Codice di Procedura Civile art. 711 - [Separazione consensuale] 1

Rosaria Giordano

[Separazione consensuale] 1

[[I]. Nel caso di separazione consensuale previsto nell'articolo 158 del codice civile, il presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli nel giorno da lui stabilito e procurare di conciliarli nel modo indicato nell'articolo 7082.]

[[II]. Se il ricorso è presentato da uno solo dei coniugi, si applica l'articolo 706 ultimo comma.]

[[III]. Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole.]

[[IV]. La separazione consensuale acquista efficacia con la omologazione del tribunale, il quale provvede in camera di consiglio su relazione del presidente.]

[[V]. Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma dell'articolo precedente.]

 

[1] Articolo, da ultimo, abrogato dall'art. 3, comma 49, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149  (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Per le disposizioni per l'esercizio dell'attività giurisdizionale nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 vedi l'art. 23, comma 6, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., in legge 18 dicembre 2020, n. 176 che dispone che: "Il giudice può disporre che le udienze civili in materia di separazione consensuale di cui all'articolo 711 del codice di procedura civile e di divorzio congiunto di cui all'articolo 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 siano sostituite dal deposito telematico di note scritte di cui all'articolo 221, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel caso in cui tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all'udienza vi rinuncino espressamente con comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell'udienza, nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all'udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all'udienza, di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso e, nei giudizi di separazione e divorzio, di non volersi conciliare." Da ultimo, v. art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, conv., con modif., in l. 25 febbraio 2022, n. 15, che stabilisce che «Le disposizioni di cui all'articolo 221, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonche' le disposizioni di cui all'articolo 23, commi 2, 6, 7, 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9, 9-bis e 10, e agli articoli 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in materia di processo civile e penale, continuano ad applicarsi fino alla data del 31 dicembre 2022»; v. anche art. 16, comma 2, d.l. n. 228, cit. Per la proroga del termine di applicazione,  v. da ultimo, art. 8, commi 8, 9 d.l.29 dicembre 2022, n. 198, in corso di conversione.

[2] Comma modificato dal r.d. 20 aprile 1942, n. 504.

Inquadramento

Si riporta, considerata la pendenza di procedimenti regolati dal regime anteriore al d.lgs. n. 149 del 2022, il testo delle disposizioni, corredato del relativo commento, anteriore all'abrogazione dell'articolo in commento.

La separazione consensuale trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai coniugi dinanzi al presidente del tribunale (atteso che l'art. 158 c.c. fa dipendere la separazione dal solo consenso dei coniugi) e la successiva omologazione agisce come mera condizione di efficacia dell'accordo, di per sé già integrante un negozio giuridico perfetto ed autonomo.

Si discute se prima dell'omologa il coniuge che pure abbia sottoscritto il ricorso per separazione consensuale possa revocare il proprio consenso. Secondo la maggior parte della giurisprudenza ciò è possibile sino all'udienza presidenziale (v., ex ceteris, App. Bari 30 agosto 1993, Foro it., 1994, I, 589).

Il decreto di omologa è impugnabile ai sensi dell'art. 739 per vizi propri (Cass. n. 26202/2013: ma non anche ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.).

Gli stessi effetti giuridici della separazione consensuale e del divorzio congiunto possono oggi essere conseguiti in via stragiudiziale in accordo con quanto previsto dall'art. 6 d.l. n. 132/2014 in tema di negoziazione assistita ed, in mancanza di prole, dinanzi all'ufficiale di stato civile ex art. 12 dello stesso decreto.

Contenuto del ricorso

Il ricorso può essere proposto dalle parti congiuntamente, che dovranno ex art. 125 essere assistite da un avvocato .

Nel ricorso volto alla separazione consensuale, regolato dall'art. 711, possono in realtà non essere indicate in dettaglio le condizioni che i coniugi chiedono al Tribunale di omologare (sebbene la prassi sia orientata in questo senso) che potrebbero invero essere esposte oralmente all'udienza ed ivi verbalizzate.

Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti reciproche attribuzioni patrimoniali e concernenti beni mobili o immobili, rispondono, di norma, ad uno specifico spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell'evento di separazione consensuale che svela una sua tipicità propria la quale, ai fini della più particolare e differenziata disciplina della revocatoria ordinaria cui all'art. 2901 c.c., può colorarsi dei tratti dell'obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della gratuità, in ragione dell'eventuale ricorrenza, o meno, nel concreto, dei connotati di una sistemazione solutorio-compensativa più ampia e complessiva, di tutta quella serie di possibili rapporti aventi significati, anche solo riflessi, patrimoniali maturati nel corso della quotidiana convivenza matrimoniale (Cass. n. 27409/2019).

Funzione dell'omologa e possibilità di revoca del consenso

Come stabilito dall'art. 158, comma 1, c.c., la separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del giudice (v., da ultimo, con riguardo ad un atto di “puntuazione” volto a regolare i futuri aspetti patrimoniali della separazione, Cass. n. 28649/2020).

L'oggetto del controllo operato sulle condizioni della separazione consensuale appare circoscritto, peraltro, dal capoverso della stessa disposizione, alle clausole relative all'affidamento ed al mantenimento dei figli.

In ogni caso, la separazione consensuale trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai coniugi dinanzi al presidente del tribunale (atteso che l'art. 158 c.c. fa dipendere la separazione dal solo consenso dei coniugi) e la successiva omologazione agisce come mera condizione di efficacia dell'accordo, di per sé già integrante un negozio giuridico perfetto ed autonomo.

Si discute se prima dell'omologa il coniuge che pure abbia sottoscritto il ricorso per separazione consensuale possa revocare il proprio consenso. Secondo la maggior parte della giurisprudenza ciò è possibile sino all'udienza presidenziale (v., ex ceteris, App. Bari 30 agosto 1993, Foro it., 1994, I, 589; Trib. Torino 6 novembre 2000, Gius, 2002, I, 97; Trib. Napoli 2 febbraio 2001, Gius, 2001, 10; si segnala Trib. Civitavecchia 15 febbraio 2002, Giur. rom., 2002, 142, secondo cui qualora, dopo aver presentato un ricorso congiunto per separazione consensuale, uno dei coniugi cambi idea e formuli istanza per la modifica delle condizioni di separazione di cui al ricorso già presentato, l'omessa comparizione dell'istante all'udienza fissata per l'esame della sua domanda costituisce causa sufficiente per omologare il ricorso congiunto precedentemente presentato).

È invece controverso se la revoca possa essere validamente compiuta anche dopo la comparizione dinanzi al Presidente. Secondo un primo orientamento, successivamente al momento in cui il presidente dà atto nel verbale, a seguito del fallimento del tentativo di conciliazione, delle condizioni della separazione in conformità agli accordi delle parti, non è più possibile che una di esse revochi il consenso prestato. Per altri, invece, l'accordo alla separazione consensuale potrebbe essere unilateralmente revocato prima del provvedimento di omologazione, in quanto soltanto a seguito di una tale pronuncia lo stesso acquista validità ed efficacia giuridica.

L’udienza a trattazione scritta nel processo civile da emergenza pandemica

Nel persistere dell'emergenza da Covid-19, il legislatore processuale ha introdotto una norma di semplificazione, volta ad evitare un probabile rinvio delle udienze “in presenza” nei giudizi privi di conflittualità tra le parti, rendendo possibile, anche nei procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto, lo svolgimento, in presenza del consenso di entrambe le parti, lo svolgimento dell'udienza a trattazione scritta.

In particolare, l'art. 23, comma 6, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 (cd. decreto Ristori), conv., con modif. in l. 18 dicembre 2020 , n. 176 stabilisce che il giudice può disporre che le udienze  civili  in  materia  di  separazione  consensuale   e di divorzio congiunto  siano  sostituite  dal   deposito telematico di note scritte di cui  all'articolo  221,  comma  4,  del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

Ciò può avvenire, tuttavia, soltanto in presenza dei seguenti presupposti qualora tutte le parti che avrebbero   diritto   a   partecipare   all'udienza   vi    rinuncino espressamente con una comunicazione, depositata almeno  quindici  giorni prima dell'udienza.

