Codice di Procedura Civile art. 764 - Opposizione.Opposizione. [I]. Chiunque vi ha interesse può fare opposizione alla rimozione dei sigilli [763] con dichiarazione inserita nel processo verbale di apposizione o con ricorso al giudice1. [II]. Il giudice2 fissa con decreto una udienza per la comparizione delle parti e stabilisce il termine perentorio [153] entro il quale il decreto stesso deve essere notificato a cura dell'opponente. [III]. Il giudice3 provvede con ordinanza non impugnabile [177 3 n. 2], e, se ordina la rimozione, può disporre che essa sia seguita dall'inventario [769] e può dare le opportune cautele per la conservazione delle cose che sono oggetto di contestazione [770 1, 771].
[1] V. sub art. 660. A norma dell'art. 27, comma 1, lett. c), numero 2) del d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, dopo le parole: «al giudice» sono inserite le seguenti: «di pace»; ai sensi dell'art. 32, comma 3 del d.lgs. 116 cit., come da ultimo modificato dall'art. 8-bis, comma 1, lett. b), d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, conv., con modif., in l. 28 febbraio 2020, n. 8, le disposizioni di cui all'art. 27 citato entrano in vigore il 31 ottobre 2025. [2] V. sub art. 660. [3] V. sub art. 660. InquadramentoContro il provvedimento di rimozione, può essere fatta opposizione da parte di chiunque vi abbia interesse (sicché l'opponente deve fornire la prova della propria legittimazione sostanziale), con dichiarazione inserita già nel processo verbale di apposizione, nel quale può essere chiesta la rimozione, ovvero con separata istanza al giudice competente (a norma dell'art. 27 d.lgs. n. 116/2017, al comma 1 dell'articolo in commento, dopo le parole: «dal giudice» sono inserite le seguenti: «di pace», ai sensi dell'art. 32, d.lgs. n. 116/2017 cit., come da ultimo modificato dall'art. 8-bis, comma 1, lett. b), d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, conv., con modif., in l. 28 febbraio 2020, n. 8, le disposizioni di cui all'art. 27citato entreranno in vigore il 31 ottobre 2025), da proporsi prima che la rimozione sia stata effettuata. Il procedimento di opposizione alla rimozione dei sigilli ha la medesima natura volontaria del procedimento di apposizione, in quanto non verte su diritti in contestazione, non presuppone una lite, ma ha ad oggetto la valutazione della persistenza delle ragioni che avevano giustificato la sigillazione. Si è in generale osservato, in proposito, che «l'opposizione, non potendo [...] essere preordinata al fine di determinare una persistenza dei sigilli sine die, deve essere predisposta in modo tale da conseguire, di volta in volta, uno scopo determinato, quale, ad esempio, la formazione dell'inventario, ovvero la conservazione di oggetti o documenti ovvero il reperimento di beni che si temono trasferiti altrove, oppure, infine, il deposito e la pubblicazione di eventuali disposizioni di ultima volontà» (Masiello e Brama, 213). Il giudice competente, ossia quello che ha disposto la apposizione dei sigilli, fissa un'udienza di comparizione delle parti e stabilisce il termine perentorio entro il quale ricorso e decreto devono essere notificati agli interessati, a cura dell'opponente. Dalla perentorietà del termine discende, in caso di sua inosservanza, la decadenza dall'opposizione, la quale può però essere riproposta sino a che la rimozione dei sigilli non abbia avuto luogo. Stante l'unicità del procedimento di apposizione e rimozione dei sigilli il decreto deve essere notificato non soltanto a chi ha proposto istanza di rimozione ma anche a chi ha chiesto ed ottenuto il provvedimento di apposizione. Sentite le parti, quindi, provvede con ordinanza non impugnabile. La non impugnabilità dell'ordinanza fa ritenere ad alcuni che essa non sia neppure revocabile né modificabile (Andrioli, 1964, 579). Altri ritengono la revocabilità del provvedimento, stante la natura di volontaria giurisdizione del procedimento, maggiormente coerente con il sistema (Chizzini, 78). Il giudice, inoltre, se ordina la rimozione, può disporre che essa sia seguita dall'inventario, dettando, altresì, le cautele opportune per la conservazione delle cose oggetto di contestazione, ex art. 764, comma 3. Si osserva in dottrina che la norma concernente il caso in cui vi sia un conflitto sulla titolarità di determinati beni, conflitto dinanzi al quale il giudice può disporre generiche cautele, non potendo decidere del diritto in contesa (Satta, 1971, 77). Con riguardo alla sommarietà della cognizione del giudice dell'opposizione alla sigillazione in ordine alle contrastanti pretese sulle cose oggetto della procedura si trova osservato in una remota pronuncia — ma sulla base di considerazioni tuttora attuali — che, a differenza del sistema adottato dal codice del 1865, l'art. 764 esclude, in sede di opposizione alla rimozione dei sigilli, un accertamento pieno in ordine alle contrastanti pretese di carattere sostanziale e dispone, conseguentemente, che sull'opposizione pronuncia il giudice, il quale ha proceduto ad apporre i sigilli, con ordinanza inoppugnabile. Essa chiude senz'altro lo speciale procedimento cautelare di opposizione (non prevedendosi dalla legge un ulteriore giudizio di convalida), mentre le parti possono sempre spiegare, in separati giudizi di cognizione innanzi al giudice competente secondo le regole ordinarie, le loro pretese di carattere sostanziale sulle cose per cui i sigilli sono stati apposti (Cass. n. 617/1959). La risoluzione delle contrastanti pretese sulla cosa oggetto della procedura di sigillazione, cioè, si inserisce nel procedimento di opposizione alla rimozione dei sigilli, ma dovendosi rigorosamente rispettare i limiti del procedimento, desumibili dalla sua stessa natura e dalla sua specifica disciplina, il pretore può effettuare solamente una loro sommaria delibazione ai fini dell'accoglimento o rigetto dell'opposizione e quindi della rimozione o mantenimento dei sigilli, e cioè per la identificazione e conservazione delle cose che costituiscono oggetto delle contrastanti pretese (Cass. n. 1044/1968). Perciò, le parti restano libere di proporre in via contenziosa le domande di merito che ritengano in « separati procedimenti di cognizione piena e non sommaria » (Cass. n. 1044/1968). 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