costitutivi fatti valere dall'intimante nell'ipotesi in cui i fatti non siano controversi tra le parti ovvero qualora il locatore agisca in base ad un contratto scritto disconosciuto dall'intimato (talché il giudice dovrà compiere un apprezzamento delibativi circa la fondatezza del disconoscimento).

Peraltro, anche laddove il locatore abbia fornito una piena prova, magari di carattere documentale, dei fatti costitutivi alla base della propria pretesa, il giudice, in applicazione del generale principio iura novit curia, ha comunque la possibilità di escludere, ferma ogni altra considerazione, la pronuncia dell'ordinanza di rilascio qualora rilevi d'ufficio una circostanza impeditiva dell'effetto giuridico richiesto ovvero la mancanza di un presupposto processuale generale o, ancora, l'inammissibilità della domanda di convalida proposta al di fuori dei limiti consentiti dagli artt. 657 ss. (Garbagnati, 362).

La medesima disposizione in esame stabilisce, poi, che il giudice adito può pronunciare l'ordinanza di rilascio qualora le eccezioni dell'intimato non si basino su prova scritta. È controverso il novero delle prove scritte sulle quali devono fondarsi le eccezioni dell'intimato, poiché per alcuni dovrebbero assumere rilevanza le sole prove documentali ex artt. 2699 e ss. c.c. (Porreca, 2006, 197; Frasca, 2001, 258), mentre per altri da ogni atto scritto dal quale può discendere un'apparenza di fondamento dell'eccezione, ovvero, ad esempio, quietanze, ricevute di vaglia postali e bonifici bancari, assegni, estratti di libri contabili, minute di lettere raccomandate di trasmissione di assegni bancari con la ricevuta in spedizione (Trisorio Liuzzi, 2005, 390).

Resta fermo che non sarà necessaria la prova scritta delle deduzioni del conduttore costituite da mere difese in diritto ed afferenti, ad esempio, alla mancanza di un presupposto processuale generale o speciale del procedimento (Frasca, 2001, 253).

È ormai pacifico, poi, che il documentato pagamento dei canoni, anche dopo l'intimazione di sfratto, impedisce la convalida dello sfratto e la pronunzia dell'ordinanza ex art. 665, in quanto la persistenza della morosità è condizione dell'azione a norma dell'art. 663, posto che, anche in tema di locazione di immobili ad uso diverso dall'abitazione, il principio di “cristallizzazione dell'inadempimento” di cui all'art. 1453 c.c. (“dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione”) è applicabile unicamente nel giudizio ordinario di cognizione (Trib. Modena II, 10 aprile 2013).

Il giudice deve verificare, inoltre, che non sussistano gravi motivi ostativi all'emanazione dell'ordinanza di rilascio. La natura di clausola generale di tale locuzione demanda al giudice valutazioni contenenti ampi margini di discrezionalità: si può dire, in via esemplificativa, che tra i gravi motivi idonei ad impedire la pronuncia dell'ordinanza di rilascio rientrano la probabile fondatezza delle eccezioni sollevate dal conduttore o, per converso, l'apparente infondatezza delle deduzioni del locatore o, ancora, circostanze relative alla condizione personale del conduttore che giustificano una deroga alla normativa generale in tema di sfratti (Bucci Crescenzi1990, 162).

Poiché la pendenza di una causa pregiudicante rispetto a quella introdotta dal procedimento di convalida non consente una sospensione dello stesso ex art. 295, la stessa rientra tra le ragioni che possono essere valutate dal giudice quali gravi motivi ostativi alla pronuncia dell'ordinanza di rilascio (Porreca, 2006, 199).