Nella comunicazione in questione entrambe le parti sono tenute a dichiarare: di essere  a  conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione  all'udienza; di aver aderito liberamente  alla  possibilità  di  rinunciare  alla  partecipazione all'udienza; di confermare le  conclusioni  rassegnate nel ricorso; di non  volersi conciliare.

La dichiarazione deve essere sottoscritta dalle parti personalmente, e non dai soli procuratori, come avviene in altre ipotesi, stante la necessaria partecipazione delle stesse in procedimento, come quelli in esame, nei quali vengono in rilievo diritti personalissimi e dinanzi all'autorità giudiziaria, in udienza, deve essere espletato il previo tentativo di conciliazione.

Impugnazione dell'accordo

Il decreto di omologa è impugnabile ai sensi dell'art. 739 per vizi propri (Cass. n. 26202/2013: ma non anche ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.).

Alla separazione consensuale si applicano, inoltre, le norme generali relative alla disciplina dei vizi della volontà, entro i limiti di compatibilità con la specificità di tale negozio di diritto familiare, per cui è esclusa la possibilità per ciascuno dei coniugi di contestare l'eventuale vizio del consenso mediante reclamo camerale ex art. 739 avverso il decreto di omologa. Invero, detti vizi devono essere fatti valere mediante autonomo giudizio di accertamento (Cass. n. 7450/2008).

La separazione consensuale dei coniugi non può, per contro, essere impugnata per simulazione poiché l'iniziativa processuale diretta ad acquisire l'omologazione, e quindi la condizione formale di coniugi separati, è volta ad assicurare efficacia alla separazione, così da superare il precedente accordo simulatorio, rispetto al quale si pone in antitesi dato che è logicamente insostenibile che i coniugi possano «disvolere» con detto accordo la condizione di separati ed al tempo stesso «volere» l'emissione di un provvedimento giudiziale destinato ad attribuire determinati effetti giuridici a tale condizione (Cass. n. 19319/2014).

Sulla natura delle convenzioni tra i coniugi in sede di separazione si segnala, nella recente esperienza applicativa, App. Roma, II, 30 ottobre 2018, n. 6896, ne ha precisato la valenza, ai fini dell’azione revocatoria, di atti a titolo gratuito, con riferimento alla cessione da parte di un coniuge all’altro di un immobile nell’ambito degli accordi di separazione.

Divorzio congiunto

Dopo la novella del 1987, è previsto un procedimento semplificato anche per il divorzio qualora le parti siano d'accordo sulle condizioni, personali e patrimoniali, dello stesso.

Il procedimento è incardinato con ricorso congiunto, dinanzi al Tribunale del luogo di residenza di uno dei coniugi. Il tribunale, in composizione collegiale, verifica la sussistenza dei presupposti previsti dall'art. 3 l. n. 898/1970 per poter ottenere lo scioglimento del vincolo coniugale nonché, ove vi siano, la rispondenza delle condizioni del divorzio agli interessi dei figli minori.

Nella giurisprudenza, è stato ribadito, a riguardo, che la domanda congiunta di divorzio, data la sua natura processuale, una volta proposta è irretrattabile e immodificabile, sicché la revoca di consenso di una parte non determina l'improcedibilità della domanda congiunta, presentata dai coniugi (App. Catania, 21 marzo 2016).

Negoziazione assistita

Il d.l. n. 132/2014, convertito con modificazioni in l. n. 162/2014, detta una disciplina particolare con riguardo agli istituti deflattivi del contenzioso generato dalla crisi familiare.

Precisamente, gli strumenti a tal fine predisposti puntano ad evitare l'esercizio dell'azione giudiziale avente ad oggetto la separazione personale tra coniugi, la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, la modifica delle condizioni di separazione e di divorzio.

A fronte di questa tipologia di pretese, la novella appresta due strumenti diretti a comporre gli assetti di interessi tra le parti in sede stragiudiziale: per un verso, contempla una puntuale fattispecie di negoziazione assistita dagli avvocati, la cui disciplina ricade nel capo II, dedicato appunto alle procedure di negoziazione assistita; per altro verso, prevede una disciplina assestante in un capo separato, il capo III, intitolato alle ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio, capo composto da un solo articolo, disciplina volta a regolare la possibilità di un accordo direttamente concluso dalle parti interessate, solo eventualmente con l'assistenza di un avvocato, innanzi all'ufficiale dello stato civile.

