Codice di Procedura Civile art. 808 - Clausola compromissoria 1 2 .

Mauro Di Marzio

Clausola compromissoria 1 2.

[I]. Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d'arbitrato. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall'articolo 807.

[II]. La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria.

[1] L'articolo, è stato così sostituito dall'art. 20, d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. . Ai sensi dell'art. 27, comma 3, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del decreto. Precedentemente l'articolo era stato sostituito dall'art. 3 l. 5 gennaio 1994, n. 25. Il testo recitava: «[I]. Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di compromesso. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso ai sensi dell'articolo 807 commi primo e secondo. [II]. Le controversie di cui all'articolo 409 possono essere decise da arbitri solo se ciò sia previsto nei contratti e accordi collettivi di lavoro purché ciò avvenga, a pena di nullità, senza pregiudizio della facoltà delle parti di adire l'autorità giudiziaria. La clausola compromissoria contenuta in contratti o accordi collettivi o in contratti individuali di lavoro è nulla ove autorizzi gli arbitri a pronunciare secondo equità ovvero dichiari il lodo non impugnabile. [III]. La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria».

[2] V. l'art. 31, comma 10, l. 4 novembre 2010, n. 183, in tema di clausole compromissorie di cui al presente articolo, che le parti contrattuali possono pattuire, in relazione alle materie di cui all'art. 409, e che rinviano alle modalità di espletamento dell'arbitrato di cui agli artt. 412 e 412-quater.

Inquadramento

La norma in commento è dedicata alla clausola compromissoria, ossia ad una delle forme che può assumere (accanto al compromesso ex art. 807 ed alla convenzione di arbitrato in materia non contrattuale ex art. 808 bis) la convenzione di arbitrato o patto compromissorio.

Si è già visto sub art. 807 che, secondo l'opinione tradizionale (contra Ruffini, 2006, 57), il compromesso è negozio con cui si devolvono agli arbitri una o più liti già insorte, mentre la clausola compromissoria si riferisce alle potenziali liti future che potranno discendere dalla stipulazione di un contratto.

L'espressione «controversie nascenti dal contratto» sono quelle concernenti l'interpretazione, la validità e l'esecuzione del contratto (sull'interpretazione della convenzione di arbitrato v. sub art. 808-quarter).

Appartiene perciò alla competenza del giudice statuale e non a quella degli arbitri la controversia nella quale la parte convenuta in giudizio per l'esecuzione di un contratto comprensivo di clausola compromissoria contesti di aver mai concluso il contratto e disconosca la firma apposta sullo stesso, in quanto la devoluzione del giudizio agli arbitri postula che sia pacifica tra le parti la conclusione del contratto e l'esatta individuazione dei contraenti (Cass.n. 13616/2016).

La deroga convenzionale alla competenza del giudice ordinario non può essere affermata, invece, quale effetto della clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto, ove si tratti di controversie relative ad altri contratti, ancorché collegati al principale cui accede la clausola; tale situazione, peraltro, non corrisponde a quella delle pattuizioni aggiuntive o modificative del contratto originario enucleabili nel contesto di un medesimo programma negoziale perché, ove si tratti di atti aggiuntivi finalizzati a meri adeguamenti progettuali, non può sostenersi che la clausola compromissoria non si estenda alle controversie così insorte, ove la clausola contempli tutte le controversie originate dal contratto al quale lo stesso atto aggiuntivo funzionalmente accede (Cass. n. 29332/2020, che ha cassato con rinvio la sentenza dichiarativa della nullità del lodo arbitrale essendo mancata qualunque indagine tesa a stabilire quale fosse, in concreto, la effettiva e comune intenzione delle parti rispetto alla realizzazione dell'opera nel suo complesso e la relatio tra le prestazioni di cui alla convenzione ed all'atto aggiuntivo).

La forma

La clausola compromissoria, al pari del compromesso, deve avere forma scritta ad substantiam, come si desume dal rinvio che l'art. 808 fa all'art. 807 (Cass. n. 20504/2010, in Riv. arb., 2011, 69, con nota di Ungaretti Dell'Immagine; Cass. n. 16332/2007; prima della riforma del 2006 v. Cass. n. 15941/2000; Cass. n. 1989/2000).