Occorre infatti ricordare che la Corte di Cassazione ha affrontato e risolto negativamente la questione se il giudice del procedimento di convalida onde decidere sulla richiesta del locatore di emanazione dell'ordinanza provvisoria di rilascio possa sospendere il giudizio pendente dinanzi a sé ai sensi dell'art. 295 in attesa della definizione di una controversia pregiudiziale circa la fondatezza delle difese spiegate dall'intimato. Nella prospettazione della S.C., infatti, nel procedimento speciale per convalida di cui agli art. 657 ss., prima che si determini - a seguito dell'opposizione dell'intimato - la trasformazione di esso in ordinario giudizio di cognizione, in presenza dell'espressa istanza del locatore di concessione dell'ordinanza di rilascio con riserva di eccezioni, il potere del tribunale adito resta limitato all'alternativa tra l'emissione del richiesto provvedimento interinale, ex art. 665, e la pronuncia di diniego dello stesso nell'accertata sussistenza di gravi motivi in contrario. Ne consegue che il procedimento di convalida non può essere sospeso ai sensi dell'art. 295, attesa la natura sommaria della cognizione del giudice nella fase speciale del procedimento stesso, sicché la sospensione darebbe luogo ad un'applicazione del citato art. 295 contraria alla sua ratio, che è quella di evitare un conflitto di giudicati e che richiede, quindi, che alla sospensione provveda il giudice cui spetta di emettere, nel giudizio da sospendere, una pronuncia suscettibile di diventare definitiva (cfr., tra le altre, Cass. n. 2468/2002; Cass.  n. 8595/1996).

Anche le non numerose pronunce di merito edite, spesso risalenti, che si sono preoccupate di individuare la portata della locuzione “gravi motivi” di cui all'art. 665 hanno del resto fatto prevalentemente riferimento ad una valutazione prognostica del giudice in ordine alla fondatezza dell'opposizione pur non fondata su prova scritta (cfr. Pret. Milano 19 dicembre 1984, in Foro it., 1986, I, 1409; Pret. Napoli 6 giugno 1966, in Foro nap., 1966, I, 125; Pret. Catanzaro 19 agosto 1965, in Corr. giur., 1966, 108).

In dottrina, si ritiene che, poiché il giudice non dovrebbe comunque pronunciare l'ordinanza di rilascio laddove, a prescindere dalla natura delle prove addotte dall'intimato in sede di opposizione, a ciò ostino ragioni pregiudiziali di rito o comunque le difese in diritto del convenuto, i “gravi motivi” ostativi all'emanazione dell'ordinanza di rilascio cui si riconduce l'art. 665 vadano ricercati in altri ambiti (Frasca 2001, 271 ss.).

Effetti e natura del provvedimento

L'ordinanza di rilascio è immediatamente esecutiva, ossia costituisce titolo per dare corso all'esecuzione forzata per rilascio di immobili ex artt. 605 ss.

L'esecutività dell'ordinanza può essere subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese: ciò rientra in un potere discrezionale del giudice, che può essere esercitato d'ufficio valutando le esigenze del conduttore con riferimento all'eventualità di un rilascio che potrà successivamente rivelarsi non giustificato (Trisorio Liuzzi, 393).

Molteplici opinioni sono state espresse in dottrina ed in giurisprudenza con riguardo alla questione, tuttora irrisolta, della natura dell'ordinanza di rilascio.

Più in particolare, secondo un primo orientamento, l'ordinanza di rilascio è un provvedimento di carattere decisorio e, precisamente, una forma di condanna con riserva delle eccezioni del convenuto, contenendo un accertamento che, sebbene inidoneo a passare in cosa giudicata e destinato ad essere sostituito dalla decisione di merito, incide sulla realtà giuridica sostanziale, attribuendo al locatore il diritto a procedere ad esecuzione forzata (Garbagnati, 394).

Tale posizione è assolutamente dominante anche in giurisprudenza per la quale, invero, l'ordinanza di rilascio rientra nella categoria dei provvedimenti di condanna con riserva delle eccezioni del convenuto ed ha natura di provvedimento sostanziale provvisorio, i cui effetti permangono fin quando, ove non vengano definitivamente confermati, siano posti nel nulla dalla sentenza di merito che conclude l'ordinario giudizio di cognizione (Cass. n. 6522/1996).