La finalità comune di questi istituti rileva su un duplice piano: se, da un lato, essa si prefigge di giungere ad una soluzione della crisi familiare concordata tra le parti, cioè consensuale o congiunta, sia in tema di separazione, sia in tema di divorzio, sia in tema di modifica delle condizioni di separazione o divorzio, dall'altro lato, protende al raggiungimento di tale risultato attraverso sistemi alternativi da quelli consolidati e tradizionali del ricorso all'autorità giudiziaria per ottenere il decreto di omologazione della separazione consensuale ai sensi degli artt. 158 c.c. e 711, la sentenza di divorzio congiunto ai sensi dell'art. 4, comma 16, l. n. 898/1970, come modificata dalla l. n. 74/1987, i decreti camerali di modifica delle condizioni di separazione e divorzio ai sensi degli artt. 710 e art. 9 della legge sul divorzio. I due rimedi presentano un ulteriore aspetto comune, in ragione del quadro normativo in cui si innestano: costituiscono entrambi mezzi ulteriori a disposizione delle parti interessate dalla crisi familiare, alternativi ma non preclusivi delle corrispondenti tipizzate domande giudiziali, siano esse contenziose ovvero fondate su un previo accordo tra esse. Sicché, sia la negoziazione assistita diretta al raggiungimento della regolamentazione condivisa della separazione personale o del divorzio o della modifica delle relative condizioni, sia la negoziazione diretta tra le parti per addivenire ad un accordo da denunziare all'ufficiale dello stato civile sempre sugli stessi temi, non sono previste a pena di improcedibilità delle corrispondenti azioni giudiziali. Le parti hanno altri strumenti per raggiungere il medesimo risultato, ma ben possono decidere di ricorrere direttamente all'autorità giudiziaria, senza l'esperimento di alcun previo filtro stragiudiziale.

In entrambe le fattispecie, inoltre, la facoltà di avvalersi di siffatti presidi stragiudiziali è limitata alla sola causa di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario o di scioglimento del matrimonio civile enucleata dall'art. 3 comma 1, n. 2, lett. b, della legge sul divorzio, cioè - per un verso - al previo passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale fra coniugi ovvero all'omologazione della separazione consensuale ovvero all'intervenuta separazione di fatto, quando essa sia iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970, ovvero, nonostante la lacuna della legge, alla certificazione nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita ovvero alla formalizzazione dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile e - per altro verso - al decorso di almeno tre anni di separazione ininterrotta a far tempo dalla comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione e, per il futuro, dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile.

Pur rimanendo ferme queste similitudini, la negoziazione assistita e la negoziazione diretta per il raggiungimento della soluzione della crisi familiare non sono né esattamente complementari né totalmente alternative tra loro, poiché i presupposti giustificativi del ricorso all'accordo diretto sono più restrittivi dei presupposti richiesti per l'accesso alla negoziazione assistita.

Infatti, la negoziazione assistita è attivabile sia in presenza sia in assenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci   o portatori di handicap grave ovvero di figli maggiorenni economicamente non autosufficienti mentre la negoziazione diretta è ammessa solo in assenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero di figli maggiorenni economicamente non autosufficienti; ma vi è di più, sotto il secondo profilo dell'ampiezza economica delle disposizioni prospettabili, la negoziazione assistita può concernere anche condizioni di natura patrimoniale mentre l'accordo diretto non ammette alcuna statuizione accessoria di natura patrimoniale.

 A sua volta, la negoziazione assistita per la composizione della crisi familiare prevede due procedure distinte, a seconda che l'accordo che si prefigge di conseguire riguardi anche l'assetto degli interessi relativi a figli minori, figli maggiorenni incapaci portatori di handicap grave bisognosi di cure e assistenze particolari, ovvero figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, oppure non riguardi siffatti interessi.

In particolare, ove l'accordo seguito alla convenzione di negoziazione assistita non contenga disposizioni sulla prole, perché non vi sono figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, riconducibili ad entrambe le parti, ai sensi dell'art. 6, secondo comma, l'accordo è trasmesso al procuratore della Repubblica  presso il tribunale competente per una verifica di natura formale. Pertanto le condizioni prescritte da siffatta procedura devono reputarsi ottemperate, non solo quando si tratti di coppie senza figli, ma anche quando i coniugi separandi o divorziandi o che intendano modificare le relative condizioni abbiano figli maggiorenni economicamente autosufficienti.

