Codice di Procedura Civile art. 700 - Condizioni per la concessione.Condizioni per la concessione. [I]. Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso [125] al giudice i provvedimenti d'urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito. InquadramentoL'art. 700 individua i presupposti, le condizioni e le finalità dei provvedimenti d'urgenza atipici. I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 vanno verificati sotto i diversi profili della residualità della tutela offerta, della strumentalità rispetto alla cognizione piena, del novero dei diritti cautelabili e, infine, dell'imminenza ed irreparabilità del pregiudizio da scongiurare. Profili generaliDopo l'abrogazione degli artt. 701 e 702, sancita dall'art. 89, comma 1, l. n. 353/1990, l'art. 700 rimane l'unico articolo del codice di rito specificamente dettato per i «Provvedimenti d'urgenza», cui è dedicata la Sezione V del Capo sui procedimenti cautelari, inserito nel Libro IV. Le norme in tema di competenza e di procedimento applicabili ai provvedimenti d'urgenza vanno dunque rinvenute, a far data dal 1 gennaio 1993, nella disciplina del procedimento cautelare uniforme ex artt. 669-bis e ss. I provvedimenti ex art. 700 hanno natura di misura cautelare, giacché caratterizzati dalla sommarietà del procedimento e del provvedimento conclusivo, dalla provvisorietà dei loro effetti (giacché essenzialmente inidonei a cristallizzarsi nella definitività del giudicato: Cass. III, n. 2018/9830; Cass. I, n. 896/2015; Cass.lav., n. 3898/2003) e dalla strumentalità rispetto alla successiva, per quanto ormai eventuale, pronuncia di merito a cognizione piena. Il provvedimento reso in via d'urgenza ex art. 700, avendo natura strumentale, non è perciò autonomamente impugnabile, neppure con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.; al contrario, qualora il giudice adito, ante causam o in corso di causa, con richiesta di provvedimento d'urgenza, unifichi la fase cautelare e il giudizio di merito emanando, in luogo del provvedimento d'urgenza, un vero e proprio provvedimento definitivo di merito, questo, stante il suo carattere decisorio, ha natura sostanziale di sentenza ed è, pertanto, impugnabile mediante l'ordinario atto di appello (Cass. III, n. 16894/2016; Cass. lav., n. 14669/2001). Si è ritenuto comunque inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione fondato sull'asserito eccesso di potere giurisdizionale del giudice di merito per aver questi adottato un provvedimento d'urgenza ex art. 700 (nella specie, a tutela del ricorrente nelle more di un giudizio di costituzionalità contestualmente sollevato), assumendo che, nella specifica materia, la tutela cautelare sia preclusa "ex lege", e, inoltre, per non aver applicato la norma della cui legittimità dubitava, trattandosi di questioni non identificabili come di giurisdizione ai sensi degli artt. 37 e 41, che la Corte di cassazione, a sezioni unite, possa essere chiamata a risolvere (Cass. S.U., n. 23542/2015). Così pure il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, se proposto a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione resa dal giudice del reclamo cautelare in un procedimento d'urgenza "ante causam" ai sensi dell'art. 700, è stato ritenuto inammissibile finché l'istante non abbia iniziato il giudizio di merito, nel quale si determina l'oggetto del procedimento e sorge l'interesse concreto e attuale a conoscere il giudice dinanzi al quale lo stesso deve eventualmente proseguire (Cass. S.U., n. 19368/2023). Deve convenirsi con l'interpretazione che guarda all'art. 700 come espressione di un potere generale di cautela, connotato da più profili di atipicità: sia per quanto riguarda i diritti tutelabili mediante esso, sia quanto ai pericula in mora da neutralizzare, sia, infine, quanto ai contenuti, conservativi o anticipatori, che la misura può assumere allo scopo di impedire l'infruttuosità o la tardività della futura sentenza, e di plasmarsi sulla situazione sostanziale cautelanda. Ciò lascia giustificare pure