Codice di Procedura Civile art. 696 bis - Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite 1 2 .

Antonio Scarpa

Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite 12.

[I]. L'espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 696, ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti.3

[II]. Se le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione.

[III]. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell'espropriazione e dell'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

[IV]. Il processo verbale è esente dall'imposta di registro.

[V]. Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito.

[VI]. Si applicano gli articoli da 191 a 197, in quanto compatibili.

 

[1] Articolo inserito, in sede di conversione, dall'art. 23 lett. e-bis) n. 6 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006.

[2] Per il tentativo obbligatorio di conciliazione in tema di  risarcimento del danno derivante da responsabilita' sanitaria, v.art. 8 l. 8 marzo 2017, n.  24.

[3] La Corte cost. 21 dicembre 2023, n. 222, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo periodo del presente comma nella parte in cui dopo le parole «da fatto illecito» non prevede «o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico».

Inquadramento

L'art. 696-bis consente l'espletamento di una consulenza tecnica con finalità conciliativa, in via preventiva rispetto all'instaurazione della corrispondente causa di merito. La consulenza preventiva prescinde dalla necessaria sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 dell'art. 696, ovvero dal presupposto dell'urgenza e dal periculum in mora correlato al venir meno dell'oggetto di prove rilevanti nel giudizio di merito. La norma in esame attribuisce alla consulenza tecnica preventiva un'inedita funzione “conciliativa”, trasformandola da mezzo di tutela della prova a strumento di immediata protezione dei diritti soggettivi.

Funzione della consulenza preventiva

L'art. 696-bis attribuisce alla consulenza tecnica preventiva un'inedita funzione “conciliativa” ex lege, facendola evolvere da semplice mezzo di tutela della prova a congegno di immediata protezione dei diritti soggettivi. L'anticipata formazione della prova non si rivela fisiologicamente strumentale al successivo promovimento dell'azione di merito, e diviene, anzi, momento essenziale di un procedimento conciliativo che intende scongiurare la fase contenziosa. Peraltro, l'irrilevanza del requisito del periculum in mora fa della consulenza tecnica preventiva qualcosa di non più riconducile al genus dei procedimenti cautelari.

In dottrina si ravvisa nel nuovo istituto uno strumento alternativo di risoluzione delle controversie, per quanto collocato nell'ambito di un procedimento giurisdizionale, da ricondurre alla categoria della “conciliazione delegata” (Ansanelli, 1245).

Né si ravvisano nel provvedimento ex art. 696-bis i caratteri della provvisorietà e della strumentalità rispetto al giudizio di merito, tipici della categoria dei provvedimenti cautelari (Scalamogna, 957).

Ciò non di meno, si assume che la consulenza tecnica disposta in via preventiva non dovrebbe mai prescindere dal fumus dell'azione esercitata, ovvero, meglio, dal riscontro di rilevanza dell'indagine rispetto alle domande o alle eccezioni da proporre nell'eventuale giudizio di merito. È invece del tutto preclusa al giudice una valutazione inerente alla probabile fondatezza della pretesa risarcitoria dedotta a sostegno dell'istanza di istruzione preventiva, anche quando l'an debetaur sia oggetto di specifiche contestazioni ad opera del convenuto (Romano, 51).

In realtà, è dibattuto dagli studiosi fino a che punto l'eventuale sussistenza di questioni, di fatto o di diritto, controverse tra le parti, impedisca al giudice di ammettere lo strumento di cui all'art. 696-bis, ovvero in che ambito il giudice, ai fini dell'ammissibilità del procedimento in esame, debba concretamente accertare la sussistenza del fumus boni iuris.

