Codice di Procedura Civile art. 702 bis - [Forma della domanda. Costituzione delle parti] 1

Antonio Scarpa

[Forma della domanda. Costituzione delle parti]1

[[I]. Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda può essere proposta con ricorso al tribunale competente. Il ricorso, sottoscritto a norma dell’articolo 125, deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 4), 5) e 6) e l’avvertimento di cui al numero 7) del terzo comma dell’articolo 163.]

[[II]. A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale, il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento.]

[[III]. Il giudice designato fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell’udienza; il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione.]

[[IV]. Il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d’ufficio.]

[[V]. Se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di costituzione e chiedere al giudice designato lo spostamento dell’udienza. Il giudice, con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvede a fissare la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo. La costituzione del terzo in giudizio avviene a norma del quarto comma.]

 

[1] Articolo inserito dall'art. 51, comma 1, della l. 18 giugno 2009, n. 69(legge di riforma 2009), con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009, per i giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore, che ha inserito l'intero Capo III-bis. V. art. 3 d.lg. 1° settembre 2011, n. 150 e successivamente abrogato dall'art. 3, comma 48,   del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149  (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

Il procedimento sommario, ex artt. 702-bis ss., dà luogo ad un rito a trattazione semplificata, ma a cognizione piena, volto quindi all'accertamento integrale del diritto, e perciò culminante in un provvedimento che riveste espressa efficacia di giudicato. Il procedimento sommario di cognizione è, quindi, collegato al giudizio ordinario di merito non da un nesso di strumentalità, come tipico della tutela ex art. 700, ma da un vincolo di alternabilità, ponendosi come meccanismo diretto a garantire alla parte, in tempi più rapidi di quelli richiesti dal rito ordinario, la stessa utilità di quest'ultimo, e cioè una decisione di merito costituente titolo esecutivo e connotata dalla definitività e dalla immutabilità degli effetti.

Domanda e costituzione delle parti

Il procedimento sommario è applicabile esclusivamente alle controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica, con la conseguenza che in tutte le ipotesi in cui la competenza appartenga ad un diverso giudice (ad esempio, il giudice di pace), non se ne può invocare l'applicazione (Cass. III, n. 27591/2019; Cass. VI, n. 23691/2011).

Si ricordi come l'elencazione delle controversie per le quali opera la riserva di collegialità, contenuta sia nell'art. 50-bis, sia nell'art. 48 ord. giud. nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 51/1998, ha carattere tassativo (Cass. I, n. 19892/2005).

Si reputa ammissibile l'opposizione a decreto ingiuntivo introdotta con ricorso ex art. 702-bis  anziché con atto di citazione (Trib. Vercelli, 23 marzo 2016).

Da ultimo, Cass. n. 34501/2022 ha appunto affermato che l'o pposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la richiesta di liquidazione di compensi maturati per la difesa in un processo penale, non essendo soggetta alla disciplina del procedimento sommario di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011,  può svolgersi nelle forme del processo ordinario ex artt. 163 e ss. ovvero, in alternativa, del procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis innanzi al tribunale in composizione monocratica (avendosi riguardo, ai fini della verifica del rispetto del termine di cui all'art. 641, nel primo caso alla data della notificazione della citazione e nel secondo caso alla data del deposito del ricorso), in quanto la scelta delle forme del procedimento monitorio da parte dell'avvocato, creditore di compensi non soggetti al rito di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, non comporta che l'eventuale opposizione al decreto ingiuntivo vada proposta necessariamente nelle forme del rito ordinario di cognizione, rimanendo in facoltà dell'opponente optare per il procedimento sommario, previsto dagli artt. 702 bis e segg. c.p.c. ed applicabile in tutte le controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica. Allorché l'opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la richiesta di liquidazione di compensi maturati per la difesa in un processo penale sia proposta mediante deposito di ricorso, recante l'indicazione sia dell'art. 14 d.lgs. n. 150/2011 che dell'art. l'art. 702-bis c.p.c., il giudice adito deve procedere ad una esatta qualificazione dell'azione in funzione della situazione dedotta in causa, facendo applicazione del rito previsto dalla legge e verificando alla stregua di tale rito altresì la tempestività dell'opposizione.