A fronte del conforme orientamento della prevalente dottrina, si è sostenuto che la diversa formulazione degli artt. 807 e 808 indurrebbe a ritenere che la clausola compromissoria richieda la forma scritta soltanto ad probationem (Punzi, 653).

Considerata la lettera della norma, non v'è dubbio, in giurisprudenza, che la clausola compromissoria possa essere inserita non solo nel contratto, ma possa essere contenuta in un documento separato (Cass. n. 7839/2011; Cass. n. 20504/2010; Cass. n. 16332/2007; Cass. n. 1989/2000). È altresì possibile che il contratto rinvii ad una clausola compromissoria contenuta in un diverso documento (Cass. n. 17646/2002, riferita al rinvio ad una convenzione-tipo predisposta dal Ministro competente, contenente la clausola compromissoria; Cass. n. 8420/2000, concernente rinvio al capitolato generale delle opere pubbliche; al riguardo occorre rammentare che, secondo Cass. n. 747/2015; Cass. n. 5540/2004; Cass. n. 5355/1987, in materia di appalti pubblici, un contratto contenente un richiamo ad una norma regolamentare che preveda l'arbitrato rituale soddisfa il requisito di forma, ritenendosi una inutile duplicazione la riproduzione in atto autonomo della clausola compromissoria contenuta nel capitolato generale per le opere pubbliche; sul tema del patto compromissorio stipulato per relationem v. pure subart. 807). Occorre che la relatio sia specifica e faccia emergere la volontà delle parti di compromettere (Cass. S.U., n. 11529/2009, la quale ha ritenuto insufficiente il mero rinvio al documento o formulario che contenga la clausola stessa, in quanto soltanto il richiamo espresso assicura la piena consapevolezza delle parti in ordine alla deroga alla giurisdizione; Cass. S.U. n. 15861/2024, concernente clausola compromissoria stipulata ai sensi dell'art. 2 della Convenzione di New York del 10 giugno 1958; Cass. S.U., n. 3285/1985).

La clausola compromissoria può essere validamente contenuta anche nell'atto costitutivo o nello statuto di una società (v. art. 34, comma 3, d.lgs. n. 5/2003, secondo cui la clausola è vincolante per la società e per tutti i soci), sicché la medesima è vincolante nei confronti di qualunque soggetto che assuma la qualità di socio (Cass. n. 10444/1991; Cass. n. 1367/1985, riferita a società di persone), senza necessità di un'espressa approvazione scritta ex art. 1341 c.c. (Cass. n. 4351/1993), dal momento che la mera attività di formulazione del regolamento contrattuale è da tenere distinta dalla predisposizione delle condizioni generali di contratto, non potendo considerarsi tali le clausole contrattuali elaborate da uno dei contraenti in previsione e con riferimento ad un singolo, specifico negozio, ed a cui l'altro contraente possa, del tutto legittimamente, richiedere di apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto (Cass. n. 12153/2006; Cass. n. 14790/2007; per la non necessità della sottoscrizione ex art. 1341 c.c. in caso di arbitrato estero v. Cass. S.U., n. 5601/1995), fermo restando che, ove ricorra, la violazione dell'art. 1341 c.c. può essere denunciata dal solo contraente aderente e non può essere invocata dal predisponente (Cass. n. 14570/2012; Cass. n. 12591/2014). È peraltro nulla clausola statuaria che devolva la risoluzione di determinate controversie tra ed i soci ad un collegio di probiviri o ai sindaci senza prevedere la necessità di elezione del collegio stesso anche da parte del socio in lite, per contrasto con l'inderogabile principio secondo cui gli arbitri devono essere designati con il concorso della volontà dei contraenti (Cass. n. 2304/1995; Cass. n. 5216/1995; Cass. n. 5778/1996; Cass. n. 7262/2008).