Resta sullo sfondo, ma non scompare del tutto, la tradizionale funzione probatoria della consulenza tecnica preventiva, giacché, ove la conciliazione non riesca, la relazione peritale può comunque essere acquisita nel processo di merito e così influenzare il convincimento del giudice (operando, è da credere, i limiti di ammissibilità e rilevanza dettati dall'art. 698). In pratica, una volta fallita la definizione in via conciliativa, l'elaborato del consulente, seppure in partenza commessogli senza neppure il riscontro delle condizioni di cui al comma 1 dell'art. 696, finisce per conseguire la stessa utilizzabilità processuale dell'accertamento tecnico “ordinario”: gli eventi ivi descritti — lo stato dei luoghi, la qualità e le condizioni delle cose — possono, cioè, essere considerati dal giudice come fonte di prova delle loro cause, nonostante l'anticipazione istruttoria non fosse stata a suo tempo sorretta da alcun periculum incombente.

Il procedimento

L'art. 696-bis, introdotto dalla Riforma del 2005, rappresenta un'assoluta novità nel nostro ordinamento processuale. La norma prevede l'espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva rispetto all'instaurazione della corrispondente causa di merito ed a fini conciliativi.

Secondo alcune opinioni, andrebbe ammessa la possibilità di procedere a consulenza con finalità conciliativa altresì in corso di causa, in applicazione dell'art. 699, almeno finché non sia stata ivi ammessa la consulenza tecnica d'ufficio.

La consulenza preventiva prescinde dalla necessaria sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 dell'art. 696, ovvero dal presupposto dell'urgenza e dal periculum in mora correlato al venir meno dell'oggetto di prove rilevanti nel giudizio di merito. Essa è diretta esclusivamente all'accertamento ed alla relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito, e quindi alla quantificazione dei danni risarcibili conseguenti sia all'inadempimento o all'inesatto adempimento (sotto un profilo qualitativo o quantitativo) di obbligazioni, sia all'imputabilità di responsabilità di natura extracontrattuale. Nella Relazione preparatoria al progetto delle “Modifiche al codice di procedura civile” apportate nel 2005, l'utilità del nuovo istituto, poi recepito nell'art. 696-bis, veniva prefigurata con particolare riguardo alla determinazione delle conseguenze lesive connesse agli inadempimenti dei contratti d'opera, di appalto o di compravendita, o ai sinistri stradali, o ancora alle fattispecie di infiltrazioni di acqua o di danni ad abitazioni. Si escludeva, per contro, che potesse ricorrersi allo strumento in parola nel caso di diritti di credito di fonte non contrattuale, quali quelli derivanti da diritti della persona o status, o da gestione d'affari, ripetizione d'indebito o ingiustificato arricchimento.

Con la sentenza n. 222 del 2023, tuttavia, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 696-bisprimo comma, primo periodo, del codice di procedura civile nella parte in cui dopo le parole «da fatto illecito» non prevede «o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell'ordinamento giuridico».

La Corte costituzionale ha considerato che la ragione giustificatrice dell'art. 696-bis va rinvenuta nella esigenza di aggiungere alla tutela giurisdizionale una forma complementare di attuazione dei diritti, per mezzo della quale il conflitto è definito in via negoziale, ma all'esito di un apposito procedimento nel quale la conciliazione è coadiuvata dall'esperto in posizione di terzietà ed è impostata, diretta e convalidata dal giudice.  Ed allora,  la scelta di limitare lo strumento in esame alle sole controversie relative ai crediti ex contractu ed ex delicto, così privando delle peculiari utilità connesse al suo esperimento i titolari di tutti gli altri crediti di fonte diversa, è sembrata alla Corte priva di una valida ragione di diversificazione. La norma, pertanto, ammettendo la consulenza tecnica preventiva per i soli crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni di fonte contrattuale o da fatto illecito, e non anche per tutti i diritti di credito derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell'ordinamento giuridico, secondo la indicazione fornita dall'art. 1173 cod. civ., è stata ritenuta foriera di una differenziazione priva di una ragionevole giustificazione e  causa perciò di una  violazione, in danno dei titolari dei crediti esclusi, della garanzia ex art. 24 Cost., nonostante l'ampia discrezionalità riconosciuta al legislatore in ambito processuale.

Il consulente deve limitare le sue indagini a valutazioni meramente fattuali delle circostanze, senza affrontare giudizi di diritto.