È controversa l'utilizzabilità del procedimento sommario di cognizione, di cui agli artt. 702-bis ss. per le controversie sottoposte al rito del del lavoro (favorevoli all'applicabilità del rito sommario: Trib. Brescia 15 ottobre 2014, n. 1676Trib. Latina 3 marzo 2011, Giur. mer., 2011, 10; Trib. Sulmona 6 ottobre 2010, Giur. mer., 2011, 5; Trib. Brindisi, sez. dist. Fasano, 4 luglio 2010, Arch. loc., 2011, 2, 215; Trib. Napoli 25 maggio 2010 e Trib. Lamezia Terme 2 marzo 2010, entrambe in Foro it., 2011, 3, I, 941; per l'inapplicabilità, invece, Trib. Modena 18 gennaio 2010, Foro it., 2010, 3, I, 1015; Trib. Torre Annunziata 24 marzo 2014, Arch. loc. e cond., 2014, 4, 460; App. Reggio Calabria 1 marzo 2012, Giur. mer., 2013, 10. 2132).

La soluzione giurisprudenziale che nega l'applicabilità del procedimento sommario alle controversie disciplinate dal rito del lavoro poggia essenzialmente su tre argomenti.

Il primo argomento avverso è di natura testuale, imponendo il comma 3 dell'art. 702-ter al giudice che ritenga necessaria, alla luce delle difese delle parti, un'istruzione «non sommaria», la fissazione dell'udienza di trattazione tipica del procedimento ordinario di cognizione. Del pari, il comma 1 dell'art. 702-bis elabora il contenuto del ricorso introduttivo del procedimento sommario mediante rinvio parziale al contenuto della citazione, ed in particolare pure all'avvertimento di cui al n. 7 dell'art. 163, comma 3.

Una seconda resistenza di natura sistematica dalla funzione di maturazione delle preclusioni istruttorie affidata nel rito del lavoro alla fase degli atti introduttivi, funzione estranea invece alla struttura del procedimento sommario.

L'ultima considerazione si basa sull'intenzione della Riforma introdotta con l'art. 51, l. n. 69/2009: la concentrazione in una sola udienza della trattazione e della decisione della causa prescritta dall'art. 420 renderebbe comunque superflua una ulteriore sommarizzazione della cognizione delle cause di lavoro nelle forme di cui agli artt. 702-bis ss.

La dottrina in prevalenza sembra sostenere effettivamente che il procedimento sommario di cognizione sia alternativo al processo ordinario di cognizione, e non invece ai riti speciali, e perciò nega l'applicabilità di esso alle controversie regolate dal rito di lavoro (cfr. Luiso, Arieta Menchini); ma non mancano pure tra i teorici tesi in senso contrario, che superano gli ostacoli di natura testuale sopra richiamati mediante un adattamento dei riferimenti contenuti nel comma 1 dell'art. 702-bis e nel comma 3 dell'art. 702-ter ai diversi contenuti degli artt. 414 e 420 (cfr. Olivieri; Consolo 883).

Si consideri, in ogni caso, come la stessa l. n. 69/2009, all'art. 54, rubricato Delega al Governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili, preveda, sub lett. b), ai nn. 1) e 2) del comma 4, la riconduzione al rito del lavoro dei procedimenti in cui siano «prevalenti caratteri di concentrazione processuale ovvero di officiosità dell'istruzione», ed invece la riconduzione al procedimento sommario di tutti quei «procedimenti, anche in camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa», impedendo in tali ipotesi la conversione al rito ordinario, con ciò creando un'antitesi dogmatica tra controversie di lavoro e procedimento sommario di cognizione.

Può essere altresì significativo notare come nel rito del lavoro sia previsto un termine minimo di comparizione (art. 415, comma 5) già di per sé inferiore a quello prescritto dal comma 3 dell'art. 702-bis.

Rimane però da chiedersi se l'incompatibilità del procedimento sommario di cognizione con il rito del lavoro (e delle locazioni) debba tradursi necessariamente in una pronuncia di declaratoria di inammissibilità del ricorso, così come prevista dal comma 2 dell'art. 702-ter per le ipotesi in cui la domanda non rientri «tra quelle indicate nell'art. 702-bis» (che letteralmente, tuttavia, sono soltanto quelle «in cui il tribunale giudica in composizione monocratica») (favorevole alla diversa soluzione della conversione del rito è Balena).

