Codice di Procedura Civile art. 669 quater - Competenza in corso di causa (1).Competenza in corso di causa (1). [I]. Quando vi è causa pendente per il merito la domanda deve essere proposta al giudice della stessa. [II]. Se la causa pende davanti al tribunale la domanda si propone all'istruttore oppure, se questi non è ancora designato [168-bis] o il giudizio è sospeso [295 ss.] o interrotto [299 ss.], al presidente, il quale provvede ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 669-ter. [III]. Se la causa pende davanti al giudice di pace, la domanda si propone al tribunale (2) (3). [IV]. In pendenza dei termini per proporre l'impugnazione [325, 327] la domanda si propone al giudice che ha pronunziato la sentenza. [V]. Se la causa pende davanti al giudice straniero, e il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, si applica il terzo comma dell'articolo 669-ter. [VI]. Il terzo comma dell'articolo 669-ter si applica altresì nel caso in cui l'azione civile è stata esercitata [76 1 c.p.p.] o trasferita [75 1 c.p.p.] nel processo penale, salva l'applicazione del comma 2 dell'articolo 316 del codice di procedura penale [317 1-2 c.p.p.]. (1) La sezione (comprendente gli articoli da 669-bis a 669-quaterdecies ) è stata inserita dall'art. 74, comma 2, l. 26 novembre 1990, n. 353, entrata in vigore il 1° gennaio 1993. L' art. 92 stabilisce inoltre: « Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti ». L'art. 90, comma 1, l. n. 353, cit., come sostituito dall'art. 9 d.l. 18 ottobre 1995, n. 432, conv., con modif., nella l. 20 dicembre 1995, n. 534, estende ulteriormente l'applicabilità delle disposizioni ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995. (2) Comma così modificato dall'art. 39 l. 21 novembre 1991, n. 374. (3) V. sub art. 661. InquadramentoLa norma afferma la generale competenza assorbente del giudice della causa di merito pendente in relazione alla correlata domanda cautelare. La fattispecie della “domanda cautelare in corso di causa” è integrata dalla nozione di pendenza del giudizio a cognizione piena ed esauriente, e presuppone la piena coincidenza degli elementi identificativi delle due azioni. È tuttavia controversa la questione dell'effettiva competenza cautelare del giudice della causa di merito già pendente, che sia tuttavia incompetente in relazione a quest'ultima. La competenza cautelare lite pendenteA norma dell'art. 669-quater, comma 1, la domanda “deve essere proposta al giudice della stessa”. L'ipotesi della “domanda cautelare in corso di causa” comprende tutte le istanze che siano formulate dopo la notificazione dell'atto di citazione (pur mancando ancora la costituzione) o dopo il deposito del ricorso di merito (per i riti che impongono tale forma dell'atto introduttivo) (Cass. I, n. 56/1998). Non va proposta al giudice già designato per la causa di merito, dovendo essere oggetto di autonomo ricorso ante causam, la domanda cautelare che coinvolga soggetti diversi, o che faccia valere un diritto diverso, per petitum o causa petendi, rispetto a quelli che identificano la pendente controversia di merito (Cass. III, n. 9740/1994). La competenza cautelare del giudice del merito abbraccia non di meno anche fatti cronologicamente successivi e distinti da quello per il quale pende causa di merito, purché essi costituiscano espressione di un univoco disegno illegittimo (Cass. I, n. 12765/ 1993). L'art. 669-quater contiene pure una minuziosa elencazione di evenienze procedimentali, abbinando a ciascuna di esse la corrispondente previsione di competenza cautelare (pendenza della causa davanti al giudice di pace, pendenza dei termini di impugnazione, pendenza davanti a giudice straniero, azione civile esercitata o trasferita nel processo penale). Nulla invece tale articolo dispone quanto alla competenza cautelare durante il giudizio d'appello o di rinvio, oppure durante il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, lacune cui hanno cercato di porre rimedio, con esiti spesso contrastanti, la giurisprudenza e la dottrina. Laddove venga proposta al giudice che tratta la causa di merito una domanda di cautela avente un oggetto non attinente alla controversia a cognizione piena, si afferma che il giudice stesso debba rendere una pronuncia di inammissibilità dell'istanza, idonea a chiudere in rito l'incidente cautelare; e ciò pure se si verta in ipotesi di procedimento per il quale sia comunque competente, ma alla stregua dell'art. 669-ter, il medesimo ufficio giudiziario. L'attore rimarrebbe allora onerato di riformulare la stessa domanda cautelare, o ante causam, oppure impiantando un contemporaneo giudizio di merito che possa contenerla. Appare però funzionale al rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo (ex art. 111, comma 2, Cost. e artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali) imporre al giudice