Sotto un profilo semantico, sarebbe stato preferibile scrivere, nella redazione dell'art. 696-bis, che la consulenza tecnica preventiva dovesse avere il compito di accertare, prima del processo, “l'entità dei danni, in vista di un giudizio di risarcimento” (potendosi certamente comprendere tra le indagini da affidare al consulente preventivo con finalità conciliative anche valutazioni in ordine alle cause del danno, nonché accertamenti sulla persona del danneggiato), senza delegarle l'incombenza di “accertare e determinare crediti”, espressione che fa temere una sostituzione espropriativa in favore dell'ausiliario di funzioni esclusive del giudice.

E' stato ritenuto inammissibile, nella giurisprudenza di merito, il ricorso ex art. 696-bis volto ad accertare nel contratto di conto corrente lo svolgimento del rapporto, l'anatocismo e gli interessi ritenuti usurari, poiché tale verifica contabile presupporrebbe una valutazione riservata al giudice e non affidabile a un consulente tecnico (Trib. Genova 8 giugno 2017, in Banca borsa tit. cred. 2018, 1, II, 49). Per analoghi motivi si è esclusa l'ammissibilità di una consulenza tecnica ex art. 696-bisper accertare il criterio di calcolo dell'Indicatore Sintetico di Costo previsto nel contratto di mutuo (Trib. Roma, 22 maggio 2017, in Banca borsa tit. cred. 2018, 1, II, 49).Sempre  inammissibile è stato ritenuto il ricorso ex art. 696-bis ove il resistente abbia specificamente contestato l'esistenza di un diritto alla restituzione da parte del ricorrente e, quindi, l'an della pretesa a componimento della quale si chiede la consulenza tecnica preventiva (Trib. Firenze 7 giugno 2017, in Il processocivile.it 10 ottobre 2017, nt. Giordano, A mmissibilità della consulenza tecnica preventiva solo sulla determinazione del quantum debeatur). Si veda anche T rib. Roma 26 marzo 2015, in Resp. civ. e prov. 2015, 4, 1298. 

Si osserva in dottrina che la consulenza tecnica espletata ai sensi dell'art. 696-bis presenta il medesimo oggetto di quella che può aver luogo in sede di istruzione preventiva ex art 696 (Scalamogna, 957).

Il ricorso dovrà indicare (oltre al nominativo della parte nei cui confronti è richiesto l'accertamento) il contenuto della futura domanda di merito, non soltanto per quanto richiesto dall'art. 693 (e implicitamente desumibile dal comma 5 dell'art. 696-bis, che prevede l'acquisizione della consulenza agli atti «del successivo giudizio di merito»), ma essenzialmente per determinare sia l'oggetto della consulenza tecnica sia l'ambito del tentativo di conciliazione. Non è viceversa necessaria l'indicazione dei motivi d'urgenza, che l'art. 696-bis contempla come meramente eventuali.

L'esposizione della domanda di merito è necessaria anche per determinare la competenza, che segue gli stessi criteri del giudizio di merito (art. 693) (Scibetta, 267)

Il Presidente del Tribunale o il Giudice di Pace procede a disporre la comparizione delle parti a norma dell'art. 694 e provvede con ordinanza alla nomina del consulente tecnico ed a fissare la data dell'inizio delle operazioni. La preminente finalità conciliativa dell'istituto induce a negare l'ammissibilità, sia pure in caso di eccezionale urgenza, di una pronuncia inaudita altera parte, sul modello di quanto indicato invece dall'art. 697. Il perseguimento della finalità conciliativa, impone al giudice, piuttosto, un'attenta sorveglianza sull'integrità del contraddittorio nel procedimento di consulenza preventiva.

Non è possibile incaricare il consulente tecnico nominato ai sensi dall'art. 696-bis dello svolgimento di attività istruttoria (Scibetta, 267).

Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, deve esperire, ove possibile, il tentativo di conciliazione delle parti, indicando nel verbale i punti di accordo raggiunti sulla res litigiosa. Non è tuttavia prescritto che le parti siano espressamente chiamate a precisare le condizioni alle quali sarebbero disposte a conciliare.

Dell'eventuale avvenuta conciliazione si forma processo verbale, cui il giudice poi attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo, ai fini dell'espropriazione e dell'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

Laddove la conciliazione non riesca, la relazione depositata dal consulente può essere acquisita, su istanza della parte interessata, agli atti del successivo giudizio di merito, da individuarsi come quello che presenti identità di parti ed abbia per oggetto gli stessi fatti e gli stessi diritti, ovvero diritti connessi o contrapposti, rispetto a quelli dedotti nel procedimento di consulenza preventiva.

Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni che disciplinano la nomina e le indagini del consulente tecnico (artt. da 191 a 197). Nonostante il mancato richiamo dell'art. 201, non sembra fondato il dubbio di ammissibilità della nomina di consulenti tecnici di parte. Invero, il consulente di parte assume nel processo propriamente il ruolo di “difensore consultivo”, per lo meno limitatamente all'ambito delle integrazioni tecniche del tema di lite. Tale funzione ausiliatrice a contenuto scientifico, allora, sembra per la parte utile, se non addirittura necessaria ex art. 24 Cost., pure nella fase di consulenza preventiva a fini conciliativi, e proprio tenuto conto delle finalità dell'istituto appena introdotto. Inoltre, l'esplicita applicabilità dell'art. 194 dovrebbe valere come conferma della possibilità altresì per i consulenti di parte di intervenire alle operazioni peritali.

Si ritiene che il giudice debba rigettare l'istanza di consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis in ipotesi di inammissibilità o irrilevanza della stessa, ovvero laddove si prospetti una questione pregiudiziale impediente (giurisdizione, competenza ed altre attinenti al procedimento), in relazione alla decisione della futura causa di merito.

Dalla esclusione della natura cautelare dell'istruzione tecnica preventiva in funzione conciliativa discendono conseguenze sul regime dell'impugnazione del provvedimento, di accoglimento o di rigetto, dell' istanza avanzata ai sensi dell'art. 696-bis.

Pur avendo, come visto, la Corte cost. n. 144/2008, dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 “nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell'istanza per l'assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli art. 692 e 696 dello stesso codice",  tale reclamabilità non pare da estendere ai provvedimenti con cui viene rigettata l'istanza di nomina del consulente tecnico formulata ai sensi dell'art. 696-bis (Scalamogna, 957).

Nel senso della inammissibilità del reclamo cautelare contro l'ordinanza con la quale il Presidente del Tribunale, in accoglimento del ricorso ex art. 696 bis, abbia disposto la consulenza tecnica preventiva, si veda Trib. Ravenna 27 giugno 2016, in Ilprocessocivile.it 3 agosto 2016, nt. Giordano, Inammissibilità del reclamo contro i provvedimenti resi nel procedimento ex art. 696-bis. 

Oltre che non reclamabili, i provvedimenti ex art. 696-bis non sono neppure impugnabili per ricorso straordinario in cassazione, né attraverso regolamento preventivo di giurisdizione o di competenza. Di tal che, i vizi che eventualmente dovessero inficiarli sono esclusivamente rilevabili nel successivo giudizio di merito, ove sia richiesta in esso l'acquisizione della consulenza assunta (Romano, 51).

Da ultimo, tuttavia, C. cost. 10 novembre 2023, n. 202, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 c.p.c., nella parte in cui non consentono di proporre il reclamo, previsto dall'art. 669-terdecies c.p.c., avverso il provvedimento che rigetta (anche per ragioni di inammissibilità) il ricorso per la nomina del consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite, di cui all'art. 696-bis del medesimo codice.