Deve ricordarsi come neppure l'immediato precedente normativo di procedimento sommario, inserito nel contesto del già ripudiato procedimento societario, all'art. 19 d.lgs. n. 5/2003, contemplasse espressamente l'ipotesi dell'errore sul rito. Il comma 3 del cit. art. 19 d.lgs. n. 5/2003, prevedeva soltanto che, in ogni altro caso rispetto alla emissione dell'ordinanza immediatamente esecutiva, il processo potesse continuare, pur sempre ad impulso di parte, e che all'uopo il giudice dovesse fissare termine ex art. 6 d.lg. n. 5/2003. Anche la Cassazione aveva affermato che l'art. 19 d.lgs. n. 5/2003 permetteva due soli esiti decisori: la pronuncia di una ordinanza di condanna immediatamente esecutiva oppure l'assegnazione dei termini di cui all'art. 6 (così Cass. I, n. 19238/2008). Sicché, laddove la domanda esplicitata con ricorso per procedimento sommario non rientrasse tra le controversie di cui all'art. 1 d.lg. n. 5/2003, sembrava del tutto da escludere la possibilità di una pronuncia di rigetto per ragioni di mero rito. Il giudice designato doveva quindi comunque disporre la trasformazione del rito da sommario ad ordinario societario, per poi investire il collegio della questione pregiudiziale attinente al rito, di modo che, ove anche poi il tribunale avesse ritenuto la causa relativa a rapporto diverso da quelli previsti dall'art. 1 d.lg. n. 5/2003, il collegio stesso avrebbe dovuto finalmente disporre il cambiamento del rito e rimettere la causa al giudice istruttore, fissando l'udienza davanti a questo, a norma dell'art. 16 comma 6 d.lg. n. 5/2003 (cfr. Trib. Salerno 1 febbraio 2008Giur. mer. 2008, 2247).

Nel silenzio assoluto serbato al riguardo negli artt. 702-bis ss., va allora verificato se l'errore sul rito commesso dal ricorrente per procedimento sommario, il quale vi si rivolga per cause invece soggette al rito del lavoro o delle locazioni, meriti comunque la severa censura di inammissibilità prevista dal legislatore per il caso in cui la domanda non rientri tra quelle in cui il tribunale giudica in composizione monocratica.

Potrebbe, in effetti, altrimenti opinarsi che l'adozione del rito sommario in luogo di quello lavoristico o locativo non induca alcuna nullità, o improcedibilità, o inammissibilità, ove, in concreto, dall'errore sul rito non derivi effettivo pregiudizio per alcuna delle parti relativamente al rispetto del contraddittorio ed alla libertà di difesa consentita nelle controversie disciplinate dagli artt. 409 ss. L'adozione dell'una o dell'altra forma (ricorso ex art. 702-bis o ricorso ex art. 414) dell'atto introduttivo costituisce, invero, unicamente una modalità di estrinsecazione della domanda, formalità di per sé sanabile, in quanto non coincidente con vizi sostanziali. In tal senso, il giudice investito della domanda per procedimento sommario in causa di locazione, potrebbe disporre d'ufficio la conversione dell'atto introduttivo, mediante la rinnovazione del ricorso; oppure, se la parte convenuta si sia comunque costituita, assegnare termine per integrare la domanda, perché poi il giudizio prosegua nelle forme del rito speciale.

Se il giudice rileva che la domanda principale o riconvenzionale non rientra tra quelle spettanti al tribunale in composizione monocratica, dichiara le stesse inammissibili con ordinanza non impugnabile (art. 702-ter, comma 2).

La domanda, ex art. 702-bis comma 1, si propone con ricorso al giudice competente, sottoscritto a norma dell'art. 125. Il contenuto del ricorso è in parte coincidente con quello dell'atto di citazione del giudizio di cognizione piena, essendo richiamate le indicazioni di cui ai nn. da 1 a 6 dell'art. 163, comma 3, nonché l'avvertimento di cui al n. 7. Anche nel procedimento disciplinato dagli artt. 702-bis ss., in caso di inosservanza dei requisiti afferenti tanto all'“editio actionis” che alla “vocatio in ius”, è applicabile, allorché il convenuto non si costituisca sanando il vizio rilevato, la regola della rinnovazione dell'atto introduttivo nullo ai sensi dell'art. 164, con l'assegnazione, da parte del giudice, di un termine perentorio per provvedere ad una nuova notificazione (Cass. I, n. 5517/2017) .