l'estrema genericità della norma, che legittima il giudice ad adottare provvedimenti idonei ad assicurare gli effetti della decisione sul merito, riferendosi indistintamente a tutti i diritti (senza discriminazioni di contenuto o di funzione) che si possono far valere in via ordinaria, allorché siano minacciati da pregiudizi imminenti e irreparabili (sfuggiti alla predisposizione di tipiche misure cautelari o sommarie non cautelari). La centralità accordata dalla pratica giudiziaria al solo fumus boni iuris e la corrispondente progressiva atrofizzazione della verifica sul periculum in mora, ritenuto praticamente implicito sul presupposto della notoria lunghezza dei giudizi a cognizione piena, hanno forzato la natura e frainteso gli scopi propri della tutela cautelare innominata: al punto che l'art. 700, sempre più preoccupato di supplire alle disfunzioni dei procedimenti ordinari, ha subito l'anomala involuzione da « decisione strumentale al merito » in «decisione di merito anticipata». La residualitàIl testo dell'art. 700 antepone il limite della residualità dei provvedimenti d'urgenza: la norma opera «fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo», che è poi il capo sui Procedimenti cautelari, inserito nel Libro IV del Codice (vale a dire fuori dei casi che lasciano spazio ai sequestri, alle azioni di nunciazione ed ai procedimenti di istruzione preventiva). È pacifico che la relazione di sussidiarietà dei provvedimenti d'urgenza sia, in realtà, operante con riferimento a tutte le misure cautelari nominate, per quanto non regolate dal Capo III del Libro IV, ma da altre parti del codice di rito, dal Codice civile o da leggi speciali. Una risalente ricostruzione, in nome di una concezione puramente formalistica della residualità dei provvedimenti d'urgenza, negava l'ammissibilità del ricorso ad essi per la tutela dei diritti soggettivi per i quali la legge avesse comunque predisposto forme nominate di cautela, indipendentemente da qualsiasi valutazione concernente il periculum in mora lamentato in concreto. In pratica, si sarebbe sempre dovuta escludere, già in astratto, l'ammissibilità di un provvedimento d'urgenza a tutela di un diritto di credito, trattandosi di situazione soggettiva per la quale l'ordinamento prevede la cautela tipica del sequestro conservativo. Questa tesi è stata superata da tempo: dottrina e giurisprudenza concordano oggi nel ritenere che la riserva di residualità con cui apre la disposizione dell'art. 700 preclude l'utilizzabilità dei provvedimenti d'urgenza soltanto quando si voglia per loro tramite tutelare un diritto da un periculum in mora già contemplato nel prevedere una misura cautelare tipica (Cass. II, n. 5925/1999). Al fine di valutare l'ammissibilità dell'azione proposta ex art. 700 occorre verificare se, in astratto (e, quindi, indipendentemente dalle ragioni che in concreto ostino all'esercizio dell'azione o la rendano infondata nel merito), l'ordinamento appresti una forma di tutela tipica tale da consentire il conseguimento, in via d'urgenza, della tutela innominata prevista dagli art. 700 ss. La riserva, dunque, opera non tanto con riferimento al tipo di diritto sostanziale, ma alla natura del concreto periculum in mora: di tal che, ad esempio, anche la proprietà o le situazioni creditorie possono essere cautelate con la tutela atipica ex art. 700 ove si tratti di scongiurare minacce cui il sequestro giudiziario o il sequestro conservativo non porrebbero rimedio. In tal senso depone pure la constatazione dell'atipicità dei contenuti normativi della norma in questione e della discrezionalità concessa al giudice nella scelta del provvedimento più adatto alle esigenze della singola fattispecie. Il ricorso alla cautela innominata resta, pertanto, inammissibile allorquando l'istante possa concretamente disporre, o magari abbia già usufruito, di un'azione cautelare tipica in grado di raggiungere un equivalente grado di abilità ad assicurare gli effetti della decisione di merito. L'art. 700 subordina l'ammissibilità della tutela atipica