Codice di Procedura Civile art. 669 octies - Provvedimento di accoglimento 1 2[I]. L'ordinanza di accoglimento [669-undecies], ove la domanda sia stata proposta prima dell'inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio [153] non superiore a sessanta giorni3per l'inizio del giudizio di merito [669-novies1], salva l'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 669-novies. [II].In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di sessanta giorni 4. [III]. Il termine decorre dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione [1342, 136]. [IV]. Per le controversie individuali relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, escluse quelle devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, il termine decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, decorsi trenta giorni 5. [V]. Nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi precedenti, deve notificare all'altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri 6. [VI]. Le disposizioni di cui al presente articolo e al primo comma dell'articolo 669-novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell'articolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell'articolo 688 e ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari adottati ai sensi dell'articolo 1137, quarto comma, del codice civile, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito7. [VII]. Il giudice, quando emette uno dei provvedimenti di cui al sesto comma prima dell’inizio della causa di merito, provvede sulle spese del procedimento cautelare8. [VIII]. L'estinzione del giudizio di merito non determina l'inefficacia dei provvedimenti di cui al sesto comma, né dei provvedimenti cautelari di sospensione dell'efficacia delle deliberazioni assunte da qualsiasi organo di associazioni, fondazioni , comitati, consorzi o società, anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa 9. [IX]. L'autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo10.
[1] La sezione (comprendente gli articoli da 669-bis a 669-quaterdecies ) è stata inserita dall'art. 74, comma 2, l. 26 novembre 1990, n. 353, entrata in vigore il 1° gennaio 1993. L' art. 92 stabilisce inoltre: « Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti ». L'art. 90, comma 1, l. n. 353, cit., come sostituito dall'art. 9 d.l. 18 ottobre 1995, n. 432, conv., con modif., nella l. 20 dicembre 1995, n. 534, estende ulteriormente l'applicabilità delle disposizioni ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995. [2] La Corte cost., con sentenza 14 novembre 2007, n. 379 ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, una questione di legittimità costituzionale del presente articolo e dell'art. 703 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.. [3] Le parole « sessanta giorni » sono state sostituite, in sede di conversione, alle parole « trenta giorni » dall'art. 23 lett. e-bis) n. 2 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. [4] Le parole « sessanta giorni » sono state sostituite, in sede di conversione, alle parole « trenta giorni » dall'art. 23 lett. e-bis) n. 2 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. [5] Comma inserito dall'art. 312d.lg. 31 marzo 1998, n. 80, e successivamente così modificato dall'art. 1918d.lg. 29 ottobre 1998, n. 387. [6] Comma aggiunto dall'art. 1 l. 5 gennaio 1994, n. 25. [7] Comma aggiunto, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e-bis) n. 2 d.l. n. 35, cit., con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006 e successivamente dall'art. 3, comma 47, lett. b), numero 1), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che aggiunto le parole: «e ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari adottati ai sensi dell'articolo 1137, quarto comma, del codice civile» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". [8] Comma inserito dall'art. 50, comma 2, lett. a), della l. 18 giugno 2009, n. 69 (legge di riforma 2009), con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009, per i giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. [9] Comma aggiunto, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e-bis) n. 2 d.l. n. 35, cit., con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. Successivamente il presente comma è stato modificato dall'art. 50, comma 1, lett. b), della l. 18 giugno 2009, n. 69, (legge di riforma 2009), con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009, per i giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore, che ha sostituito le parole: "primo comma" con le parole: "sesto comma" e successivamente dall'art. 3, comma 