Peraltro, il mancato avvertimento di cui all'art. 163, comma 3, n. 7, nel ricorso introduttivo ex art. 702-bis, comporta, ove il convenuto si sia costituito lamentandone la mancanza, non la rinnovazione dell'atto, ma il semplice spostamento d'udienza ex art. 164, comma 3, così da consentire alla parte di perfezionare la propria difesa senza incorrere in preclusioni e decadenze; ove, peraltro, tale differimento sia attuato mediante la rinnovazione del ricorso e della sua notificazione, si è in presenza di un'attività processuale sovrabbondante, la cui irregolarità formale (nella specie, per essere stato notificato l'atto alle parti personalmente e non al loro difensore costituito) non produce effetti invalidanti in base al principio «utile per inutile non vitiatur» (Cass. VI, n. 19345/2015).

A seguito del deposito, il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio e il presidente del tribunale designa il magistrato incaricato della trattazione del procedimento. Il giudice delegato, ai sensi del comma 2 dell'art. 702-bis, fissa, quindi, con decreto l'udienza di comparizione delle parti. Non viene indicato un termine massimo entro il quale il giudice debba emanare tale decreto, ovvero fissare l'udienza.

Nel decreto di fissazione dell'udienza il giudice designato indica altresì il termine per la costituzione del convenuto, che deve comunque avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza. Il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza vanno notificati dal ricorrente al convenuto trenta giorni prima della data fissata per la costituzione in giudizio dello stesso.

In materia di procedimento sommario di cognizione ex art. 14 d.lgs. n. 150/2011, si è specificato che l'omessa notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza nel termine fissato dal giudice non determina l'improcedibilità della domanda, stante la natura non perentoria del predetto termine. Di conseguenza il giudice, nell'ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica (Cass. VI, n. 19345/2015).

Si è ritenuto legittimo, e non produttivo di una rimessione in termine, benché sollecitato dal ricorrente, il provvedimento con cui il giudice, accortosi di aver fissato un termine eccessivamente breve per la notificazione alla controparte del ricorso e del decreto, differisce la data della prima udienza, così di fatto prorogando sia il termine ordinatorio originariamente concesso per la notifica del ricorso e del decreto, sia quello per la costituzione del convenuto (Cass. I, n. 12473/2018).

Il convenuto, costituendosi al più tardi nell'indicato termine non superiore a dieci giorni antecedenti l'udienza di comparizione, analogamente a quanto stabilito dall'art. 167 per il giudizio a cognizione piena, deve nella relativa comparsa di risposta, a pena di decadenza, proporre le eventuali domande riconvenzionali, chiedere di chiamare in causa terzi in garanzia, proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio. Sempre nella comparsa di risposta, il convenuto deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni (cfr. Trib. Genova 13 settembre 2016).

I commi 1 e 4 dell'art. 702-bis prescrivono, quindi, rispettivamente, che il ricorso e la comparsa di risposta debbono contenere, fra l'altro, l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali attore e convenuto intendano avvalersi, come dei documenti offerti in comunicazione. Tali prescrizioni, tuttavia, non valgono a segnare alcuna preclusione istruttoria, e quindi non comportano, in caso di omissione, alcuna decadenza. Al pari che nel rito ordinario, ove non è prevista nessuna immediata decadenza per la mancata indicazione dei mezzi di prova negli atti introduttivi del giudizio, stante le ulteriori facoltà di deduzioni istruttorie consentite nella fase della trattazione, nemmeno l'art. 702-bis sancisce, alcuna preclusione istruttoria, dovendosi al più argomentare sul piano logico che una compiuta articolazione probatoria, operata già in sede di ricorso e di comparsa di risposta, occorra perché il giudice possa consapevolmente adoperare in udienza l'eventuale potere di conversione del rito, ai sensi dell'art. 702-ter, comma 3, e di fissazione dell'udienza ex art. 183 (Cass. VI, n. 46/2021 ; Cass. II, n. 25547/2015). Questa scansione, collegata alla ponderazione dell'eventuale non sommarietà dell'istruzione, ai fini del citato art. 702-ter, comma 3, porta ad individuare (in maniera da non accedere alla tesi estrema, secondo cui attore e convenuto sono liberi di svolgere nuove attività, istanze e produzioni per l'intero corso del procedimento e sino a che la causa non passi in decisione) proprio nella pronuncia della relativa ordinanza la barriera processuale che impedisce alle parti la formulazione di nuove richieste istruttorie.