La sentenza di merito che conclude il procedimento instaurato con l'opposizione alla convalida, d'altra parte, assorbe ad ogni effetto l'ordinanza di rilascio le questioni relative alla validità della quale, pertanto, non potranno più essere fatte valere in appello (Cass. n. 1223/2006).

Nel giudizio a cognizione piena, peraltro, potranno essere valutate anche eccezioni differenti rispetto a quelle riservate (Lascaro, 2186 ss.).

In accordo con la rigorosa impostazione affermata dall'autorevole dottrina che per prima ha equiparato l'ordinanza di rilascio ad un provvedimento di condanna con riserva delle eccezioni del convenuto, la stessa costituisce un provvedimento giurisdizionale dichiarativo che — sebbene risolutivamente condizionato nella sua efficacia dichiarativa alla eventuale successiva pronuncia in merito alle eccezioni riservate — ha per effetto la preclusione di tutte le possibili questioni relative alla concreta volontà della legge oggetto della pronuncia, la cui trattazione non sia riservata in prosecuzione di giudizio (Garbagnati, 363).

Secondo un'altra posizione che pure ha avuto significativi riscontri in dottrina, poiché l'ordinanza ex art. 665 viene resa senza un previo accertamento di merito sui diritti fatti valere dalle parti in causa, la stessa ha invece natura eminentemente processuale ed è annoverabile tra i provvedimenti anticipatori della decisione definitiva, aventi effetti meramente provvisori, in quanto sottoposti alla condizione risolutiva dell'emissione della successiva sentenza di merito negativa (Bucci-Crescenzi, 183; Frasca, 299 ss.).

L'ordinanza di rilascio è stata da altri annoverata, in una prospettiva ancora diversa, nell'ambito dei provvedimenti sommari non cautelari a cognizione imperfetta tesi ad evitare l'abuso del diritto di difesa del conduttore ed idonei ad acquistare efficacia esecutiva: si tratta, in altre parole, di provvedimenti emanati all'esito di una cognizione sommaria ed anticipatori del contenuto della decisione di merito sebbene non cautelari in quanto la loro pronuncia prescinde dall'accertamento di un concreto pericolo di pregiudizio. Invero, se dal punto di vista strutturale l'ordinanza di rilascio è effettivamente una pronuncia di condanna con riserva delle eccezioni del convenuto rispetto alla fondatezza delle quali è risolutivamente condizionata, evidenzia anche che sotto il profilo funzionale la stessa costituisce una tipica applicazione della tutela sommaria volta ad evitare l'abuso del diritto di difesa del convenuto (Proto Pisani, 1363).