La clausola compromissoria può inoltre essere adottata separatamente e successivamente alla stipulazione del contratto. Per converso, nella clausola compromissoria la specificazione dell'oggetto è fornita dal riferimento normativo alle controversie nascenti dal contratto cui essa accede, così che non è configurabile una clausola compromissoria pattuita anteriormente all'insorgenza di un rapporto sostanziale (Cass. n. 8410/1998, in Riv. arb., 1999, 455, con nota di Giorgetti; Cass. n. 3992/1969).

Si presume vessatoria ex art. 33 d.lgs. n. 206/2005, a meno che non abbia avuto luogo una trattativa individuale, la clausola di deroga alla competenza dell'autorità giudiziaria contenuta in un contratto tra professionista e consumatore (Trib. Torino 27 novembre 2001; Giudice pace Ancona 28 aprile 2003; Trib. Padova 18 ottobre 2005).

L'autonomia della clausola compromissoria

La clausola compromissoria, quale contratto ad effetti processuali (per tale definizione, già rammentata subart. 807, v., Cass. n. 22608/2011; Cass. n. 18134/2013; Cass. n. 8868/2014) con cui le parti assumono l'obbligo di deferire agli arbitri le eventuali controversie nascenti da un contratto tra loro insorte, ha carattere autonomo rispetto al rapporto sostanziale al quale si riferisce, anche qualora tale clausola sia contenuta nel contratto da cui potranno nascere le ipotizzate controversie: in tal senso depone espressamente il comma 2 della norma in commento.

Da ciò discende che alla clausola compromissoria non si estendono le cause di invalidità del negozio sostanziale (Cass. n. 8028/1992; Cass. n. 8376/2000; Cass. n. 10910/2003). Ne consegue che la clausola compromissoria contenuta in una proposta contrattuale può ritenersi operante anche se l'accettazione contiene modifiche riguardanti la sola parte sostanziale del contratto, perché la relativa causa di nullità del contratto (mancanza di accordo delle parti) non incide sulla validità della clausola compromissoria (Cass. n. 4842/2000). Ed inoltre l'autonomia della clausola compromissoria consente agli arbitri di decidere sulla stessa validità del contratto al quale essa si riferisce (Cass. n. 2011/1990; Cass. n. 8376/2000; Cass. n. 10910/2003): il che non esclude che il medesimo vizio possa colpire tanto l'una quanto l'altro, sicché l'invalidità dell'atto di aggiudicazione dell'appalto di un servizio pubblico, la quale esclude che l'amministrazione potesse legittimamente stipulare il contratto con l'apparente aggiudicatario, e perciò inserire nello stesso una clausola compromissoria, determina la invalidità anche di questa (Cass. n. 2529/2005). Nondimeno,il difetto di potere rappresentativo costituisce una causa esterna di inefficacia del contratto che si estende alla clausola compromissoria ivi contenuta sicché non trova applicazione il principio di autonomia della clausola compromissoria in virtù del quale ad essa non si estendono le cause di invalidità del negozio sostanziale (Cass. n. 3854/2018, che  ha cassato la sentenza di appello che aveva ritenuto efficace nei confronti di una società una clausola arbitrale contenuta in un atto sottoscritto da un falsus procurator, senza accertare se questo, o anche la sola clausola, avessero formato oggetto di ratifica).

L'estensione soggettiva di efficacia della clausola

In caso di cessione del contratto, l'approccio della giurisprudenza è confuso. È stato in un'occasione affermato, ma come obiter dictum, che la clausola compromissoria inserita in un contratto che venga ceduto, considerata la sua autonomia, non circola con il contratto che la contiene, sicché né il contraente ceduto né il cessionario possano attivare la clausola medesima (Cass. n. 12616/1998; l'obiter dictum è divenuto ratio decidendi in Cass. n. 28497/2005, la quale peraltro osserva che la successione nella clausola compromissoria può seguire o ad una manifestazione esplicita delle parti in tal senso, ovvero ad un nesso funzionale tra la clausola stessa ed il rapporto ceduto). Dopodiché Cass. n. 22522/2011, richiamando l'autorità di Cass. n. 5761/1996, e senza mostrare consapevolezza delle successive pronunce ricordate (come pure Cass. n. 24681/2006), ha fatto cenno ad una automatica successione nel patto compromissorio che sarebbe riconosciuta dall'«orientamento di questa Corte». Non può avvalersi della clausola compromissoria il subappaltatore, che neppure è cessionario del contratto ma terzo rispetto ad essa (Cass. n. 18196/2004).