La Corte costituzionale, richiamando quanto già affermato nella sentenza n. 87 del 2021, ha osservato che il previo svolgimento dinanzi all'autorità giudiziaria del procedimento di cui all'art. 696-bis c.p.c. è finalizzato non solo alla definizione in via conciliativa della controversia, ma anche ad anticipare un segmento istruttorio fondamentale per la risoluzione di alcune cause caratterizzate da questioni soprattutto tecniche. La sentenza C. cost. n. 202/2023 ha quindi constatato che non poteva dirsi esistente un diritto vivente in seno alla Corte di cassazione quanto alla reclamabilità dei provvedimenti di diniego dell'istanza di nomina di un consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite, avendo la giurisprudenza di legittimità adoperato incidentalmente tale argomentato allo scopo, piuttosto, di negare la ricorribilità per cassazione di tali provvedimenti ex art. 111, settimo comma, Cost. La Corte costituzionale ha così deciso che  il provvedimento del giudice, che rigetta (o dichiara inammissibile) la richiesta di espletamento di una consulenza tecnica ai sensi dell'art. 696-bis c.p.c. priva definitivamente la parte di una importante facoltà processuale diretta alla possibile composizione della lite, arrecando al diritto di agire in giudizio una compromissione anche maggiore del rigetto di un accertamento tecnico ai sensi dell'art. 696 c.p.c., provvedimento, quest'ultimo, ormai reclamabile a seguito della sentenza n. 144 del 2008.  La previsione, dunque, della possibilità di proporre una domanda di fronte a un giudice senza poter contestare dinanzi a un giudice diverso le ragioni che hanno condotto a un provvedimento di diniego si pone in contrasto con il diritto di agire e difendersi in giudizio (art. 24, primo e secondo comma, Cost.) e con il canone di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.). La perdita del diritto della parte ricorrente alla chance di svolgere, mediante la nomina di un consulente ai sensi dell'art. 696-bis, un approfondimento tecnico nell'ambito di un procedimento mirato ad evitare l'instaurazione di un lungo e dispendioso giudizio contenzioso, deve essere, secondo la Corte costituzionale, presidiato da uno strumento di gravame, quale è il reclamo del provvedimento di rigetto. Da ciò il diritto della parte istante a contestare le statuizioni di provvedimenti di rigetto inidonei alla formazione del giudicato, e che tuttavia determinano a carico della stessa un pregiudizio a diritti – sostanziali o processuali – del medesimo. Pare evidente l'evoluzione che il reclamo ex art. 669 terdecies rivela, così, nella giurisprudenza costituzionale. Da strumento imposto a ragione della sua strumentalità alla tutela cautelare, della quale condivide la ratio ispiratrice di evitare che la durata del processo si risolva in un pregiudizio della parte che dovrebbe veder riconosciute le proprie istanze, come delineato nella sentenza n. 144 del 2008, la C. cost. n. 202/2023, è arrivata a tratteggiare il reclamo ex art. 669-terdecies come universale strumento di controllo anche di misure sommarie non cautelari che, non dimeno, costituiscano una componente essenziale ed insopprimibile del diritto di difesa.

Non costituisce, invero, «sentenza», ai fini ed agli effetti di cui all'art. 111, comma 7, Cost., il provvedimento di rigetto dell'istanza di consulenza tecnica preventiva con finalità conciliativa, in quanto non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi, non pregiudica il diritto alla prova, né tantomeno la possibilità della conciliazione, essendo, inoltre, ridiscutibile — anche quanto alle spese — nell'eventuale giudizio di merito (Cass. VI, n. 5698/2013; Cass. VI, n. 12386/2018).

Così pure il provvedimento col quale il giudice affermi o neghi la propria competenza per territorio a provvedere sull'istanza di accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi, proposta ai sensi dell'art. 696-bis, non ha alcuna efficacia preclusiva o vincolante nel successivo giudizio di merito (Cass. VI, n. 14739/2019; Cass. IV-3, n. 5046 /2022 ).

Neppure il provvedimento col quale il giudice affermi o neghi la propria competenza sull'istanza di accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi può essere impugnato con regolamento di competenza (Cass. II, n. 2317/2011; Cass. III, n. 14187/2008).