Nell'ambito delle predette verifiche di natura formale, è stato ad esempio affermato, nella prassi applicativa, che Ii tema di negoziazione assistita in materia di separazione personale, è inammissibile la richiesta di autorizzazione quando l'accordo è stato raggiunto tra le parti, di cui una si sia autoassistita in quanto avvocato di professione: è necessaria l'assistenza di almeno un avvocato per parte (Proc. Palermo 25 marzo 2016).

La procedura di negoziazione assistita segue un diverso procedimento quando l'accordo raggiunto dalle parti sulla separazione o sul divorzio o sulla modifica delle condizioni di separazione e divorzio contempli anche specifiche disposizioni inerenti alla sistemazione dell'assetto degli interessi della prole, si tratti di figli minorenni, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o figli maggiorenni economicamente non autosufficienti.  In tale ipotesi, non solo vi è una più puntuale fissazione dei termini, ma in più la valutazione rimessa al pubblico ministero competente non è limitata alla mera regolarità formale dell'accordo, bensì attiene ad una incisiva e sostanziale verifica circa la rispondenza delle condizioni stabilite all'interesse morale e materiale dei figli. Per l'effetto, il procedimento si conclude, non con un mero nullaosta, bensì con un'eventuale autorizzazione. Anche in questo caso la competenza è radicata in capo al pubblico ministero, che non ha specifiche competenze in materia, acquisite in ragione dell'esperienza pregressa. Semmai in questa ipotesi il pubblico ministero dovrebbe esercitare le stesse ponderazioni che in passato ha esercitato, e che tuttora esercita, il tribunale, in sede di omologa della separazione consensuale ovvero di delibazione del divorzio congiunto.

Raggiunto l'accordo, debitamente munito della certificazione dell'autografia delle parti a cura degli avvocati assistenti, il relativo deposito presso la segreteria dell'ufficio del pubblico ministero competente dovrà avvenire entro il termine di 10 giorni. La contingentazione dei tempi di deposito, senza che comunque il deposito tardivo determini alcuna decadenza, posto che non si tratta di termine perentorio, è giustificata dall'esigenza di avere rapidamente un avallo circa l'idoneità dell'assetto di interessi concordato in ordine ai figli, la cui tutela è riservata al vaglio dell'organo requirente.

Una volta che l'accordo sia pervenuto nella disponibilità del pubblico ministero, gli accertamenti che dovranno essere effettuati si estendono sia agli aspetti di regolarità formale sia agli aspetti concernenti la soddisfazione sostanziale degli interessi della prole. Tuttavia, non sono conferiti all'organo requirente, né poteri di audizione delle parti, né facoltà di ascolto dei minori, né possibilità di assumere mezzi istruttori.

Quindi, il p.m. provvederà alla relativa autorizzazione con apposito provvedimento, una volta soppesata positivamente la corrispondenza dell'assetto di interessi regolamentato nell'accordo alla tutela soddisfacente della prole. Pertanto, la relativa delibazione, almeno sulla carta, non ha una rilevanza meramente formale, ma concerne il merito della regolamentazione degli interessi in favore della prole. In questo caso la legge non stabilisce il termine entro cui il pubblico ministero deve delibare, il che non si concilia con la prescrizione circa il termine entro cui gli avvocati assistenti devono trasmettere l'accordo all'ufficio competente. Ad ogni modo, attesa l'urgenza della delibazione, desumibile dalla natura delle situazioni giuridiche soggettive interessate, la statuizione deve avvenire prontamente. Anche l'autorizzazione deve essere comunicata agli avvocati assistenti, benché sul punto l'art. 6, comma 2, nulla disponga, diversamente da quanto è previsto in tema di comunicazione del nullaosta. La formale comunicazione dell'autorizzazione può avvenire mediante ufficiale giudiziario ovvero mediante posta elettronica certificata, essendo indirizzata agli avvocati e non alle parti. La comunicazione costituisce il dies a quo del termine fissato per l'adempimento degli obblighi pubblicitari, la cui inosservanza determina l'irrogazione di una significativa sanzione amministrativa di natura pecuniaria. Sicché è importante, non solo che l'autorizzazione sia resa nota agli avvocati, ma anche che la relativa trasmissione avvenga con mezzi idonei a dare certezza sui tempi del suo perfezionamento.