In caso di cessione del credito, il cessionario di credito nascente da contratto nel quale sia inserita una clausola compromissoria non subentra nella titolarità del distinto e autonomo negozio compromissorio e non può pertanto invocare detta clausola nei confronti del debitore ceduto, tuttavia quest'ultimo può avvalersi della clausola compromissoria nei confronti del cessionario, atteso che il debitore ceduto si vedrebbe altrimenti privato del diritto di far decidere ad arbitri le controversie sul credito in forza di un accordo tra cedente e cessionario al quale egli è rimasto estraneo (Cass. n. 12616/1998, a cui si sono uniformate Cass. n. 13893/2003; Cass. n. 24681/2006; Cass. n. 29261/2011).

Per le difformi opinioni della dottrina v. Salvaneschi, 2001, 519; Grasso, 2302.

A confermare la non perfetta coerenza dell'atteggiamento giurisprudenziale sta l'indirizzo secondo cui, in caso di cessione di azienda, considerato il disposto dell'art. 2558 c.c., secondo cui la cessione determina il trasferimento al cessionario di tutti i rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive non aventi carattere personale e rispetto ai quali le parti non abbiano espressamente escluso l'effetto successorio, il cessionario subentra ipro iure anche nella clausola compromissoria contenuta in contratto stipulato dal cedente per l'esercizio dell'azienda medesima, senza che sia necessario un apposito patto di cessione e senza che sia pertanto richiesta la forma scritta ad substantiam (Cass. n. 7652/2007).

In caso di successione a titolo universale, e nei riguardi dell'erede del titolare del rapporto sostanziale è applicabile il principio per cui egli subentra al de cuius in tutti i rapporti giuridici che, non essendo intuitu personae, sono capaci di sopravvivere alla morte dell'originario titolare e pertanto subentra nel rapporto posto in essere con la stipulazione della clausola compromissoria, essendo tale rapporto capace di persistere dopo la morte, indipendentemente dal fatto che gli succeda nel contratto cui la clausola accede, attesa l'autonomia della clausola compromissoria rispetto al contratto medesimo (Cass. n. 7597/1990; secondo App. Napoli 7 luglio 1997, la clausola compromissoria stipulata da una regione è vincolante per la Usl alla stessa succeduta a titolo universale del primo ente in un determinato rapporto; eguale soluzione è stata affermata per la cessione d'azienda da Cass. n. 7652/2007).

Qualora un creditore agisca in surrogatoria, in relazione a controversia per la quale il debitore surrogato abbia stipulato una clausola compromissoria per la devoluzione della stessa ad arbitri, siffatta clausola sarà opponibile al creditore surrogante (artt. 2900 c.c. e 81) nel caso in cui l'arbitrato abbia natura rituale, non nella diversa ipotesi dell'arbitrato irrituale, attesa la natura fiduciaria e strettamente personale della designazione degli arbitri e il contenuto del mandato ad essi affidato, anche dispositivo del diritto sostanziale (Cass. n. 5724/1995).

La clausola compromissoria contenuta in un contratto a favore di terzo è opponibile al terzo che abbia manifestato la volontà di voler profittare della stipulazione, poiché tale manifestazione non può che riguardare tutte le clausole contrattuali nel loro insieme (Cass. n. 13474/2000; Cass. n. 4338/2022).

Con riguardo al curatore fallimentare, si riteneva che egli, subentrando nel contratto stipulato dal fallito, non potesse disconoscere la clausola arbitrale, data la sua riconducibilità allo schema del mandato collettivo, per il quale la revoca del solo mandante non ha effetto estintivo del rapporto giuridico costituito, e non operando, al riguardo, l'art. 78 l. fall. (per la nuova disciplina v. art. 183 d.lgs. n. 14/2019 - Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza)  (Cass. n. 6165/2003; Cass. n. 8145/1998; Cass. n. 11261/1992; Cass. n. 8145/1988).