d'urgenza al presupposto dell'imminenza e dell'irreparabilità del pregiudizio correlato al tempo occorrente per far valere il proprio diritto “in via ordinaria”. Secondo parte della dottrina, questo richiamo all'insufficienza della tutela “ordinaria” escluderebbe la possibilità di far ricorso ai provvedimenti d'urgenza laddove l'ordinamento preveda comunque l'azionabilità del diritto mediante un giudizio che si concluda comunque con un provvedimento sommario esecutivo. Più correttamente, deve negarsi che la cautela ex art. 700 possa invocarsi, in via di principio, solo quando l'unica alternativa di tutela sia data dal processo a cognizione piena ed esauriente. Per contro, pure ove sia disponibile uno strumento processuale alternativo, il quale preveda una fase che si concluda con un provvedimento sommario esecutivo, non si dovrà negare a priori la facoltà di avvalersi dell'art. 700, quanto piuttosto verificare, caso per caso, se la residuale misura d'urgenza sia giustificata dal fatto che quel dato provvedimento sommario conclusivo di fase non soddisfi già le medesime esigenze di cautela a cui è preordinata la tutela atipica. Se questa è la portata più sicura della clausola di riserva (“Fuori dei casi regolati...”) con cui si apre l'art. 700, molti altri corollari si traggono dal codificato principio di residualità. Si afferma così che: a) mediante ricorso ai provvedimenti d'urgenza nemmeno possono conseguirsi effetti propri di altre misure cautelari tipiche; b) non può, allo stesso tempo, emettersi provvedimento d'urgenza per interferire con l'efficacia di una misura cautelare tipica, riducendone o integrandone, cioè, la sfera di azione; c) mediante ricorso ai provvedimenti d'urgenza non può sospendersi l'esecutività di altri provvedimenti giurisdizionali, né può incidersi sul processo esecutivo; d) va esclusa l'ammissibilità di provvedimenti d'urgenza altresì quando, per l'affermazione del diritto da cautelare, siano esperibili procedimenti sommari tipici o fasi sommarie di procedimenti ordinari, comunque culminanti in provvedimenti sommari anticipatori degli effetti della decisione di merito (interdetto possessorio, ingiunzione per il pagamento di somme di danaro, convalida di sfratto, repressione di condotta antisindacale, provvedimenti temporanei ed urgenti nei procedimenti di separazione e di divorzio, ecc.) (Cass. II, n. 6653/1991); e) anche la libera disponibilità di strumenti di autotutela sostanziale sottrae all'interessato la possibilità di far ricorso all'art. 700, implicando la residualità una valutazione di « inevitabilità altrimenti » del pregiudizio. Si è ritenuto inidoneo, ai fini della conservazione dell'efficacia dell'impugnazione stragiudiziale del licenziamento, il ricorso proposto in base all'art. 700, in quanto l ' art. 6, comma 2, l. n. 604/1966 , nel testo modificato dall'art. 1, comma 38, l. n. 92/2012 , va interpretato, nel caso d'impugnativa del licenziamento nelle ipotesi regolate dall'art. 18 st. lav. e successive modificazioni, nel senso che è necessario che, nel termine previsto, venga proposto ricorso secondo il rito di cui all'art. 1, commi 48 e ss. l. n. 92/2012 (Cass. lav., n. 14390/2016). La strumentalitàAltri limiti all'ammissibilità dei provvedimenti d'urgenza discendono dalla relazione di strumentalità che lega la misura cautelare e la successiva sentenza di merito. Per il vero, in ordine all'ampiezza del potere del giudice di congegnare la misura più adatta alle esigenze del ricorrente, e quindi in ordine ai contenuti possibili dell'ordinanza ex art. 700, si contrappongono gli orientamenti di chi privilegia la funzione anticipatoria del rimedio (per questo parametrando il tipo di ordine cautelare sulla base della specifica domanda del ricorrente, nonché dell'assetto che potrà determinare la futura sentenza) e di chi, invece, esalta la funzione assicurativa della cautela atipica (così prefigurando statuizioni d'urgenza pure di natura diversa da quelle della susseguente pronuncia di merito, ed anche non vincolate