In ordine alle spese dell'accertamento tecnico preventivo, esse, se le parti si siano conciliate, devono intendersi compensate, salva diversa convenzione, stando al criterio indicato dall'art. 92, comma 3; altrimenti, a conclusione della procedura, andranno poste a carico della parte richiedente, per essere poi regolate secondo il criterio della soccombenza nella successiva causa di merito, ove l'accertamento stesso venga acquisito.

In particolare, ad avviso di Cass. VI, n. 26573/2018, per effetto del combinato disposto degli artt. 669-septies, comma 2, e 669-quaterdecies, in ipotesi di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite il giudice può procedere alla liquidazione delle spese processuali (a carico della parte ricorrente) solamente nei casi in cui dichiari la propria incompetenza o l'inammissibilità del ricorso oppure lo rigetti senza procedere all'espletamento del mezzo istruttorio richiesto; tuttavia, il provvedimento di liquidazione emesso nel caso in cui si dia corso alla consulenza preventiva, pur essendo abnorme, non è comunque impugnabile exart. 111, comma 7, Cost., in quanto privo dei caratteri della definitività e della decisorietà, essendo, peraltro, sindacabile nel caso in cui venga iniziato il relativo giudizio di merito, nonché, se azionato come titolo esecutivo e data la sua natura sommaria, opponibile ex art. 615, come se fosse un titolo esecutivo stragiudiziale, assumendo l'opposizione il valore della querela nullitatis.

Si è altrimenti precisato che le spese per la consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c., rientrando nelle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite, non hanno natura giudiziale, con la conseguenza che non danno luogo ad un'autonoma liquidazione da parte del giudice che ha disposto la consulenza, ma devono essere liquidate all'esito del giudizio di merito, come danno emergente, purché provate e documentate (Cass. III, n. 30854/2023).

E' stato deciso, ai fini della liquidazione dell'indennizzo per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, che l'eccessivo protrarsi di un accertamento tecnico preventivo non può valutarsi autonomamente, ove la parte si limiti ad instaurare – o a resistere ad – una fase giudiziale prodromica, rinunciando a quella successiva dell'accertamento nel merito del diritto, atteso che gli artt. 6, par. 1, CEDU e 4 l. n. 89/2001 rimandano al risultato normalmente utile, complessivo e finale dell'esercizio della giurisdizione domandato dalla parte privata (Cass. II, n. 11151/2018).

Si reputa peraltro che il nuovo meccanismo di condanna alle spese conseguenti all'ingiustificato rifiuto di una ragionevole proposta conciliativa, in forza del comma 1 dell'art. 91, sia applicabile anche a presidio delle proposte avanzate dal consulente tecnico nominato ex art. 696-bis (Pisanu, 105).

Effetti della conciliazione

Si valuta negativamente, nella prospettiva dei due obiettivi più espliciti dell'art. 696-bis — ovvero la tutela immediata dei diritti e la deflazione del contenzioso — la scelta di lasciare la conciliazione raggiunta dal consulente in una condizione assimilabile a quella di un negozio transattivo di diritto privato puro e semplice, ovvero di una scrittura privata non autenticata (non avendo il consulente capacità di autenticare le sottoscrizioni), che non può pertanto mai avere ad oggetto diritti indisponibili dalle parti. La nuova fattispecie richiede poi al giudice unicamente di conferire alla conciliazione (del resto, non raggiunta davanti a lui), con apposito decreto, efficacia di titolo esecutivo: ciò il giudice farà riscontrando la regolarità del verbale sotto un punto di vista formale (verifica delle sottoscrizioni delle parti e del consulente tecnico), senza curarsi della validità della conciliazione. La burocratica mansione di omologa adempiuta dal giudice, allorché conferisce la forza esecutiva, comporta, pertanto, che ogni eventuale vizio della conciliazione debba essere fatto valere in sede di opposizione all'esecuzione fondata sul verbale raccolto dal consulente tecnico.

