Codice di Procedura Civile art. 736 bis - [Provvedimenti di adozione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari] 1[Provvedimenti di adozione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari]1 [[I]. Nei casi di cui all'articolo 342-bis del codice civile, l'istanza si propone, anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'istante, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica.] [[II] Il presidente del tribunale designa il giudice a cui è affidata la trattazione del ricorso. Il giudice, sentite le parti, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione necessari, disponendo, ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti, e provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo.] [[III]. Nel caso di urgenza, il giudice, assunte ove occorra sommarie informazioni, può adottare immediatamente l'ordine di protezione fissando l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni ed assegnando all'istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. All'udienza il giudice conferma, modifica o revoca l'ordine di protezione.] [[IV]. Contro il decreto con cui il giudice adotta l'ordine di protezione o rigetta il ricorso, ai sensi del secondo comma, ovvero conferma, modifica o revoca l'ordine di protezione precedentemente adottato nel caso di cui al terzo comma, è ammesso reclamo al tribunale entro i termini previsti dal secondo comma dell'articolo 739. Il reclamo non sospende l'esecutività dell'ordine di protezione. Il tribunale provvede in camera di consiglio, in composizione collegiale, sentite le parti, con decreto motivato non impugnabile. Del collegio non fa parte il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.] [[V]. Per quanto non previsto dal presente articolo, si applicano al procedimento, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti.]
[1] Articolo inserito dall'art. 3 l. 4 aprile 2001, n. 154 e successivamente abrogato dall'art. 3, comma 49, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoLa disposizione in commento è stata abrogata dalla riforma del 2022. In occasione della sua introduzione, la normativa concernente gli ordini di protezione contro gli abusi familiari è stata inserita in parte nel codice civile (artt. 342 bis e 342 ter, per i profili sostanziali) e per altra parte nel codice di procedura civile (art. 736-bis in commento, per i profili processuali). Con l'introduzione, a mezzo della riforma del 2022, del Titolo IV bis del Libro secondo del c.p.c., dedicato alle norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie, il legislatore ha ritenuto di trasferire le disposizioni, con alcune lievi modifiche, all'interno del codice di procedura civile, nel titolo relativo, attraverso la introduzione di una quinta sezione, dal titolo «Degli ordini di protezione contro gli abusi familiari». L'art. 473-bis.69 c.p.c. costituisce la riproduzione dell'art. 342-bis c.c. La norma, nell'inciso finale del comma 1, risolve un profilo applicativo della disposizione del codice civile, ammettendo l'adozione dei provvedimenti anche quando la convivenza tra autore dell'illecito e vittima è cessata. Al secondo comma, è stato introdotto un coordinamento con la competenza attribuita al tribunale per i minorenni, ai sensi degli artt. 333 c.c. e 38 disp. att. («Quando la condotta può arrecare pregiudizio ai minori, i medesimi provvedimenti possono essere adottati, anche su istanza del pubblico ministero, dal tribunale per i minorenni»). L'art. 473-bis.70 c.p.c. riproduce nella sostanza l'art. 342-ter c.c. L'abrogata disposizione in commento regolava dal versante processuale gli ordini di protezione familiare previsti da tali due norme, gli artt. 342-bis e 342-ter c.c., la cui disciplina non viene qui esaminate. In particolare, a fronte di una condotta del coniuge o di altro convivente che sia causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente, il giudice ordinava al coniuge o al convivente, che aveva tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa, e poteva altresì disporre l'allontanamento del medesimo dalla casa familiare, prescrivendogli di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante. Era prevista, inoltre, la possibilità di disporre l'intervento dei servizi sociali e di ulteriori soggetti in funzione di protezione. Poteva poi essere ingiunto all'autore dell'abuso il pagamento di un assegno periodico a favore delle persone conviventi che, per effetto dell'ordine di protezione, rimanessero prive dei mezzi di sussistenza. Gli ordini di protezione non potevano essere adottati in caso di previa proposizione della domanda di separazione personale ovvero di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, se, nel relativo procedimento, si fosse svolta l'udienza di comparizione dei coniugi davanti al presidente (art. 8, comma 1, l. n. 154/2001). Occorre ancora aggiungere le misure interdittali previste dagli artt. 342-bis e 342-ter c.c. presentavano tratti di indubbia sovrapposizione con quelle regolate dagli artt. 330 e 333 c.c. ove è previsto l'allontanamento del genitore che maltratta o abusa del minore.