47, lett. b), numero 2), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che aggiunto le parole: « né dei provvedimenti cautelari di sospensione dell'efficacia delle deliberazioni assunte da qualsiasi organo di associazioni, fondazioni o società,» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Da ultimo, le parole «, comitati, consorzi» sono state inserite dopo le parole «associazioni, fondazioni» dall'art. 3, comma 8, lett. l), d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. [10] Comma aggiunto, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e-bis) n. 2 d.l. n. 35, cit., con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. InquadramentoL'art. 669-octies modula difformemente, per tipi e per contenuti, la relazione di strumentalità tra provvedimento cautelare e giudizio di merito, inserendo nella cornice normativa la distinzione dogmatica tra misure anticipatorie e misure conservative. La noma, in particolare, delinea il meccanismo di fissazione e di decorrenza del termine per la proposizione della causa di merito correlata alla domanda cautelare, tracciando, tuttavia, al sesto comma l'ambito di residua operatività di tale correlazione con il giudizio a cognizione piena, nonché della simmetrica sanzione di inefficacia di cui all'art. 669-novies. I provvedimenti di accoglimento di natura anticipatoria o conservativaNumerosi sono i risvolti procedimentali della disciplina del provvedimento di accoglimento della domanda cautelare, come risultante dall'art. 669-octies, in seguito alle modifiche introdotte dalla l. n. 80/2005. L'art. 669-octies non determina, comunque, quale possa essere il contenuto che può presentare il provvedimento concessivo; ignora ogni esigenza di coordinamento con le ipotesi normative in cui la proponibilità dell'azione di merito risulta condizionata al previo decorso di un termine dilatorio; né affianca, alla previsione del termine massimo, quella altresì di un termine minimo per l'inizio del procedimento di merito, lasciando in tal modo campo aperto ad eventuali sacrifici del diritto di difesa in contrasto con l'art. 24 Cost. La qualificazione lato sensu anticipatoria della misura adottata, decisiva per i riflessi che produce in prospettiva dell'instaurazione della causa di merito, non spetta al giudice che emette l'ordinanza, non potendo egli determinare a suo arbitrio l'efficacia del provvedimento reso. È, piuttosto, la possibilità di sussumere il provvedimento cautelare in alcuno dei tipi espressamente contemplati dal comma 6 dell'art. 669-octies, o l'analisi del suo contenuto, a far propendere l'interprete per l'una o per l'altra delle alternative poste dal regime di strumentalità “a doppio binario” escogitato dalla Riforma del 2005. Si è così di recente affermato in giurisprudenza che, nell'ambito del procedimento cautelare uniforme, così come modificato dal d.l. n. 35 del 2005, conv. con modif. in l. n. 80 del 2005, il procedimento di nuova opera o di danno temuto introdotto "ante causam", al pari d'ogni altro diretto all'emissione di una misura cautelare di carattere anticipatorio, è esclusivamente monofasico e termina con il provvedimento, d'accoglimento o di rigetto, emesso dal giudice monocratico o dal collegio adito in sede di reclamo ai sensi dell'art. 669 terdecies; pertanto, il successivo giudizio di merito instaurato dalla parte che, nelle more, sia stata convenuta in un procedimento possessorio avente ad oggetto la medesima situazione giuridica, non differendo in nulla da un comune processo dichiarativo instaurato a prescindere da una pregressa cautela, né potendo essere considerato quale seconda fase di un unico procedimento iniziato con la proposizione della domanda cautelare, soggiace all'improponibilità prevista dall'art. 705 c.p.c. /Cass. II, n. 18535/2022). La problematica definizione di chiusura adoperata dall'articolo in commento, che rinvia genericamente “agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito”, rimette all'interprete ed all'operatore di tracciare i criteri distintivi tra provvedimenti anticipatori e conservativi. L'incombenza classificatoria è stata tuttavia adempiuta dalla dottrina, che ha ricostruito la summa divisio, prestando attenzione al profilo effettuale ed alla funzione dei singoli provvedimenti. Sicché, il provvedimento cautelare ha natura conservativa allorché non regola in alcun modo il merito del rapporto sostanziale controverso, limitandosi a cristallizzare la situazione di fatto e ad approntare mezzi per agevolare la formazione o l'esecuzione della decisione di merito; mentre ha invece natura anticipatoria ove la misura consiste