Codice di Procedura Civile art. 814 - Diritti degli arbitri 1 .Diritti degli arbitri1. [I]. Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all'onorario per l'opera prestata, se non vi hanno rinunciato al momento dell'accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro. [II]. Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle spese e dell'onorario, tale liquidazione non è vincolante per le parti se esse non l'accettano. In tal caso l'ammontare delle spese e dell'onorario è determinato con ordinanza dal presidente del tribunale indicato nell'articolo 810, secondo comma, su ricorso degli arbitri e sentite le parti. [III]. L'ordinanza è titolo esecutivo contro le parti ed è soggetta a reclamo a norma dell'articolo 825, quarto comma. Si applica l'articolo 830, quarto comma. [1] Articolo sostituito dall'art. 21, d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 4, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. Il testo recitava: «[I]. Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all'onorario per l'opera prestata, salvo che vi abbiano rinunciato al momento dell'accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro. [II]. Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle spese e dell'onorario, tale liquidazione non è vincolante per le parti se esse non l'accettano. In tal caso l'ammontare delle spese e dell'onorario è determinato con ordinanza non impugnabile dal presidente del tribunale indicato nell'articolo 810 secondo comma, su ricorso degli arbitri e sentite le parti. [III]. L'ordinanza è titolo esecutivo contro le parti». InquadramentoAi sensi dell'art. 814, gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all'onorario per l'opera prestata, se non vi hanno rinunciato al momento dell'accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro. Va anche detto che gli arbitri possono ottenere delle anticipazioni ai sensi dell'art. 816-septies. Nulla dispone la norma con riguardo ai compensi degli ausiliari degli arbitri (segretari e, eventualmente, consulenti tecnici). A tal riguardo la giurisprudenza ha escluso che il vincolo di solidarietà a carico delle parti stabilito dall'art. 814 si estenda ai compensi richiesti dal consulente tecnico d'ufficio nominato nel corso del procedimento arbitrale (Cass. n. 6736/2014). Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle spese e dell'onorario liquidazione che si effettua sulla base del petitum, indipendentemente dal decisum (Cass. n. 8247/2009), e tale liquidazione non è vincolante per le parti se esse non l'accettano. La liquidazione delle spese e del compenso effettuata direttamente dagli arbitri ha cioè valore di una mera proposta contrattuale, che diviene vincolante solo se accettata da tutti i contendenti, sicché la parte che non ha accettato tale proposta non ha interesse ad impugnare il capo del lodo arbitrale riguardante la liquidazione delle spese legali e degli onorari del giudizio, nonché degli onorari degli arbitri, del compenso del segretario e delle spese di funzionamento collegio (Cass. n. 20371/2014). L'accettazione essa deve essere manifestata da tutte le parti (Cass. n. 6108/1994), sicché l'accettazione di una soltanto di esse, in mancanza dell'accordo di tutte, non spiega effetto neanche nei suoi confronti (Cass. n. 4741/1998). Anzi, la liquidazione delle spese e del proprio compenso effettuata direttamente dagli arbitri può dar luogo anche ad obbligazioni parziarie ove i debitori abbiano accettato, anche per facta concludentia, la divisione dell'obbligazione originaria in due o più obbligazioni di diversa entità, ciascuna posta a carico delle parti; il frazionamento dell'obbligazione permane, dunque, nel caso in cui le stesse si siano limitate a contestare il solo ammontare complessivo del credito degli arbitri, riconoscendo, tuttavia, sia la sussistenza dell'obbligazione di pagamento che la sua misura frazionaria (Cass. n. 7772/2017). In fattispecie anteriore al d.lgs. n. 40/2006 è stato detto che in tema di arbitrato, qualora il lodo preveda che la quantificazione del compenso degli arbitri sarà effettuata dal Consiglio dell'ordine degli avvocati, l'accettazione del lodo integra una convenzione tra le parti, riconducibile all'art. 1349 c.c., che determina l'inapplicabilità dell'art. 814 (Cass. n. 16594/2016). In caso di mancata accettazione l'ammontare delle spese e dell'onorario è determinato con ordinanza dal presidente del tribunale indicato nell'art. 810, comma 2, su ricorso degli arbitri e sentite le parti. Tale procedimento non è applicabile all'arbitrato irrituale (Cass. n. 7623/2006). A norma del d.m. n. 585/1994, l'onorario spettante agli arbitri, che siano anche avvocati, deve essere liquidato in base alla tariffa professionale, senza possibilità per il presidente del tribunale che procede alla sua liquidazione, di fare ricorso a criteri equitativi. Tale disposizione, contenuta nella disciplina dei compensi per l'attività forense anche stragiudiziale e pertinente, quindi, ai soli soggetti iscritti al relativo albo e solo nei loro confronti vincolante, non può trovare applicazione con riguardo ai collegi arbitrali a composizione mista, nei quali cioè gli avvocati non rappresentino la totalità del collegio, rimanendo, in siffatta ipotesi, applicabile il disposto dell'art. 814 comma 2 , in base al quale il presidente del tribunale, non vincolato ad alcun parametro normativo nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali in subiecta materia, è libero di scegliere, secondo il suo prudente apprezzamento, i criteri equitativi di valutazione che ritenga più adeguati all'oggetto ed al valore della controversia, nonché alla natura e all'importanza dei compiti attribuiti agli arbitri, anche attraverso il ricorso, ma solo come utile parametro di riferimento, alle tariffe di alcune categorie professionali. (In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto inapplicabile l'inderogabilità dei minimi tariffari con riguardo all'attività svolta da un avvocato, di presidente del collegio arbitrale di disciplina di cui al d.lg. n. 29/1993, composta anche da non avvocati) (Cass. n. 12542/2014). L'ordinanza è titolo esecutivo contro le parti ed è soggetta a reclamo a norma dell'art. 825, comma 4, ossia mediante ricorso alla corte d'appello, entro trenta giorni dalla comunicazione; la Corte, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza. Si applica l'art. 830, comma 4, concernente la sospensione dell'efficacia esecutiva, da parte della corte d'appello, per gravi motivi. La procedura in discorso richiede che il lodo sia stato pronunciato. In proposito, il diritto dell'arbitro di ricevere il pagamento dell'onorario sorge per il fatto di avere effettivamente espletato l'incarico, senza che, nella sommaria procedura di liquidazione apprestata dall'art. 814, esperibile allorché il lodo sia stato pronunciato, al presidente del tribunale sia consentita alcuna indagine sulla validità del compromesso e del lodo e sulla regolarità della nomina degli arbitri, materie comprese nella previsione dell'art. 829 e riservate alla cognizione del giudice dell'impugnazione indicato dal precedente art. 828 (Cass. n. 21058/2019); viceversa in mancanza del lodo la richiesta di compenso da parte degli arbitri dà luogo ad un giudizio di cognizione ordinaria (Cass. n. 7623/2006). Gli arbitri devono stare in giudizio con la difesa tecnica (Cass. n. 7128/2006). Il presidente del tribunale, al quale è preclusa ogni indagine sulla validità del compromesso e del lodo (Cass. n. 7128/2006), dovendo egli limitarsi a determinare l'ammontare dell'onorario (Cass. n. 18058/2004), procedere alla liquidazione in base alla tariffa professionale forense (sempre che gli arbitri siano avvocati, altrimenti può scegliere i criteri equitativi di valutazione in relazione al caso specifico secondo il suo prudente apprezzamento: Cass. n. 53/2003), senza poter fare ricorso a criteri equitativi (Cass. n. 22322/2006). Nulla rileva la pendenza del giudizio di impugnazione per nullità del lodo (Cass. n. 24072/2013): ed infatti, il diritto dell'arbitro di ricevere il pagamento dell'onorario sorge per il fatto di avere effettivamente espletato l'incarico e prescinde dalla validità ed efficacia del lodo: non sussistono, pertanto, i presupposti della sospensione, ex artt. 295 o 337, del procedimento instaurato dall'arbitro per ottenere il residuo compenso, già liquidato, in attesa della definizione del giudizio di impugnazione del lodo, la cui eventuale nullità può giustificare solo un'azione di responsabilità ai sensi dell'art. 813-bis. In materia di arbitrato rituale, il consulente tecnico d'ufficio ha titolo per chiedere il pagamento del proprio compenso esclusivamente agli arbitri — a cui spetta, ex art. 814, il diritto ad ottenere il rimborso dalle parti — dovendosi escludere una responsabilità solidale di queste ultime poiché, a differenza di quanto avviene nel giudizio ordinario, la figura del consulente nell'arbitrato rituale, che pure ha natura giurisdizionale, non ha carattere pubblicistico, quale ausiliario del giudice, con qualifica di pubblico ufficiale, che esegue la sua prestazione