L'ordinanza di rilascio è stata infine equiparata ad un provvedimento di natura cautelare emanato sulla scorta del pericolo di pregiudizio costituito dalla pretestuosità dell'opposizione ovvero dalla circostanza che la stessa non è fondata su prova scritta ovvero su gravi motivi (Giordano, 238 ss.). Questa soluzione può infatti essere argomentata rilevando che: a) nella fase in cui è emanata l'ordinanza di rilascio la cognizione del giudice, così come avviene ai fini dell'emanazione delle misure cautelari, è meramente sommaria talché il provvedimento ex art. 665 viene concesso sulla scorta della mera verosimiglianza delle richieste dell'intimante posto che, a seguito dell'opposizione del conduttore, non può scattare il meccanismo della ficta confessio sulla scorta del quale è emanato il provvedimento di convalida, in quanto tornano ad operare le canoniche regole sull'onere della prova desumibili dall'art. 2697 c.c., e di conseguenza il giudice è chiamato ad operare valutazioni del tutto simili a quelle proprie del giudizio di verosimiglianza sul fumus boni juris; b) quanto al periculum in mora, alla tradizionale obiezione secondo cui lo stesso non potrebbe identificarsi con una valutazione predeterminata in via astratta dal legislatore dovendo essere accertato nei singoli casi concreti, è stato replicato che la possibilità per il giudice di non concedere l'ordinanza di rilascio laddove a ciò ostino “gravi motivi in contrario” sembra implicare proprio una valutazione concreta da parte del giudice sulla ricorrenza del pericolo di danno dedotto dall'intimante e, comunque, un giudizio di bilanciamento tra i contrapposti interessi in causa delle parti che è proprio della materia cautelare; c) l'ordinanza di rilascio non è un provvedimento dotato di stabilità perché è destinato ad essere sostituito dalla sentenza di merito resa all'esito del giudizio di opposizione: si tratta quindi di un provvedimento che, come le misure cautelari, produce effetti meramente provvisori; d) alla natura cautelare dell'ordinanza di rilascio non osta la circostanza che la stessa abbia portata completamente anticipatoria della sentenza di merito poiché ha contenuto e portata identici alla stessa (Giordano, 238 ss.). Sotto un distinto profilo, in dottrina non si è mancato di osservare che sul piano sistematico ritenere che l'ordinanza di rilascio ex art. 665 abbia natura cautelare è funzionale a rendere la relativa disciplina conforme all'art. 24 Cost., norma che tutela in pari misura il diritto di agire e di difendersi in giudizio di ciascuno ai fini della tutela dei propri diritti. Infatti, laddove il procedimento sommario non addiviene al risultato di far ottenere all'intimante un pronto titolo esecutivo a causa della comparizione e dell'opposizione dell'intimato, potrà ammettersi comunque la pronuncia di un provvedimento dotato di immediata valenza esecutiva a favore dell'attore esclusivamente qualora lo stesso sia emanato in presenza dei presupposti del fumus boni juris e del periculum in mora, ovvero costituisca l'espressione di una tutela cautelare e non già di una supremazia della posizione giuridica del ricorrente rispetto a quella dell'intimato (Fornaciari, 1023 ss.).

È dominante, peraltro, la richiamata tesi per la quale l'ordinanza di rilascio ha natura di provvedimento decisorio con riserva delle eccezioni del convenuto.

La sentenza che conclude il procedimento instaurato con l'opposizione alla convalida assorbe ad ogni effetto l'ordinanza di rilascio le questioni relative alla validità della quale, pertanto, non potranno più essere fatte valere in appello (Cass. n. 1223/2006). Ciò implica che se viene pronunciata sentenza che indica una diversa data per il rilascio, la stessa supera anche quanto statuito nell'ordinanza ex art. 665  (Cass. n. 10539/2014).

Nel giudizio a cognizione piena, peraltro, potranno essere valutate anche eccezioni differenti rispetto a quelle riservate (Lascaro, 1992, 2186).

Il dibattito avente ad oggetto la natura dell'ordinanza di rilascio si riflette anche sulla connessa questione dell'idoneità della stessa a sopravvivere all'estinzione del giudizio di merito.

In passato la problematica aveva una grande rilevanza pratica perché spesso l'estinzione si verificava a seguito della mancata tempestiva riassunzione del giudizio dal pretore, competente per la fase sommaria della convalida, al tribunale eventualmente dichiarato competente per il giudizio di opposizione in base al vecchio testo dell'art. 667, mentre attualmente è lo stesso tribunale del luogo nel quale si trova il bene immobile ad essere competente nelle diverse fasi del giudizio.

Nell'assetto attuale la questione ha rinnovata attualità in considerazione dei rapporti con il procedimento di mediazione obbligatoria per le controversie locatizie, potendo l'estinzione del giudizio di merito correlarsi alla mancata proposizione della domanda di mediazione entro il termine indicato dal giudice all'esito della fase sommaria.

In dottrina coloro i quali riconducono l'ordinanza di rilascio ai provvedimenti di condanna con riserva delle eccezioni del convenuto ritengono che la stessa possa sopravvivere all'estinzione del processo ai sensi dell'art. 310 che fa salvi gli effetti delle sentenze di merito pronunciate nel corso del giudizio estinto (Garbagnati, 378).