proprio in una decisione anticipata e provvisoria del merito, destinata a durare finché a questo regolamento provvisorio non sia sostituito dal regolamento stabile conseguibile attraverso il processo ordinario (Querzola, 787) Non avendo, dunque, il concreto provvedimento del giudice valenza costitutiva rispetto alla sua natura ed al suo ambito effettuale (ivi compresa l'applicabilità del comma 1 dell'art. 669-octies), non finisce per rivestire rilievo alcuno neppure l'errore che il giudice eventualmente commetta, fissando il termine perentorio per l'inizio del giudizio di merito correlato all'accoglimento di una domanda ex art. 700, o di provvedimenti nunciatori o lato sensu anticipatori, ancorché esso non sia più previsto. Opera, cioè, il principio generale tracciato dall'art. 152: la perentorietà di un termine discende dalla legge che la stabilisce o che prevede che la stabilisca il giudice. L'arbitraria fissazione giudiziale — nell'ordinanza che accolga una domanda di provvedimenti d'urgenza — del termine perentorio volto a dare impulso alla causa di merito, ormai non più obbligatoria, produce unicamente l'automatica conversione di quel termine in ordinatorio, e non certo gli stessi effetti preclusivi tuttora sanciti per i cautelari conservativi dall'art. 669-novies. Si deve quindi concludere che ogni valutazione circa l'uso appropriato, o meno, del potere di fissazione del termine ex art. 669-octies spetti, libera ed incondizionata, al giudice eventualmente adito mediante ricorso per la dichiarazione di inefficacia proposto dalla parte interessata ai sensi dell'art. 669-novies, comma 1 e 2. In tal senso si orienta la prevalente dottrina (Giordano, 2008, 155). Qualora pure il procedimento cautelare ante causam si concluda con un'ordinanza che dichiari cessata la materia del contendere, in tale provvedimento non va fissato il termine perentorio per l'inizio del giudizio di merito né si applica comunque il termine a tal fine previsto dall'art. 669-octies, sicché, ove il giudice comunque provveda a fissare detto termine, lo stesso deve ritenersi tamquam non esset (Cass. III, n. 22751/2013). Allo stesso tempo, la mancata fissazione del termine da parte del giudice, che pur abbia pronunciato un provvedimento cautelare conservativo, non giustifica alcun affidamento del ricorrente circa la facoltatività del giudizio di merito, e viene perciò supplita dal comma 2 dell'art. 669-octies. Sempre per effetto della l. n. 80/2005, il termine per l'inizio della causa di merito è stato innalzato fino ad un massimo di sessanta giorni: il raddoppio della misura inizialmente stabilita dalla l. n. 353/1990 può essere egualmente compreso nella prospettiva del progressivo allentamento della strumentalità fra procedimento cautelare e giudizio di merito. Si ritiene prevalentemente, inoltre, che il termine per l'instaurazione del giudizio di merito sia soggetto alla sospensione nel periodo feriale, prevista dalla l. n. 742/1969, che non opera, invero, nei procedimenti cautelari, ma limitatamente alla fase sommaria, mentre si applica, invece, alla successiva scansione a cognizione ordinaria. Il termine perentorio previsto dall'art. 669-octies per l'inizio del giudizio di merito decorre dalla pronuncia dell'ordinanza di accoglimento della domanda cautelare ante causam (se avvenuta in udienza) ovvero dalla sua comunicazione, anche se l'originario provvedimento viene confermato in sede di reclamo; infatti, per «ordinanza di accoglimento» di cui alla citata norma va intesa quella originaria e non quella emessa in sede di reclamo, assumendo la prima rilevanza fondamentale ai fini dell'instaurazione della fase di merito e necessitando di una verifica nel giudizio di cognizione, mentre la seconda non ha effetto assorbente o sostitutivo, come nel caso di conferma della misura cautelare, rilevandosi, inoltre, come nessuna norma assegni al reclamo effetti sospensivi del termine in questione, escludendo anzi l'art. 669-terdecies che il reclamo sospenda automaticamente l'esecuzione del provvedimento impugnato (Cass. lav., n. 18152/2006). L'evidenziata scissione fra procedimento cautelare e causa di merito depone anche per l'abnormità del provvedimento con cui il giudice designato per la trattazione di domanda ex art. 700, disponga tout court l'automatica prosecuzione del primo procedimento davanti a sé, senza attendere l'indispensabile formulazione della relativa domanda. L'autorità del provvedimento di accoglimentoL'ultimo comma, aggiunto all'art. 669-octies dalla l. n. 80/2005, precisa che l'autorità della misura cautelare non è mai invocabile in un diverso processo. I