La disciplina è più complessa nell'ipotesi in cui, effettuata un'approfondita comparazione tra le condizioni concordate e la difesa degli interessi della prole, il pubblico ministero ritenga che dette condizioni siano pregiudizievoli e non soddisfino adeguatamente detti interessi. In questo caso, il procuratore della Repubblica trasmette l'accordo non autorizzato, entro 5 giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi 30 giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo.

A fronte di una scelta che avrebbe dovuto compiere il legislatore, si preferisce rimettere al giudice la stessa identificazione del modo di provvedere del presidente del tribunale cui siano trasmessi gli atti.

Secondo una prima soluzione, siffatta trasmissione equivale ad una disposizione d'ufficio del mutamento del rito: la negoziazione assistita avente ad oggetto la separazione o il divorzio o la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, quando vi sia prole, si trasformano in procedimento giudiziale di separazione o di divorzio o di modifica delle condizioni di separazione o divorzio quando l'accordo conclusivo della procedura di negoziazione non sia approvato dal pubblico ministero competente. Sicché la trasmissione disposta dal pubblico ministero al presidente del tribunale introduce d'ufficio il procedimento di separazione consensuale, che potrà concludersi con un'eventuale omologa ovvero con il rigetto ai sensi degli artt. 158, comma 2, c.c. e 711, oppure il procedimento di divorzio congiunto, che potrà concludersi con una sentenza di divorzio ovvero con il mutamento del rito del divorzio da congiunto in contenzioso, ai sensi dell'art. 4 comma 16, della legge sul divorzio, oppure il procedimento camerale di modifica delle condizioni di separazione ai sensi dell'art. 710 o delle condizioni di divorzio ai sensi dell'art. 9  l. n. 898/1970, che potranno concludersi con la disposizione delle stesse modifiche concordate dalle parti ovvero con la disposizione di modifiche previste d'ufficio nell'interesse della prole.

Questa impostazione sembra avallata da quella giurisprudenza la quale, premesso che l'accordo con il quale due genitori, non legati da vincolo di coniugio, regolamentano le condizioni di affidamento, mantenimento, collocamento ed esercizio del diritto di visita, non può essere stipulato mediante il procedimento di negoziazione assistita, ha ritenuto che, purtuttavia detto accordo – stipulato ai sensi dell'art. 2 d.l. n. 132/2014 – una volta depositato presso il Tribunale competente, alla luce del diniego del p.m., può essere considerato alla stregua di un ricorso congiunto ex art. 337-bis c.c., con la conseguenza che il Tribunale deve convocare i genitori ai fini della ratifica delle conclusioni da loro condivise (Trib. Como, 13 gennaio 2016, in ilfamiliarista.it, con nota di Simeone).

In base alla ricostruzione alternativa, i poteri spettanti al presidente del tribunale cui gli atti sono trasmessi sono anch'essi sui generis e non richiamano altri procedimenti già contemplati dall'ordinamento giuridico.

In primo luogo, all'esito dell'audizione, non avendo il diniego espresso dal pubblico ministero efficacia vincolante verso il presidente del tribunale, qualora quest'ultimo si persuada che le condizioni all'origine predisposte dalle parti siano rispondenti agli interessi dei figli, anche in guisa dei chiarimenti forniti dalle parti, autorizzerà definitivamente l'accordo.

Diversamente, può accadere che il presidente del tribunale, anche in conseguenza dell'audizione delle parti, si persuada del fatto che le condizioni all'origine concordate non sono conformi agli interessi della prole, come già aveva ritenuto il pubblico ministero, sicché potrà indicare alle parti le soluzioni alternative che, consentendo di rettificare le disposizioni difformi, permettano l'autorizzazione. Ove le parti aderiscano alle modifiche proposte dal presidente del tribunale, quest'ultimo autorizzerà l'accordo con le rettifiche approvate dai genitori.