Questa impostazione è prevalsa anche in giurisprudenza. Invero, in ordine alle conseguenze dell'estinzione del giudizio di merito sull'ordinanza di rilascio, la S.C. ha più volte ribadito che permane l'efficacia dell'ordinanza di rilascio come titolo esecutivo anche successivamente all'estinzione del giudizio di merito, sull'assunto per il quale l'ordinanza provvisoria di rilascio è un provvedimento di natura sostanziale, avente effetti costitutivi, emanato con riserva delle eccezioni del convenuto (Cass. n. 6132/1993).

In dottrina, non si è mancato di evidenziare la contraddittorietà dell'orientamento assunto dalla Corte di Cassazione la quale, da un lato, al fine di impedire la proposizione del ricorso straordinario ex art. 111 Cost. avverso l'ordinanza di rilascio, nega la natura decisoria della stessa, e da un altro, finisce con il sostenere che l'ordinanza abbia una natura siffatta onde escludere che la stessa venga meno a fronte dell'estinzione del processo (Dalmotto, 135).

La Corte di Cassazione ha peraltro precisato che ad estinguersi è il giudizio sull'opposizione dell'intimato e non quello sulla domanda dell'attore di risoluzione del contratto di locazione (Cass. n. 8616/1990).

La permanente efficacia dell'ordinanza di rilascio a seguito dell'estinzione del giudizio di merito non comporta anche che la stessa abbia efficacia di giudicato sostanziale, poiché il convenuto potrà comunque proporre le proprie eccezioni in un nuovo ed autonomo giudizio rispetto a quello estinto (Cass. n. 1382/1997).

Pertanto, l'efficacia dell'ordinanza che sopravvive all'estinzione del giudizio di merito va intesa esclusivamente quale efficacia esecutiva (Cass. n. 6522/1996). Ciò comporta che il giudizio nel quale il conduttore può validamente proporre le proprie eccezioni tese a contrastare l'efficacia esecutiva dell'ordinanza di rilascio sia, naturalmente, anche l'opposizione all'esecuzione ex art. 615, nell'ambito del quale è possibile a tal fine proporre una questione di merito sulla quale possa essere emessa una decisione che accerti l'illegittimità dell'esecuzione per inesistenza del relativo diritto in capo all'esecutante, valutata la pacifica ammissibilità di un autonomo e nuovo giudizio su tale punto (Trib. Roma 6 dicembre 1989, in Giust. Civ., 1990, I, 2037).

In sede di opposizione all'esecuzione, peraltro, non potrà essere fatta valere esclusivamente la questione relativa all'estinzione del processo di cognizione (cfr. Bucci-Crescenzi, 188).

In dottrina anche coloro i quali ritengono che l'ordinanza ex art. 665 costituisca invece un provvedimento sommario addivengono alla medesima conclusione favorevole alla sopravvivenza della stessa all'estinzione del giudizio, riconducendosi peraltro al disposto dell'art. 653, comma 1, per il quale, a seguito dell'estinzione del giudizio di opposizione, il decreto ingiuntivo, che non ne sia munito, acquista efficacia esecutiva, atteso che tale norma esprimerebbe un principio avente valenza generale per tutti i provvedimenti sommari non cautelari (Frasca, 328 ss.).

La soluzione favorevole alla sopravvivenza dell'ordinanza di rilascio è sostenuta, inoltre, dai fautori della tesi relativa alla natura anticipatoria non cautelare della stessa i quali, anche facendo leva sul disposto del comma 2 dell'art. 189 disp. att., secondo cui l'ordinanza presidenziale o del giudice istruttore in materia di separazione personale tra coniugi conserva la propria efficacia anche dopo l'estinzione del processo, rilevano che con riguardo ai provvedimenti provvisori di contenuto decisorio il legislatore non risolve una volta per tutte la questione dell'idoneità degli stessi a sopravvivere all'estinzione del processo talché occorre considerare caso per caso la natura e gli scopi del provvedimento in questione (Bucci-Crescenzi, 187).