della causa di merito, investito di una domanda cautelare estranea, per petitum o causa petendi, a quella già pendente in sede di cognizione piena, e però appartenente allo stesso ufficio ai sensi dell'art. 669-ter, e cioè secondo le ordinarie regole di competenza, di evitare una mera absolutio ab istantia, che sia di ostacolo a una sollecita definizione dell'istanza di tutela urgente. Questa soluzione si tradurrebbe, in effetti, in un inutile dispendio di attività processuali e in una formalità superflua, bastando che il giudice della causa di merito si limiti a restituire la domanda, per come proposta, al presidente dell'ufficio, perché questi provveda per l'ulteriore corso ai sensi dell'art. 669-ter, comma 4. La C. cost. con sentenza n. 54/2023, ha dichiarato inammissibili, per difetto di formazione di un diritto vivente e conseguente impropria richiesta di avallo interpretativo (in ragione della non univocità e del carattere risalente dei precedenti richiamati), le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 669-quater sollevate dal Tribunale di Siena, nella parte in cui tale disposizione, secondo un orientamento della giurisprudenza di merito, ove penda un giudizio di cognizione in rapporto di continenza con la causa di merito prefigurata in un successivo ricorso cautelare ante causam, imporrebbe al giudice della cautela di dichiarare la propria incompetenza in favore del giudice della causa continente preventivamente adito. La proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione non è preclusa dall'emanazione di un provvedimento cautelare in corso di causa, poiché questo non costituisce sentenza, neppure qualora risolva contestualmente la questione di giurisdizione, tranne che la questione medesima sia stata riferita al solo procedimento cautelare e il regolamento sia stato proposto per ragioni che attengono ad esso in via esclusiva (Cass. S.U., n. 8774/2021; Cass. S.U., n. 14041/2014). Inoltre, nel giudizio di merito conseguente a provvedimento d'urgenza, il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto anche dal ricorrente rimasto soccombente in sede cautelare, sussistendo, in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito, un interesse concreto ed immediato alla risoluzione della questione, in via definitiva, da parte delle Sezioni Unite della Corte di cassazione per evitare che vi possano essere successive modifiche della giurisdizione nel corso del giudizio, anche al fine di ottenere un giusto processo di durata ragionevole (Cass. S.U., n. 12861/2020). La competenza cautelare del giudice incompetente per la causa di meritoL'attribuzione per relationem della competenza cautelare al giudice della causa di merito già pendente, per come imposta dall'art. 669-quater, esula dalla verifica dell'effettiva competenza di quest'ultimo (sia essa ancora, o non più, sindacabile, in base all'art. 38). Di tal che, si afferma prevalentemente che il giudice al quale venga proposta una istanza cautelare in corso di causa non debba preliminarmente accertare la sua competenza per la domanda di merito, in quanto la legittimazione al rilascio della misura cautelare nel corso della causa di merito si determina con riferimento alla mera pendenza del giudizio a cognizione piena, irrilevante essendo, pertanto, la sua eccepita incompetenza per il merito stesso. Si afferma così che, a differenza di quanto avviene per la domanda cautelare ante causam, la competenza sulla domanda cautelare in corso di causa “viene determinata sulla base della pendenza in quanto tale” (Cass. III, n. 3473/1999). Si osserva così in dottrina che l'eccepito difetto della competenza per il giudizio di merito non possa consentire di paralizzare la richiesta di tutela cautelare in corso di causa, in nome della celerità del provvedimento, indefettibile quando è in discussione il periculum in mora, indipendentemente dalla possibile caducazione, ex art. 669- novies, della misura concessa a seguito di rigetto in rito della domanda. Sicché, se la contestazione sulla sua legittimazione è ritenuta prima facie infondata dal giudice, questi, dichiarata (anche per implicito) la competenza per il procedimento sommario, deve decidere sulla richiesta, rinviando alla sentenza definitiva la pronuncia sul punto per il giudizio a cognizione piena (Iannicelli, 745). Resta dunque irrisolto l'enigma relativo agli effetti spiegati sulla misura cautelare medio tempore assentita dall'ordinanza che poi dichiari l'incompetenza del giudice adito e comporti, così, la prosecuzione del processo attraverso la sua riassunzione nel termine di cui all'art. 50: conseguendo, del resto, all'omessa o intempestiva riassunzione, l'estinzione del processo, che di per sé non implica nemmeno l'inefficacia del cautelare di tipo anticipatorio, in virtù dell'art. 669-octies, comma 8. 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