Inoltre, può accadere che le parti non acconsentano alle modifiche suggerite dal presidente del tribunale e, in tale evenienza, il presidente rigetterà definitivamente la richiesta di autorizzazione e chiuderà così il procedimento. Sarà poi un'autonoma scelta delle parti quella di proporre al pubblico ministero un'ulteriore accordo da autorizzare per la via della negoziazione assistita ovvero introdurre un procedimento giudiziale.

Nella prassi applicativa si è evidenziato che in materia di negoziazione assistita avente ad oggetto negozi compositivi di crisi familiare la fase avanti al Presidente è da ricondurre "lato sensu" alle forme del rito camerale e al giudicante deve riconoscersi autonomia di valutazione rispetto al diniego del p.m. quanto alla portata delle condizioni della separazione o del divorzio, o della modifica delle originarie pattuizioni, anche sulla scorta delle delucidazioni che le parti possono fornire comparendo personalmente in udienza (Trib. Torino VII, 13 maggio 2016).

Sempre in sede di merito, si è sottolineato che l'accordo di separazione personale concluso da una coppia con figli minori attraverso la procedura di negoziazione assistita da avvocati, che, non avendo ottenuto il nulla osta del p.m., sia stato trasmesso al presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 6, comma 2, d.l. n. 132/2014, dopo l'udienza presidenziale, va omologato dal Tribunale in composizione collegiale se ritenuto conforme alle norme imperative (Trib. Pistoia, 16 marzo 2015, in Giustiziacivile.com, con nota di Vaccari).

Gli stessi effetti giuridici della separazione consensuale e del divorzio congiunto possono oggi essere conseguiti in via stragiudiziale in accordo con quanto previsto dall'art. 6 d.l. n. 132/2014 in tema di negoziazione assistita (che prevede un procedimento semplificato in mancanza di prole ed un procedimento, in presenza di prole minorenne o maggiorenne portatrice di handicap o non economicamente autosufficiente dove il controllo, in prima battuta demandato al Procuratore della Repubblica, è più pregnante).

In materia di separazione consensuale dei coniugi e provvedimenti con riguardo ai figli, il procedimento che si instaura a seguito della trasmissione dell'accordo da parte del p.m. con la denegata autorizzazione per la ritenuta non rispondenza all'interesse dei figli, in quanto si svolge davanti ad un organo giurisdizionale, nel contraddittorio dei coniugi, ha natura giurisdizionale e non avendo ad oggetto una controversia tra le parti, bensì un accordo consensualmente raggiunto, è assimilabile ai procedimenti di volontaria giurisdizione, che si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio e si conclude, sentite le parti, e, quindi nel contraddittorio delle stesse, con ordinanza (Trib. Termini Imerese decr. 24 marzo 2015, in Ilfamiliarista.it).

Il procedimento di negoziazione assistita da uno o più avvocati di cui alla l. n. 162/2014, di conversione del d.l. n. 132/2014, celebrato dinnanzi al Presidente del Tribunale adito in seguito al diniego di autorizzazione del p.m., va ricondotto alle forme del giudizio camerale, pur discostandosi dalle disposizioni comuni degli artt. 737 ss. (Trib. Torino, decr. 20 aprile 2015, in Dir. fam. pers., 2015, I, 1385, con nota di Masoni).

Se l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita non ottiene l'autorizzazione del p.m. ex art. 6, comma 2, d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014 e viene conseguentemente trasmesso al Presidente, questi, nel rispetto del principio di economia processuale — ratio sottostante, in senso lato, all'emanazione della nuova normativa di degiurisdizionalizzazione — e nel rispetto dei principi giurisdizionali della domanda, dell'impulso di parte e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, fisserà l'udienza di comparizione delle parti invitando nel contempo queste, qualora non intendano aderire alle prescrizioni del p.m., al deposito di un ricorso ex art. 711, ovvero ex art. 4 comma 16 l. div., ovvero ancora ex art. 710 (Trib. Torino, decr. 15 gennaio 2015, in Ilfallimentarista.it).