In senso contrario alla sopravvivenza dell'ordinanza di rilascio all'estinzione del processo si poneva, specie in passato, la posizione di quella parte della dottrina che assimila il provvedimento in esame alle misure cautelari. Peraltro, le conclusioni possono oggi essere diverse anche laddove si acceda a tale impostazione, stante l'idoneità dei provvedimenti cautelari anticipatori a restare efficaci ex se indipendentemente dalla tempestiva instaurazione del giudizio di merito ovvero dall'estinzione dello stesso ai sensi dell'art. 669-octies (Giordano, 260).

Mezzi di impugnazione esperibili

In base al comma 1 della disposizione in esame, l'ordinanza di rilascio è un provvedimento non impugnabile. Ne consegue, stante la regola generale di cui all'art. 177, comma 3, n. 2 che l'ordinanza in questione non può essere modificata e/o revocata dal giudice che l'ha emanata neppure nel corso del giudizio di opposizione (Cass. n. 4946/1988).

Secondo l'opinione tradizionale, inoltre, l'irrevocabilità dell'ordinanza di rilascio implica anche che il giudice nel corso dell'opposizione non possa sospendere l'efficacia esecutiva di tale provvedimento, , in applicazione analogica degli artt. 283  e 351,  sull'inibitoria della sentenza poiché l'irrevocabilità deve essere riferita soprattutto all'efficacia esecutiva dell'ordinanza (Cass. n. 6664/1997; conf. Trib. Milano 6 febbraio 1967, in Foro pad., 1967, I, 911, con nota di Garbagnati).

Sotto un distinto profilo, del resto, è stata unanimemente criticata la ormai risalente giurisprudenza di merito, ad avviso della quale l'efficacia esecutiva dell'ordinanza può essere paralizzata dall'emanazione di un provvedimento d'urgenza ex art. 700 assumendo rilevanza sia la carenza di residualità dello strumento in tale situazione, sia che mediante un provvedimento siffatto non è possibile sospendere gli effetti di provvedimenti giurisdizionali (cfr. Trib. Milano 2 luglio 1952, in Mon. Trib., 1953, 142, con nota di D'Angelo; Trib. Milano 29 aprile 1953, in Arg., 1954, 214, con nota critica di Dini; Pret. Roma 5 marzo 1954, in Nuovo dir., 1955, 467, con nota critica di Bufardeci).

L'art. 665, nella parte in cui prevede che l'ordinanza di rilascio è un provvedimento non impugnabile ha suscitato numerosi dubbi interpretativi, soprattutto in dottrina, correlati alla spinosa questione della natura del provvedimento in esame ed alle gravi conseguenze dello stesso a carico del conduttore, privo di ogni tutela processuale. In primo luogo, ci si è interrogati in ordine all'appellabilità dell'ordinanza, negata dalla S.C. in ragione della forma di tale provvedimento e della provvisorietà dello stesso, destinato ad essere sostituito dalla decisione sul merito dell'opposizione alla convalida (Cass. n. 15363/2000).

Un orientamento minoritario ritiene, peraltro, analogamente a quanto affermato con riguardo all'ordinanza di convalida, che l'ordine di rilascio ha natura sostanziale di sentenza ed è di conseguenza impugnabile con l'appello ove lo stesso sia stato emanato al di fuori delle condizioni previste dalla legge (Cass. n. 9375/1995; inoltre, Trib. Napoli, 4 dicembre 1990, Giur. mer., 1992, 581, ha ritenuto appellabile l'ordinanza di rilascio che abbia illegittimamente risolto questioni di merito).

In dottrina quest'ultima tesi è stata criticata in quanto lo stesso finisce  per equiparare, in punto di regime, un provvedimento di natura provvisoria come l'ordinanza di rilascio ad una decisione che definisce il giudizio come l'ordinanza di convalida. Le questioni afferenti l'ordinanza di rilascio devono essere fatte valere, si afferma, esclusivamente nel corso del giudizio di merito (Di Marzio (-Di Mauro), 697).