Attualmente, l'art. 83-bis l. fall. (per la nuova disciplina v. d.lgs. n. 14/2019 - Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) prevede che il procedimento arbitrale pendente alla data di declaratoria fallimentare non può essere proseguito se il contratto in cui è contenuta la clausola compromissoria «è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione». Si discute se la disposizione sancisca l'estinzione della clausola arbitrale unitamente all'estinzione del contratto cui accede, in deroga al principio di autonomia della convenzione arbitrale, ovvero se determini esclusivamente l'effetto processuale di rendere improseguibile il procedimento arbitrale già introdotto alla data del fallimento (sull'argomento, e sulle complesse problematiche ad esso attinenti, v. in dottrina, Zucconi Galli Fonseca, 2014, 1; Bove, 2012, 293).

L'ultimo periodo del comma 2 stabilisce che il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria. Proprio in considerazione del carattere autonomo della clausola compromissoria, la giurisprudenza reputava in precedenza (la previsione in esame risale alla riforma di cui alla l. n. 25/1994) che il potere di inserire detta clausola in contratto non potesse ritenersi compreso nel potere di stipulare il contratto (Cass. n. 9162/1994, concernente l'inefficacia della clausola compromissoria stipulata da un rappresentante non munito del relativo potere).

Fattispecie

Il rapporto che lega l'amministratore alla società è di immedesimazione organica, non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato, né a quello di collaborazione coordinata e continuativa, dovendo essere, piuttosto, ascritto all'area del lavoro professionale autonomo ovvero qualificato come rapporto societario tout court, sicché le controversie tra amministratori e società, anche se specificamente attinenti al profilo interno dell'attività gestoria ed ai diritti che ne derivano agli amministratori (quale, nella specie, quello al compenso), sono compromettibili in arbitri, ove tale possibilità sia prevista dagli statuti societari (Cass. n. 2759/2016).

Spetta al giudice italiano, e non agli arbitri, la decisione sull'invalidità sopravvenuta di una clausola compromissoria per indisponibilità del diritto oggetto della controversia in conseguenza di embargo internazionale — qualificabile come factum principis — impositivo di un divieto esterno alle prestazioni contrattuali, attesa la natura sovranazionale dello ius superveniens, che si impone su qualunque disciplina particolare prefigurata dalle parti contraenti e la cui disapplicazione comporterebbe conseguenze sanzionatorie per lo Stato tenuto ad assicurarne il rispetto (Cass. S.U., n. 23893/2015).

Al fine di qualificare l'arbitrato come rituale o irrituale, la Corte di cassazione opera come giudice del fatto e ha, dunque, il potere di accertare direttamente, attraverso l'esame degli atti e degli elementi acquisiti al processo, la volontà delle parti espressa nella clausola compromissoria, in quanto la relativa qualificazione incide sull'ammissibilità dell'impugnazione della decisione arbitrale. Nell'esercizio di tale attività di accertamento, il criterio discretivo tra le due figure consiste nel fatto che nell'arbitrato rituale le parti vogliono la pronuncia di un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825, con le regole del procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro la soluzione di controversie solo attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla loro stessa volontà (Cass. n. 23629/2015).

In materia di contratto di assicurazione, la clausola compromissoria, inserita nelle condizioni generali di contratto, che preveda un meccanismo di corresponsione dell'onorario agli arbitri correlato al valore della causa, ma non in misura proporzionale, e indipendente dall'esito della controversia (nella specie, concretizzato nell'obbligo di pagare il compenso dell'arbitro rispettivamente nominato e di metà di quello dovuto al terzo), ha natura vessatoria se limiti il diritto dell'assicurato ad essere sollevato dalle conseguenze pregiudizievoli del sinistro, esponendolo (soprattutto nelle controversie di modesto valore) all'esborso di rilevanti somme per gli onorari degli arbitri, non proporzionate a quelle riconoscibili a titolo risarcitorio, con valenza dissuasiva dal ricorso all'arbitrato, sì da favorire comportamenti dilatori dell'assicuratore in pregiudizio del diritto di difesa dell'assicurato (Cass. n. 13312/2015).