Qualora il Pubblico Ministero non autorizzi l'accordo dei coniugi concluso a seguito di convenzione di negoziazione assistita, ex art. 6 d.l. n. 132/2014, si apre nella procedura negoziativa un “incidente giurisdizionale”, ovvero un procedimento di volontaria giurisdizione che si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio in cui il Presidente, o il giudice da lui delegato, provvede in composizione monocratica: nell'ambito dei suoi poteri, il Presidente può autorizzare o meno l'accordo originario, tenendo conto del rilievi mossi dal p.m. ma non essendo in alcun modo vincolato dagli stessi, ma può altresì autorizzare condizioni assolutamente non in linea con i rilievi mossi dal p.m. e pure del tutto differenti da quelle inizialmente concordate (Trib. Palermo I, 1 dicembre 2016, in Ilfamiliarista, 12 luglio 2017, con nota di Calabrese).

In materia di negoziazione assistita avente ad oggetto negozi compositivi di crisi familiare la fase avanti al Presidente è da ricondurre lato sensu alle forme del rito camerale e al giudicante deve riconoscersi autonomia di valutazione rispetto al diniego del p.m. quanto alla portata delle condizioni della separazione o del divorzio, o della modifica delle originarie pattuizioni, anche sulla scorta delle delucidazioni che le parti possono fornire comparendo personalmente in udienza (Trib. Torino VII, 13 maggio 2016).

Lo strumento della negoziazione assistita, nella materia familiare, è previsto espressamente ex art. 6 d.l. n. 132/2014 solo per le coppie coniugate, separande o divorziande, onde elaborare o modificare la disciplina delle condizioni di separazione o di divorzio, da sottoporre al vaglio del p.m.; non è invece, prevista l'estensione di tale istituto ai fini della regolamentazione delle relazioni genitoriali per le coppie non coniugate: nel caso in cui, pertanto, una convenzione di negoziazione sia stata sottoscritta da genitori non uniti in matrimonio ed il p.m. non abbia concesso il provvedimento di autorizzazione, il giudice, cui sono trasmessi gli atti dall'Ufficio di Procura, è tenuto ad esaminare, in camera di consiglio, l'accordo, al fine di ratificarlo, previa audizione dei genitori (Trib. Como, 13 gennaio 2016).

In mancanza di figli, la separazione ed il divorzio possono essere richiesti anche dinanzi all'ufficiale di stato civile ex art. 12 d.l. n. 132/2014.

Modifica e revoca delle condizioni

Ai sensi dell'art. 710 e dell'art. 9 l. n. 898/1970 (l. divorzio), peraltro, anche le condizioni concordate in sede di separazione e divorzio possono essere oggetto di revoca o modifica in considerazione di fatti sopravvenuti (in sede applicativa, Trib. Modena II, 18 aprile 2012).

Presupposti per la trattazione dell’udienza in forma scritta nel periodo emergenziale

L'art. 23, sesto comma, del d.l. n. 137 del 2020, conv., con modif.  in l.  n. 176/2020, cd. decreto ristori, conv., con modif., in l. n. 176/2020, è intervenuto sulle modalità di svolgimento delle udienze di separazione consensuale e di divorzio congiunto rendendo eventuale la partecipazione personale delle parti, secondo una soluzione che era già stata sperimentata in questi mesi nella prassi.

La predetta norma, in particolare, stabilisce espressamente che il giudice può disporre che le udienze di separazione consensuale di cui all'art. 711 c.p.c. e di divorzio congiunto di cui all'art. 9 l. 1 dicembre 1970, n. 898 si svolgano con il deposito telematico di note scritte di cui all'articolo 221, comma 4, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

E' stata quindi estesa anche a tali cause, a differenza di quanto era precedentemente avvenuto, la disciplina della trattazione scritta regolata dall'art. 221, comma 4, d.l. n. 34/2020 che in linea generale è contemplata solo per le cause che non richiedono la presenza necessaria, per legge o ordine del giudice, di soggetti diversi dai difensori delle parti.

A tal fine è previsto, peraltro, l'accordo di entrambi i coniugi in quanto è richiesto dalla norma che “tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all'udienza vi rinuncino espressamente con comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell'udienza, nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all'udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all'udienza, di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso e, nei giudizi di separazione e divorzio, di non volersi conciliare”.

Bibliografia

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