all'ossequio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato). C'era stato in passato chi in dottrina aveva individuato proprio nel carattere della strumentalità il determinante tratto distintivo tra provvedimenti d'urgenza e restanti provvedimenti cautelari: l'art. 700, a differenza delle altre misure cautelari aventi natura ed effetti innovativi, tenderebbe soltanto a conservare uno stato di fatto o di diritto, senza innovare alcunché, in maniera da garantire unicamente la concreta attuazione della funzione della cognizione ordinaria. Per converso, altri studiosi avevano espunto i provvedimenti d'urgenza dalla categoria dei provvedimenti cautelari, ravvisandone il difetto proprio del generale carattere di strumentalità, tipico di quella categoria. Tuttavia, tale conclusione va rivista alla luce delle novità apportate dalla l. n. 80/2005, con particolare riferimento al testo oggi vigente dell'art. 669-octies, il quale prevede, nei commi aggiunti in calce, che le disposizioni sull'inizio o sull'estinzione del giudizio di merito, comportanti l'inefficacia della misura cautelare, non si applicano ai provvedimenti d'urgenza ex art. 700. Per i provvedimenti d'urgenza non sembra quindi più appropriato ravvisare una relazione di “strumentalità necessaria” con il giudizio di merito. Le ultime Riforme delineano i provvedimenti ex art. 700 quali mezzi di tutela giurisdizionale pienamente satisfattiva, ancorché estranei alla forza del passaggio in giudicato. Si precisa comunque in giurisprudenza che il provvedimento ex art. 700 è autonomo e distinto dal giudizio di cognizione volto ad acclarare definitivamente l'esistenza del diritto sottoposto a cautela (Cass. II, n. 14465/2011). Nel giudizio ordinario di cognizione è perciò consentito proporre tutte le possibili domande attinenti al merito, pur se volte a far valere un diritto diverso da quello cui si riferivano le domande formulate nel procedimento cautelare; né è ravvisabile alcuna inammissibilità della domanda articolata nel giudizio di merito per diversità e, quindi, per novità di essa rispetto a quella precedentemente formulata nel ricorso diretto ad ottenere il provvedimento cautelare, mancando una qualsiasi norma processuale che, in deroga ai generali principi sulla cumulabilità delle azioni, precluda di introdurre dinanzi al giudice del processo di cognizione piena una domanda ulteriore rispetto a quella già oggetto della invocata tutela urgente (Cass. II, n. 2623/2021). D'altro canto, neppure l'eventuale elusione dell'onere di completezza della domanda cautelare ex art. 700 , quanto all'individuazione della futura (ed ormai eventuale) causa di merito, può comunque comportare una qualche conseguenza che determini la nullità della sentenza resa all'esito del giudizio di cognizione piena (Cass. II, n. 2623/2021). Quali effetti delle sentenze di merito si prestano, comunque, ad essere anticipati con provvedimento d'urgenza? a) Innanzitutto, l'originaria strumentalità “forte” della cautela innominata al giudizio di merito ha indotto a sconsigliare l'adozione di provvedimenti che, travalicando lo scopo di « assicurazione provvisoria» fissato dall'art. 700, finissero piuttosto per costituire regolamenti di interessi definitivi ed irreversibili, come tali non modificabili né revocabili dal giudice del processo a cognizione piena. L'accertamento definitivo del diritto proprio della sentenza, sostituendosi all'iniziale giudizio di apparenza del diritto stesso, dovrebbe infatti sempre poter rimuovere gli effetti del provvedimento interinale. b) Nulla esclude a priori un provvedimento d'urgenza avente contenuto di mero accertamento, ove sia necessario assicurare, in attesa delle decisione di merito, una provvisoria certezza giuridica per salvaguardare la situazione controversa da un pregiudizio irreparabile. c) Non essendoci correlazione necessaria tra provvedimento d'urgenza ed esecuzione forzata, è comunque ammissibile l'ordine ex art. 700 volto all'adempimento di obblighi di non fare o di fare infungibili. Oltre alla finalità preventiva ed alla funzione