In tema di arbitrato, la clausola compromissoria è riferibile a tutte le controversie civili o commerciali attinenti a diritti disponibili nascenti dal contratto cui essa accede, sicché la rinunzia ad avvalersene in occasione di una controversia insorta tra i contraenti non implica, di per sé, una definitiva e complessiva abdicazione alla stessa in relazione ad ogni altra controversia, a meno che le parti — con accordo la cui validità presuppone il rispetto delle condizioni di forma e di sostanza proprie di un patto risolutivo degli effetti del patto compromissorio — non abbiano rinunziato definitivamente alla clausola compromissoria nel suo complesso (Cass. n. 3464/2015).

Il capitolato generale per le opere pubbliche, di cui al d.P.R. n. 1063/1962, ha valore normativo e vincolante e si applica, quindi, in modo diretto, solo per gli appalti stipulati dallo Stato mentre per quelli stipulati dagli altri enti pubblici, dotati di distinta personalità giuridica e di propria autonomia, le previsioni del capitolato costituiscono clausole negoziali, comprensive anche di quella compromissoria per la soluzione delle controversie con il ricorso all'arbitrato, che assumono efficacia obbligatoria solo se e nei limiti in cui siano richiamate dalle parti per regolare il singolo rapporto contrattuale. A tal fine, tuttavia è necessario che la volontà di recepire il contenuto dell'intero capitolato risulti espressa in maniera esplicita ed univoca (Cass. n. 747/2015).

Il principio di autonomia della clausola compromissoria rispetto al contratto cui accede, se fondatamente conduce all'affermazione per cui la nullità di quest'ultimo non travolge, per trascinamento, la clausola ivi contenuta restando riservato agli arbitri l'accertamento della dedotta invalidità, non implica, altresì, che la stessa possa conservare la sua efficacia in ipotesi di inesistenza dell'accordo cui afferisce ancorchè derivante da fattori sopravvenuti (Cass. n. 17711/2014).

La clausola compromissoria contenuta in un capitolato, generale o speciale, non deve essere approvata specificamente, essendo sufficiente, ai fini della validità della stessa, che la volontà di rimettere ad arbitri la risoluzione di controversie si possa evincere da atto scritto (Cass. n. 17721/2014).

La forma scritta ad substantiam richiesta per la validità della clausola compromissoria non postula che la corrispondente volontà sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, che può anche realizzarsi con lo scambio delle missive contenenti, rispettivamente, la proposta e l'uniforme accettazione, ex art. 1326 c.c., del deferimento della controversia ad arbitri. (Nella specie, la S.C., ha ritenuto invalidamente pattuita una clausola compromissoria la cui proposta, proveniente da una fondazione, era stata seguita da una delibera di accettazione — sostituiva di altra precedente mai esternata — del destinatario ente pubblico rivelatasi, tra l'altro, non conforme ad essa e sfornita di prova quanto alla sua avvenuta accettazione, quale nuova proposta, da parte della fondazione originaria proponente) (Cass. n. 15993/2014; Cass. S.U. n. 15713/2022).

Qualora il contratto di appalto stipulato tra l'ente pubblico e la società appaltatrice abbia previsto l'applicazione del capitolato generale delle opere pubbliche di cui al d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, è legittima la pattuizione di una clausola compromissoria, in deroga all'art. 45 d.P.R. n. 1063/1962 cit., che preveda la costituzione di un collegio arbitrale composto da tre anziché da cinque membri ed il cui contenuto non sia evincibile da un unico documento avente forma scritta, ma dalla volontà in tal senso manifestata, da un lato, dalla società appaltatrice (con la notificazione della domanda di arbitrato, la contestuale nomina dell'arbitro e l'invito all'ente pubblico a nominare l'arbitro di competenza) e, dall'altro, dall'ente pubblico (con la nomina dell'arbitro, la successiva designazione del terzo arbitro con funzioni di presidente del collegio arbitrale e con l'invito alla controparte ad esprimere l'accettazione del terzo arbitro, espressa dalla società appaltatrice con lettera inviata all'ente) (Cass. n. 10000/2014).