È sottolineata con rammarico in dottrina l'assenza di un effettivo controllo giudiziale sul meccanismo di risoluzione anticipata della controversia introdotto dall'art. 696-bis, tale da consentire al giudice di selezionare le richieste effettuate dalle parti (Ansanelli, 1245)

Il verbale di conciliazione redatto in sede di consulenza tecnica preventiva a norma dell'art. 696-bis, munito del decreto di esecutività del giudice, va inserito nell'ambito dell'art. 474, n. 1), che abbraccia, oltre le sentenze e i provvedimenti, pure tutti “gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva”. Esso è espressamente dichiarato idoneo dal medesimo art. 696-bis all'esecuzione per le obbligazioni pecuniarie, all'esecuzione in forma specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c., nonché ai fini dell'iscrizione di ipoteca giudiziale (così infiltrandosi tra “gli altri provvedimenti giudiziali” cui rinvia il comma 2 dell'art. 2818 c.c.). Non dovrebbe, quindi, il verbale di conciliazione legittimare all'esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare, giacché l'art. 612 menziona, quale unico titolo valido per l'esecuzione, la sentenza di condanna, in considerazione della esigenza di un previo accertamento della fungibilità e quindi della coercibilità dell'obbligo.

Il Presidente del Tribunale (o il Giudice di Pace), prima di provvedere a disporre la comparizione delle parti ed a nominare il consulente tecnico, tenuto conto soprattutto dell'istanza propostagli, dovrà necessariamente chiarire se debba procedersi a consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite (ipotesi che gli permette di non preoccuparsi delle condizioni poste dall'art. 696, comma 1), vertendosi in materia di inadempimento o di illecito extracontrattuale; o se, piuttosto, si debba procedere ad un ordinario accertamento tecnico preventivo. L'accordo eventualmente stipulato fra le parti e verbalizzato dal consulente tecnico d'ufficio in sede di istruzione preventiva, ma non allo scopo di determinare crediti risarcitori, e pertanto fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 696-bis, non integra, in effetti, una conciliazione, e può al più dar vita ad un negozio transattivo sostanziale.

Ciò non di meno, conviene chiedersi come comportarsi se il giudice attribuisca con suo decreto efficacia di titolo esecutivo ad un verbale di conciliazione formato dal consulente tecnico in controversia non (o non soltanto) risarcitoria, ossia vertente su materia estranea alla delimitazione contenuta nell'art. 696-bis. Il decreto di esecutività, in tal caso, non potendo considerarsi come una semplice attestazione dell'esistenza della transazione intervenuta tra le parti con la collaborazione del consulente, avrà il contenuto ed il carattere di un provvedimento decisorio abnorme, incidendo sui diritti sostanziali delle parti, in quanto tale suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., salvo che l'interessato non abbia prestato acquiescenza, anche tacita, al provvedimento, dando spontanea esecuzione al verbale di conciliazione.

Bibliografia

Ansanelli, Esperti e risoluzione anticipata delle controversie civili nei nuovi artt. 696 e 696-bis c.p.c., in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 4, 1245 ss.; Besso, Regolamento di competenza e reclamo contro il provvedimento di istruzione preventiva, in Giur. it. 1999, I, 4, 693 ss.; Corsini, La reclamabilità dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di istruzione preventiva, in Riv. dir. lav. 2008, 4, 782 ss.; Granata, Limitazione della reclamabilità ex art. 669-terdecies c.p.c. al solo provvedimento di rigetto della domanda di istruzione preventiva, in Giust. civ. 2009, 11, 2357 ss.; Pisanu, Tentativo di conciliazione e sanzioni processuali, nel quadro dell'art. 696-bis c.p.c., in Giur. mer. 2011, 1, 104 ss.; Romano, Questioni sparse in tema di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, in Banca borsa tit. cred. 2009, 1, 51 ss.; Scalamogna, Alcune questioni controverse in tema di consulenza tecnica preventiva con funzione conciliativa, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2010, 3, 957 ss.; Scibetta, Il nuovo art. 696-bis c.p.c.; la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, in Giur. mer. 2006, 2, 267 ss.

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