provvedimenti d'urgenza e, più ampiamente, tutti i provvedimenti cautelare anticipatori, rivelano quindi la loro forza autonoma proprio perché sono in grado di offrire tutela al richiedente pure prescindendo dal successivo giudizio di merito. Il provvedimento cautelare anticipatorio, pur privo della capacità preclusiva del giudicato (essendo comunque passibile di modifica o di revoca, seppure nei limiti ridisegnati dal nuovo art. 669-decies, e consentendosi a ciascuna delle parti di avanzare in qualsiasi momento la domanda di merito), è destinato a mantenere la sua efficacia esecutiva finché non si esaurisca il rapporto sostanziale sottostante, senza essere scalfito dal mancato inizio dalla causa di cognizione piena (si veda Cass. II, n. 19720/2016). Nel delineare le posizioni delle parti rispetto all'ottenimento di un provvedimento ex art. 700, di nunciazione o comunque anticipatorio, si sostiene che, essendo rimasto il ricorrente totalmente appagato dall'ordinanza, l'onere dell'instaurazione del giudizio di merito finisce per spostarsi sul destinatario degli effetti della misura, il quale voglia ribaltarne il risultato. Per contro, lo stesso ricorrente, vittorioso in sede cautelare, potrebbe tuttora avere interesse a promuovere la cognizione ordinaria appunto per far conseguire alla sua pretesa l'efficacia della cosa giudicata a norma dell'art. 2909 c.c. L'ultimo comma dell'art. 669-octies sta proprio a dire che il provvedimento cautelare non può mai impedire che in un qualsiasi futuro processo una pronuncia di merito intervenga sullo stesso effetto giuridico; né può orientare i successivi processi vertenti su altri effetti giuridici, seppure collegati, a quello oggetto del medesimo cautelare, da un nesso di pregiudizialità, dipendenza o incompatibilità. Il provvedimento cautelare, pur non producendo gli effetti propri del giudicato in un diverso processo, può essere tuttavia oggetto di libera valutazione e prudente apprezzamento a norma dell'art. 116, e così concorrere al convincimento del giudice. L'ordinanza di accoglimento della misura avrà quindi, nel successivo giudizio in cui venga allegata, per lo meno efficacia di prova, o di elemento di prova documentale, in ordine alla situazione giuridica che abbia formato oggetto della pronuncia cautelare. Il giudizio di merito conseguenteEssendosi resa, almeno per i provvedimenti anticipatori, addirittura eventuale la proposizione della causa di merito, ne esce rafforzata l'immagine che il procedimento cautelare sia autonomo e distinto dal giudizio di cognizione: tanto meno può, perciò, dubitarsi che la citazione introduttiva del giudizio di merito instaurato a seguito del rilascio della misura ante causam vada notificata al convenuto personalmente, secondo le regole dettate dagli artt. 137 ss., e non invece al procuratore nominato nella fase sommaria, presso il quale lo stesso convenuto abbia eletto domicilio. L'ammorbidimento del legame di strumentalità tra cautelare e merito, divenuto appendice meramente facoltativa in caso di emanazione di una misura anticipatoria, avvalora poi la conclusione che nel giudizio ordinario di cognizione sia consentito proporre tutte le possibili domande attinenti al merito, pur se volte a far valere un diritto diverso da quello cui si riferivano le domande formulate nel procedimento cautelare; né può certo parlarsi di inammissibilità della domanda articolata nel giudizio di merito per diversità e, quindi, per novità di essa rispetto a quella precedentemente formulata nel ricorso diretto ad ottenere il provvedimento cautelare (Cass. II, n. 28197/2020, Cass. I, n. 23401/2015; Cass. III, n. 22830/2010). Proprio sul presupposto che il procedimento cautelare è autonomo e distinto dal giudizio di cognizione volto ad acclarare definitivamente l'esistenza del diritto sottoposto a cautela, si è così affermato che non è perciò ravvisabile alcuna inammissibilità della domanda articolata nel giudizio di merito per diversità e, quindi, per novità di essa rispetto a quella precedentemente formulata nel ricorso diretto ad ottenere il provvedimento cautelare, mancando una qualsiasi norma processuale che, in deroga ai generali principi sulla cumulabilità delle azioni, precluda di introdurre dinanzi al giudice del processo di cognizione piena una domanda ulteriore rispetto a quella già oggetto della invocata tutela cautelare. D'altro canto, neppure l'eventuale elusione dell'onere di completezza della domanda cautelare, quanto all'individuazione della futura (ed ormai eventuale) causa di merito, può comunque comportare una qualche conseguenza che determini la nullità