E' stato deciso che le preclusioni maturate nel corso del procedimento sommario non si applicano al giudizio ordinario a cognizione piena che si instaura all'esito della conversione del rito, poiché l'art. 702-bis non dispone nulla al riguardo mentre l'art. 702-terprevede espressamente che il giudice, in seguito alla detta conversione, fissi l'udienza di cui all'art. 183 (Cass. III, n. 13879/2020).

Si è affermato che nell'opposizione, ex  art. 645, al decreto ingiuntivo ottenuto dall'avvocato per prestazioni giudiziali , in quanto regolata dal rito sommario di cognizione ai sensi dell'art. 702-bis, secondo quanto previsto dall'art. 14 d.lgs. n. 150/2011, il relativo atto introduttivo deve avere la forma del ricorso e non dell'atto di citazione (Cass. VI, n. 11479/2017).

Peraltro, l 'opposizione ex art. 645 avverso l'ingiunzione ottenuta dall'avvocato nei confronti del proprio cliente ai fini del pagamento degli onorari e delle spese dovute, proposta con atto di citazione, anziché con ricorso ai sensi dell'art. 702-bis e dell'art. 14 d.lgs. n. 150/2011, si deve reputare utilmente esperita qualora la citazione sia stata comunque notificata entro il termine di quaranta giorni - di cui all'art. 641 - dal giorno della notificazione dell'ingiunzione di pagamento. In tale evenienza, ai sensi dell'art. 4, comma 5, d.lgs. n. 150/2011, gli effetti sostanziali e processuali correlati alla proposizione dell'opposizione si producono, infatti, alla stregua del rito tempestivamente attivato, ancorché erroneamente prescelto, per cui il giudice adito deve disporre con ordinanza il mutamento del rito, ai sensi dell'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 150/2011 (Cass. II, n. 24969/2019; in senso opposto, Cass. II, n. 12796/2019).

Per effetto del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 , e con la decorrenza prevista dall'art. 35 dello stesso decreto, gli artt. 702-bis, 702-ter e 702-quater sono stati abrogati. Il rito sommario di cognizione viene sostituito dal rito semplificato di cognizione (disciplinato dal nuovo Capo III-quater del Libro II, Titolo I, del codice di procedura civile, artt. 281-decies e seguenti), il cui campo d'applicazione si è esteso a tutte le controversie, anche di competenza del tribunale in composizione collegiale, nelle quali i fatti in causa siano non controversi, l'istruzione sia basata su prova documentale o di pronta soluzione o comunque non presenti profili di complessità. Ciò incide anche sul decreto legislativo n. 150 del 2011, che prevedeva per una serie di controversie il ricorso obbligatorio al rito sommario.

Bibliografia

Arieta, Il rito «semplificato» di cognizione, in judicium.it.; Balena, La nuova psuedo-riforma della giustizia civile (un primo commento della l. 18 giugno 2009, n. 69, in judicium.it, 2009; Biavati, Appunti introduttivi sul nuovo processo a cognizione semplificata, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2010, 188 ss; Briguglio, Le novità sul processo ordinario di cognizione nell'ultima, ennesima riforma in materia di giustizia civile, in Giust. civ. 2009, 6, 259 ss.; Carratta, Nuovo procedimento sommario di cognizione e presupposto dell'«istruzione sommaria»: prime applicazioni, in Giur. it. 2010, 905 ss.; Consolo, La legge di riforma 18 giugno 2009, n. 69: altri profili significativi a prima lettura, in Corr. giur. 2009, 883 ss.; Giordano, Il procedimento sommario di cognizione, in Giur. mer. 2009, 5, 1210 ss.; Lupoi, Sommario (ma non troppo), in Riv. trim. dir. proc. civ. 2010, 4. 1225 ss.; Porreca, Il procedimento sommario di cognizione: un rito flessibile, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2010, 3, 823 ss.; Luiso, Il procedimento sommario di cognizione, injudicium.it.; Menchini, L'ultima «idea» del legislatore per accelerare i tempi della tutela dichiarativa dei diritti: il processo sommario di cognizione, in judicium.it.; Olivieri, Il procedimento sommario (primissime note), in judicium.it.

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