L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di una persona giuridica privata è compromettibile in arbitri, concernendo essa, pur se posta a tutela di un interesse collettivo, diritti patrimoniali disponibili all'interno di un rapporto contrattuale, senza coinvolgere interessi di terzi estranei, se non in modo eventuale ed indiretto, ferma l'inapplicabilità dell'art. 34 del d.lgs. n. 5/2003, alla relativa clausola statutarie, trattandosi di disposizione dettata per l'arbitrato societario (Cass. n. 3887/2014).

La clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società di persone, che preveda la nomina di un arbitro unico ad opera dei soci e, nel caso di disaccordo, ad opera del presidente del tribunale su ricorso della parte più diligente, è affetta, sin dalla data di entrata in vigore del d.lgs.n. 5/2003, da nullità sopravvenuta rilevabile d'ufficio — ove non fatta valere altra e diversa causa di illegittimità in via d'azione — con la conseguenza che la clausola non produce effetti e la controversia può essere introdotta solo davanti al giudice ordinario (Cass. n. 3665/2014). La clausola compromissoria contenuta nello statuto societario, la quale, non adeguandosi alla prescrizione dell'art. 34 d.lgs. n. 5/2003, non preveda che la nomina degli arbitri debba essere effettuata da un soggetto estraneo alla società, è nulla anche ove si tratti di arbitrato irrituale (Cass. n. 2127/2014)

La clausola compromissoria binaria, che devolva determinate controversie alla decisione di tre arbitri, due dei quali da nominare da ciascuna delle parti, può trovare applicazione in una lite con pluralità di parti quando, in base ad una valutazione da compiersi a posteriori — in relazione al petitum e alla causa petendi — risulti il raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti, sempre che tale raggruppamento sia compatibile con il tipo di pretesa fatta valere. (In applicazione di tale principio la S.C. ha riconosciuto la validità della clausola individuando un unico centro di interesse, pure in presenza di una pluralità di società obbligate alla liberazione di una stessa fideiussione, in quanto fra tali società si erano verificati fenomeni successori tali per cui la pluralità di parti risultava solo apparente) (Cass. n. 1090/2014).

La controversia finalizzata ad ottenere la condanna in forma specifica al pagamento di un credito per interessi già genericamente riconosciuto in un precedente lodo — con l'indicazione dei relativi tassi, ma non delle date di decorrenza — rientra nell'ambito applicativo della clausola compromissoria in base alla quale tale ultimo lodo è stato pronunciato e, dunque, appartiene alla cognizione degli arbitri e non del giudice ordinario (Cass. n. 25372/2013).

In virtù del principio di autonomia della clausola compromissoria, essa ha un'individualità nettamente distinta dal contratto nel quale inserita, non costituendone un accessorio. Ne consegue che la nullità del negozio sostanziale non travolge, per trascinamento, la clausola compromissoria in esso contenuta, restando rimesso agli arbitri l'accertamento della dedotta invalidità (Cass. n. 25024/2013).

In tema di arbitrato internazionale, nel sistema delineato dalla convenzione di New York del 10 giugno 1958, ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. n. 62/1968, spetta al giudice adito, in via assolutamente preliminare, senza efficacia di giudicato e sulla base della domanda della parte che invochi l'esistenza di una clausola arbitrale, verificarne la validità, l'operatività e l'applicabilità e, all'esito positivo, rimettere le parti dinanzi agli arbitri, mentre solo qualora egli ritenga, affermandola, la propria giurisdizione, la decisione sulla validità del patto avrà efficacia di giudicato (Cass. S.U., n. 24153/2013).

L'attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n. 25/1994 e dal d.lgs. n. 40/2006, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione (Cass. S.U., n. 24153/2013).

In presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero, l'eccezione di compromesso, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all'arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n. 25/1994 e dal d.lgs. n. 40/2006, deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, dando così luogo ad una questione di giurisdizione e rendendo ammissibile il regolamento preventivo di cui all'art. 41, precisandosi, peraltro, che il difetto di giurisdizione nascente dalla presenza di una clausola compromissoria siffatta può essere rilevato in qualsiasi stato e grado del processo a condizione che il convenuto non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana, e dunque solo qualora questi, nel suo primo atto difensivo, ne abbia eccepito la carenza (Cass. S.U., n. 24153/2013).

La clausola compromissoria concernente le controversie relative alla risoluzione di un contratto ricomprende nel suo ambito di applicazione la domanda di risarcimento del danno derivante da lesione del diritto all'immagine allorquando un siffatto pregiudizio sia ricollegabile non già alla violazione di doveri, con condotta perseguibile ai sensi dell'art. 2043 c.c., che incombono verso la generalità dei cittadini, bensì all'inadempimento di precise obbligazioni assunte con il predetto contratto, e sia, quindi, conseguente alla invocata responsabilità contrattuale (Cass. n. 23675/2013).

La clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una società per azioni, che preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, deve ritenersi estesa alla controversia riguardante il recesso del socio dalla società (Cass. n. 22303/2013).

L'art. 447-bis, comma 2, concernente le controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto di aziende, ha riguardo alla sola competenza per territorio del giudice del luogo dove è posto il bene, sancendo la nullità delle clausole di deroga ad essa; ne consegue che non è colpita da detta sanzione la clausola di compromissione in arbitri di una di tali controversie (Cass. n. 19393/2013).

La nullità del contratto nel quale è inserita una clausola compromissoria non comporta nullità della stessa, poiché essa costituisce un contratto autonomo ad effetti processuali. È pertanto, infondato desumere dalla affermata competenza arbitrale il rigetto implicito dell'eccezione di nullità del contratto, in cui la clausola compromissoria è inserita (Cass. n. 18134/2013).

In tema di arbitrato societario, la clausola compromissoria prevista dall'atto costitutivo di società, che preveda la decisione di qualunque controversia insorta tra i soci e la società sia decisa da un arbitro amichevole compositore nominato dall'autorità giudiziaria su istanza della società, non è lesiva del diritto del socio di agire a tutela dei suoi diritti, in quanto l'art. 810, il quale prevede che nel caso di inerzia di una delle parti nella nomina del proprio arbitro l'altra parte possa chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale, deve ritenersi applicabile analogicamente, ricorrendo l'eadem ratio, al caso in cui sia rimessa all'autorità giudiziaria la nomina dell'unico arbitro e sia previsto che la relativa istanza venga presentata da una specifica parte e questa non abbia attivato il procedimento malgrado il sollecito dell'altra parte (Cass. n. 2189/2013).

In tema di arbitrato societario, non è nulla per inidoneità a garantire l'imparzialità degli arbitri la clausola compromissoria, prevista dall'atto costitutivo, che preveda la decisione di qualunque controversia insorta tra i soci e la società da parte di un arbitro amichevole compositore nominato dall'autorità giudiziaria su istanza della società, in quanto non attributiva del potere di nomina dell'arbitro in capo alla società, ma soltanto di quello di provocarne la nomina da parte dell'autorità giudiziaria (Cass. n. 2189/2013).

L'eccezione di compromesso sollevata innanzi al giudice ordinario, adito sebbene la controversia sia stata deferita ad arbitri, attiene al merito e non alla giurisdizione o alla competenza, in quanto i rapporti tra giudici ed arbitri non si pongono sul piano della ripartizione del potere giurisdizionale tra giudici, ed il valore della clausola compromissoria consiste proprio nella rinuncia alla giurisdizione ed all'azione giudiziaria; ne deriva che, seppure formulata in termini di accoglimento o rigetto di una eccezione di incompetenza, la decisione con cui il giudice, in presenza di una eccezione di compromesso, risolvendo la questione così posta, chiude o non chiude il processo davanti a sé, deve essere considerata come decisione pronunciata su questione preliminare di merito, perché inerente alla validità o all'interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria, con la conseguenza che essa deve essere impugnata mediante appello, formandosi il giudicato ove questo non sia proposto (Cass. n. 21177/2019). 

Bibliografia

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