inibitoria, la misura cautelare atipica a tutela dell'obbligo insuscettibile di esecuzione ha il suo rilievo in ambito risarcitorio e per la sanzione penale di cui all'art. 388, comma 2, c.p. Si consideri, inoltre, come la locuzione “provvedimento di condanna”, adoperata dall'art. 614-bis (introdotto dalla l. n. 69/2009) valga a ricomprendere anche le ordinanze ex art. 700 — recanti in ipotesi l'ordine di adempiere un'obbligazione avente ad oggetto un facere infungibile — tra i provvedimenti, appunto, che permettono l'adozione della nuova misura accessoria dell'astreinte, volta proprio allo scopo di incentivare l'esecuzione delle condanne di facere o non facere infungibile. d) È ammissibile il ricorso all'art. 700 pure per assicurare gli effetti di future sentenze costitutive: ciò il giudice del procedimento cautelare fa, tuttavia, non già anticipando nell'ordinanza la modificazione del rapporto giuridico che sarà poi conclamata nella pronuncia di merito, quanto anticipando obblighi e poteri consequenziali alla sentenza costituiva (non, dunque, la costituzione della servitù coattiva, come ben si dice, ma l'ordine di consentire a titolo personale il passaggio sul fondo). In realtà, l'asserita ammissibilità dei provvedimenti cautelari atipici rispetto alle sentenze costitutive induce a porre in evidenza come il periculum da neutralizzare con la tecnica anticipatoria attiene ad utilità ben più limitate di quelle proprie del giudicato costitutivo e del correlato mutamento sostanziale; in tal senso, l'ordine ex art. 700 si risolve il più delle volte nell'autorizzazione giudiziale ad esercitare in via provvisoria alcune di quelle facoltà che sono contenute nel costituendo diritto. La tutela cautelare ex art. 700 è comunque inammissibile nel giudizio di legittimità, poiché il relativo provvedimento, strumentale e provvisorio, in quanto diretto ad evitare che la futura pronuncia del giudice possa rimanere pregiudicata dal tempo necessario per ottenerla, è destinato a perdere efficacia a seguito della decisione resa nel giudizio di merito, nella quale rimane assorbito, così esaurendo la sua funzione (Cass. S.U., n. 14503/2013). Risale ai trascorsi decenni l'interrogativo circa l'ammissibilità di un provvedimento d'urgenza emesso, a tutela di determinate situazioni sostanziali, sul presupposto dell'incostituzionalità di una legge ordinaria. Un problema analogo si pone allorché la tutela d'urgenza comporti la disapplicazione della legge nazionale in contrasto con norme comunitarie. La Cassazione ha affermato comunque l'abnormità del provvedimento d'urgenza emesso con riguardo a norme che escludano il diritto con esso riconosciuto e per le quali sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale (Cass. lav., n. 13415/1991). I diritti tutelabiliLa lettera dell'art. 700 sancisce che il pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile deve minacciare il “diritto” del ricorrente, ovvero una situazione giuridica soggettiva sostanziale. Pertanto, il provvedimento d'urgenza soltanto indirettamente deve intendersi come strumento di tutela degli effetti della decisione di merito, essendo piuttosto in via immediata comunque strumento di attuazione della tutela giurisdizionale dei diritti, ossia delle situazioni sostanziali favorevoli. Come ogni altra misura cautelare, la tutela ex art. 700 è chiamata a produrre i suoi effetti finché il diritto, a garanzia del quale il provvedimento sia stato emanato, non venga realizzato, ossia attuato, soddisfatto, mediante la spontanea cooperazione degli altri soggetti del rapporto giuridico o mediante esecuzione coattiva specifica o per equivalente. È ormai unanime la conclusione secondo cui nessun diritto soggettivo può ritenersi a priori insuscettibile di essere tutelato ai sensi dell'art. 700. Sono dunque tutelabili mediante provvedimento d'urgenza i diritti da far valere in via ordinaria, ovvero tutti i diritti soggettivi sostanziali perfetti. Non possono porsi a fondamento di un'ordinanza d'urgenza gli interessi di mero fatto, le semplici