Il procedimentoNel suo complesso, il procedimento era modellato sulla falsariga dei procedimenti camerali di cui agli artt. 737 ss.. La domanda si proponeva con ricorso, in armonia con la disciplina dei procedimenti in camera di consiglio. Legittimati attivi erano i componenti del nucleo familiare che subivano il pregiudizio. Legittimato passivo il componente del nucleo famigliare in tesi autore della condotta pregiudizievole (art. 342-ter c.c.). Il ricorso poteva essere proposto anche dalla parte personalmente, sicché sembra nella specie non ricorresse l'onere di patrocinio, in deroga alla regola generale dell'art. 82. Nondimeno parte della dottrina aveva sostenuto che la norma consentisse alla parte personalmente la sola proposizione dell'istanza, fermo per il resto l'onere menzionato. La competenza spettava al tribunale in composizione monocratica del luogo di residenza o domicilio dell'istante. Si riteneva trattarsi di competenza territoriale inderogabile ai sensi dell'art. 28 (Auletta, 3). Proposto il ricorso, il presidente del tribunale provvedeva alla designazione del giudice incaricato della sua trattazione. La norma non chiariva quali fossero le modalità di istituzione del contraddittorio. Trattandosi di procedimento introdotto con ricorso è da credere che il giudice designato (non ritenendo sussistenti ragioni di urgenza tali da rendere necessario provvedere inaudita altera parte con successiva fissazione dell'udienza) dovesse provvedere a fissare l'udienza di comparizione dinnanzi al giudice designato, fissando altresì il termine per la notifica a cura del ricorrente del ricorso del decreto. Dopodiché il giudice designato, sentite le parti, procedeva nel modo ritenuto più opportuno agli atti di istruzione necessari, disponendo, ove occorrente, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti. In caso di urgenza, il giudice, assunte sommarie informazioni, poteva adottare immediatamente l'ordine di protezione, fissando l'udienza di comparizione davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni ed assegnando all'istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. All'udienza il giudice confermava, modificava o revocava l'ordine di protezione. Il procedimento era escluso dall'ambito della sospensione dei termini feriali (art. 92, comma 1 r.d. 12/1941, come modificato dall'art. 4, l. n. 154/2001 e successivamente dall'art. 19, comma 1, l. n. 6/2004). Ai sensi dell'art. 342-ter, comma 3, c.c. il giudice, con il decreto che disponeva l'ordine di protezione, determinava la durata della misura. Il termine massimo era di sei mesi e poteva essere prorogato dal giudice, su istanza di parte, per gravi motivi e per il tempo strettamente necessario. Con il decreto che disponeva l'ordine di protezione, il giudice determinava le modalità di attuazione dell'ordine di protezione (art. 342-ter c.c.). Le forme di esecuzione del provvedimento dipendevano dal contenuto del medesimo. In caso di ingiunzione di pagamento di un assegno periodico, trovava applicazione il procedimento di espropriazione forzata. Altrimenti occorreva far riferimento all'esecuzione dei provvedimenti cautelari ex art. 669-duodecies (Auletta, 298). Il decreto del tribunale era impugnabile con reclamo al collegio, che decideva in camera di consiglio, entro dieci giorni dalla notificazione dello stesso, ai sensi dell'art. 739, comma 2. Del collegio non poteva far parte il giudice che aveva emesso il provvedimento. Il reclamo non sospendeva l'esecutività del decreto, né era previsto in capo al giudice del reclamo un potere di sospensiva. Il decreto emesso in sede di reclamo non era impugnabile, in particolare con ricorso per cassazione. Il rinvio agli artt. 737 ss., e dunque anche all'art. 742, importava la revocabilità del provvedimento con conseguente esclusione della ricorribilità per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. n. 625/2007 ; Cass. n. 23633/2009). Ed infatti, In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari nei casi di cui all'art. 342-bis c.c., il decreto motivato emesso dal tribunale in sede di reclamo, con cui si accolga o si rigetti l'istanza di concessione della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, non è impugnabile per cassazione né con ricorso ordinario - stante l'espressa previsione di non impugnabilità, contenuta nell'art. 736-bis, c.p.c. introdotto dall'art. 3 l. n. 154/2001 - né con ricorso straordinario, ai sensi dell'art. 111 Cost., giacché detto decreto difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività (Cass. n. 29492/2017). Nella disposizione in esame nulla è detto in ordine alle spese. Ciò è stato spiegato con l'intento di esonerare il giudice dalla distribuzione imperativa del carico economico del giudizio (Auletta, 300). BibliografiaAuletta, Misure (civili) contro la violenza nelle relazioni famigliari: ipotesi ricostruttive della legge n. 154/2001, in Fam. dir. 2003, 3. |