della sentenza resa all'esito del giudizio di cognizione piena (Cass. II, n. 2623/2021). È inoltre certamente possibile che il giudizio di merito conseguente alla fase cautelare sia introdotto dinanzi ad un giudice diverso da quello che aveva emesso la cautela, a fronte della tendenziale identificazione tra i due giudici competenti, supposta dall'art. 669-ter (Tarzia - Saletti, 840). Laddove fino alla Riforma del 2005 sembrava scontato che il giudizio di merito dovesse essere avviato dal beneficiario della misura cautelare, onde evitarne la caducazione, il regime poi allestito con la l. n. 80/2005 per i provvedimenti di urgenza e lato sensu anticipatori ha implicato un ribaltamento delle posizioni delle parti, con correlata allocazione dell'onere della prova. Allorché, in pratica, sia il destinatario passivo della misura urgente a proporre una domanda di mero accertamento negativo del diritto cautelato, in applicazione dell'art. 2697 c.c., sarà questi, rivestendo la qualità di attore, ad avere il compito di provare l'insussistenza dei presupposti del medesimo. Ciò concreta una sperequazione in danno del destinatario della cautela, il quale viene dapprima colpito da un provvedimento che, sulla base di una sommaria valutazione del fumus boni iuris, anticipa effetti tipici della sentenza, e poi, eventualmente, nel giudizio di merito risulta ancora lui onerato di dare piena prova dell'inesistenza del diritto cautelato: tale sperequazione andrebbe confrontata con le regole generali di rango costituzionale, ex art. 111 Cost., della parità delle armi processuali in dotazione alle parti e della effettività del diritto di difesa. Il comma 8 dell'art. 669-octies preserva, infine, l'efficacia (esecutiva) dei provvedimenti d'urgenza nel caso di estinzione del giudizio di merito, e la previsione appare inevitabile conseguenza della facoltatività dell'instaurazione del merito stesso: se al beneficiario della misura si è voluta accordare la facoltà di godere dei vantaggi della tutela sommaria per un tempo indeterminato, senza più caricarlo dell'onere di promuovere tempestivamente la causa di cognizione piena, nulla dovrà sottrargli l'eventuale estinzione di quella causa. Il comma in esame produce, così, un nuovo vulnus all'art. 310, comma 2, concernente gli effetti dell'estinzione del processo, ribaltando il criterio discretivo, dapprima in uso, secondo cui gli atti aventi funzione cautelare, in quanto meramente strumentali rispetto all'esito positivo del giudizio di merito, sarebbero per definizione insuscettibili di efficacia al di fuori di questo. Si è deciso che il termine semestrale di impugnazione, previsto dal novellato art. 327 c.p.c., si applica ai soli giudizi instaurati successivamente all'entrata in vigore della l. n. 69/2009, dovendosi a tal fine fare riferimento alla data di introduzione del giudizio di merito di primo grado e non a quella dell'eventuale procedimento cautelare ad esso antecedente giacché, nonostante il collegamento tra essi esistente, il giudizio cautelare "ante causam" e quello di merito non costituiscono due fasi di un unico procedimento (Cass. VI-2, n. 27236/2017). L’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea di condominioPer effetto del d.lgs. n. 149/2022, sono state soppresse nell'art. 1137, quarto comma, c.c. le parole «, con l'esclusione dell'articolo 669-octies, sesto comma, del codice di procedura civile». Di conseguenza, nei giudizi di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea di condominio, il richiamo delle norme sui procedimenti cautelari p divenuto integrale. La Riforma ha anche modificato il sesto comma dell'articolo 669-octies del codice di procedura civile, nel senso che dopo le parole «ai sensi dell'articolo 688» sono inserite le seguenti: «e ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari adottati ai sensi dell'articolo 1137, quarto comma, del codice civile»; nonché l'ottavo comma dell'articolo 669-octies, nel senso che dopo le parole «di cui al sesto comma,» sono inserite le seguenti: «né dei provvedimenti cautelari di sospensione dell'efficacia delle deliberazioni assunte da qualsiasi organo di associazioni, fondazioni o società», nonché di comitati e consorzi, come aggiunto dal d.lgs. 31 n. 164/2024. Nei lavori preparatori del decreto, si è spiegato che, in attuazione del principio di delega (comma 17, lettera q), si è inteso così stabilire che il regime di non applicazione del “procedimento di conferma previsto dall'art. 669 octies e dal primo comma dell'art. 669 novies“ si applichi anche ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari, adottati ai