aspettative, i diritti derivanti da obbligazioni naturali, e nemmeno i diritti sottoposti a condizione sospensiva. Nessuno più dubita, per contro, della cautelabilità con provvedimenti d'urgenza atipici non soltanto dei diritti assoluti, ma pure dei diritti di obbligazione, giacché la loro normale risarcibilità per equivalente non è antitetica per definizione alla ipotizzabilità di una lesione irreparabile che si produca nelle more della tutela giurisdizionale a cognizione piena. Ugualmente, anche per i diritti potestativi — la cui soddisfazione consegue, di regola, al semplice esercizio da parte del titolare, senza necessità alcuna di cooperazione del soggetto passivo o di riconoscimento giudiziale — non può in partenza escludersi l'indispensabilità di anticipare ex art. 700 l'effetto degli obblighi consequenziali al mutamento giuridico cui essi sono diretti. I provvedimenti d'urgenza si sono poi storicamente rivelati preziosi nell'opera di emersione dei diritti di libertà, che grazie soprattutto alla tutela cautelare atipica sono assurti alla piena dignità di diritti soggettivi perfetti valevoli sia nei confronti della Pubblica Amministrazione che nei comuni rapporti di diritto privato. Il pensiero va essenzialmente al novero dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione: il diritto alla salute, il diritto all'ambiente, il diritto alla riservatezza, il diritto al lavoro, il diritto alla fruizione dei servizi essenziali, ecc. In tali fattispecie, si denota frequentemente un intreccio tra situazioni giuridiche soggettive poste al bivio del riparto di giurisdizione (ordinaria e amministrativa), e il ricorso al procedimento ex art. 700 si è appunto prestato a realizzare le esigenze tecniche poste (non dalla tutela dei diritti delle parti coinvolte nella singola vicenda processuale, ma) dalla salvaguardia di interessi generali, di serie o superindividuali, dando luogo ad una deviazione dai principi fondamentali del processo civile, nel senso di ampliare i poteri del giudice e talvolta addirittura alterare gli stessi limiti soggettivi di efficacia dei provvedimenti Si è negata generalmente la tutelabilità ex art. 700 di interessi legittimi e interessi collettivi L'esclusione degli interessi legittimi dall'ambito di tutela dell'art. 700 ha poggiato per anni sull'assunto della inscindibilità tra giurisdizione cautelare e giurisdizione del merito della causa. Ciò pure nella consapevolezza che l'interesse legittimo ricevesse dal giudice amministrativo, munito di giurisdizione con riguardo ad esso, un tutela urgente limitata allo strumento della sospensione dell'esecuzione dell'atto amministrativo, strumento sovente inadatto ad immunizzare più complessi periculum in mora. Ora, tuttavia, secondo comune giudizio, dopo gli interventi apportati dalla l. n. 205/2000, sulla l. n. 1034/1971, le nuove disposizioni processuali amministrative appaiono in grado di assicurare completamente la tempestività e l'effettività della tutela, anche cautelare, essendo stati ampliati i contenuti delle misure idonee a preservare interinalmente gli effetti della decisione del ricorso, nonché prevista l'emanabilità, «in caso di estrema gravità ed urgenza », di misure cautelari interinali aventi efficacia fino alla pronuncia collegiale, adottate con decreto del Presidente del T.A.R. o della Sezione (art. 3, comma 1, l. n. 205/2000, poi art. 56, comma 1, d.lgs. n. 104/2010). La legislazione più recente si è preoccupata pure di allestire apposite azioni inibitorie pure a protezione di interessi collettivi, ovvero di interessi appartenenti ad una serie indeterminata di persone. Si tratta di azioni (un esempio è di certo contenuto nell'art. 140 d.lgs. n. 205/2006 Cod. cons. (per l’abrogazione dell’art. 140, v. artt. 5, 7 l. n. 31/2019): si veda Cass. II, n. 15825/2014) votate ad evitare che nelle singole sfere si verifichino danni irreversibili e non altrimenti eliminabili, e perciò connotate da una dimensione dell'interesse sottostante e da una consistenza del periculum in mora che ne rimarcano la distinzione