Questa posizione è stata ribadita più di recente anche nella giurisprudenza di legittimità nell'ambito della quale è stato evidenziato che l'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. non è impugnabile né è idonea al giudicato poiché non ha carattere irrevocabile e non statuisce in via definitiva sui diritti e sulle eccezioni delle parti, la cui risoluzione è riservata invece alla successiva fase di merito, in cui intimante ed intimato cristallizzano il thema decidendum (Cass. n. 12846/2014, per la quale l'omessa pronuncia su domande o eccezioni sollevate nella fase sommaria o in quella di merito può essere fatta valere solo con l'impugnazione della sentenza che definisce il giudizio incardinato ai sensi dell'art. 667 c.p.c.). Distinto problema è quello che attiene all'impugnabilità  dell'ordinanza di rilascio mediante il rimedio “residuale” del ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., rimedio che, stante una giurisprudenza monolitica della S.C., è esperibile avverso ogni provvedimento che, sebbene privo della forma di sentenza, sia nondimeno decisorio e definitivo (Cass. n. 12115/2006).

La Corte di Cassazione ha tuttavia costantemente escluso che avverso l'ordinanza di rilascio emanata ex art. 665 sia proponibile il ricorso straordinario per cassazione, evidenziando che la stessa è un provvedimento privo dei requisiti della provvisorietà e della definitività in quanto è insuscettibile di passare in giudicato, ha carattere provvisorio e non è idonea a pregiudicare la decisione di merito con la quale viene definito il giudizio di opposizione. Trattandosi quindi di provvedimento che non definisce la causa e dichiarato espressamente non impugnabile, non può essere direttamente investito da alcun mezzo di gravame, compreso il ricorso straordinario per Cassazione (Cass. n. 20905/2004).

Questi orientamenti sono stati criticati da una parte della dottrina la quale, pur ritenendo che il provvedimento di rilascio sia annoverabile tra quelli sommari non cautelari, ritiene in contrasto con il diritto di difesa riconosciuto dall'art. 24 Cost. nonché con il principio della parità delle armi tra le parti, canone del giusto processo ai sensi dell'art. 111 Cost., un assetto nel quale misure come quelle sommarie non cautelari destinate a sopravvivere alla stessa estinzione del processo non possono essere impugnate neppure con il duttile strumento del reclamo ex art. 669-terdecies (Trisorio Liuzzi, 2005, 402).

A questa soluzione potrebbe pervenirsi sia avallando la tesi per la quale l'ordinanza provvisoria di rilascio ha natura di provvedimento cautelare.

La S.C. ha ritenuto manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., della norma in esame ove dispone l'inoppugnabilità dell'ordinanza provvisoria di rilascio, atteso che le eccezioni del convenuto sulla fondatezza del diritto dell'attore possono essere fatte valere nel successivo giudizio di merito (in questo senso anche, da ultimo, Cass. VI, n. 13956/2022), o, nel caso di estinzione di questo, in un autonomo giudizio di cognizione (Cass. n. 10844/2011).

Sotto un distinto profilo, la Corte di legittimità si è espressa in termini non uniformi quanto alla proponibilità del regolamento di competenza avverso l'ordinanza di rilascio. Infatti la S.C. ha chiarito che di regola tale rimedio è inammissibile dal momento che l'ordinanza di rilascio, emanata all'esito di una fase sommaria del procedimento, non contiene secondo la Corte una statuizione neppure implicita sulla competenza (Cass. n. 17424/2006; Cass. n. 9590/2000; Cass. n. 514/1998; Cass. n. 5734/1993), per l'affermazione della quale occorre, invero, un provvedimento giurisdizionale proveniente da un organo dotato di potere decisorio, il quale presupponga l'affermazione o la negazione della competenza, mentre non può considerarsi un'implicita statuizione al riguardo nel caso di provvedimenti ordinatori retrattabili o, comunque, inidonei a pregiudicare la decisione della causa (cfr. Cass. n. 6425/1996).