per un superiore interesse di giustizia, ma una matrice privatistica, essendo le parti legate agli arbitri da un rapporto di mandato, in cui, ai sensi dell'art. 1719 c.c., il mandante ha l'obbligo di somministrare al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato e per l'adempimento delle obbligazioni contratte in proprio nome, tra le quali anche quella nei confronti del consulente (Cass. n. 6736/2014). Ricorribilità per cassazioneSecondo più pronunce è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento con il quale il presidente del tribunale — ai sensi dell'art. 814 — procede alla liquidazione dei compensi spettanti per l'attività svolta in qualità di arbitri in un procedimento arbitrale promosso in data successiva alla entrata in vigore del d.lg. n. 40/2006, atteso che trova applicazione l'art. 814 nel testo come sostituito dall'art. 21 del predetto decreto, il quale prevede che l'ordinanza del presidente del tribunale, in caso di mancata accettazione di quella compiuta dagli arbitri, è soggetta a reclamo innanzi alla Corte di appello (Cass. n. 21835/2014). Si è precisato che l'inammissibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento con il quale il presidente del tribunale quantifica il compenso spettante agli arbitri a conclusione di un arbitrato irrituale, o di un arbitraggio o di una perizia contrattuale, ovvero in ogni altra fattispecie in cui le parti abbiano predisposto speciali tipologie di conciliazione o di procedimenti preliminari finalizzati alla ricerca di una soluzione extragiudiziale della controversia, discende dalla considerazione che, in ciascuno di questi casi la decisione, di natura negoziale, che li conclude è sfornita dell'elemento che caratterizza l'arbitrato rituale, ossia l'attitudine a divenire sentenza a seguito del deposito del lodo, e il compenso dovuto agli arbitri irrituali non si connota come spesa, ma come debito ex mandato, per l'adempimento del quale è attivabile un ordinario giudizio di cognizione (salvo il diritto del debitore di contestare la giuridica esistenza del lodo e la sua attitudine a costituire titolo ex art. 474, comma 2, nell'apposita sede prevista dall'art. 615, onde privarlo dell'idoneità a legittimare la instaurazione di eventuale procedura esecutiva) (Cass. n. 13211/2014; Cass. n. 23086/2013). Ed è stata ribadita l'inammissibilità, anche nel regime previsto dall'art. nella nuova formulazione introdotta dall'art. 21 d.lg. n. 40/2006, del ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'articolo 111 Cost., proposto avverso l'ordinanza resa dal presidente del tribunale e relativa alla quantificazione del compenso (Cass. n. 12702/2014). La spiegazione sta in ciò, che la decisione che conclude il procedimento è sfornita pure dell'attitudine a divenire sentenza ed il compenso dovuto agli arbitri irrituali si connota come debito ex mandato, per l'adempimento del quale è attivabile un ordinario giudizio di cognizione (Cass. n. 23086/2013). Successivamente sono stati rimessi gli atti al Primo Presidente affinché valuti l'opportunità che la Corte di cassazione pronunci a Sezioni Unite sulla questione di massima importanza, ai sensi dell'art. 374, comma 2, ultima parte, riguardante la natura del procedimento di cui all'art. 814, previsto per la liquidazione del compenso agli arbitri, in particolare al fine di stabilire se l'ordinanza conclusiva del procedimento in parola sia suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. (Cass. n. 4517/2016). Le Sezioni Unite, rivisitando il proprio orientamento alla luce dell'intervenuta giurisdizionalizzazione dell'arbitrato a seguito della novella recata dal d.lgs. n. 40/2006, hanno sancito l'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso l'ordinanza resa dalla corte di appello in sede di reclamo contro il provvedimento del presidente del tribunale di determinazione del compenso degli arbitri ex art. 814 come riformato dal d.lgs. suddetto (Cass. S.U. n. 25045/2016 ; Cass. n. 13395/2022). BibliografiaAuletta F., Dell'arbitrato, in Sassani B. (a cura di), La riforma delle società. Il processo, Torino, 2003, 336; Bertoldi, Art. 813-bis. Decadenza degli arbitri, in Consolo (diretto da), Codice di procedura civile commentato, I, Milano, 2013; Borghesi, L'arbitrato del lavoro dopo la riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 823; Bove, L'arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. civ. 2003, II, 476; Bove, L'arbitrato irrituale dopo la riforma, in judicium.it 2006; Bove, Art. 808-ter. 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