rispetto all'art. 700. In tema di acque pubbliche, la competenza a conoscere delle domande cautelari proposte ex art. 700, nelle materie di cui all'art. 140 del r.d. n. 1775 del 1933 (Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici), spetta al Tribunale Regionale delle acque pubbliche competente per territorio, che provvede con ordinanza reclamabile davanti al Tribunale Superiore delle acque pubbliche (Cass. III, n. 13841/2023). L'imminenza e l'irreparabilità del pregiudizioIl pregiudizio, che costituisce condizione per la concessione del provvedimento d'urgenza, è doppiamente caratterizzato sotto il profilo temporale dall'art. 700: deve, infatti, trattarsi di un pregiudizio imminente e che rischierebbe comunque di avverarsi durante il tempo occorrente per la tutela ordinaria del diritto. L'imminenza va riferita ad una situazione di pericolo per il diritto che sia oggettiva, involontaria, reale ed attuale. Essa fa pensare sia al probabile sopraggiungere in tempi rapidi di una diversa situazione di fatto, sia al perpetuarsi di una situazione dannosa già esistente ed altrimenti rimovibile soltanto al lontano epilogo della causa di merito: per questo è corretto intravedere in astratto nella cautela atipica tanto una funzione di tutela preventiva rispetto al verificarsi dell'evento lesivo, quanto una funzione repressiva volta a perseguire situazioni pregiudizievoli ormai in atto o del tutto prodottesi. Quando, peraltro, il corso della condotta dannosa si sia esaurito pure prima dell'instaurazione del procedimento d'urgenza, per giustificare l'adozione di misura assicurativa occorre considerare la permanente attualità del pregiudizio, e cioè il coefficiente di potenziale reiterazione degli effetti negativi. L'irreparabilità del pregiudizio si spiega, invece, non con riferimento alla natura assoluta del diritto da cautelare, né con riferimento alla infungibilità del bene che del diritto costituisce oggetto. Indubbiamente, il danno può definirsi irreparabile quando non sia integralmente rimediabile con le tecniche risarcitorie in equivalente pecuniario o con gli strumenti di reintegrazione in forma specifica: in queste ipotesi la durata del processo cagiona uno scarto intollerabile tra gli effetti finali della decisione di merito e la soddisfazione completa del diritto dedotto in lite. Autorevoli critiche si sono levate avverso le considerazioni dell'irreparabilità del pregiudizio ex art. 700 basate esclusivamente sulla natura del diritto cautelando, e non anche, e prima, sulla persona del titolare del diritto, e quindi sull'effettiva funzione che il diritto è destinato ad assolvere nel caso singolo in relazione ad interessi meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento. Questo non equivale a teorizzare una soggettivizzazione del pregiudizio, ma a reclamare la dovuta attenzione per la soddisfazione dell'interesse del titolare della situazione giuridica sostanziale da sottoporre a cautela. In definitiva, nell'accertamento del requisito del periculum in mora, si dovrebbe rifuggire da valutazioni tipiche e presuntive, che ricolleghino in modo automatico la situazione di bisogno alla categoria di appartenenza del ricorrente, individuato ex se come soggetto economicamente debole del rapporto. La nozione di irreparabilità postula tre condizioni: a) l'irreversibilità degli effetti del pregiudizio al diritto oggetto di tutela; b) l'impossibilità (o grave difficoltà) di conseguire la totale restitutio in integrum del diritto cautelando; c) la mancata realizzazione della funzione che il diritto è chiamato a svolgere dall'ordinamento o nel caso concreto. Sotto il profilo probatorio, spetta certamente al ricorrente di allegare le ragioni che facciano temere il verificarsi del pregiudizio irreparabile Su tali premesse interpretative, si reputa in re ipsa irreparabile il pregiudizio arrecato ai diritti a contenuto ed a funzione non patrimoniale dalla perdurante loro insoddisfazione per tutto il tempo necessario all'emanazione di una sentenza. Ci si riferisce, ovviamente, ai