Per altro orientamento, il regolamento di competenza potrebbe  comunque essere proposto avverso l'ordinanza di rilascio qualora il rapporto dedotto in giudizio sia devoluto alla cognizione di un giudice speciale o specializzato (Cass. S.U., n. 7290/1993). In tale prospettiva si è invero evidenziato che l'ordinanza di rilascio emessa dal giudice ordinario, a norma dell'art. 665, nel procedimento di convalida di sfratto, nonostante la contestazione da parte dell'intimato della sua competenza funzionale, deducendosi la sussistenza di un contratto agrario e la conseguente competenza del giudice specializzato, contiene, seppure implicitamente, una pronuncia affermativa della propria competenza ed è quindi, in sostanza, una sentenza suscettibile di impugnazione con regolamento di competenza (così, tra le altre, Cass. n. 3566/1996; Cass. 13376/1991; Cass. n. 10084/1990; Cass.  n. 155/1987).

In termini più generali, la questione è stata da ultimo risolta nel senso dell'inammissibilità, in via generale, del regolamento di competenza rispetto a qualsivoglia provvedimento adottato all'esito della fase sommaria del procedimento di convalida di licenza o sfratto. La S.C. ha infatti affermato il principio per il quale nel procedimento per convalida di sfratto, la questione di competenza, come ogni altra questione volta a contestare la domanda di merito, può ben essere sollevata già nell'udienza di comparizione, anche al fine di contrastare l'accoglimento dell'eventuale istanza finalizzata a conseguire l'ordinanza di rilascio, ma il suo esame è compiuto in quella sede in funzione della sola decisione su tale domanda incidentale sicché, un'espressa decisione sulla questione di competenza non può essere qualificata come sentenza, dovendo detta questione essere comunque decisa nel conseguente giudizio a cognizione piena sulla domanda di merito. Ne consegue che è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso una decisione sulla competenza che sia stata adottata all'esito della fase a cognizione sommaria del suddetto procedimento (Cass. n. 14476/2019).

La qualificazione dell'ordinanza di rilascio in termini di provvedimento cautelare consentirebbe di risolvere in termini differenti anche la questione prospettata, ipotizzando la deducibilità in sede di reclamo cautelare delle questioni relative alla competenza del giudice che pronuncia la stessa, restando limitata ad alcune ipotesi-limite la problematica dell'ammissibilità del regolamento di competenza. Tale sistema per il quale anche le questioni di competenza possono essere fatte valere in sede di reclamo cautelare piuttosto  che mediante regolamento di competenza entra infatti in crisi a fronte di conflitti negativi di competenza cioè qualora, dichiaratosi incompetente il primo giudice adito con ricorso cautelare, anche il secondo declini la propria competenza. In tale situazione la Corte di Cassazione ha pertanto riconosciuto la proponibilità del regolamento di competenza avverso il provvedimento negativo del giudice della cautela (cfr. Cass. n. 5264/1997).

E' ritenuto proponibile, invece, contro l'ordinanza provvisoria di rilascio il rimedio della istanza di correzione degli errori materiali ex artt. 287 ss. anche rispetto agli errori materiali  o di calcolo contenuti nell'ordinanza di rilascio (cfr., tra le altre, Cass. n. 5094/1994).

Per contro,  diversamente da quanto affermato con riguardo all'ordinanza di convalida, S.C. ha ritenuto  manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 404 comma 1, nella parte in cui non prevede la possibilità di impugnare con opposizione di terzo l'ordinanza di rilascio ex art. 665, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., ponendo in evidenza che  le eccezioni del convenuto sulla fondatezza del diritto dell'attore possono essere fatte valere nel successivo giudizio di merito, o, nel caso di estinzione di questo, in un autonomo giudizio di cognizione, talché la stessa non è equiparabile ad un provvedimento passato in giudicato (Cass. n. 1917/1997, in Foro it., 1998, I, 162; nel senso dell'inammissibilità dell'opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. avverso l'ordinanza di rilascio la quale non è suscettibile di passare in giudicato né equiparabile alle sentenze non definitive di cui all'art. 310, v. già Pret. Monza 30 maggio 1990, in Foro it., 1992, I, 589).

Bibliografia

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