sensi dell'articolo 1137, quarto comma del c.c., ferma restando, anche per questi casi, la facoltà di ciascuna parte di instaurare il giudizio di merito. L'intervento riformatore avrebbe un dichiarato “scopo deflattivo del contenzioso. Infatti, molto spesso, l'attore, dopo avere ottenuto, nell'ambito del giudizio di merito, il provvedimento cautelare con il quale è stata disposta la sospensione dell'esecuzione della deliberazione non ha un reale interesse alla decisione di merito diverso da quello costituito dalla necessità di ‘stabilizzare' gli effetti della decisione cautelare”. Pertanto, si è pensato di coordinare il regime della efficacia di questi provvedimenti cautelari equiparandolo a quello previsto dall'art. 669-octies. In questo modo, si è osservato, le parti saranno spinte ad abbandonare il giudizio di merito, senza che ciò incida sul provvedimento cautelare di sospensione dell'esecuzione della deliberazione. Conseguentemente sono state apportate modifiche al fine di prevedere che l'estinzione del giudizio di merito non determina neppure l'inefficacia dei provvedimenti cautelari di sospensione dell'efficacia delle deliberazioni assembleari. In sostanza, il legislatore delegato ha inteso assimilare il procedimento per la sospensione delle delibere condominiali a quelle misure che la l. n. 80/2005, intervenendo sull'art. 669-octies, esonerò dalle disposizioni sull'inizio o sull'estinzione del giudizio di merito, comportanti l'inefficacia della misura cautelare. Si tratta, con riguardo agli scopi prefissati, di una operazione malriuscita. Quella delle impugnazioni delle deliberazioni di assemblea sottoposte ad un termine di decadenza, con istanza di sospensione dell'esecuzione, ha da sempre rappresentato una ipotesi di necessitata presentazione congiunta di domanda cautelare e di merito, per essere la previa tempestiva impugnativa indefettibile presupposto logico-giuridico della sospensione. Il quarto comma dell'art. 1137 c.c., introdotto dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, aveva, già malamente, provato ad ovviare a tanto, ammettendo la proponibilità di un'istanza per ottenere la sospensione della deliberazione prima dell'inizio della causa di merito, ma precisando che tale istanza ante causam non ha effetti impeditivi della decadenza per la proposizione dell'impugnazione, il che rende praticamente inevitabile che ad essa l'interessato accompagni comunque tuttora la notificazione della citazione introduttiva del giudizio ordinario di cognizione. Volendosi rendere soltanto eventuale la proposizione della causa di merito dal condomino che abbia ottenuto l'accoglimento, rivelatosi pienamente satisfattivo, della istanza ante causam di sospensione dell'esecuzione della delibera impugnata, bisognerebbe garantirgli che la stessa istanza interrompa il termine perentorio di trenta giorni di cui all'art. 1137, secondo comma, cod. civ. Non vale obiettare che ad impedire la decadenza potrebbe bastare la comunicazione della domanda di mediazione (art. 8, secondo comma, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28), sia perché lo svolgimento della mediazione non dovrebbe mai precludere la concessione di un provvedimento urgente e cautelare (terzo comma dello stesso art. 5), sia perché se il tentativo fallisce, la domanda giudiziale deve essere poi comunque proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale presso la segreteria dell'organismo. Se nell'ottica originaria della disciplina del procedimento cautelare uniforme, delineata dalla legge 26 novembre 1990 n. 353, sembrava scontato che il giudizio di merito dovesse essere avviato dal beneficiario della misura cautelare, onde evitarne la caducazione, il regime poi allestito con la l. n. 80/2005 per i provvedimenti di urgenza e lato sensu anticipatori, che ora si vorrebbe estendere alle sospensive delle impugnative di delibere condominiali, ha implicato un ribaltamento delle posizioni delle parti, con correlata allocazione dell'onere della prova. E' allora agevole preconizzare che sarà il condominio, destinatario passivo della misura urgente, a proporre una domanda di accertamento dell'intervenuta decadenza del condomino che abbia conseguito la sospensione dell'esecuzione della delibera, per non aver proposto entro i trenta giorni di cui all'art. 1137, secondo comma, cc., la domanda di merito, domanda che rimane (del tutto incoerentemente col sistema della strumentalità attenuata di cui all'art. 669-octies, sesto comma) l'unico atto previsto dalla legge avente idoneità ad impedire tale decadenza. 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