diritti della personalità ed ai diritti costituzionalmente rilevanti (nome, immagine, onore, riservatezza, identità personale, professionalità, salute, ambiente, istruzione, libertà religiosa, ecc.), per i quali la restitutio in integrum risulta sempre difficoltosa e spesso inattuabile, e la tutela deve, pertanto, orientarsi il più possibile verso soluzioni preventive a contenuto inibitorio. Impongono la tutela atipica d'urgenza pure gli attentati ai diritti a contenuto patrimoniale ma a funzione non patrimoniale, in quanto volti a garantire al titolare la soddisfazione di bisogni primari di rilevanza costituzionale, e perciò destinati a subire pregiudizi altrimenti irreparabili. Spetta in questi casi al giudice l'attenta verifica del periculum in mora, sintetizzato dal collegamento immediato tra diritto minacciato e situazione di libertà. Così, il ripristino del rapporto di lavoro interrotto per effetto di un licenziamento illegittimo, oppure modificato in conseguenza di un demansionamento, può essere funzionale alla salvaguardia di esigenze vitali del ricorrente, e non soltanto alla realizzazione delle sue aspettative retributive; ancora, la riattivazione di un servizio pubblico essenziale gestito in regime di concessione non si esaurisce nel contenuto economico dell'adempimento al contratto di somministrazione corrente tra le parti; il recupero della piena disponibilità di un immobile da altri occupato senza titolo può consentire la soddisfazione di esigenze abitative o professionali che meritano una tutela non differibile. Assume carattere di irreparabilità, infine, il pregiudizio a diritti a contenuto e funzione esclusivamente patrimoniale, allorquando il protrarsi della situazione lesiva per la durata del processo di merito lasci prevedere uno scarto eccessivo tra danno subito e danno risarcito, nonché una notevole complessità dell'accertamento stesso del danno. Ne sono esempi lo sviamento della clientela cagionato da condotte di concorrenza sleale; la compromissione degli interessi economici dell'impresa, idonea a metterne a repentaglio la effettiva competitività sul mercato; la perdita di occasioni contrattuali con terzi; l'abusiva escussione di garanzie bancarie internazionali. Vi sono, del resto, diritti a contenuto patrimoniale la cui insorgenza è di per sé condizionata alla sussistenza del requisito dell'urgenza (accesso al fondo del vicino: art. 843 c.c.; riparazioni nel corso della locazione: art. 1583 c.c.), sicché in relazione ad essi l'accertamento del periculum in mora è dato di solito per implicito già nella dimostrazione del fumus boni iuris. Sembra evidente, per concludere, come il presupposto dell'irreparabilità del pregiudizio, delineato dall'art. 700, si delinei inequivocabilmente, tanto per i diritti a contenuto non patrimoniale che per i diritti a contenuto patrimoniale, quando si paventano insoddisfacenti, rispetto al rischio da tardività, le statuizioni risarcitorie e recuperatorie adottabili con la futura sentenza di merito, e quando pure si rivelano, perciò, insufficienti le misure cautelari tipiche (quali soprattutto i sequestri), idonee piuttosto ad immunizzare i soli pericoli da infruttuosità pratica della decisione presa a cognizione piena. BibliografiaArieta, I provvedimenti d'urgenza, Padova, 1985; Balbi, Provvedimenti d'urgenza, in Dig. civ., XVI, Torino 1997; Conforti G., I provvedimenti d'urgenza e le condizioni di ammissibilità, in Giur. mer. 2003, 5, 856 ss.; Dini - Mammone, I provvedimenti d'urgenza, VII, Milano, 1997; Dittrich, Il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., in Il nuovo processo cautelare, a cura di Tarzia, Padova, 2004; Fiorucci, I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., Milano, 2009; Giordano, Provvedimenti d'urgenza e strumentalità cd. attenuata, in Giur. mer. 2007, 6, 1677 ss.; Scarpa, I provvedimenti d'urgenza, Milano, 2011; Sforza, I provvedimenti d'urgenza nella giurisprudenza, Milano, 1994; Tommaseo, I provvedimenti d'urgenza. Struttura e limiti della tutela anticipatoria, Padova, 1983. |